Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 4 ottobre 2018, n. 44128.
La massima estrapolata:
L’errore del giudice di pace di richiamare l’articolo 131-bis piuttosto che l’articolo 34 del Dlgs 274/2000 non può essere censurato in quanto tale se non si dimostra il pregiudizio.
Sentenza 4 ottobre 2018, n. 44125
Data udienza 26 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere
Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere
Dott. MOROSINI Elisabet – rel. Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI TARANTO;
nel procedimento a carico di;
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/04/2017 del GIUDICE DI PACE di TARANTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Elisabetta Maria Morosini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Di Nardo Manila, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata il Giudice di pace di Taranto ha dichiarato non punibile (OMISSIS) per il reato di percosse, per particolare tenuita’ del fatto ex articolo 131-bis c.p..
2. Avverso la sentenza propone ricorso il Procuratore Generale, articolando un unico motivo con il quale denuncia violazione di legge, stante l’inapplicabilita’ dell’istituto di cui all’articolo 131-bis c.p. al procedimento dinanzi al giudice di pace.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile per difetto di un interesse concreto alla impugnazione.
2. E’ vero che, dopo la pronuncia della sentenza impugnata, sono intervenute le Sezioni Unite a stabilire che la causa di esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, prevista dall’articolo 131-bis c.p., non e’ applicabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace (Sez. U, n. 53683 del 22/06/2017, Pmp, Rv. 271587).
3. Va tuttavia considerato che il proscioglimento “nei casi di particolare tenuita’ del fatto” non e’ avulso dal “microsistema” dettato per giudice di pace, poiche’ trova la sua declinazione procedimentale nella previsione del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 34.
4. E’ pacifico che i presupposti dell’articolo 131-bis c.p. e quelli del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 34 divergono, posto che, nel procedimento dinanzi al giudice di pace, dopo l’esercizio dell’azione penale la sentenza per particolare tenuita’ del fatto puo’ essere emessa “solo se l’imputato e la persona offesa non si oppongono” (Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 34, comma 3).
Cosi’ come e’ indiscutibile che, relativamente all’istituto di cui all’articolo 34, la necessaria presenza della persona offesa trova fondamento nella “finalita’ conciliativa”, che rappresenta un tratto tipico del sistema delineato dal Decreto Legislativo n. 274 del 2000 (Sez. 5, n. 3784 del 28/11/2017, dep. 2018, Indraccolo, in motivazione). Sistema che presenta caratteri assolutamente peculiari tali da renderlo non comparabile con il procedimento davanti al tribunale, e comunque tali da giustificare sensibili deviazioni rispetto al modello ordinario, le quali si innestano in un procedimento connotato, gia’ di per se’, da un’accentuata semplificazione e concernente reati di minore gravita’, con un apparato sanzionatorio del tutto autonomo (cfr. Sez. U, n. 53683 del 22/06/2017, Pmp, in motivazione; Corte Cost. ordinanza nn. 50 del 2016, 28 del 2007, 312 e 228 del 2005; sentenza n. 47 del 2014).
E’ del pari certo, pero’, che il proscioglimento per particolare tenuita’ del fatto costituisce un esito previsto dal procedimento dinanzi al giudice di pace.
L’eventuale errore da parte del giudice di pace nel richiamare l’articolo 131-bis c.p. piuttosto che il Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 34 non puo’ essere censurato solo in quanto tale, ma richiede la deduzione di un effettivo pregiudizio da rimuovere per effetto di quella decisione, occorre cioe’, sotto il profilo dell’interesse ad impugnare, un “precipitato” di concretezza, che e’ onere della parte dedurre e che nella specie difetta.
4. L’articolo 568 c.p.p., comma 4 e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera a) postulano, come condizione di ammissibilita’ di qualsiasi impugnazione, la sussistenza di un interesse diretto a rimuovere un effettivo pregiudizio derivato alla parte dal provvedimento impugnato.
L’interesse a proporre impugnazione deve essere apprezzabile non solo in termini di attualita’, ma anche di concretezza (ex multis Sez. 6, n. 10309 del 22/01/2014, Lo Presti, Rv. 259506; Sez. 5 n. 13801 del 16/10/2017, dep. 2018, non massimata).
Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, nel sistema processuale penale, la nozione di interesse ad impugnare va individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalita’ negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilita’, ossia di una decisione piu’ vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Marinaj, Rv. 251693).
Un tale interesse non puo’ risolversi in una mera ed astratta pretesa alla esattezza teorica del provvedimento impugnato, priva cioe’ di incidenza pratica sull’economia del procedimento (Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, dep. 2011, Testini, in motivazione).
5. In tal prospettiva, a fronte di un esito processuale comunque consentito – il proscioglimento per particolare tenuita’ del fatto – incombeva sul ricorrente, l’onere di specificare l’intesse pratico perseguito o meglio il diverso esito processuale, rispetto a una pronuncia di proscioglimento per particolare tenuita’ del fatto – qualunque fosse l’istituto applicabile (Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 34 in luogo dell’articolo 131 bis c.p.) – evidenziando, in ipotesi, l’insussistenza dei presupposti della tenuita’ ovvero le ragioni della inoperativita’, nella fattispecie, del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 34.
Cio’ non e’ stato fatto e, si’ ribadisce, il ricorrente non puo’ limitarsi a dedurre, in astratto, una violazione di legge se non consente di apprezzarne la portata nel contesto processuale di riferimento.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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