Legittima l’esclusione del candidato con un tatuaggio

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 27 gennaio 2020, n. 658.

La massima estrapolata:

E’ legittima l’esclusione del candidato con un tatuaggio su parte non coperta da uniforme, ancorché in via di rimozione al momento della visita medica, perché l’accertamento dei requisiti fisici deve avvenire avuto riguardo al momento della scadenza del termine di presentazione della domanda, in modo tale da garantire la par condicio tra i candidati, essendo altresì irrilevante il mero inizio della rimozione del tatuaggio, laddove spetta all’interessato dimostrare che, al momento dell’accertamento svolto dall’Amministrazione, fosse già ultimata la procedura di rimozione e, conseguentemente, fosse in toto eliminata la percepibilità visiva del tatuaggio, difettando altrimenti i requisiti psico-fisici per l’assunzione.

Sentenza 27 gennaio 2020, n. 658

Data udienza 19 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4191 del 2019, proposto dal Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale per le risorse umane, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
contro
La signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ag., An. Ni. e Do. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato An. Ni. in Roma, via (…);
nei confronti
Le signore -OMISSIS-e -OMISSIS-, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. -OMISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 settembre 2019 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti l’Avvocato Gi. Ag. e l’Avvocato dello Stato Fa. Fe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’appellata ha partecipato al concorso pubblico, per esami, a 1148 posti di allievo agente della Polizia di Stato, indetto con Bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4^ Serie Speciale “Concorsi ed Esami” del 26 maggio 2017. Dopo aver superato la prova preselettiva e la prova di efficienza fisica, ella è stata sottoposta, in data 13 aprile 2018, alla visita per l’accertamento del possesso dei requisiti psico-fisici.
2. La competente commissione ha espresso nei suoi confronti il giudizio di non idoneità al servizio di Polizia, avendo rilevato la presenza di “un tatuaggio in via di rimozione in zona non coperta dall’uniforme -OMISSIS- art. 3 comma 2 riferimento tab. 1 punto 2 lettera b del DM 30/06/2003 n. 198 e succ. mod. ed integrazioni”, con conseguente esclusione della candidata dalle fasi successive del concorso.
3. Con ricorso dinanzi al T.a.r. per il Lazio, l’esponente ha chiesto l’annullamento del provvedimento di non idoneità e del bando di concorso per i seguenti motivi:
a. violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 5, del bando di gara; degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990, degli artt. 2, 3 e 97 Cost.; eccesso di potere per travisamento di fatti, irragionevolezza, sproporzione, illogicità manifesta, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, insufficienza ed inadeguatezza della motivazione, carenza e superficialità dell’istruttoria; la commissione non avrebbe fornito ulteriori dettagli per stabilire l’entità della visibilità del tatuaggio al momento del predetto accertamento e, pur indicando lo stato di rimozione dello stesso, non avrebbe descritto l’area cutanea con figura sbiadita, a seguito del trattamento laser effettuato già dal 2017 e quindi prossimo alla scomparsa;
b. il bando di concorso (limitatamente all’art. 14, comma 5), e conseguentemente l’atto di esclusione e gli ulteriori atti gravati, sarebbero illegittimi nella parte in cui prevedono che l’assenza di imperfezioni e di infermità (elencate nella tabella 1, allegata al D.M. 30 giugno 2003, n. 198) debba sussistere al momento del compimento degli accertamenti psico-fisici, anziché al momento della presa di servizio o di presentazione al corso, ipotesi queste ultime ritenute più conformi al principio di proporzionalità per la ragionevole certezza – in tali fasi successive – per il candidato di essere assunto.
4. Il T.a.r. per il Lazio con la sentenza n. -OMISSIS-ha accolto il ricorso, rilevando che l’amministrazione non avrebbe valutato in concreto la visibilità del tatuaggio, in corso di rimozione, equiparando, senza motivazione, “il residuo di un tatuaggio in fase di rimozione ad un tatuaggio definito vero e proprio”.
5. Avverso la predetta sentenza ha interposto appello il Ministero dell’Interno, per chiederne la riforma in quanto errata in fatto ed in diritto, tenuto conto che, sebbene in trattamento laser, alla data della visita medica il tatuaggio era comunque chiaramente visibile e, come tale, idoneo a giustificare l’esclusione dal concorso, anche in considerazione della irrilevanza della intervenuta integrale rimozione in quanto fatto sopravvenuto alla data di presentazione della domanda di partecipazione al concorso, alla quale ogni accertamento deve invece essere ancorato, in applicazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa.
6. Alla udienza pubblica del 19 settembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Preliminarmente dev’essere disattesa l’eccezione di improcedibilità dell’appello sollevata dalla appellata con la memoria conclusiva del 23 luglio 2019, per avere il Ministero dell’Interno mantenuto in sevizio la esponente sino al 2 luglio 2019, ben oltre la data – 17 giugno 2019 – della ordinanza n. -OMISSIS-con la quale questa sezione ha sospeso gli effetti della sentenza di primo grado: in tale lasso di tempo la appellata sarebbe stata chiamata a svolgere un servizio d’ordine in data 23 giugno 2019 ed avrebbe prestato giuramento in data 26 giugno 2019, in tal modo manifestando l’intenzione di mantenerla in servizio.
L’eccezione non può essere condivisa, in quanto il trattenimento in servizio – per un breve lasso di tempo successivamente alla ordinanza cautelare che ha sospeso gli effetti della sentenza di primo grado – si giustifica alla luce del tempo tecnico necessario a comunicare l’esito del giudizio cautelare d’appello al reparto di appartenenza dell’interessata, ai fini della adozione dei conseguenti provvedimenti, sicché la condotta tenuta in tale breve lasso di tempo non può ritenersi sintomatica di una acquiescenza alla sentenza di primo grado; ciò, a fortiori, in ragione della imminente decisione di merito dell’appello, che sconsigliava una repentina conformazione della situazione di fatto al contenuto della ordinanza cautelare di appello che, di lì a breve, avrebbe potuto essere superata dalla decisione definitiva del gravame.
8. Con una ulteriore eccezione la appellata deduce la inammissibilità dell’appello stante la genericità delle doglianze ivi articolate e la mancata censura di punti decisivi della decisione del T.a.r..
L’eccezione è infondata, in quanto il Ministero dell’Interno, all’esito di una accurata ricognizione della disciplina sull’accesso ai ruoli della Polizia di Stato e delle relative cause di esclusione, ha puntualmente censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto la erroneità del giudizio della commissione medica per avere assimilato un tatuaggio in via di rimozione mediante trattamento laser ad un vero e proprio tatuaggio, in una fattispecie concreta in cui al momento della visita il pigmento cutaneo era chiaramente riconducibile ad un tatuaggio, puntualmente descritto nella forma e nelle dimensioni nel verbale della visita medica e visibile su parte del corpo non coperta dall’uniforme (cfr. in particolare p. 12, 13 e 14 atto di appello); con il medesimo atto di appello il Ministero ha anche censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto rilevanti fatti sopravvenuti alla scadenza del termine di presentazione della domanda, qual è l’esito del trattamento di rimozione (cfr. p. 13 e 14), lamentando la violazione del principio di parità di trattamento tra candidati.
9. Nel merito, il Ministero dell’Interno ha chiesto la riforma della sentenza del T.a.r. per il Lazio che ha annullato il giudizio di non idoneità della appellata al concorso per l’assunzione di n. 1148 allievi della Polizia di Stato, ritenendo che il tatuaggio -OMISSIS-, e in fase di rimozione mediante trattamento al laser, fosse sostanzialmente non visibile e come tale non suscettibile di comportare la inidoneità al servizio nella Polizia di Stato.
10. L’appello è fondato.
Il tatuaggio, sebbene in fase di rimozione, è comunque visibile con l’uniforme estiva di ordinanza, non giovando a tal fine l’orologio che non è parte dell’uniforme.
Il tatuaggio in questione è certamente non deturpante né indice di personalità abnorme, ma l’art. 3, comma 2, tabella 1, punto 2, lett. b del d.m. n. 198 del 2003 dispone anche che non debba essere visibile con l’uniforme, mentre nel caso di specie lo era al momento della visita, sebbene fosse in fase di rimozione.
11. Il T.a.r., nell’accogliere il ricorso, ha evidenziato che l’amministrazione avrebbe dovuto motivare sulla visibilità in concreto del tatuaggio.
12. La motivazione della sentenza appellata non può essere condivisa sul punto, in quanto oblitera la rilevanza del verbale della commissione medica che, con efficacia fidefacente, ha attestato la residua visibilità del tatuaggio, identificandone con precisione la forma e la dimensione, come peraltro confermato dalle stesse foto depositate dalla appellata.
Il fatto che si tratti di un “residuo di tatuaggio”, in fase di rimozione, non implica che lo stesso non sia visibile, tant’è che in sede di visita medica la commissione lo ha rilevato e segnalato con precisione, accertando la sussistenza della causa di esclusione.
13. Nessun difetto di motivazione o altra carenza istruttoria sussiste nel caso di specie, in quanto la commissione medica era solo tenuta a verificare la riconducibilità della situazione di fatto accertata nella fattispecie astratta che disciplina le cause di esclusione: verificato che il tatuaggio era ancora chiaramente visibile al momento della visita (tant’è che lo ha descritto con dovizia di particolari), essa ha correttamente ricondotto il segno visibile sulla cute in zona non coperta dall’uniforme, nel novero delle cause di esclusione, senza dover indugiare in ulteriori accertamenti istruttori, in quanto non previsti dalla disciplina di accesso al concorso.
14. Né può opporsi che la commissione avrebbe dovuto posticipare l’accertamento sulla visibilità del tatuaggio ad una fase successiva (all’esito della procedura di rimozione laser) perché, per costante giurisprudenza ed in applicazione del principio di imparzialità e quindi di parità di trattamento tra i candidati, ai fini del possesso dei requisiti di partecipazione rileva la data di scadenza del termine di presentazione della domanda: la circostanza per cui, nel caso dei requisiti psicofisici, tale termine sia di fatto posticipato al momento della visita medica, non consente in ogni caso di attribuire rilevanza a fatti sopravvenuti, soprattutto se successivi al momento della visita, né può ragionevolmente esigersi che la fase di accertamento medico debba essere sospesa in attesa del completamento del procedimento di rimozione, come opina la parte appellata, trattandosi di affermazione priva di base legale ed in contrasto anche con il principio di buon andamento dell’azione amministrativa oltre che di imparzialità .
15. Sul tema della idoneità dei tatuaggi in corso di rimozione mediante trattamento laser, a giustificare l’esclusione dal concorso, si è di recente espressa questa sezione con la sentenza -OMISSIS-, alla cui ampia motivazione si rinvia per corroborare ulteriormente le ragioni di fondatezza del presente appello.
16. Alla luce delle motivazioni che precedono l’appello deve, pertanto, essere accolto, con conseguente riforma della sentenza appellata e reiezione del ricorso di primo grado.
17. La natura della controversia e l’esistenza di indirizzi non univoci circa la rilevanza, ai fini della esclusione dal concorso, di tatuaggi in fase di rimozione, giustificano la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 4191 del 2019, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata respinge il ricorso di primo grado.
Compensa le spese del doppio grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellata.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Luca Monteferrante – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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