Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 14 aprile 2016, n. 1502

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4508 del 2015, proposto da:

Be. s.r.l. unipersonale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Vi. Ma. e Fr. A. Ca. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, via (…),

contro

Provincia di Catanzaro, in persona del presidente in carica, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ro. Ch. e Fe. Pa. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Fl. Al., in Roma, via (…),

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO -:SEZIONE I n. 00559/2015, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dall’amministrazione su istanza-diffida volta ad ottenere la stipula del contratto definitivo per aggiudicazione appalto lavori manutenzione ordinaria viabilità.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata;

Vista la memoria prodotta dall’appellante a sostegno delle sue domande;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla camera di consiglio del 3 marzo 2016, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;

Uditi, alla stessa camera di consiglio, l’avv. Ma. Zo., in sostituzione dell’avv. Fr. A. Ca., per l’appellante e l’avv. Ga. Fe., in sostituzione degli avv.ti Fe. Pa. e Ro. Ch., per l’appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il gravame innanzi ad esso proposto dall’odierna appellante, risultata aggiudicataria della procedura aperta n. 16/12 indetta dalla Provincia di Catanzaro per l’affidamento di lavori di manutenzione ordinaria compreso segnaletica sulla viabilità lametino km 584, per veder: dichiarare l’illegittimità del silenzio rifiuto serbato dalla p.a. rispetto all’istanza della ricorrente volta ad ottenere la stipulazione del contratto definitivo in virtù dell’aggiudicazione definitiva della gara d’appalto descritta in ricorso (lavori di manutenzione ordinaria compreso segnaletica sulla viabilità lametino km 584); dichiarare l’obbligo della p.a. di provvedere a carico dell’amministrazione resistente con contestuale richiesta di nomina di commissario ad acta e con riserva di proporre azione di risarcimento danni.

Il Tribunale amministrativo, in particolare, considerato che nelle more del giudizio era stato stipulato tra le parti l’invocato contratto e che dallo stesso la Provincia di Catanzaro era receduta con provvedimento del 4 luglio 2014 per il sopraggiungere di informativa interdittiva antimafia, ha ritenuto che da ciò derivasse l’improcedibilità del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse, compensando le spese di lite.

Con il ricorso in appello all’esame l’originaria ricorrente ha chiesto l’annullamento e/o la riforma della citata sentenza, sulla base dei seguenti motivi di diritto:

– errata motivazione – procedibilità della domanda giudiziale – cessazione della materia del contendere, per avere il giudice di prime cure errato nell’aver dichiarato l’improcedibilità del ricorso per “sopravvenuta carenza di interesse” anziché per “cessata materia del contendere”;

– error in procedendo et in iudicando: condanna alle spese sulla base del principio della soccombenza virtuale, per avere il T.A.R. compensato le spese di lite, omettendo di valutare la soccombenza virtuale derivante dall’intervenuta cessazione della materia del contendere.

Si è costituita in giudizio, per resistere, la Provincia di Catanzaro.

Con memoria in data 26 febbraio 2016 l’appellante insiste sui motivi proposti.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 3 marzo 2016.

Si deve preliminarmente disporre lo stralcio dagli atti del giudizio della memoria dell’appellante in data 26 febbraio 2016, in quanto depositata tardivamente, oltre il termine di quindici giorni liberi prima della camera di consiglio fissata per il giorno 3 marzo 2016, previsto per le memorie per effetto del combinato disposto degli artt. 73 e 87, comma 3, Cod. proc. amm.; anche, poi, a volerla considerare memoria di replica (ma così non è, in quanto l’appellata non ha depositato memorie in vista dell’udienza), essa è parimenti tardiva, in quanto il deposito è avvenuto anche oltre il termine di dieci giorni previsto per tali memorie da dette disposizioni.

Ciò posto, l’appello è infondato.

Correttamente, invero, il giudice di primo grado, a fronte dell’instaurazione di un giudizio vòlto ad ottenere la declaratoria dell’obbligo della Amministrazione di pervenire alla stipula del contratto di appalto con la ricorrente risultata aggiudicataria della relativa procedura aperta, ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, nessun vantaggio giuridico sostanziale essendo più ritraibile da un’eventuale pronuncia giudiziale di merito, una volta che la ricorrente ha ottenuto il bene della vita (la stipula del contratto), cui mirava la pretesa azionata.

Infatti, il giudizio sul silenzio-inadempimento, disciplinato dagli artt. 117 e 31 Cod. proc. amm., ha per oggetto l’accertamento dell’illegittimità dell’inerzia serbata dall’amministrazione sull’istanza che le è stata presentata e sulla quale doveva invece provvedere.

Pertanto, secondo quanto costantemente afferma questo Consiglio di Stato, la condanna dell’Amministrazione a provvedere ai sensi del citato art. 117 presuppone che al momento della pronuncia del giudice perduri l’inerzia e che dunque non sia venuto meno l’interesse del privato istante ad ottenere una pronuncia dichiarativa dell’illegittimità del silenzio serbato, con il conseguente ordine di provvedere.

Trattandosi infatti di una condizione dell’azione, questa deve persistere fino al momento della decisione.

Conseguentemente, l’emanazione di un provvedimento (o l’adozione di un comportamento) esplicito in risposta all’istanza dell’interessato od in ossequio all’obbligo di legge (nella fattispecie, l’invocata stipula del contratto di appalto), rende il ricorso inammissibile per carenza originaria dell’interesse ad agire od improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, a seconda se il provvedimento (od il comportamento conforme all’interesse del privato) intervenga prima della proposizione del ricorso o nelle more del giudizio conseguentemente instaurato (ex multis: Cons. Stato, V, 22 gennaio 2015, n. 273, 1 luglio 2014, n. 3293; VI, 30 marzo 2015, n. 1648, 31 luglio 2014, n. 4058; da ultimo, V, 1 ottobre 2015, n. 4605).

Né è utilmente invocabile da parte del ricorrente, in tal caso, una pronuncia diversa (che nella specie si pretende di “cessata materia del contendere” in quanto “l’operato successivo della parte pubblica si rivela integralmente satisfattivo dell’interesse azionato”: pag. 3 dell’appello), atteso che il vigente ordinamento processuale contempla la sola declaratoria di improcedibilità del ricorso per il venir meno dell’interesse allo stesso (art. 35, comma 1, lett. c), Cod. proc. amm.), nella quale pertanto rientra qualsiasi ipotesi di sopravvenienza di fatto o di diritto, che comunque muti radicalmente la situazione esistente al momento della proposizione del ricorso e che sia tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza (anche eventualmente quella già ottenuta), per aver fatto venir meno per il ricorrente o per l’appellante qualsiasi residua utilità della pronuncia sulla domanda azionata, foss’anche soltanto strumentale o morale (arg. ex Cons. Stato, III, 14 marzo 2013, n. 1534 e IV, 15 settembre 2015, n. 4307); e ciò, dunque, a prescindere da qualsiasi ulteriore indagine e statuizione circa l’intervenuta o meno integrale soddisfazione della domanda proposta per effetto delle dette sopravvenienze.

Quanto, poi, al contestato giudizio di compensazione delle spese di lite reso dal Tribunale amministrativo in pretesa violazione del principio della soccombenza virtuale, premesso che nel processo amministrativo il giudice ha ampii poteri di valutazione in ordine al riconoscimento sul piano equitativo dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali ovvero per escluderla con il solo limite che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio (Cons. Stato, III, 21 aprile 2015, n. 2009), la statuizione di compensazione delle spese non può nel caso di specie ritenersi illogica od errata, alla stregua della sopravvenuta interdittiva antimafia (della quale si dà atto puntualmente nella sentenza impugnata), che, preclusiva della stipula del contratto (ove fosse stata emanata anteriormente ad essa) ed in ogni caso della prosecuzione del rapporto contrattuale in quanto intervenuta a breve distanza dalla sua instaurazione sì da dar luogo al recesso da parte dell’Amministrazione (informativa e recesso che indubbiamente costituiscono atti connessi “con l’oggetto della controversia” e che pur tuttavia non risultano esser stati impugnati ex art. 117, comma 5, Cod. proc. amm.), impediva qualsiasi pronuncia di fondatezza della pretesa azionata, anche al limitato fine della pronuncia sulle spese (cosiddetta soccombenza virtuale).

L’appello, in definitiva, va respinto in quanto infondato.

Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno, sulla base dell’ordinario principio della soccombenza, poste a carico dell’appellante.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante alla refusione di spese ed onorarii del presente grado in favore dell’appellata, liquidandoli in complessivi Euro 3.000,00=, oltre oneri accessorii.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 3 marzo 2016, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:

Giuseppe Severini – Presidente

Salvatore Cacace – Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero – Consigliere

Alessandro Maggio – Consigliere

Oreste Mario Caputo – Consigliere

Depositata in Segreteria il 14 aprile 2016.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *