Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 aprile 2021| n. 10561.
Fermo il principio secondo il quale l’interpretazione della domanda giudiziale e dei suoi confini è riservata al giudice del merito, quest’ultima consta dell’aggregazione di due elementi, costituiti rispettivamente dell’“istanza”, ossia l’indicazione di ciò che si chiede per la soddisfazione dell’interesse di cui si invoca la protezione, e dall’“affermazione”, ossia l’allegazione strumentale dei motivi che sostengono la pretesa, dovendosi pertanto ritenere che non vi sia stata pronuncia su tutta la domanda quando il giudice si sia pronunciato non valutando la medesima intesa come insieme di due suddetti elementi, bensì tenendo conto esclusivamente dell’allegazione strumentale.
Ordinanza|21 aprile 2021| n. 10561
Data udienza 17 novembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: LAVORO ED OCCUPAZIONE – RETRIBUZIONE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4809-2018 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che li rappresentano e difendono unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
nonche’ da:
RICORSO SUCCESSIVO N. 1 SENZA N. R.G.:
(OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che la rappresentano e difendono;
– ricorrente successivo n. 1 –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che li rappresentano e difendono unitamente all’avvocato (OMISSIS); e per: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che li rappresentano e difendono;
– controricorrenti al ricorso successivo n. 1 –
e sul ricorso 5140-2018 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che li rappresentano e difendono;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
e sul ricorso 5141-2018 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che li rappresentano e difendono unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che la rappresentano e difendono;
– controricorrenti –
nonche’
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che li rappresentano e difendono unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 842/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 01/08/2017 R.G.N. 536/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/11/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.
RILEVATO
CHE:
1. la Corte di Appello di Bologna, con sentenza n. 842 del 1 agosto 2017, in riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato la (OMISSIS) Spa e la (OMISSIS) Spa al pagamento, in favore dei lavoratori in epigrafe, delle somme dettagliate in dispositivo per spettanze retributive a titolo di superminimo non assorbibile;
2. in estrema sintesi, la Corte territoriale ha ritenuto sussistente una prassi aziendale quale titolo autorizzativo idoneo ad escludere l’assorbimento del superminimo, non inficiata ne’ dalla “Nota integrativa al Secondo Accordo del 15.6.11” di provenienza aziendale, “rimasta come espressione di intento unilaterale”, ne’ da una pretesa condotta di acquiescenza sindacale o dei lavoratori;
3. per la cassazione di tale sentenza hanno proposto distinti ricorsi le societa’ (R.G. 4809 del 2018) con 3 motivi, resistiti da controricorso dei lavoratori, i quali hanno proposto, avverso la medesima sentenza, ricorsi (R.G. n. 5140 e 5141 del 2018) affidati ad un unico motivo; hanno resistito le societa’ intimate con controricorsi; le parti hanno comunicato memorie;
4. risulta depositata una rinuncia al ricorso per cassazione di (OMISSIS) Spa nei confronti di (OMISSIS) di cui occorre prendere atto perche’ questi risulta intimato e non ha svolto attivita’ difensiva;
5. tutti i ricorsi proposti separatamente contro la medesima sentenza sono stati riuniti ai sensi dell’articolo 335 c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
1. per ragioni di pregiudizialita’ logico-giuridica devono essere esaminati innanzi tutto i motivi di ricorso proposti dalle societa’, sostanzialmente coincidenti e che possono essere come di seguito sintetizzati:
1.1. il primo motivo denuncia violazione dell’articolo 112 c.p.c., per omessa presa in esame e decisione, da parte del giudice del gravame, della preliminare eccezione delle societa’ appellate avente ad oggetto la inammissibilita’ dell’appello; si lamenta altresi’ la violazione dell’articolo 348 bis c.p.c. per omessa presa in esame e decisione della eccezione circa la manifesta infondatezza dell’appello;
1.2. il secondo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio nonche’ violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c.; si lamenta che la Corte bolognese avrebbe omesso di prendere in esame l’integrazione al Secondo Accordo alla stregua di una clausola integrativa degli accordi collettivi raggiunti con le parti sindacali; si eccepisce, altresi’, che i giudici della Corte territoriale avrebbero omesso di prendere in esame talune circostanze fattuali che avrebbero deposto nel senso di una volonta’ delle parti di sottrarre il superminimo all’assorbimento; precisamente che il mancato assorbimento del superminimo in occasione dei passaggi di livello riguardava soli tre dipendenti e che l’avverbio “inoltre” fosse contenuto solamente in alcuni contratti di lavoro, come risultava dalla “documentazione versata in atti”;
1.3. il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare degli articoli 112, 115, 116 c.p.c., articolo 2078 c.c., articoli 1 e 8 preleggi, per avere la Corte di Bologna ritenuto erroneamente sussistente una prassi aziendale;
2. il primo motivo e’ inammissibile;
il mancato esame, da parte del giudice di merito, di una questione puramente processuale non puo’ dar luogo ad omissione di pronuncia, configurandosi quest’ultima nella sola ipotesi di mancato esame di domande o eccezioni di merito (per tutte v. Cass. n. 22592 del 2015, con la giurisprudenza ivi richiamata; di poi, Cass. n. 321 del 2016; conf. Cass. n. 25154 del 2018); pertanto la sentenza che si assuma avere erroneamente rigettato l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello non e’ censurabile in sede di legittimita’ per violazione dell’articolo 112 c.p.c. (Cass. n. 1701 del 2009) ed analogo principio e’ applicabile ove si lamenti la mancata pronuncia sulla eccezione di inammissibilita’ del gravame ovvero di sua manifesta infondatezza;
peraltro non e’ configurabile il vizio di omesso esame di una questione (connessa ad una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullita’ (ritualmente sollevata o sollevabile d’ufficio), quando debba ritenersi che tali questioni od eccezioni siano state esaminate e decise implicitamente (ex plurimis, Cass. n. 7404 del 2014) e, nella specie, la Corte bolognese, avendo esaminato nel merito l’appello ha implicitamente, quanto inequivocabilmente, ritenuto il medesimo ammissibile oltre che fondato;
3. il secondo ed il terzo motivo di ricorso non possono trovare accoglimento; 3.1. opportuno premettere in diritto i seguenti principi espressi dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte nella materia che ci occupa:
il cosiddetto superminimo, ossia l’eccedenza retributiva rispetto ai minimi tabellari, individualmente pattuito tra datore di lavoro e lavoratore, e’ soggetto al principio dell’assorbimento, nel senso che, in caso di riconoscimento del diritto del lavoratore a superiore qualifica, l’emolumento e’ assorbito dai miglioramenti retributivi previsti per la qualifica superiore, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente o la contrattazione collettiva abbia altrimenti disposto, restando a carico del lavoratore l’onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superminimo, escludendone l’assorbimento (Cass. n. 20617 del 2018; Cass. n. 19750 del 2008; Cass. n. 12788 del 2004; Cass. n. 8498 del 1999);
l’indagine probatoria sulla sussistenza di dette pattuizioni e quella ermeneutica sulla loro effettiva portata derogatoria alla regola generale dell’assorbimento sono riservate al giudice del merito (in termini, Cass. n. 2984 del 1998, che in motivazione richiama Cass. n. 1347 del 1984; piu’ di recente Cass. n. 10779 del 2020 e Cass. n. 15967 del 2020); ai fini della ricostruzione della volonta’ negoziale deve essere valutato il comportamento delle parti anche successivo alla conclusione del patto relativo tanto che questa Corte ha confermato, ad esempio, la decisione di merito che aveva desunto la volonta’ delle parti di considerare il superminimo non assorbibile dal fatto che esso era rimasto inalterato nel tempo, nonostante gli incrementi retributivi intervenuti nel corso del rapporto di lavoro in occasione dei rinnovi contrattuali (v. Cass. n. 14689 del 2012, che richiama Cass. n. 1899 del 1994);
3.2. la Corte bolognese ha analiticamente esaminato la volonta’ negoziale delle parti, manifestata anche mediante il comportamento tenuto dai datori di lavoro, ritenuto concludente nel senso della sussistenza di una prassi aziendale che escludesse l’assorbimento del superminimo;
3.3. il secondo e terzo motivo dei ricorsi delle societa’ tendono inammissibilmente ad una rivalutazione di siffatto accertamento fattuale;
infatti, come pure innanzi ricordato avuto riguardo proprio all’interpretazione della portata delle deroghe pattizie al principio dell’assorbimento del superminimo, l’accertamento della volonta’ e’ indagine riservata al giudice del merito, in ossequio al generale principio per cui ogni interpretazione di atti negoziali e’ riservata all’esclusiva competenza del giudice che ne ha il dominio (cfr. Cass. n. 9070 del 2013; Cass. n. 17067 del 2007; Cass. n. 11756 del 2006), con una operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto, soggetto quindi, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente (ex plurimis, Cass. n. 4851 del 2009; Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003); inoltre, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia del vizio di motivazione esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il quale si e’ realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorieta’ del ragionamento del giudice di merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000);
i motivi in scrutinio, il secondo formulato anche ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo formalmente denunciano violazioni di legge e nella sostanza trascurano gli enunciati posti da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014, invocando una rivalutazione dell’indagine di fatto preclusa in sede di legittimita’ e pretendendo una diversa interpretazione negoziale, confidando sulla mera contrapposizione di un risultato esegetico diverso rispetto a quello cui e’ giunta la Corte territoriale, prospettando dati asseritamente piu’ significativi o regole di giustificazione prospettate come piu’ congrue (cfr. Cass. n. 18375 del 2006; conf. Cass. n. 12360 del 2014);
in ogni caso, poi, la Corte territoriale, come riportato nello storico della lite, non ha affatto omesso di valutare la “Nota integrativa al Secondo Accordo del 15.6.11” di provenienza aziendale, ritenuta “espressione di intento unilaterale”, e le altre circostanze che, secondo le societa’, sarebbero state trascurate dalla sentenza impugnata sono sicuramente prive di valore decisivo, mentre la critica al giudizio di sussistenza di una prassi aziendale, lungi dall’enucleare un errore di diritto, si traduce inevitabilmente in un diverso apprezzamento di un fatto;
4. i ricorsi per cassazione proposti dai lavoratori nei confronti della medesima sentenza gia’ gravata dalle societa’, in ragione del principio dell’unicita’ del processo di impugnazione, per il quale, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo, si convertono, in quanto successivi al primo, in ricorsi incidentali, indipendentemente dalla forma assunta e ancorche’ proposti con atti a se’ stanti (cfr., da ultimo, Cass. n. 448 del 2020);
essi, con un motivo, denunciano: “Nullita’ della sentenza per non aver pronunciato, in violazione dell’articolo 112 c.p.c., sulla domanda, proposta dai ricorrenti, di accertamento con efficacia di giudicato della natura non riassorbibile dei superminimi individuali loro riconosciuti (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”;
si deduce che i ricorrenti avrebbero agito in giudizio proponendo due distinte domande: una di accertamento in ordine alla natura non assorbibile dell’assegno personale, finalizzata ad impedire, attraverso una pronuncia dichiarativa della regula iuris da applicare al rapporto, la prosecuzione di tale illegittimo comportamento; un’altra di condanna al pagamento delle somme corrispondenti alle differenze di retribuzione nel frattempo maturate; a seguito del rigetto del Tribunale, tali domande sarebbero state integralmente riproposte in grado di appello; tuttavia la Corte adita non avrebbe pronunciato sulle medesime limitandosi a condannare le societa’, di tal che sarebbe derivato il denunciato vizio di omessa pronuncia;
5. i ricorsi dei lavoratori non possono trovare accoglimento;
per principio radicato nella giurisprudenza di questa Corte l’interpretazione della domanda giudiziale e dei suoi confini e’ riservata al giudice del merito (cfr., tra le altre, Cass. n. 31546 del 2019; Cass. n. 29609 del 2018; Cass. n. 18 del 2015, Cass. n. 21421 del 2014; Cass. n. 12944 del 2012; Cass. n. 21208 del 2005), per cui, nella specie, la Corte di Appello, accogliendo l’appello dei lavoratori, ha pronunciato sulle domande da costoro proposte con la condanna delle societa’ al pagamento delle somme dovute, chiaramente sul presupposto che il superiminimo in controversia non fosse assorbibile sulla scorta delle diffuse argomentazioni spese in motivazione; ha evidentemente ritenuto la richiesta di accertamento contenuta nelle conclusioni dell’atto introduttivo come strumentale rispetto alla successiva condanna, anche perche’ e’ noto che non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, il quale puo’ costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza, posto che l’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, poiche’ il processo non puo’ essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire (tra molte, Cass. n. 6749 del 2012);
invero la domanda giudiziale, secondo la prospettazione di autorevole dottrina condivisa da questa Corte (Cass. n. 5034 del 2002), consta dell’aggregazione di due dati elementari, costituiti, rispettivamente, dall'”istanza”, ossia dall’indicazione “finale” di cio’ che si vuole sia fatto per la soddisfazione dell’interesse del quale si invoca la protezione, e dall'”affermazione”, ossia dall’allegazione “strumentale” dei motivi che sostengono la pretesa; cio’ posto nella specie e’ agevole osservare che la descritta domanda introduttiva della presente controversia costituisce evidente esercizio dell’azione di condanna nei confronti delle societa’ responsabili di un inadempimento nel pagamento di spettanze retributive, nel che propriamente si compendia il dato dell'”istanza” con il suo contenuto tipicamente pretensivo; la richiesta di accertamento che il superminimo non fosse “assorbibile”, configura il dato dell'”allegazione”, nel suo contenuto tipicamente assertivo delle ragioni poste a giustificazione dell’istanza e concretizzante il titolo dell’obbligazione dedotta in giudizio;
quanto poi all’efficacia preclusiva di futuri inadempimenti datoriali e’ appena il caso di rammentare che, in ordine ai rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, sui quali il giudice pronuncia su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l’autorita’ del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle gia’ risolte con provvedimento definitivo (salvo mutamenti del rapporto conseguenti a sopravvenienze di fatto o di diritto), atteso che gli effetti del giudicato sostanziale si estendono, finanche in caso di rigetto della domanda, a tutte quelle statuizioni inerenti all’esistenza e validita’ del rapporto dedotto in giudizio necessarie ed indispensabili per giungere a quella pronuncia (da ultimo: Cass. n. 10174 del 2018; v. pure: Cass. n. 11672 del 2007; Cass. n. 11360 del 2010; Cass. n. 13207/2015);
6. conclusivamente tutti i ricorsi vanno respinti, con spese del giudizio di legittimita’ che il Collegio reputa debbano essere interamente compensate tra le parti in ragione della reciproca soccombenza;
stante la rinuncia azionata dal difensore di (OMISSIS) Spa nei confronti di (OMISSIS), deve essere dichiarata, rispetto a dette parti, la cessazione della materia del contendere per difetto sopravvenuto di interesse;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di tutti i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per i ricorsi proposti, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi sia delle societa’ che dei lavoratori in epigrafe, compensando le spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi presentati a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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