Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 ottobre 2022| n. 29280.
Licenziamento disciplinare per il lavoratore che sia stato stato rinvenuto in giro in moto in un periodo di malattia
In tema di licenziamento disciplinare è proporzionale il provvedimento predetto emesso nei confronti del lavoratore che sia stato licenziato dopo essere stato rinvenuto in giro in moto in un periodo di malattia. Ciò in quanto tale condotta aveva leso il vincolo fiduciario con il datore di lavoro e soprattutto effettivamente determina un rallentamento nel percorso di guarigione.
Ordinanza|7 ottobre 2022| n. 29280. Licenziamento disciplinare per il lavoratore che sia stato stato rinvenuto in giro in moto in un periodo di malattia
Data udienza 11 maggio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Lavoro subordinato – Licenziamento – Impugnazione – Presupposti – Contestazione disciplinare – Articoli 115 e 116 cpc – Elementi probatori – Valutazione del giudice di merito – Articoli 2106 e 2909 cc – Onere della prova – Legge 604 del 1966 – Criteri
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 38270-2019 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 291/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 02/10/2019 R.G.N. 238/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/05/2022 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
Licenziamento disciplinare per il lavoratore che sia stato stato rinvenuto in giro in moto in un periodo di malattia
RILEVATO
CHE:
1. Con la sentenza n. 291/2019 la Corte di appello di Ancona, in riforma della pronuncia del Tribunale della stessa sede, ha respinto l’impugnativa del licenziamento proposta da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) spa di cui era dipendente con mansioni di conducente di mezzi per la raccolta dei rifiuti.
2. Il recesso era stato intimato per giusta causa, il 6.9.2016, in base alla contestata violazione dell’obbligo ex ante di cautela, per essersi l’ (OMISSIS) messo in piu’ occasioni alla guida sportiva di un motociclo di 500 c.c. di cilindrata e del peso di oltre 230 Kg., onde recarsi al mare, durante il periodo di assenza dal lavoro determinata dall’infortunio occorsogli in data (OMISSIS) a seguito del quale aveva riportato plurime fratture alle costole.
3. A fondamento della decisione i giudici di seconde cure hanno rilevato che: a) poteva ritenersi raggiunta la prova dell’effettiva commissione, da parte del lavoratore, del comportamento descritto nella contestazione disciplinare; b) dalla istruttoria espletata e dagli esiti della ctu poteva dirsi accertata la mancanza del lavoratore per le seguenti ragioni: carattere volontario e cosciente della condotta; assoluto difetto di circostanze che potessero discriminarla; messa a rischio della guarigione; c) la valutazione della mancanza andava effettuata ex ante e non ex post; d) la violazione accertata era idonea a ledere il vincolo fiduciario, in considerazione del carattere ludico e non necessitato dell’attivita’ extralavorativa svolta dal dipendente; e) la sanzione espulsiva era proporzionata ai fatti contestati ed accertati.
4. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) affidato a tre motivi cui ha resistito con controricorso la (OMISSIS) spa.
5. Il ricorrente ha depositato memoria.
Licenziamento disciplinare per il lavoratore che sia stato stato rinvenuto in giro in moto in un periodo di malattia
CONSIDERATO
CHE:
1. I motivi possono essere cosi’ sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 (disponibilita’ delle prove), 116 (valutazione delle prove) c.p.c., la violazione dell’articolo 2909 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ l’omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia per omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie ex articolo 360 c.p.c., n. 5. Sostiene che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, le risultanze processuali avevano ridimensionato la portata oggettiva e soggettiva del fatto contestato; in particolare, evidenza che l’infortunio sul lavoro era stato reale; che, dalla certificazione del Pronto Soccorso si rilevava che gli era stata prescritta unicamente l’assunzione di antidolorifici che gli consentivano i limitati movimenti svolti; che gli unici elementi attendibili erano costituiti dalle foto allegate alla relazione investigativa dalle quali non emergeva la ricostruzione dei fatti come operata dai giudici di seconde cure.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 (disponibilita’ delle prove), 116 (valutazione delle prove) c.p.c., la violazione dell’articolo 2106 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ l’omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia per omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie ex articolo 360 c.p.c., n. 5 e la violazione dei canoni di proporzionalita’ della sanzione. Si deduce che la Corte distrettuale, oltre a non avere considerato nella loro globalita’ gli elementi istruttori, fornendo una distorta visione dei fatti di causa, aveva erroneamente ritenuto che esso lavoratore fosse consapevole del disvalore del proprio comportamento: ma cio’ contrastava con la saltuarieta’ delle condotte contestate e con il fatto di essersi attenuto alle prescrizioni mediche i di talche’, anche sotto questo profilo, la sanzione espulsiva non appariva proporzionata.
4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articolo 5 e articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia per omessa o erronea valutazione delle risultanze istruttorie ex articolo 360 c.p.c., n. 5, per non avere rilevato la Corte di merito che il datore di lavoro non avesse fornito la prova completa di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi della giusta causa di licenziamento.
5. I motivi, da scrutinarsi congiuntamente per la loro interferenza, sono inammissibili.
6. Invero, le censure, al di la’ delle denunciate violazioni di legge, tendono ad una inammissibile rivalutazione delle prove e ad una diversa ricostruzione della vicenda, che sono attivita’ non consentite in sede di legittimita’.
7. E’ un principio ormai consolidato quello secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimita’, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 19547/2017; Cass. n. 29404/2017).
8. In particolare, infondata e’ la asserita violazione dell’articolo 2697 c.c. che si ha, tecnicamente, solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiche’ in questo caso vi e’ un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimita’ solo per il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 (Cass. n. 17313/2020), con i limiti di operativita’ della disposizione ratione temporis vigente.
9. In tema di ricorso per cassazione, poi, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione: ipotesi, anche queste, non ravvisabili nel caso in esame (Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 13960/2014).
10. Sono, altresi’, inammissibili le doglianze ex articolo 360 c.p.c., n. 5 (nuova formulazione) circa l’omesso esame di elementi istruttori che non integra, di per se’, vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 198881/2014).
11. Nel caso in esame la Corte territoriale, con adeguata e logica motivazione, ha sottolineato, attraverso un esame accurato della documentazione e delle risultanze istruttorie, che la dimostrata commissione, da parte dell’ (OMISSIS), del comportamento descritto in seno alla contestazione disciplinare costituiva lesione del vincolo fiduciario, di per se’ sufficiente a giustificare il recesso datoriale.
12. Infine, va sottolineato che il giudizio di proporzionalita’, a differenza di quanto denunciato dall’odierno ricorrente, e’ stato operato dalla Corte territoriale che ha ravvisato che il comportamento del lavoratore aveva provocato un pregiudizio effettivo alla sua salute e aveva rallentato il processo di guarigione nei pronosticati limiti temporali nonche’ che la gravita’ dei fatti commessi era tale da ledere, in modo irreversibile, il rapporto fiduciario, anche sotto il profilo della proporzionalita’ della sanzione, tenendo conto del disvalore ambientale che la condotta aveva assunto quale modello diseducativo e disincentivante dal rispetto degli obblighi nascenti dalle direttive datoriali, non meno che dei generali obblighi di correttezza e buona fede.
13. Deve sottolinearsi che tale giudizio costituisce un tipico accertamento del giudice di merito che, se adeguatamente motivato e logicamente corretto, come nel caso di specie, non e’ sindacabile in sede di legittimita’ (Cass. n. 26010/2018).
14. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
15. Alla declaratoria di inammissibilita’ segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ che si liquidano come da dispositivo.
16. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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