Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 marzo 2024| n. 7169.
Le spese per l’università lontano dal luogo di residenza rientrano tra le spese straordinarie
Le spese per l’università lontano dal luogo di residenza e per l’alloggio, in particolare, rientrano tra le spese straordinarie , non comprese nell’assegno, non essendo prevedibili al momento della statuizione dell’assegno quando il figlio era minore e la prospettazione di tali costi non era fattibile.
Ordinanza|18 marzo 2024| n. 7169. Le spese per l’università lontano dal luogo di residenza rientrano tra le spese straordinarie
Data udienza 6 ottobre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Filiazione – Mantenimento – Spese straordinarie – Spese non prevedibili e ponderabili al tempo della determinazione dell’assegno – Artt. 147, 148, 155, 315 bis e 337 ter, cc.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere-Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 26371/2022
promosso da
Ag.An., elettivamente domiciliata in Roma, (…), presso lo studio dell’avv. Ca. Gi., rappresentata e difesa dagli avvocati Co. Ro. e Ol. in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ve.Co., elettivamente domiciliato in Roma, (…) presso lo studio dell’avv. Si. Vi., rappresentato e difeso dall’avv. Lo. Al. in virtù di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 326/2022, sede distaccata di Taranto, pubblicata il 5 ottobre 2022, notificata il 6 ottobre 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 ottobre 2023 dal Consigliere Reggiani Eleonora;
letti gli atti del procedimento in epigrafe;
Le spese per l’università lontano dal luogo di residenza rientrano tra le spese straordinarie
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Ag.An. e Ve.Co. si sposavano nel 1993 e, dopo due anni, nel 1995, dalla loro unione nasceva il figlio Co.Ro. Alla separazione consensuale dei coniugi, avvenuta nel 1998, seguiva il divorzio, nel 2006, quando il figlio ancora minorenne aveva 11 anni. La sentenza di divorzio confermava le statuizioni concordate in sede di separazione consensuale, con riguardo al figlio, che tuttavia non recavano alcuna previsione riferibile alle spese straordinarie.
Con sentenza n. 2725/2018, pubblicata l’8 novembre 2018, il Tribunale di Taranto, accogliendo la domanda di Ag.An., condannava Ve.Co. a rimborsare all’attrice l’importo di Euro 16.898,66, oltre interessi legali dal giorno dei pagamenti, pari alla metà degli esborsi sostenuti negli ultimi anni, a titolo di spese straordinarie, per il figlio Co.Ro.
Assumeva il Tribunale che non potessero rientrare nelle spese ordinarie, previste nel contributo al mantenimento, le spese per libri scolastici e per corredo scolastico, i viaggi di istruzione, le spese di iscrizione scolastiche, le tasse universitarie e le spese connesse – quali i canoni di locazione per vivere nella sede universitaria e le spese di trasporto – che pertanto dovevano essere sostenute da entrambi i genitori, ancorché non preventivamente concordate, in quanto non preventivabili e quantificabili a monte.
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Contro tale statuizione, Ve.Co. proponeva appello, che, nel contraddittorio delle parti, veniva accolto.
La Corte d’appello evidenziava che dovevano intendersi quali spese straordinarie quelle che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli, dovendo distinguersi gli esborsi che sono destinati ai bisogni ordinari del figlio e che, certi nel loro costante e prevedibile ripetersi, anche lungo intervalli temporali, più o meno ampi, sortiscono l’effetto di integrare l’assegno di mantenimento, dalle spese che, imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare, recidono ogni legame con i caratteri di ordinarietà, e che perciò richiedono, per la loro azionabilità, l’esercizio di un’autonoma azione di accertamento.
Sulla base di tali premesse, la Corte di merito ha ritenuto che non rientrassero nella nozione di spese straordinarie quelle scolastiche e quelle relative alla frequenza di una università privata (la Bocconi) in sede (M) diversa e lontana dal luogo di residenza, comprese le spese di iscrizione all’università, di alloggio e di viaggio, perché la frequenza universitaria e le conseguenti spese erano prevedibili, in quanto la qualità professionale dei genitori (avvocato e architetto) e il titolo di studio (laurea) dei medesimi, in sostanza l’elevato livello socio-culturale della famiglia di origine del figlio, erano tali da far presumere che il figlio avrebbe proseguito gli studi e avrebbe frequentato l’università, anche privata. Ciò in quanto il giudizio di prevedibilità delle spese non può prescindere da una valutazione in concreto, che tenga in considerazione le condizioni socio-culturali ed economiche dei genitori e della famiglia di origine del figlio.
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Il tenore di vita dei due ex coniugi (entrambi laureati e professionisti) e conseguentemente anche quello del figlio, com’è dimostrato dall’assegno piuttosto elevato stabilito a carico del padre al momento della separazione e poi del divorzio, e il loro livello di studi facevano ragionevolmente presumere, secondo la Corte territoriale, che figlio avrebbe scelto di continuare la sua formazione anche iscrivendosi ad università privata e fuori sede.
Analogamente la Corte d’appello ha escluso che potessero ritenersi spese straordinarie quelle mediche, di cui la Ag.An. aveva chiesto il rimborso, trattandosi per lo più di spese per analisi, per qualche accertamento strumentale e qualche visita specialistica, senza che fosse dimostrato che si trattasse di spese richieste da patologie improvvise e perciò imprevedibili, aggiungendo che comunque non si trattava di importi tali da poter qualificare gli esborsi come straordinari, anche in relazione al tenore di vita familiare.
Per le stesse ragioni non sono state considerate straordinarie le spese per l’attività sportiva e per il corso di musica del figlio, essendo tali attività ormai prevedibili per un giovane della stessa età del ragazzo e di importo non rilevante, in considerazione delle condizioni sociali ed economiche dei genitori.
Non sono state, infine, considerate spese straordinarie quelle per non meglio specificate “ulteriori esigenze di Co.Ro.”, quelle per le ricariche della carta di pagamento e per i bonifici, che erano così genericamente determinate da non consentire un giudizio sulla straordinarietà delle stesse.
Avverso tale statuizione Ag.An. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un solo motivo.
L’intimato si è difeso con controricorso.
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La ricorrente ha depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 147, 148, 155, 315 bis e 337 ter c.c., per avere la Corte di appello erroneamente escluso che le spese oggetto della richiesta di rimborso potessero essere considerate spese straordinarie, per essere in buona sostanza prevedibili per il figlio di due professionisti, mentre invece così non era.
La ricorrente ha precisato che si trattava di spese per trasporti (extraurbani, quando il figlio doveva spostarsi da M per frequentare il liceo a T, a 30 chilometri di distanza, e in seguito quando doveva raggiungere la sede universitaria a M), per viaggi di istruzione (anche all’estero, con pernottamento), per il conseguimento della “ECDL” (la patente europea del computer) e per corsi di lingua inglese (necessari per la sua formazione e il suo futuro scolastico e professionale), per lo sport e la musica, per spese mediche straordinarie (cioè non relative a semplici medicinali da banco) e, soprattutto, per l’iscrizione e la frequenza dell’Università Bocconi (quasi Euro 8.000,00 all’anno solo per la retta), con i relativi costi collegati alle necessità abitative (Euro 7.200,00 all’anno per la sola locazione di una camera in un appartamento in condivisione con altri studenti).
Secondo la ricorrente, occorreva tenere conto che si trattava di spese sopravvenute di parecchi anni rispetto al tempo della crisi della famiglia, intervenuta quando il figlio Co.Ro. aveva quattro anni, ed evidentemente non erano prevedibili, poiché strettamente dipendenti dagli interessi del bambino, dalle sue attitudini e dalle sue capacità. Non era prevedibile, ad esempio, che gli si interessasse alla musica. Poteva non avere utilità alcuna a conseguire la patente ECDL o rifiutare qualunque genere di attività sportiva. I genitori avrebbero potuto magari sperare che avesse attitudine per gli studi, e augurarsi che avesse una brillante carriera scolastica che lo portasse a scegliere di frequentare liceo e università, ma non potevano certo prevedere, data la sua tenera età, la facoltà e la sede prescelte. Erano, in sintesi, esborsi relativi ad attività e necessità possibili, astrattamente ipotizzabili al più, ma che i genitori non potevano prevedere con certezza né ponderarne i costi, peraltro senza dubbio rilevanti. Basti pensare che la sola spesa per l’università (circa Euro 8.000,00 euro all’anno per la retta ed Euro 7.200,00 per l’alloggio, esclusi vitto, utenze ecc.) era tale da assorbire integralmente non solo il contributo mensile al mantenimento, ma anche quello annuale (pari a circa Euro 7.900,00).
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2. Il controricorrente ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per due ordini di motivi.
In primo luogo, ha dedotto il difetto di autosufficienza del ricorso, perché la controparte non aveva indicato neppure sinteticamente i motivi di appello, né aveva operato la completa riproduzione del percorso motivazionale compiuto dalla decisione impugnata, omettendo anche di descrivere tutti i documenti sui quali la domanda era fondata.
In secondo luogo, ha ritenuto che le censure fossero rivolte agli apprezzamenti di fatto e alle valutazioni di merito operate dalla Corte territoriale, sottratti al sindacato del giudice di legittimità.
3. È infondata l’eccezione di difetto di autosufficienza del ricorso, tenuto conto che dalla complessiva lettura dello stesso è possibile evincere con chiarezza lo svolgimento del processo, le ragioni della decisione impugnata e i motivi per cui la parte ha impugnato tale statuizione.
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4. Anche l’ulteriore eccezione pregiudiziale è infondata.
Com’è noto, fa parte del sindacato di legittimità la falsa applicazione di norme di diritto, che impone di controllare se la fattispecie concreta (così come ricostruita dal giudice di merito) sia stata ricondotta a ragione o a torto alla fattispecie giuridica astratta, individuata come idonea a dettarne la disciplina, oppure, al contrario, avrebbe dovuto essere ricondotta a un’altra fattispecie giuridica, o non avrebbe dovuto essere considerata riconducibile ad una fattispecie giuridica astratta, sì da non rilevare in iure, oppure, ancora, non sia stata ricondotta alla fattispecie giuridica, cui invece avrebbe dovuto esserlo (c.d. vizio di sussunzione o di rifiuto di sussunzione, v. sul punto Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13747 del 31/05/2018 e Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 21772 del 29/08/2019).
In tutti tali casi, il controllo sull’esatta applicazione della legge da parte Corte di Cassazione è consentito dell’espresso riferimento che l’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. fa al concetto di “falsa applicazione” in congiunzione con quello di “violazione”, che ha natura esplicativa di un’unica nozione, siccome rivela il fatto che l’art. 111 Cost. allude solo alla violazione di legge. Invero, una norma di diritto può essere violata dal giudice: a) o perché egli ne interpreta o ne legge erroneamente un elemento testuale della disposizione in cui la norma è dettata; b) o perché legge bene tutti gli elementi testuali della disposizione, ma, nell’enucleare la norma che risulta dal senso complessivo delle espressioni testuali la individua in modo erroneo rispetto a come avrebbe dovuto secondo i canoni del procedimento interpretativo delle norme (art. 12 preleggi), così sbagliando nel pervenire al risultato ultimo del procedimento esegetico di una disposizione, che è appunto di percepire ed individuare ciò che la fonte che ha emanato la disposizione ha intesto disporre appunto come norma; c) o perché, pur conclusi esattamente i due passaggi sub a) e sub b) e dovendo applicare il risultato esatto dell’esegesi alla fattispecie concreta, si rifiuta di ricondurvi quest’ultima alla fattispecie astratta, pur correttamente individuata, o la riconduce invece ad altra o esclude che posa essere ricondotta ad essa come a qualsiasi altra fattispecie giuridica.
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In tutti tali casi e, dunque, anche in quello sub c) il giudice commette un error iuris e in quest’ultimo sbaglia nel procedimento di sussunzione della fattispecie concreta a quella astratta, di modo che l’errore si risolve nella mancata applicazione della norma giuridica che nella specie doveva applicarsi (v. ancora sul punto Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13747 del 31/05/2018).
Nel caso di specie, sul presupposto che le spese sostenute per i figli sono straordinarie quelle che – per la loro rilevanza, imprevedibilità e imponderabilità – esulano dall’ordinario regime di vita dei figli, la ricorrente ha investito il giudice di legittimità della verifica della correttezza giuridica della nozione di imprevedibilità di tali spese, così come intese dal giudice di merito, che la parte ha contestato, offrendo una diversa nozione.
È, pertanto, evidente che non si tratta della prospettazione di questioni di merito, ma dell’allegazione di un tipico vizio di sussunzione della decisione impugnata.
5. Il motivo di ricorso è fondato, sia pure nei termini di seguito evidenziati.
5.1. Questa Corte ha già chiarito che, in materia di spese straordinarie, occorre in via sostanziale distinguere tra: a) gli esborsi che sono destinati ai bisogni ordinari del figlio e che, certi nel loro costante e prevedibile ripetersi, anche lungo intervalli temporali più o meno ampi, anche se sono incerti nel loro ammontare, sortiscono l’effetto di integrare l’assegno di mantenimento e possono essere azionati in forza del titolo originario di condanna adottato in materia di esercizio della responsabilità nei giudizi separativi previsti dall’art. 337-bis c.c., previa un’allegazione che consenta, con mera operazione aritmetica, di preservare del titolo stesso i caratteri della certezza, liquidità ed esigibilità; b) le spese che, imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare, in grado di recidere ogni legame con i caratteri di ordinarietà dell’assegno di contributo al mantenimento, richiedono, per la loro azionabilità, l’esercizio di un’autonoma azione di accertamento, in cui convergono il rispetto del principio dell’adeguatezza della posta alle esigenze del figlio e quello della proporzione del contributo alle condizioni economico-patrimoniali del genitore onerato in comparazione con quanto statuito dal giudice che si sia pronunciato sul tema della responsabilità genitoriale nei procedimenti sopra menzionati (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 379 del 13/01/2021).
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In tale ottica, Questa Corte ha ritenuto che le spese scolastiche e mediche straordinarie, che in sede giudiziale siano state poste pro quota a carico di entrambi i coniugi, pur non essendo ricomprese nell’assegno periodico forfettariamente determinato, ne condividono la natura, qualora si presentino sostanzialmente certe nel loro ordinario e prevedibile ripetersi, così integrando, quali componenti variabili, l’assegno complessivamente dovuto, sicché il genitore che abbia anticipato tali spese può agire in via esecutiva, per ottenere il rimborso della quota gravante sull’altro, in virtù del titolo sopra menzionato, senza doversi munire di uno ulteriore, richiesto solo con riguardo a quelle spese straordinarie che per rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita della prole (così Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3835 del 15/02/2021).
Secondo la Corte, in particolare, le spese mediche e scolastiche, da ritenersi comprese nella categoria delle spese straordinarie routinarie, sono quegli esborsi (per l’acquisto di occhiali, per visite specialistiche di controllo, per pagamento di tasse scolastiche, ecc…) che, pur non ricompresi nell’assegno fisso periodico di mantenimento – ove il titolo preveda espressamente, in aggiunta ad esso, il pagamento del 50% delle spese mediche straordinarie e delle spese scolastiche – tuttavia, nel loro ordinario riproporsi, assumono una connotazione di probabilità tale da potersi definire come sostanzialmente certe cosicché esse, se non predeterminabili nel quantum e nel quando, lo sono invece in ordine all’an (v. ancora Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3835 del 15/02/2021). Siffatte spese, che nella sostanza finiscono per rispondere ad ordinarie e prevedibili esigenze di mantenimento del figlio, tanto da assumere nel loro verificarsi una connotazione di certezza, anche se non ricomprese nell’assegno forfettizzato e periodico di mantenimento, possono essere richieste, tuttavia, quale parte “non fissa” del primo di cui condividono la natura, in rimborso dal genitore anticipatario sulla base della loro elencazione in precetto ed allegazione in sede esecutiva al titolo già ottenuto, senza che, per ciò, insorga la necessità di fare accertare, nuovamente in sede giudiziale e per un distinto titolo, la loro esistenza e quantificazione.
Nella stessa ottica, la S.C. ha ritenuto che la spesa per la frequentazione degli studi universitari lontano dal luogo di residenza, nella parte riferibile all’alloggio, rientra nelle vere e proprie spese straordinarie, in ragione, quanto meno, della sua usuale rilevanza, oltre che, normalmente, dell’imprevedibilità della sede presso cui lo studente deciderà di svolgere i propri studi (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 19532 del 10/07/2023).
Le vere spese straordinarie, infatti, non sono prevedibili e per la loro rilevanza e imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli, con la conseguenza che la loro sussistenza giustifica un accertamento giudiziale specifico a seguito dell’esercizio di apposita azione.
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La ratio che sostiene la non ricomprensione di dette spese nell’ammontare dell’assegno in via forfettaria posto a carico di uno dei genitori è il contrasto che altrimenti si realizzerebbe con il principio di proporzionalità e adeguatezza del mantenimento sancito dall’art. 337-ter, comma 4, c.c. e il rischio di un grave nocumento per il figlio che potrebbe essere privato di cure necessarie o di altri indispensabili apporti, ove non sia consentito dalle possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell’assegno.
5.2. Nel caso di specie è incontroverso che nel 2006, in sede di divorzio, quando il figlio delle parti aveva solo 11 anni, era stato previsto solo un contributo mensile al mantenimento di quest’ultimo a carico del padre, senza ulteriori previsioni e, in particolare, senza alcun riferimento alla disciplina delle spese straordinarie.
Non si pone, dunque, una questione di azionabilità del diritto al rimborso a prescindere dalla formazione di un nuovo titolo.
La materia del contendere si incentra tutta sulla riconducibilità delle spese di cui la ricorrente ha chiesto il rimborso tra quelle straordinarie, oppure se le stesse debbano ritenersi comprese nel contributo al mantenimento forfettariamente determinato in sede di divorzio.
5.3. Si deve subito precisare che la censura è ammissibile solo con riferimento alle spese scolastiche e a quelle relative alla frequenza all’università privata furi sede (iscrizione, alloggio e viaggio), in relazione alle quali il giudizio della Corte di appello si è limitato alla ritenuta prevedibilità, censurata con il ricorso per cassazione della ricorrente.
Com’è noto, infatti, la mancata impugnazione di alcune delle ragioni poste a fondamento della decisione impugnata, potendo da sole giustificare la statuizione assunta, comporta l’inammissibilità dell’impugnazione incentrata su altre rationes, perché l’eventuale accoglimento delle censure non comporterebbe la cassazione della decisione, divenendo definitiva la statuizione fondata sulle ragioni non censurate (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 17182 del 14/08/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10815 del 18/04/2019).
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Nel caso di specie, si è verificata proprio tale evenienza.
Con riguardo alle spese mediche e sportive e a quelle relative al corso di musica, infatti, il giudice di appello ha motivato il rigetto della richiesta di rimborso evidenziando, oltre alla ritenuta prevedibilità delle stesse, anche la non rilevanza degli importi spesi, su cui parte ricorrente non ha dedotto alcunché. Inoltre, le spese riferite alle “ulteriori esigenze di Co.Ro.”, quelle relative alle ricariche dalla carta di pagamento e ai bonifici effettuati al figlio, non sono state ritenute rimborsabili dalla Corte d’appello, che ne ha evidenziato la genericità della descrizione e, di conseguenza, l’impossibilità di verificarne la natura ed anche su tale aspetto la ricorrente non ha operato alcuna censura.
5.4. Con riferimento alle spese scolastiche e universitarie sopra menzionate, la Corte di appello ha statuito come segue: “Come infatti dedotto dal Ve.Co., la frequenza universitaria e le conseguenti spese erano prevedibili in quanto la qualità professionale dei genitori e il titolo di studio (laurea) dei medesimi, in sostanza l’elevato livello socio-culturale della famiglia di origine del figlio, erano tali da far presumere che il figlio avrebbe proseguito gli studi e avrebbe frequentato l ‘università, anche privata. Il giudizio di prevedibilità delle spese non può, cioè, prescindere da tutti gli elementi concreti da cui se ne possa valutare la prevedibilità e tra tali elementi vanno considerate anche le condizioni culturali ed economiche dei genitori e della famiglia di origine del figlio. Il tenore di vita dei due ex coniugi (entrambi laureati e professionisti) e conseguentemente anche quello del figlio, dimostrato peraltro dall’assegno piuttosto elevato stabilito a carico del padre al momento della separazione e poi del divorzio, e il loro livello di studi facevano ragionevolmente presumere che figlio avrebbe scelto di continuare gli studi anche iscrivendosi ad università privata e fuori sede. Consegue che le relative spese non possono ritenersi imprevedibili e dunque straordinarie, non comprese nell’assegno già stabilito per il mantenimento del figlio, già peraltro piuttosto elevato”.
A tale motivazione la ricorrente ha replicato rilevando che si trattava di spese sopravvenute di parecchi anni rispetto al momento della crisi della famiglia, quando Co.Ro. aveva quattro anni, ed evidentemente non erano prevedibili, poiché strettamente dipendenti dagli interessi del bambino, dalle sue attitudini e dalle sue capacità che nel tempo si sono sviluppate. Secondo la Ag.An., in sintesi, si è trattato di spese relative ad attività e necessità possibili, astrattamente ipotizzabili, al più, ma che i genitori non potevano prevedere con certezza né ponderarne i costi, peraltro senza dubbio rilevanti.
5.5. Com’è noto, l’art. 337-ter c.c. (applicabile anche ai figli maggiorenni ancora non indipendenti economicamente) stabilisce, per quanto riguarda le statuizioni riguardanti la prole nei cosiddetti giudizi separativo, che “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio. 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori. 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore. 4) le risorse economiche di entrambi i genitori. 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore”.
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Dalla norma appena richiamata emerge con chiarezza l’obbligo di mantenimento dei figli ha due dimensioni.
Da una parte vi è il rapporto tra genitori e figlio e da un’altra vi è il rapporto tra genitori obbligati.
Il principio di uguaglianza che accumuna i figli di genitori coniugati ai figli di genitori separati o divorziati, come pure a quelli nati da persone non unite in matrimonio (che continuano a vivere insieme o che hanno cessato la convivenza), impone di tenere a mente che tutti i figli hanno uguale diritto di essere mantenuti, istruiti, educati e assistiti moralmente, nel rispetto delle loro capacità delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni (art. 315-bis, comma 1, c.c.).
È per questo che l’art. 337-ter c.c., nel disciplinare la misura del contributo al mantenimento del figlio, nel corso dei giudizi disciplinati dall’art. 337-bis c.c., pone subito, come parametri da tenere in considerazione, le attuali esigenze dei figli e il tenore di vita goduto da questi ultimi durante la convivenza con entrambi i genitori (art. 337-ter, comma 4, nn. 1) e 2), c.c.).
I diritti dei figli di genitori che non vivono assieme, infatti, non possono essere diversi da quelli dei figli di genitori che stanno ancora insieme, né i genitori possono imporre delle privazioni ai figli per il solo fatto che abbiano deciso di allontanarsi.
Nei rapporti interni tra genitori vige, poi, il principio di proporzionalità rispetto al reddito di ciascuno.
Per i genitori sposati, il dovere di contribuire al mantenimento del figlio è regolato dall’art. 143, comma 3, c.c. che sancisce il dovere di entrambi i coniugi di contribuire ai bisogni della famiglia, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alle capacità di lavoro professionale e casalingo.
In generale, l’art. 316-bis, comma 1, c.c. prevede, poi, che i genitori (anche quelli non sposati) devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.
Lo stesso criterio di proporzionalità deve essere seguito dal giudice, quando, finita la comunione di vita tra i genitori (siano essi sposati oppure no) è chiamato a determinare la misura del contributo al mantenimento da porre a carico di uno di essi, dovendo considerare le risorse economiche di ciascuno (art. 337-ter, comma 4, n. 4), c.c.), valutando anche i tempi di permanenza del figlio presso l’uno o l’altro genitore e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno (art. 337-ter, comma 4, nn. 3) e 5), c.c.), quali modalità di adempimento in via diretta dell’obbligo di mantenimento che, pertanto, incidono sulla necessità e sull’entità del contributo al mantenimento in termini monetari.
Ciò che emerge dal quadro normativo è, prima di tutto, che il legislatore non opera alcuna distinzione tra spese ordinarie e spese straordinarie e la previsione di un assegno periodico è stabilita come possibile, “ove necessario … al fine di realizzare il principio di proporzionalità”.
Anche l’individuazione di spese straordinarie che non siano comprese nell’importo predeterminato nell’assegno di mantenimento, assume, pertanto significato in vista della salvaguardia del principio di proporzionalità.
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D’altronde, la determinazione del contributo al mantenimento viene effettuata sulla base delle spese che prevedibilmente si compiono per il figlio al momento in cui tale contributo è determinato, le quali, poi, vengono ripartite tra i genitori in proporzione delle rispettive consistenze e dei diversi apporti dati da ciascuno.
La valutazione va fatta considerando in concreto gli elementi di valutazione menzionati nell’art. 337-ter c.c., tenendo conto della situazione attuale, e nell’attualità viene effettuata la ponderazione della proporzione.
Tutto ciò che è previsto o comunque prevedibile e ponderabile, nei termini sopra indicati, deve, pertanto, ritenersi compreso nell’assegno di mantenimento del figlio, che è oggetto di quella valutazione ponderata necessaria per distribuire proporzionalmente tra i genitori le spese per i figli. Tutto ciò che non è previsto né prevedibile e ponderabile al momento della determinazione dell’assegno, non è compreso nell’assegno e, se di rilevante entità, deve essere considerato come un esborso straordinario.
La prevedibilità e la ponderabilità, in concreto e nell’attualità, della spesa, va dunque riferita al tempo della determinazione del contributo e senza dubbio non può riguardare spese neppure ipotizzabili al tempo della determinazione dell’assegno perché suscettibili di possibile verificazione molti anni dopo (come la frequentazione universitaria di un bambino), e dunque prive del requisito dell’attualità.
6. In conclusione, il motivo deve essere accolto in applicazione del seguente principio:
“In tema di mantenimento dei figli, costituiscono spese straordinarie, non comprese nell’ammontare dell’assegno ordinario previsto con erogazione a cadenza periodica, quelle che (ove non oggetto di espressa statuizione, convenzionale o giudiziale) non siano prevedibili e ponderabili al tempo della determinazione dell’assegno, in base a una valutazione effettuata in concreto e nell’attualità degli elementi indicati nell’art. 337-ter, comma 4, c.c. e che dunque, ove in concreto sostenute da uno soltanto dei genitori, per la loro rilevante entità, se non intese come anticipazioni dell’obbligo di entrambi i genitori, produrrebbero l’effetto violativo del principio di proporzionalità della contribuzione genitoriale, dovendo infatti attribuirsi il carattere della straordinarietà a quegli ingenti oneri sopravvenuti che, in quanto non espressamente contemplati, non erano attuali né ragionevolmente determinabili al tempo della quantificazione (giudiziale o convenzionale) dell’assegno”.
7. La decisione impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di appello di Lecce, sede distaccata di Taranto, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
8. In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003.
Le spese per l’università lontano dal luogo di residenza rientrano tra le spese straordinarie
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso e cassa la decisione impugnata con rinvio della causa alla Corte di appello di Lecce, sede distaccata di Taranto, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che, in caso di diffusione della presente decisione, siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati, a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 6 ottobre 2023.
Depositata in Cancelleria il 18 marzo 2024.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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