La legittimazione all’azione nel processo amministrativo

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 3 febbraio 2020, n. 849.

La massima estrapolata:

Nel processo amministrativo la legittimazione all’azione nel processo amministrativo si fonda sulla titolarità dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio e che si assume leso, sorgendo il diritto al ricorso in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tendendo ad un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere tale lesione. Condizioni soggettive per agire in giudizio sono, pertanto, la legittimazione processuale e l’interesse a ricorrere, spettando, nel giudizio impugnatorio, la prima a colui che afferma di essere titolare della situazione giuridica sostanziale di cui lamenta l’ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo, mentre l’interesse al ricorso consiste nel vantaggio pratico e concreto che può derivare al ricorrente dall’accoglimento dell’impugnativa. L’interesse a ricorrere, quindi, postula che l’atto impugnato abbia prodotto in via diretta una lesione attuale della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio che, nella fattispecie, va individuata nello stabile collegamento giuridico con l’area interessata dall’assegnazione al controinteressato per lo svolgimento di attività commerciale.

Sentenza 3 febbraio 2020, n. 849

Data udienza 7 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 428 del 2018, proposto dalla società Ga. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Mo., Ro. Ri., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi. Mo. in Roma, viale (…);
contro
Es. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Al. Qu., Ro. Pe., Fr. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. Pa. in Roma, via (…);
Comune di Genova, non costituito in giudizio;
nei confronti
Società Coop. Li., Ta. So. di Ge. Im. s.p.a. in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Al. Gh., Lu. Pi., St. Gh., Si. Vi., con domicilio eletto presso lo studio Si. Vi. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00748/2017, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ta. So. di Ge. Im. S.p.A. e di Co. Li. S.C. e di Es. S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 marzo 2019 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati Ro. Ri., Ma. Al. Qu., Al. Gh. e Lu. Pi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe appellata, n. 748 del 6 ottobre 2017 il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria – ha scrutinato il ricorso -corredato da motivi aggiunti- proposto dalla società Ga. s.r.l., volto ad ottenere:
a) (ricorso introduttivo) l’annullamento della nota 21.5.2016, n. 187001 del comune di Genova, della nota 29.5.2016, n. 182962/2016 del comune di Genova, nonché l’accertamento dell’illegittimità della scia 271/2015 del 4.8.2015, dell’illegittimità della scia 6.4.2016, n. 115/2015, dell’inefficacia sopravvenuta della previsione del PUC, l’illegittimità del silenzio rifiuto dell’amministrazione comunale seguito alla diffida 5.5.2016;
b) (ricorso per motivi aggiunti) l’accertamento dell’illegittimità della scia 6.4.2016, n. 115/2015, dell’illegittimità della dia 21.4.2016, dell’inefficacia sopravvenuta della previsione del PUC e dell’illegittimità del silenzio rifiuto dell’amministrazione comunale seguito alla diffida 4.8.2016, nonché l’annullamento della deliberazione della giunta del comune di Genova 7.7.2016, n. 140 della convenzione 19.7.2016 della comunicazione 29.8.2016 n. 292872 del comune di Genova.
2. La società originaria ricorrente aveva proposto articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
3. Il comune di Genova e le società controinteressate Co. Li. ed altri si erano costituiti in giudizio, chiedendo la declaratoria di inammissibilità, ovvero la reiezione del ricorso in quanto infondato.
4. Il Ta.r. con la predetta sentenza n. 748 del 2017 ha innanzitutto:
a) richiamato il contenuto della propria ordinanza 15.12.2016, n 1239 con la quale era stato disposto che tutte le domande proposte venissero esaminate con il rito dell’udienza pubblica ex art. 32 del c.p.a.;
b) rilevato che le domande proposte dalla società originaria ricorrente Ga. s.r.l. avevano ad oggetto:
I) quanto alle domande di annullamento, gli atti con cui il comune di Genova aveva assentito l’attività edilizia posta in essere sull’immobile ubicato in via (omissis) nella delegazione di Pe., nonché delle successive determinazioni della giunta comunale e della struttura burocratica nella parte in cui avevano ritenuto conforme al piano la ristrutturazione del fabbricato in cui Es. spa aveva allocato parte delle lavorazioni oggetto del contratto di società ;
II) quanto alle domande di accertamento, la declaratoria della sopravvenuta inefficacia della disciplina dell’ambito (omissis) del PUC, regolata dalla relativa scheda, in quanto la scia in variante impugnata in principalità avrebbe (in tesi) mutato le precedenti previsioni, che subordinavano la legittimità dell’apertura di una nuova media struttura di vendita anche alimentare al trasferimento dell’azienda di Es. spa nell’area del parco tecnologico degli Er.; erano state poi proposte le domande volte a far dichiarare l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione civica in ordine alle diffide presentate dalla parte interessata per conseguire l’annullamento d’ufficio degli effetti della dia in variante presentata in data 6.4.2016.
c) rammentato che tra le parti in causa aveva avuto luogo la causa relativa ai riuniti ricorsi r.g.n. 784/2015 e 133/2016 conclusa in primo grado dalla sentenza 1091 depositata il 8.11.2016 (appellata al Consiglio di Stato, ma non sospesa) che aveva avuto riguardo almeno in parte ai medesimi atti impugnati.
4.1.Il T.a.r. ha quindi preso in esame le eccezioni di difetto di interesse articolate dalle società controinteressate e le ha accolte, sui seguenti rilievi:
a) il Tribunale amministrativo si era pronunciato con la citata sentenza 1091/2016 rilevando testualmente che “…la ricorrente… non ha la titolarità di immobili all’interno dell’area (omissis) e non esercita abitualmente alcuna attività commerciale in tale ambito o nei pressi di esso, sicché non avrebbe comunque interesse a contestare la previsione pianificatoria che consente l’insediamento di una grande struttura di vendita presso l’immobile di Co. Li….”;
b) tale affermazione non assumeva la veste di un mero obiter dictum, avendo tutte le caratteristiche di una statuizione destinata ad assumere la qualità di giudicato, ove confermata dal giudizio di secondo grado; solo con la sentenza 1019/2016 parte interessata aveva acquisito una sua ancor non definitiva legittimazione a richiedere ed eventualmente ad ottenere che l’immobile di proprietà ubicato nell’ambito (omissis) descritto dal PUC vigente venisse trasformato in un fabbricato capace di ospitare la GSV sotto la ditta Es.;
c) risultava pertanto prematuro pronunciarsi circa le nozioni di bacino d’utenza in capo a Ga.- Es. o a Ta.- Co. Li., posto che entrambi i raggruppamenti immobiliari e commerciali erano in una fase prodromica all’effettiva apertura delle attività in progetto: ne conseguiva l’impossibilità, quanto meno allo stato, di applicare alla fattispecie le nozioni di bacino di utenza e vicinitas commerciale di cui alla giurisprudenza del Consiglio di Stato;
d) il ricorso è stato pertanto dichiarato inammissibile per difetto di interesse.
5. La società Ga. s.r.l., originaria ricorrente rimasta parzialmente soccombente, ha proposto un articolato appello (depositato il 15.3.2017) avverso la suindicata sentenza nell’ambito del quale, dopo avere ripercorso le principali tappe del contenzioso infraprocedimentale (e rievocato gli accadimenti ed il contenzioso sfociato nella sentenza del T.a.r. per la Liguria r.g.n. 1091/2016 resa sui riuniti ricorsi r.g.n. 133/2016 e 784/2015) ha sostenuto (pagg. 11 e seguenti dell’atto di appello) che:
a) vi era una contiguità spaziale tra le due aree, la n. (omissis) e la n. (omissis), tale da costituire ex se un fattore di legittimazione e di interesse al ricorso;
b) la sentenza n. 1091/2016, semmai, qualificava ulteriormente l’interesse della odierna appellante la quale:
I) aspirava ad installare una grande struttura di vendita nell’immobile nella propria disponibilità ;
II) al contempo, contestava l’analoga iniziativa intrapresa dalla Coop nell’area limitrofa e contigua;
c) anche sotto il profilo della “vicinitas commerciale” l’interesse attuale all’impugnazione doveva ritenersi sussistente: ed infatti, soltanto a cagione dell’ostruzionistico comportamento del comune di Genova (colto e stigmatizzato dalla sentenza n. 1091/2016) l’appellante non aveva ancora potuto installare la propria grande struttura di vendita: appariva paradossale che, pur avendo ottenuto ragione in primo grado, venisse privata della possibilità di attivarsi per impedire che le controinteressate installassero una analoga struttura nell’area limitrofa;
d) ha quindi integralmente riproposto le censure già contenute nel ricorso di primo grado r.g.n. 555 del 2016 e nei motivi aggiunti, e non esaminate dal T.a.r.
6. In data 2.2.2018 le società Co. Li. s.c.c. e Ta. So. di Ge. Im. s.p.a., originarie controinteressate, si sono costituite con atto di stile, chiedendo la reiezione dell’appello.
7. In data 12.2.2018 la società Es. S.p.A. si è costituita con atto di stile, chiedendo la reiezione dell’appello.
8. In data 6.4.2018 le società Co. Li. s.c.c. e Ta. So. di Ge. Im. s.p.a. hanno depositato una memoria chiedendo la reiezione dell’appello in quanto inammissibile e comunque infondato.
9. In data 9.4.2018 la società Es. S.p.A. ha depositato una memoria chiedendo la reiezione dell’appello in quanto inammissibile e comunque infondato.
12. Alla pubblica udienza del 10 maggio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
Con sentenza non definitiva n. 3321 del 2018 questa sezione ha così statuito:
“1. L’appello è in parte infondato e va respinto nei sensi di cui alla motivazione che segue, nella parte in cui contesta la statuizione di inammissibilità dei ricorsi dalla stessa proposti, con riferimento alla contestazione delle s.c.i.a. ed all’azione sul silenzio; quanto alla declaratoria di inammissibilità in ordine alla domanda di accertamento proposta in primo grado, la causa non è matura per la decisione, per le ragioni che verranno chiarite di seguito.
2. Come rilevato nella parte in fatto del presente elaborato, l’appellante ha proposto un’azione complessa, che si struttura:
a) nella contestazione (nelle forme dell’istanza al comune di provvedere in autotutela) alle s,c.i.a. presentate dalla società Es. S.p.A. per realizzare i lavori nello stabile di sua proprietà ubicato in via (omissis) nella delegazione di Pe.;
b) nella (subordinata) domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio -rifiuto serbato dal comune sulle dette richieste di verifica della regolarità delle s.c.i.a. (ove tale avesse dovuto qualificarsi la condotta del comune, piuttosto che quale espresso provvedimento di diniego);
c) nell’accertamento del fatto per cui (in tesi), a cagione del fatto che la società Es. S.p.A. si accingeva a trasferirsi nello stabile di sua proprietà ubicato in via (omissis) nella delegazione di Pe. e non (più ) presso il parco tecnologico degli Er., sarebbe “venuta meno” la prescrizione del Puc che consentiva che COOP insediasse una struttura di vendita in area (omissis), nell’immobile sino ad oggi occupato da Es. e di pertinenza di quest’ultima.
3. Come rilevato dal T.a.r., la posizione legittimante vantata dall’appellante società è strettamente legata a quella spiegata nelle riunite cause r.g.n. 784/2015 e 133/2016 concluse in primo grado con la sentenza 1091 depositata il 8.11.2016 appellata al Consiglio di Stato, e non sospesa (il ricorso in appello r.g.n. 1847 del 2017 proposto avverso detta sentenza risulta del pari chiamato in decisione alla odierna udienza pubblica), tanto che la sentenza oggi appellata ha posto a sostegno della dichiarazione di inammissibilità oggetto della odierna impugnazione proprio le medesime considerazioni che la citata sentenza 1091/2016 aveva espresso per dichiarare la improcedibilità del riunito ricorso di primo grado r.g.n. 133/2016.
3.1. E d’altro canto, già nel ricorso di primo grado la società odierna appellante aveva lealmente fatto presente che:
a) essa era interessata ad ottenere che l’immobile di sua proprietà ubicato nell’ambito (omissis) descritto dal PUC vigente venisse trasformato in un fabbricato capace di ospitare una GSV sotto la ditta Es. e che pertanto aveva proposto il ricorso r.g.n. 784/2015 finalizzato a rimuovere la prescrizione del Puc che precludeva l’installazione di una struttura di vendita nell’ambito (omissis);
b) a suo dire, la disposizione preclusiva della installazione di una struttura di vendita nell’ambito (omissis) discendeva da un intento anticoncorrenziale del comune di Genova finalizzato a che COOP insediasse una struttura di vendita in area (omissis), nell’immobile sino ad oggi occupato da Es. e di pertinenza di quest’ultima e che detta struttura di vendita fosse l’unica ammessa nell’area;
c) in virtù di tale posizione di controinteresse, aveva censurato le disposizioni del Puc che avevano legittimato COOP ad insediare una struttura di vendita in area (omissis), nell’immobile sino ad oggi occupato da Es. e di pertinenza di quest’ultima.
3.2. Muovendo da tali premesse, va rilevato che il T.a.r. con la sentenza n. 1091 del 2016 pronunciata sulle riunite cause r.g.n. 784/2015 e 133/2016 ha riconosciuto illegittime le preclusioni a che la società Ga. s.r.l. installasse una struttura di vendita nel proprio immobile. A questo punto, però, non può negarsi che la legittimazione e l’interesse a contestare la disciplina dell’ambito limitrofo venisse valutata alla luce del concetto di vicinitas (più ampiamente inteso) a più riprese affermato dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. IV, 19/11/2015, n. 5278 “Nell’ipotesi in cui ad impugnare il permesso di costruire correlato ad un’autorizzazione commerciale sia un operatore economico, il criterio dello stabile “collegamento territoriale”, che deve legare il ricorrente all’area di operatività del controinteressato per poterne qualificare la posizione processuale e conseguentemente il diritto di azione, deve essere riguardato in un’ottica più ampia rispetto a quella usuale. In tal caso, infatti, il concetto di vicinitas nella contestazione di una struttura commerciale si specifica identificandosi nella nozione di stesso bacino d’utenza della concorrente, tale potendo essere ritenuto anche con un raggio di decine di chilometri. Pertanto, nell’ipotesi in cui ad impugnare il permesso di costruire sia il titolare di una struttura di vendita, affinché il suo interesse processuale possa qualificarsi personale, attuale e diretto, deve potersi ravvisare la coincidenza, totale o quanto meno parziale, del bacino di clientela, tale da poter oggettivamente determinare un’apprezzabile calo del volume d’affari”).
3.4. Si ricorda in proposito che la legittimazione a proporre il ricorso va valutata in relazione alla posizione “affermata”, mentre costituisce disamina di merito il vaglio sulla effettiva sussistenza del detto interesse; è stato infatti condivisibilmente affermato in giurisprudenza che la legittimazione all’azione nel processo amministrativo si fonda sulla titolarità dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio e che si assume leso, sorgendo il diritto al ricorso in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tendendo ad un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere tale lesione. Condizioni soggettive per agire in giudizio sono, pertanto, la legittimazione processuale e l’interesse a ricorrere, spettando, nel giudizio impugnatorio, la prima a colui che afferma di essere titolare della situazione giuridica sostanziale di cui lamenta l’ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo, mentre l’interesse al ricorso consiste nel vantaggio pratico e concreto che può derivare al ricorrente dall’accoglimento dell’impugnativa. L’interesse a ricorrere, quindi, postula che l’atto impugnato abbia prodotto in via diretta una lesione attuale della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio che, nella fattispecie, va individuata nello stabile collegamento giuridico con l’area interessata dall’assegnazione al controinteressato per lo svolgimento di attività commerciale.
3.3. Quanto sinora affermato comporta che, in via di principio, non potrebbe fondatamente negarsi -ove attuale- l’interesse in capo alla società Ga. s.r.l. a contestare le iniziative amministrative tese a consentire che, in ambito limitrofo al proprio (e quindi nell’ambito (omissis)), venga installata una struttura di vendita.
3.3.1. In concreto, in relazione alle azioni proposte nell’odierno processo dall’appellante società, si osserva che:
a) le azioni “impugnatorie” proposte avverso le s.c.i.a. presentate dalla società Es. S.p.A. e relative all’immobile di pertinenza di quest’ultima, ed ubicato in via (omissis), e la subordinata azione ex artt. 31 e 117 del c.p.a. (proposta in via cautelativa per il caso che le note comunali con le quali si attestava la regolarità delle D.i.a. fossero considerate di contenuto omissivo) erano effettivamente inammissibili (e la subordinata azione sul silenzio, inoltre, all’evidenza infondata) in quanto:
l’appellante non è in rapporto di concorrenza con la società Es., né ha alcun interesse diretto a che la società Es. S.p.A. non si istalli nell’immobile di pertinenza di quest’ultima, ubicato in via (omissis);
non deduce in proposito alcun elemento ostativo, né ha un interesse diretto e specifico ad impedire ciò : essa ha soltanto l’interesse a che venga reso chiaro che il trasferimento della società Es. S.p.A. nell’immobile di pertinenza di quest’ultima ubicato in via (omissis), implicando “abbandono” della previsione del trasferimento della società Es. medesima presso il parco tecnologico degli Er., farebbe (in tesi) “venire meno” la prescrizione del Puc che consentiva che COOP insediasse una struttura di vendita in area (omissis), nell’immobile sino ad oggi occupato da Es. e di pertinenza di quest’ultima;
ma se è questo l’interesse della società Ga. (e se la medesima mai sostiene che l’impegno della società Es. circa il proprio trasferimento presso il parco tecnologico degli Er. comportasse la irregolarità delle s.c.i.a. da questa presentate, né sostiene che l’impegno da questa assunto a trasferirsi presso il parco tecnologico degli Er. condizioni negativamente la possibilità di svolgere i lavori nel proprio immobile di via (omissis), né ipotizza che quest’ultimo possa essere adibito a struttura di vendita in relazione di concorrenza con quella destinata ad essere installata nella propria area) appare evidente che tali azioni dovessero essere dichiarate inammissibili, in quanto dall’eventuale “ritiro” delle s.c.i.a. l’appellante non ricava alcun vantaggio e (il che è lo stesso) dal trasferimento di Es. nel proprio immobile in (omissis) non discende alcun danno.
3.3.2. La sentenza di primo grado deve essere in parte qua confermata; e ciò vale anche con riferimento alla (subordinata) azione ex artt. 31 e 117 del c.p.a..
4. A diverse conclusioni, potrebbe invece pervenirsi in teoria – sempre, ovviamente, sul piano della verifica dell’ammissibilità del ricorso- con riferimento alle domande di accertamento volte a far dichiarare la sopravvenuta inefficacia della disciplina dell’ambito (omissis) del PUC, regolata dalla relativa scheda, in quanto la scia in variante impugnata in principalità avrebbe mutato le precedenti previsioni, che subordinavano la legittimità dell’apertura di una nuova media struttura di vendita anche alimentare al trasferimento dell’azienda di Es. spa nell’area del parco tecnologico degli Er., in quanto:
I) allo stato, in virtù delle previsioni contenute nella sentenza n. 1091 del 2016 pronunciata sulle riunite cause r.g.n. 784/2015 e 133/2016 era venuta meno la preclusione a che l’appellante procedesse alla installazione di una struttura di vendita nell’ambito (omissis) e, al contempo permaneva la possibilità che COOP insediasse una struttura di vendita in area (omissis), nell’immobile sino ad oggi occupato da Es. e di pertinenza di quest’ultima;
II) l’appellante chiedeva l’accertamento della asserita sopravvenuta caducazione o inefficacia di tale previsione del Puc, asseritamente ascrivibile al sopravvenuto venire meno del trasferimento dell’azienda di Es. spa nell’area del parco tecnologico degli Er..
4.1 Il T.a.r. ha respinto tale ultima domanda in difetto dell’attualità dell’interesse azionato.
4.2. Ritiene il Collegio in proposito che la causa (sempre con riferimento alla valutazione preliminare in ordine all’ammissibilità della domanda e quindi alla attualità dell’interesse) non sia matura per il merito, e che sia necessario acquisire da parte dell’amministrazione comunale una complessiva relazione (corredata dalla documentazione comprovante, ordinata sotto il profilo cronologico) che:
I) chiarisca quale sia lo stato di attuazione delle previsioni relative agli ambiti (omissis) e (omissis) con riferimento alla realizzazione di strutture di vendita;
II) chiarisca quale sia lo stato di attuazione del trasferimento dell’azienda di Es. spa nell’area del parco tecnologico degli Er., quali delle proprie attività vengano ivi trasferite e quali invece vengano trasferite nell’immobile di sua proprietà ubicato in via (omissis) nella delegazione di Pe.;
III) trasmetta la documentazione sottesa al “tavolo di lavoro” composto da rappresentanze del comune, del municipio, degli operatori economici di Sestri ponente, della direzione aziendale di Es. e di Co. Li., riunitosi il 15 giugno 2011, volta a limitare eventuali ulteriori medie strutture di vendita non alimentare al commercio di merci speciali (condizione recepita dal Consiglio comunale con la D.C.C. n. 41/2011);
alleghi ogni ulteriore documento od elemento relativo ai fatti di causa, anche eventualmente facendo riferimento alle conseguenze della determinazione dirigenziale n. 2017-118.0.0.-6 del 3.4.2017.
4.3.Detta relazione dovrà essere depositata nella Segreteria della Sezione nel termini di giorni centoventi dalla pubblicazione, ovvero notificazione, se antecedente, della presente sentenza non definitiva”.
Con nota depositata in data 8 novembre 2018 il Comune di Genova ha reso la relazione istruttoria.
La causa infine è stata trattenuta nuovamente in decisione alla udienza pubblica del 7 marzo 2019, previo deposito di memorie con le quali le parati hanno ribadito le rispettive tesi difensive.
L’appello, anche per quanto concerne il residuo capo in contestazione, è infondato e deve essere respinto.
In esito alla sentenza parziale resa dalla sezione residua la decisione sulla domanda di accertamento volta a far dichiarare la sopravvenuta inefficacia della disciplina dell’Ambito (omissis).
Ga. s.r.l. assume, in particolare, che, in conseguenza del trasferimento della società Es. S.p.A. nello stabile di proprietà di quest’ultima ubicato in via (omissis) nella delegazione di Pe. e non più presso il parco tecnologico degli Er., sarebbe “venuta meno” la prescrizione del PUC che consentiva a COOP di insediare una struttura di vendita in area (omissis), nell’immobile sino ad oggi occupato da Es. e di proprietà di quest’ultima.
Nella scheda d’ambito n. (omissis) del P.U.C., sub settore 4 “Complesso industriale Es. in via (omissis)” si legge: “potrà essere insediata una media struttura di vendita di generi alimentari vincolata al trasferimento nell’ambito del Parco Tecnologico di Er. di attività produttive (tra cui Es.) presenti nel settore”.
Ga. s.r.l. sostiene che, poiché non si è realizzata la condizione del trasferimento integrale delle attività di Es. nell’ambito del Parco Tecnologico di Er., non sarebbe possibile insediare una media struttura di vendita nel complesso industriale Es. in via (omissis) e chiede di accertare il mancato avveramento della condizione presupposta alla facoltà di nuovo insediamento.
La sezione ha disposto incombenti istruttori al fine precipuo di accertare la ammissibilità della domanda in relazione alla attualità dell’interesse.
Dall’istruttoria è emerso che nell’area (omissis) non risulta insediata alcuna struttura di vendita riferibile alla appellante pertanto la stessa non è legittimata a dolersi di un possibile effetto pregiudizievole sul piano della dinamica concorrenziale in conseguenza dell’insediamento di una media struttura di vendita nel limitrofo ambito (omissis).
Al contempo la ricorrente non ha neppure interesse a dolersi di un pregiudizio concorrenziale effettivo poiché, allo stato, non è stato autorizzato alcun insediamento di strutture commerciali nell’ambito (omissis).
Dall’istruttoria è emerso infatti che “In data 1 agosto 2018 la Società Ta. s.p.a. ha presentato istanza per l’avvio del procedimento di approvazione del PUO, ai sensi dell’art. 51 della L.R. n. 36/1997 e smi, strumento previsto dal PUC”.
Ne discende che neppure al momento in cui il presente giudizio è stato trattenuto in decisione l’appellante aveva interesse alla domanda di accertamento poiché neanche a quella data vi era contestazione sui presupposti condizionanti l’insediamento di una nuova struttura di vendita presso il complesso industriale Es. in via (omissis), essendo a quella data ancora in corso il relativo iter autorizzatorio.
Solo l’eventuale approvazione del PUO, in accoglimento dell’istanza presentata dalla società Ta. s.p.a. e la successiva autorizzazione all’insediamento di una struttura di vendita, rende attuale l’interesse all’accertamento del mancato inveramento della condizione presupposta del trasferimento di Es. nell’ambito del Parco Tecnologico di Er..
La mancanza della legittimazione e cioè di una posizione giuridica soggettiva potenzialmente incisa dalla dinamica concorrenziale elide in radice la stessa ammissibilità di una azione di accertamento poiché l’incertezza sugli effetti della previsione recante la disciplina dell’ambito (omissis) si riverbera proprio su di un interesse, di tipo commerciale, allo stato assente in capo alla appellante in quanto solo meramente potenziale.
In ogni caso la domanda di accertamento della inefficacia della prescrizione recante la disciplina dell’ambito (omissis) è inammissibile anche perché ha ad oggetto un potere amministrativo “non speso”, in violazione dell’art. 34 c.p.a. a mente del quale “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.
Spetta infatti al Comune di Genova accertare in fatto se si siano inverate le circostanze che comportano la inefficacia della prescrizione di piano e, conseguentemente, verificare se sussistono le condizioni per autorizzare l’insediamento di una nuova struttura di vendita nell’ambito (omissis).
Tale accertamento non è surrogabile in via giurisdizionale in quanto una eventuale pronuncia del giudice amministrativo avrebbe inevitabilmente un effetto sostitutivo di valutazioni riservate alla amministrazione, sindacabili nei limiti propri del controllo di legittimità e cioè mediante un sindacato di tipo estrinseco e soprattutto successivo alla adozione del provvedimento.
Sarà dunque il Comune di Genova, in sede di eventuale rilascio dell’autorizzazione all’insediamento di una nuova struttura di vendita nell’ambito (omissis), a dover valutare, in applicazione della specifica previsione della scheda d’ambito (omissis), se l’operatività del presupposto che consente il nuovo insediamento commerciale implichi lo spostamento nel parco degli Er. di qualsiasi attività esercitata da Es., ivi compresa quella poi localizzata nel sito di (omissis) che l’appellante assume in contrasto con la previsione della predetta scheda d’ambito e, come tale, preclusiva di ogni nuovo insediamento commerciale nell’area.
E ciò dovrà fare verificando la portata della previsione della scheda d’ambito in contestazione anche alla luce dei precedenti accordi intercorsi nel luglio e nel settembre 2015 tra il Comune di Genova, Es., Confindustria e le rappresentanze sindacali nonchè dell’Accordo di pianificazione stipulato tra il medesimo Comune ed Es. al fine di rendere possibile il trasferimento del sito produttivo di quest’ultima da via (omissis), nell’ambito (omissis), presso il polo tecnologico degli Er..
Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello deve pertanto essere respinto anche con riferimento a tale residuo capo della sentenza appellata che merita pertanto di essere confermata.
Tenuto conto della peculiarità della vicenda in fatto, il collegio reputa sussistenti eccezionali motivi per disporre al compensazione integrale delle spese del grado tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese del grado tra tutte le parti in causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere
Luca Monteferrante – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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