Le sanzioni amministrative possono essere afflittive o ripristinatorie

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 24 giugno 2020, n. 4068.

La massima estrapolata:

Le sanzioni amministrative possono essere afflittive (sanzionatorie in senso stretto) o ripristinatorie (sanzionatorie in senso lato). Le sanzioni ripristinatorie “mirano alla soddisfazione diretta dell’interesse pubblico specificamente pregiudicato dalla violazione. Le sanzioni afflittive sono quelle definite dal diritto europeo e, in particolare, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che ha contributo a configurare uno statuto di regole fondato su garanzie convenzionali di natura sostanziale e processuale (artt. 6 e 7).I criteri per individuare la prima tipologia di sanzioni sono costituiti: i) dalla qualificazione giuridica dell’illecito; ii) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di applicazione, di carattere generale, della norma che lo prevede (deve essere rivolto alla generalità dei consociati) e dallo scopo perseguito che deve essere non risarcitorio ma afflittivo; iii) dal grado di severità della sanzione, che è determinato con riguardo alla pena massima prevista dalla legge applicabile e non di quella concretamente applicata.

Sentenza 24 giugno 2020, n. 4068

Data udienza 18 giugno 2020

Tag – parola chiave: Illecito amministrativo – Sanzione amministrativa – Sanzioni ripristinatorie e afflittive – Differenze – Individuazione – Criteri – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4722 del 2019, proposto da In. ss. s.p.a. (già Ca. As. s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ne. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. Ca. in Roma, via (…);
contro
Istituto per la Vigilanza Sulle Assicurazioni – Ivass, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Ro., Ma. Sc., Da. Ad. Ma. Za., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Da. Ad. Ma. Za. in Roma, via (…);
nei confronti
Società Consap s.p.a., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza 8 marzo 2019, n. 3103 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Seconda
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ivass – Istituto per la Vigilanza Sulle Assicurazioni;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2020 il Cons. Vincenzo Lopilato.
L’udienza si è svolta attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.”, nel rispetto della normativa emergenziale vigente.

FATTO

1. L’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (d’ora innanzi Ivass o Autorità, in precedenza denominato Isvap), con atto 28 giugno 2010, n. 2391, ha condannato la In. As. s.p.a. (d’ora innanzi Società ) al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria di euro 31.499,97, per violazione dell’art. 2, comma 5-quater, del decreto-legge 28 marzo 2000, n. 70, convertito, con modificazioni, nella legge 26 maggio 2000, n. 137. L’Autorità ha applicato la sanzione prevista, per la suddetta violazione, dall’art. 316, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), nella versione vigente al momento dell’applicazione della suddetta sanzione.
2.? La Società ha impugnato tale provvedimento innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, deducendo la sua illegittimità in quanto: i) al momento dell’adozione del provvedimento impugnato l’art. 2, comma quater, del decreto-legge n. 70 del 2000 non era in vigore; ii) sarebbe stata contestata la violazione del suddetto decreto-legge ma applicate le sanzioni più sfavorevoli previste dal successivo decreto legislativo n. 209 del 2005; iii) la sanzione sarebbe stata notificata oltre il termine perentorio di novanta giorni previsto dall’art. 5, comma 2, del regolamento Ivass 15 marzo 2006, n. 1; iv) anche a volere ritenere possibile il superamento dei suddetti termini, sarebbe stata necessaria una specifica motivazione, che, invece, mancherebbe; v) l’atto di contestazione del 30 giugno 2009, sarebbe stato adottato oltre il termine di centoventi giorni previsto dall’art. 3 del suddetto regolamento Ivass; vi) non sarebbe stata motivata la scelta di irrogare la sanzione nella misura massima prescritta; vii) non sarebbero stati provati, da un lato, l’elemento soggettivo del dolo o della colpa dell’agente, dall’altro, l’incidenza degli errori e lacune riscontrate nella documentazione sulle finalità pubbliche, sottese alla previsione sanzionatoria, di contrasto dei comportamenti fraudolenti per contenere i costi di liquidazione dei sinistri per consentire la riduzione delle tariffe.
3.? Il Tribunale amministrativo, con sentenza 8 marzo 2019, n. n. 3103, ha ritenuto infondati tutti gli esposti motivi di ricorso.
4.? La ricorrente in primo grado ha proposto appello.
4.1.? Si è costituita in giudizio l’Ivass, chiedendo il rigetto dell’appello.
5.? La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 18 giugno 2020.

DIRITTO

La questione posta all’esame della Sezione attiene alla legittimità del provvedimento sanzionatorio adottato dall’Ivass per violazione degli obblighi di comunicazione dei dati relativi ai sinistri che si sono verificati nel 2008.
2.? Con un primo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha rilevato la violazione del principio di legalità e di irretroattività delle sanzioni amministrative sfavorevoli, in quanto la norma che prevedeva il precetto da rispettare non era vigente nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2008.
Il motivo è fondato.
Su un piano generale, le sanzioni amministrative possono essere afflittive (sanzionatorie in senso stretto) o ripristinatorie (sanzionatorie in senso lato).
Le sanzioni ripristinatorie “mirano alla soddisfazione diretta dell’interesse pubblico specificamente pregiudicato dalla violazione” (Cons. Stato, Sez. VI, 26 luglio 2017 n. 3694).
Le sanzioni afflittive sono quelle definite dal diritto europeo e, in particolare, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), che ha contributo a configurare uno statuto di regole fondato su garanzie convenzionali di natura sostanziale e processuale (artt. 6 e 7).
I criteri per individuare la prima tipologia di sanzioni sono costituiti: i) dalla qualificazione giuridica dell’illecito; ii) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di applicazione, di carattere generale, della norma che lo prevede (deve essere rivolto alla generalità dei consociati) e dallo scopo perseguito che deve essere non risarcitorio ma afflittivo; iii) dal grado di severità della sanzione, che è determinato con riguardo alla pena massima prevista dalla legge applicabile e non di quella concretamente applicata (Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 8 giugno 1976, Engel e altri c. Bassi).
Questo implica che opera il principio di legalità e i suoi specifici corollari, che nella specie, sono costituiti dalla prevedibilità e accessibilità delle regole e, soprattutto, dalla irretroattività delle sanzioni afflittive sfavorevoli.
Sul piano specifico, l’art. 2, comma 4-ter, del decreto-legge 28 marzo 2000, n. 70 (Disposizioni urgenti per il contenimento delle spinte inflazionistiche), introdotto dalla legge di conversione 26 maggio 2000, n. 137, prevedeva che: i) “allo scopo di rendere più efficace la prevenzione e il contrasto di comportamenti fraudolenti nel settore delle assicurazioni obbligatorie per i veicoli a motore immatricolati in Italia, è istituita presso l’Isvap una banca dati dei sinistri ad essi relativi”; ii) “l’Isvap rende pienamente operativa la banca dati a decorrere dal 1º gennaio 2001”; iii) “da tale data ciascuna compagnia è tenuta a comunicare all’Isvap i dati riguardanti i sinistri dei propri assicurati, secondo apposite modalità stabilite dallo stesso Isvap”.
Il comma 5-quinquies disponeva che l’inosservanza degli obblighi di comunicazione dei dati richiesti dall’Autorità avrebbe comportato l’applicazione delle seguenti sanzioni amministrative: “a) da lire due milioni a lire sei milioni in caso di mancato invio dei dati”; “b) da lire un milione a lire tre milioni in caso di ritardo o incompletezza dei dati inviati”, aggiungendo che “le predette sanzioni amministrative sono maggiorate del dieci per cento, in ogni caso di reiterazione dell’inosservanza dei suddetti obblighi”.
L’art. 135 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private) ha previsto, nella sua versione originaria, che: i) “allo scopo di rendere più efficace la prevenzione e il contrasto di comportamenti fraudolenti nel settore delle assicurazioni obbligatorie per i veicoli a motore immatricolati in Italia, è istituita presso l’Isvap una banca dati dei sinistri ad essi relativi” (primo comma); ii) “le imprese sono tenute a comunicare i dati riguardanti i sinistri dei propri assicurati, secondo le modalità stabilite con regolamento adottato dall’Isvap” (secondo comma).
La suddetta norma del Codice, pur riproducendo il contenuto della norma del decreto-legge n. 70 del 2000, demandava la disciplina delle modalità attuative ad un apposito regolamento.
Tale regolamento è stato emanato soltanto in data 1° giugno 2009, n. 31.
L’art. 316, comma 2, del Codice, nella versione iniziale, cui ha fatto riferimento l’Autorità nel provvedimento impugnato, prevedeva che l’incompletezza o l’erroneità delle comunicazioni rese “è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento ad euro cinquemila, salvo che essa dipenda da fatto imputabile al danneggiato”.
Per completezza si riporta di seguito la successiva evoluzione normativa: i) l’art. 1, comma 28, lett. d, della legge 4 agosto 2017, n. 124, ha modificato il suddetto art. 316, stabilendo, al primo comma, che l’omissione, l’incompletezza, l’erroneità o la tardività delle comunicazioni, accertata semestralmente e contestata con unico atto “è punita con un’unica sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquemila a euro cinquantamila”; tale articolo è stato poi abrogato dall’art. 1, comma 50, del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 68; ii) l’art. 310-quater, introdotto da quest’ultimo decreto legislativo, ha riprodotto la medesima prescrizione sanzionatoria, modificando i limiti minimi e massimi della sanzione che sono stati stabiliti, rispettivamente, in diecimila euro e centomila euro.
Il primo comma dell’art. 354 del Codice ha espressamente abrogato il suddetto decreto-legge n. 70 del 2000.
Il comma 4 dello stesso art. 354 ha previsto un regime transitorio, stabilendo che le disposizioni abrogate e quelle emanate in attuazione delle norme abrogate o sostituite “continuano a essere applicate, in quanto compatibili, fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti adottati ai sensi del presente Codice nelle corrispondenti materie e comunque non oltre il termine previsto dal comma 2 dell’articolo 355”.
Il richiamato comma dell’art. 355 ha stabilito il termine di ventiquattro mesi per l’adozione delle disposizioni di attuazione, decorrente dall’entrata in vigore del Codice del 1° gennaio 2005.
Alla luce di quanto esposto, alla data del 1° gennaio 2008, essendo decorsi i due anni di ultrattività previsti dal regime transitorio, il decreto legge n. 70 del 2000 è stato abrogato.
A tale data non era stato adottato ancora il regolamento attuativo dell’art. 135 del Codice e, pertanto, non avrebbe potuto applicarsi il nuovo sistema a regime.
Il legislatore, per evitare questo vuoto di tutela, è intervento con l’art. 4, comma 8, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129. Tale norma ha sostituito le parole: “e comunque non oltre il termine previsto dal comma 2 dell’articolo 355” con le seguenti: “e comunque non oltre dodici mesi dopo il termine previsto dal comma 2 dell’articolo 355”. Rispetto alla scadenza originaria è stata prevista un ulteriore proroga di dodici mesi.
Tale termine è stato poi ulteriormente prorogato di sei mesi da ciascuno dei seguiti provvedimenti normativi: art. 16, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14; art. 23, comma 12, decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102; art. 9, comma 3, decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25.
Nella fattispecie concreta, l’Autorità di vigilanza ha applicato una sanzione amministrativa pecuniaria per avere la società omesso di comunicare dati relativi ai propri assicurati nel corso dell’intero anno 2008, pur se la sua determinazione è avvenuta mediante l’applicazione del massimo edittale sanzionatorio con riguardo alla violazione degli obblighi di pubblicazione mensili.
Per le finalità perseguite e per la severità della sanzioni deve ritenersi, alla luce dei criteri sopra esposti, che la sanzione applicata avesse valenza afflittiva, con conseguente necessità di rispettare gli esposti corollari del principio di legalità .
Alla luce dell’evoluzione normativa sopra riporta, deve ritenersi che il provvedimento sanzionatorio sia stato adottato, per il periodo compreso tra il primo gennaio e il 3 giugno 2008, in assenza di una base legale. In tale periodo, infatti, da un lato, il sistema transitorio non poteva operare in quanto la protrazione della vigenza dell’art. 2, comma 4-ter, del decreto-legge n. 70 del 2000 era stata prevista fino a dicembre 2007, dall’altro, il sistema a regime introdotto dall’art. 135 del Codice non poteva operare in quanto non era stato ancora adottato il regolamento attuativo che avrebbe dovuto stabilire le modalità di trasmissione dei dati.
Tale vuoto di disciplina non può ritenersi che sia stato colmato retroattivamente a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 4, comma 8, del decreto-legge n. 97 del 2008 per le seguenti ragioni.
In primo luogo, sul piano letterale, tale disposizione non contiene una norma che abbia valenza retroattiva, con la conseguenza che opera il principio generale dell’efficacia della legge “per l’avvenire” (art. 11 preleggi cod. civ.).
In secondo luogo, sul piano di una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata, postulare una sua eventuale valenza retroattiva sfavorevole ne determinerebbe l’incostituzionalità per violazione degli obblighi internazionali, posti dagli artt. 6 e 7 della Cedu, ai sensi del primo comma dell’art. 117 Cost. Tale ragione
Pur se l’obbligo ha ripreso vigore a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 97 del 2008 e, dunque,era vigente per il periodo giugno-dicembre, la sanzione è illegittima nella sua interezza. L’Autorità, infatti, ha espressamente affermato, nel provvedimento impugnato, che, pur se le violazioni siano state mensili, è stato valutato il “comportamento dovuto dall’impresa durante l’intero corso dell’esercizio annuale”. Tale motivazione è servita all’Autorità anche per giustificare i tempi di contestazione dell’addebito che non hanno considerato gli inadempimenti mensili ma l’intero comportamento tenuto dalla Società nel corso dell’anno.
3.? L’accoglimento del motivo sopra riportato, per la sua valenza assorbente, esime il Collegio dall’esaminare gli altri motivi proposti dall’appellante.
4.? Il Collegio rileva che l’esito cui è pervenuto è conseguenza dell’adozione di leggi che non hanno assicurato una base legale idonea per consentire all’Autorità di svolgere in modo efficace le proprie funzioni di vigilanza. Considerata l’importanza della norma che pone il precetto esaminato in questa sede, rimane fermo l’obbligo della Società di comunicare tutti i dati corretti anche in relazione all’anno 2008 per assicurare all’Autorità di potere svolgere in modo conforme agli obiettivi legali la sua rilevante funzione di regolazione e vigilanza. Rimane fermo che, anche qualora dovessero emergere condotte non conformi alle regole oggi vigenti, non sarà possibile applicare sanzioni per quel periodo, per l’avvenuta consumazione del potere pubblico. Nondimeno, tale rapporto di collaborazione tra impresa vigilata e Autorità vigilante mantiene la sua rilevanza per assicurare una tutela adeguata del mercato e degli utenti dei servizi assicurativi.
5.? Le motivazioni poste a base della presente decisione giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) accoglie l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata annulla i provvedimenti impugnati;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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