Corte di Cassazione, civile, Sentenza|21 maggio 2024| n. 14113.

L’impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l’impugnazione differita è inammissibile

L’impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l’impugnazione differita è inammissibile, ma non preclude, dopo la sentenza definitiva, l’esercizio del potere di impugnare anche quella non definitiva.

 

Sentenza|21 maggio 2024| n. 14113. L’impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l’impugnazione differita è inammissibile

Data udienza 23 aprile 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni civili – Cassazione (ricorso per) – Provvedimenti dei giudici ordinari (impugnabilita’) – Sentenze – Non definitive – Riserva facoltativa di gravame proposizione di impugnazione immediata – Inammissibilità – Riproponibilità dell’impugnazione dopo la sentenza definitiva – Ammissibilità.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

composta dagli Ill.mi Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere Rel.

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 18315/2018 R.G. proposto da

Pi.Ca., rappresentata e difesa dall’avv. Gi.To., con domicilio in Roma, Via (…), presso l’avv. Le.Zi.

-RICORRENTE-

contro

Pi.Ma., elettivamente domiciliata in Roma, (…), presso lo studio dell’avv. An.Gi., rappresentata e difesa dall’avv. Gi.Va..

– CONTRORICORRENTE-

e

Pi.Mi.

-INTIMATO-

avverso la sentenza n. 848/2017 della Corte d’appello di Palermo, depositata il 10/05/2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 24.10.2023 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Maria Rosaria Dell’Erba, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso.

Uditi gli avv.ti Gi.To. e Fr.Fa.

L’impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l’impugnazione differita è inammissibile

FATTI DI CAUSA

1. Con citazione notificata il 14 aprile 2003, Pi.Ma. ha evocato in giudizio la sorella Pi.Ca., esponendo che la propria madre An.Di. – deceduta il (Omissis)- in data

11.5.2001 aveva donato alla convenuta un appezzamento di terreno sito nel territorio del Comune di C., contrada (Omissis), meglio identificato in atti, e che detta disposizione era lesiva dei diritti di legittima.

Ha chiesto la riduzione della donazione in natura, con la resa del conto e il pagamento dei frutti.

Instaurato il contraddittorio, Pi.Ca. ha sostenuto che l’attrice aveva ricevuto dalla madre Euro. 61.814,85 quale controvalore dell’usufrutto, riservato alla An.Di., sull’immobile che l’attrice aveva ricevuto in nuda proprietà dal padre, sito in B., alla via (Omissis), nonché l’ulteriore somma di Euro. 24.647,91 ricavato dalla vendita di alcuni terreni e taluni gioielli dal valore complessivo di Euro. 20.658,28, mentre il fratello Pi.Mi. non aveva mai versato alla madre, trattenendone l’importo, il controvalore dell’usufrutto spettante alla de cuius sull’appartamento sito in B. alla via (Omissis) per l’importo di Euro 61.814,85, oltre ad Euro. 24.647,91 menzionati nella scrittura del 25 settembre 2002 a firma della de cuius ed il controvalore di taluni gioielli, pari ad Euro. 10.000. Ha eccepito che il terreno ricevuto dalla madre aveva il valore di Euro 167.848,42 mentre Pi.Mi. aveva incamerato beni e somme di denaro per Euro. 91.627,13 e l’attrice Pi.Ma. un controvalore complessivo di Euro. 107.111,04, come risultava dal testamento pubblico del 23 aprile 2001.

Espletata consulenza tecnica grafologica sulla scrittura del 25.9.2002 e consulenza tecnica d’ufficio per la valutazione del complesso ereditario, il Tribunale, con sentenza non definitiva n. 1482 del 2010, ha ritenuto sussistente la lesione della quota di legittima spettante a Pi.Ma., per un importo di Euro. 53.198,05, sostenendo che il valore dell’usufrutto la de cuius aveva donato all’attrice era pari ad Euro. 3870,00 e non ad Euro. 61.335,00, poiché l’appartamento di via (Omissis)di B., gravato di usufrutto, era stato locato solo per il periodo aprile/settembre 2002.

Con successiva sentenza definitiva n. 875/2012, ha disposto la riduzione della donazione del 23.4.2001, ordinando la retrocessione del bene alla comunione e la divisione del patrimonio ereditario. La sentenza non definitiva n. 1482/2010 è stata impugnata in via principale da Pi.Ca., lamentando che il Tribunale non aveva conteggiato nella divisione l’intero importo che Pi.Ma. aveva ricevuto dalla madre, pari ad Euro. 82.472,28; Pi.Ma. ha proposto appello incidentale, chiedendo di dichiarare che la quota di riserva assommava ad Euro 78.566,23, chiedendo di respingere la domanda di riduzione.

Con sentenza n. 848/2017, la Corte distrettuale ha dichiarato inammissibile l’appello principale ed inefficace quello incidentale, affermando che Pi.Ca. si era limitata ad esporre lo svolgimento del giudizio di primo grado ed aveva riproposto gli argomenti già sviluppati in primo grado, mancando il gravame di una parte argomentativa specificamente diretta a confutare i punti fondamentali della motivazione del Tribunale nella parte in cui era accertata la lesione di legittima ai danni di Pi.Ma. Per la cassazione della sentenza Pi.Ca. ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui Pi.Ma. ha resistito con controricorso. Pi.Mi. non ha proposto difese.

La causa, inizialmente avviata alla trattazione camerale dinanzi alla Sesta sezione civile, è stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n. 16473/2019. Le parti hanno depositato memorie illustrative.

L’impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l’impugnazione differita è inammissibile

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, sostenendo che la Corte distrettuale non avrebbe dato conto in motivazione delle ragioni per cui ha ritenuto non specifici i motivi di appello, pur avendo l’appellante illustrato in modo argomentato le critiche alla pronuncia di primo grado, evidenziando che il Tribunale aveva erroneamente quantificato in Euro 3870,00 il controvalore della donazione dell’usufrutto sulla casa paterna ricevuta in vita da Pi.Ma., poiché il testamento del 23.8.1991, dichiarati autentico, risultava che il valore dell’usufrutto sull’immobile assommava ad Euro. 61.814,00 e che le dichiarazioni del teste escusso, che aveva riferito di aver condotto in locazione l’immobile dall’aprile 2003 al settembre 2003, non erano rilevanti, riguardando un periodo successivo alla morte di Angela An.Di.

Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per aver la Corte di merito ritenuto che il valore dell’usufrutto sulla casa paterna oggetto di donazione in favore della resistente ascendesse ad Euro 3870,00, in contrasto con le risultanze documentali.

2. Deve dichiararsi l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 340, comma secondo, c.p.c.

E’ evidenziato nel controricorso e trova riscontro nell’esame degli atti di causa che la ricorrente aveva dichiarato nell’atto di appello di aver formulato riserva di impugnazione avverso la sentenza non definitiva n. 1482/2010 all’udienza del 19.4.2010 (cfr. atto di appello pag. 9 e controricorso, pag. 9).

Nonostante la suddetta riserva di impugnazione, che la ricorrente ha esplicitamente ammesso di aver formulato, quest’ultima ha proposto appello immediato avverso la sentenza non definitiva di primo grado con atto notificato in data 13.9.2010, mentre la successiva sentenza definitiva n. 875/2012 è stata pubblicata solo il 22.2.2012.

La natura non definitiva della sentenza oggetto di appello immediato discendeva dalla esplicita qualificazione in tal senso operata dal Tribunale (cfr. Cass. s.u.10242/2021), e peraltro il primo giudice aveva rinviato alla pronuncia definitiva anche la regolazione delle spese (cfr. sentenza di primo grado, pag. 9), limitandosi a dichiarare la sussistenza della lesione di legittima, disponendo con ordinanza per l’individuazione delle porzione da retrocedere alla massa ereditaria, per la formazione delle quote e per le operazioni divisionali (cfr., per la natura non definitiva delle pronunce adottate nel corso del giudizio di divisione, eccettuata l’ultima che provvede, ai sensi degli artt. 789 e 791 c.p.c., alla formazione definitiva dei lotti, anche quanto rimetta alla fase successiva le operazioni relative al sorteggio delle quote: Cass. 29829/2011; Cass. 15446/2016; Cass. 24300/2023). Deve ribadirsi che l’impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l’impugnazione differita è inammissibile, pur non precludendo, dopo la sentenza definitiva, l’esercizio del potere di impugnare anche quella non definitiva (Cass. 18498/2015; Cass. 17233/2010; Cass. 1200/2003), essendo – in tal caso – inefficace anche l’impugnazione incidentale tardiva (Cass. 21173/2021).

In conclusione, decidendo sul ricorso, va dichiarata l’inammissibilità dell’appello proposto da Pi.Ca. avverso la sentenza non definitiva n. 1482/2010 del Tribunale di Palermo, confermando l’inefficacia dell’impugnazione incidentale tardiva; la sentenza

impugnata è cassata senza rinvio, perché il giudizio di appello non poteva essere proposto, con regolazione delle spese in dispositivo. Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

L’impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l’impugnazione differita è inammissibile

P.Q.M.

decidendo sul ricorso, dichiara inammissibile l’appello proposto da Pi.Ca. avverso la sentenza del Tribunale di Palermo n. 1482/2010, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di appello, liquidate in Euro. 2700,00 per compenso ed Euro 150,00 per esborsi, nonché al pagamento delle spese di legittimità, liquidate in Euro. 7500,00 per compenso ed Euro. 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%. Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, in data 23 aprile 2024.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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