Corte di Cassazione, penale, Sentenza|21 gennaio 2021| n. 2466.
L’introduzione in Italia di grosse somme di denaro, senza una spiegazione plausibile, è sufficiente ad integrare il fumus del reato di riciclaggio. In tal caso, il sequestro è possibile se è ipotizzabile che il denaro sia il frutto dei delitti di emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, essendo sufficiente per la misura cautelare reale l’astratta configurabilità del reato presupposto.
Sentenza|21 gennaio 2021| n. 2466
Data udienza 19 novembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Sequestro preventivo – Riciclaggio – Sussistenza del “fumus commissi delicti” – Provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute – Valutazione del delitto presupposto – Carenza motivazionale – Annullamento con rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAGO Geppino – Presidente
Dott. BORSELLINO Maria Daniel – Consigliere
Dott. CIANFROCCA Pierlui – rel. Consigliere
Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere
Dott. MONACO Marco Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PM di Bolzano;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS); e (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
contro l’ordinanza del Tribunale di Bolzano del 29.6-29.7.2020;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Pierluigi Cianfrocca;
letta la requisitoria del PG che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 29.6-29.7.2020 il Tribunale di Bolzano ha annullato il sequestro preventivo disposto dal GIP in data 3.6.2020 “fatti salvi gli effetti di eventuali provvedimenti amministrativi per la violazione della normativa valutaria”;
2. ricorre per cassazione il PM lamentando:
2.1 inosservanza ovvero erronea applicazione dell’articolo 648 bis c.p.p., e manifesta illogicita’ della motivazione: ribadita la circostanza della disponibilita’, da parte degli indagati, di una ingentissima somma di denaro in contanti rinvenuta in occasione del loro rientro in Italia dall’estero, sottolinea come questo dato integrasse di per se’ un evidente indizio di illecito imponendo una inversione dell’onere della prova a loro carico in merito alla esistenza di una spiegazione plausibile;
2.2 inosservanza ed applicazione dell’articolo 321 c.p.p., e manifesta illogicita’ della motivazione: segnala che, con la richiesta di misura cautelare reale, il PM non si era limitato affatto a dedurre una prova logica essendo stato accertato che le ditte italiane erano sostanzialmente inattive e rappresentate da prestanome, circostanze certamente indicative della condotta di emissione di fatture – sia oggettivamente che soggettivamente – inesistenti; sottolinea che, allo stato delle indagini, non e’ dato sapere se le aziende italiane siano le utilizzatrici delle fatture ovvero quelle che le emettono nell’ambito di un tipico carosello fiscale;
3. in data 5.11.2020 il PG ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, in cui ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato.
1. Secondo quanto emerge dal provvedimento del Tribunale di Bolzano, in data 3.6.2020 il GIP del capoluogo altoatesino aveva convalidato il sequestro preventivo disposto di urgenza dal PM e contestualmente provveduto con autonomo decreto con cui era stata sottoposta a vincolo cautelare reale la somma in contanti di Euro 487.690 rinvenuta suddivisa in 5 buste in nylon che (OMISSIS) e (OMISSIS) trasportavano a bordo dell’autocarro con il quale stavano rientrando in Italia dall’estero.
La imputazione provvisoriamente elevata nei confronti di costoro era quella di riciclaggio del denaro in quanto proveniente da delitti di emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti consistenti, nella prospettazione della pubblica accusa, nella (fittizia) cessione di beni di vario tipo da parte di due societa’ polacche in favore di societa’ italiane, apparentemente pagate con strumenti tracciabili ma con importi “retrocessi” in contanti in modo da creare per queste ultime dei costi fittizi.
Gli accertamenti eseguiti avevano infatti consentito di verificare che le societa’ italiane apparentemente acquirenti di quei beni erano state appena costituite ed erano rappresentate da prestanome identificati in soggetti con precedenti di polizia.
1.2 La difesa del (OMISSIS) aveva proposto ricorso per riesame contestando, in primo luogo, e sotto vari profili, il “fumus” del reato ipotizzato nella contestazione provvisoria; con un secondo motivo, la violazione del “ne bis in idem” in quanto il Tribunale di Bolzano aveva gia’ annullato un primo decreto di sequestro preventivo (emesso l’1.4.2020) per difetto di motivazione circa il reato “presupposto”; la difesa aveva inoltre contestato la competenza territoriale dell’AG procedente da individuarsi in quella del luogo in cui era intervenuta la prima operazione diretta ad ostacolare la identificazione della provenienza delittuosa del denaro.
1.3 Il Tribunale di Bolzano ha ritenuto infondata la eccezione di incompetenza per territorio come, anche, quella concernente la violazione del divieto di “bis in idem” rilevando che il secondo decreto era stato adottato dal GIP sulla scorta ed alla luce di una piu’ articolata e completa prospettazione accusatoria e della allegazione di elementi ulteriori rispetto a quelli forniti nella prima occasione.
Quanto al “fumus”, ha ricordato che il provvedimento di sequestro deve essere sorretto da una motivazione che consenta di individuare la tipologia del reato “presupposto” che non puo’ riposare su un semplice sospetto o su elementi di natura meramente congetturale.
Ha osservato che il GIP aveva affidato la diagnosi positiva sul “fumus” alla considerazione della circostanza secondo cui le societa’ italiane (nella prospettazione accusatoria utilizzatrici delle fatture per operazioni inesistenti) sarebbero state rappresentate da soggetti gravati da precedenti di polizia segnalando, tuttavia, che proprio la condotta di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti suppone la operativita’ delle societa’ mentre la circostanza secondo cui taluna di esse non aveva nemmeno presentato la dichiarazione dei redditi configgerebbe con la configurabilita’ del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2.
Ha aggiunto che negli atti depositati dal PM non figurano le fatture e i documenti di trasporto e non vi e’ corrispondenza tra la somma appresa e quella dell’importo complessivo delle fatture; ne’, ha sottolineato ancora, alcun accertamento e’ stato effettuato circa i pagamenti avvenuti, secondo la ricostruzione del PM, con sistema “tracciabile” ne’ in ordine alla loro corrispondenza rispetto agli importi indicati in ciascuna fattura ne’, da ultimo, sulla contabilita’ delle societa’ italiane, il tutto al fine di verificare se le fatture fossero state o meno ivi registrate.
Ha percio’ annullato il provvedimento impugnato e, richiamando un precedente della S.C., subordinato la restituzione del denaro alla mancata adozione di provvedimenti di natura amministrativa da parte dell’Ufficio delle Dogane.
2.1 Il Tribunale ha errato in diritto.
Si e’ piu’ volte ribadito che in sede di riesame del sequestro il Tribunale deve stabilire l’astratta configurabilita’ del reato ipotizzato, astraendo non tanto dalla concreta rappresentazione dei fatti come risultano allo stato degli atti, ma solo ed esclusivamente dalla necessita’ di ulteriori acquisizioni e valutazioni probatorie sicche’ l’accertamento della sussistenza del “fumus commissi delicti” va compiuto sotto il profilo della congruita’ degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati cosi’ come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipizzata dalla norma incriminatrice (cfr., Cass. Pen., 3, 7.5.2006 n. 33.873, Moroni; Cass. Pen., 6, 27.1.2004 n. 12.118, Piscopo; Cass. Pen., 3, 24.3.2011 n. 15.177, PM in proc. Rocchino; Cass. Pen., 5, 18.4.2011 n. 24.589, Misseri; Cass. Pen., 3, 10.3.2015 n. 15.254, Previtero; Cass. Pen., 2, 5.5.2016 n. 25.320, PM in proc. Bulgarella; conf., ancora, Cass. Pen., 1, 30.1.2018 n. 18.491, Armeli, secondo cui, ai fini della legittima adozione del sequestro preventivo non e’ necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti e’ operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il “fumus commissi delicti”, vale a dire la astratta sussumibilita’ in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato; Cass. Pen., 2, 28.1.2014 n. 5.656, Zagarrio; Cass. Pen., 2, 11.12.2013 n. 2.248, Mirarchi).
2.2 D’altra parte, e’ pure risalente e consolidato l’orientamento di questa Corte e, in particolare, di questa Sezione, secondo cui, in tema di misure cautelari, l’accertamento del reato di riciclaggio non richiede l’individuazione dell’esatta tipologia del delitto presupposto, ne’ la precisa indicazione delle persone offese, essendo sufficiente che venga raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle utilita’ oggetto delle operazioni compiute (cfr., Cass. Pen., 2, 4.2.2015 n. 20.188, Charanek, resa in una fattispecie in cui gli indagati trasportavano nei rispettivi trolley l’ingente somma contante di 500.000,00 Euro, della quale non fornivano alcuna plausibile giustificazione; conf., Cass. Pen., 2, 7.1.2011 n. 546, PG in proc. Berruti, in cui la Corte ha precisato che l’affermazione di responsabilita’ per il delitto di riciclaggio non richiede l’accertamento dell’esatta tipologia del delitto non colposo presupposto e, in particolare, la precisa identificazione del soggetto passivo, essendo sufficiente la prova logica della provenienza delittuosa delle utilita’ oggetto delle operazioni compiute, anche se il delitto presupposto sia delineato per sommi capi quanto alle esatte modalita’ di commissione; cfr., ancora, Cass. Pen., 5, 21.5.2008 n. 36.940, Magnera; Cass. Pen., 2, 21.11.2014 n. 10.746, Bassini; cfr., piu’ recentemente, Cass. Pen., 2, 19.6.2019 n. 42.052, Moretti Cuseri Anton; conf., ancora, Cass. Pen., 2, 19.11.2013 n. 7.795, Gualtieri, secondo cui in tema di riciclaggio, non e’ necessario che la sussistenza del delitto non colposo presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialita’, in modo definitivo, e che il giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza; con la conseguenza che, in difetto, venendo meno uno dei presupposti del delitto di riciclaggio, l’imputato deve essere di conseguenza assolto perche’ il fatto non sussiste).
Di recente, peraltro, si e’ affermato che, nell’ipotizzare il delitto di riciclaggio, pur non essendo necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, occorre tuttavia che esso sia individuato nella sua tipologia (cfr., Cass. Pen., 2, 28.5.2019 n. 29.689, Maddaloni, resa in una fattispecie in tema di sequestro preventivo, in cui la Corte ha censurato l’ordinanza del tribunale che aveva ravvisato il “fumus” del delitto di cui all’articolo 648 bis c.p., senza fornire elementi sufficienti per individuare la provenienza delittuosa del denaro trovato in possesso degli indagati, occultato sulla persona per sfuggire ai controlli valutari nell’aeroporto di arrivo in Italia; questa sentenza, oltre a ritenere illegittimo il provvedimento impugnato per non aver nemmeno genericamente indicato la tipologia del delitto “presupposto”, ha censurato la decisione del Tribunale anche per non aver indicato a quale delle condotte alternativamente previste dall’articolo 648bis c.p., corrispondesse il caso di specie).
Con riguardo alla ipotesi di sequestro probatorio, si e’ affermato che, ai fini di una valida motivazione del sequestro di cose che si assumono pertinenti al reato di riciclaggio di cui all’articolo 648 bis c.p., pur non essendo necessario, con riguardo ai delitti presupposti, che questi siano specificamente individuati ed accertati, e’ pero’ indispensabile che essi risultino, alla stregua degli acquisiti elementi di fatto, almeno astrattamente configurabili; il che non si verifica quando il giudice si limiti semplicemente a supporne l’esistenza sulla sola base del carattere asseritamente sospetto delle operazioni relative ai beni e valori che si intendono sottoporre a sequestro (cfr., Cass. Pen., 2, 19.11.2003 n. 813, Carretta; conf., piu’ recentemente, Cass. Pen., 2, 29.10.2019 n. 51.200, Shtylla Zenel).
2.3 E’ allora alla luce dei principi sopra richiamati che, nella fattispecie esaminata, il Tribunale di Bolzano dovra’ riesaminare la vicenda cautelare valutando se gli elementi disponibili consentissero di ritenere sufficientemente delineato il “fumus” del delitto di riciclaggio con riferimento ad operazioni di emissione di fatture per operazioni (in tutto o in parte, oggettivamente o soggettivamente) inesistenti considerando, per l’appunto, le peculiarita’ della fase incidentale rispetto alla necessita’ di identificare la loro esatta e specifica dinamica e consistenza.
Il dato della disponibilita’ di una ingentissima somma di denaro in contanti come quello del rinvenimento di fatture per operazioni di acquisizione dall’estero di beni da parte di societa’ appena create e che, in virtu’ dei soggetti che ne avevano assunto la rappresentanza, poteva ipotizzarsi essere state costituite con finalita’ fraudolente, sono elementi che, per delineare il “fumus” del delitto per cui si procede, andranno valutati tenendo conto della fase in cui si trovano le indagini e della stessa “liquidita’” della imputazione (cfr., Cass. Pen., 2, 8.11.2018 n. 10.231, Pollaccia, in cui la Corte ha chiarito che in tema di sequestro preventivo, la valutazione da parte del giudice del “fumus commissi delicti” e’ contenutisticamente differenziata in ragione dei diversi stadi di accertamento dei fatti e del materiale probatorio prodotto, che va esaminato nella sua interezza; cfr., anche, Cass. Pen., 2, 16.12.2011 n. 47.421, BNL ed altri; in queste decisioni si e’ sottolineato che “la “sufficienza” del requisito del mero fumus commissi delicti si raccorda, concettualmente, al fatto che l’adozione della misura puo’ presentarsi – e di regola, anzi, si presenta – allo stesso esordio della indagine, allorche’ tutti gli accertamenti ancora devono essere compiuti: e quindi, la base fattuale su cui la misura stessa deve sostenersi, ben puo’ essere rappresentata dalla configurabilita’ di un reato di cui ancora possono risultare nebulose tutte le interferenze in ordine alle varie responsabilita’ soggettive” aggiungendosi che “la “base” probatoria su cui si sostanzia il provvedimento di sequestro e’ “flessibile” in ragione dei diversi stadi di accertamento dei fatti”).
3. Il provvedimento del Tribunale di Bolzano va dunque annullato con rinvio degli atti al medesimo ufficio per nuovo esame alla luce dei principi sopra richiamati.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bolzano – Sezione per il Riesame delle Misure Cautelari – per nuovo esame.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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