Le opere di ristrutturazione edilizia necessitano di permesso di costruire

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 12 dicembre 2019, n. 8464

La massima estrapolata:

Le opere di ristrutturazione edilizia necessitano di permesso di costruire se consistenti in interventi che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comportino, modifiche del volume o dei prospetti, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Sentenza 12 dicembre 2019, n. 8464

Data udienza 5 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3623 del 2019, proposto da
Il. Gu., No. Ta., rappresentati e difesi dagli avvocati St. Br., Ma. Co. Gu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Be., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Terza n. 00148/2019, resa tra le parti, pubblicata il 30 gennaio 2019 e notificata in data 4 febbraio 2019
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Br. St., An. Be.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in esame le odierne parti appellanti impugnavano la sentenza n. 148 del 2019 con cui il Tar Toscana aveva respinto l’originario gravame; quest’ultimo era stato proposto dalle stesse parti al fine di ottenere l’annullamento dell’ordinanza dirigenziale n. 14 del 16 gennaio 2018, avente ad oggetto l’ordinanza di demolizione per manufatti siti in Cascina via (omissis) n. (omissis), loc. (omissis) alle Corti Comune di (omissis) e di ogni altro atto presupposto.
2. Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante, contestando le argomentazioni del Giudice di prime cure, formulava i seguenti motivi di appello che riprendevano i vizi di primo grado:
– erronea valutazione dei presupposti di fatto e conseguente violazione e falsa applicazione degli artt. 199 e 206 della l.r. 65 cit., trattandosi di ipotesi di ristrutturazione e non di sostituzione edilizia, con conseguente applicabilità della sanzione pecuniaria;
– eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione degli artt. artt. 199-203 della legge 65/14, artt. 134-139 della previgente legge 1/05, 10, comma 1, lett. c) e 34 dPR 380 del 2001. in quanto non sarebbe possibile il ripristino dello stato dei luoghi, visto che l’eliminazione delle difformità comporterebbe il cedimento dell’intero fabbricato
– annullabilità ex art. 21 septies della legge n. 241/1990 per eccesso di potere conseguente a contraddittorietà e illogicità della motivazione nonché a contraddittorietà esterna, in quanto mentre l’oggetto dell’impugnata ordinanza fa riferimento all’art. 199, comma 1, della L.R. n. 65/2014, mentre il punto 4 del “considerato che” inserito nella premessa esclude l’applicabilità di tale norma;
– erroneità in relazione alla condanna alle spese.
L’amministrazione comunale appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
3. Con ordinanza n. 2858 del 7 giugno 2019 veniva accolta la domanda cautelare relativa alla sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.
Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2019 la causa passava in decisione.
4. La controversia concerne, in primo luogo, la corretta qualificazione dell’abuso oggetto di contestazione nei confronti delle odierne parti appellanti.
5. La narrativa in fatto posta a base della sentenza impugnata appare nella sostanza pacifica.
In data 14 marzo 2008 veniva presentata domanda di permesso di costruire per la sostituzione edilizia di un ripostiglio adibito a ricovero di attrezzi agricoli. L’istanza veniva respinta dal Comune di (omissis) con provvedimento datato 7 ottobre 2010.
Peraltro, a seguito della previo comunicazione del preavviso di rigetto, in data 19 gennaio 2009 veniva presentata una d.i.a. avente ad oggetto la ristrutturazione edilizia del predetto manufatto, dando atto del previsto rispetto della volumetria esistente e della prevista conservazione della geometria della copertura e dell’originale destinazione d’uso, ma proponendo anche uno spostamento dell’immobile sul lato nord.
Anche tale progetto non veniva condiviso dal Comune con un atto, datato 2 marzo 2009 con cui veniva ordinato di non eseguire le opere, ritenendo che la progettata traslazione contrastasse con l’art. 34 del regolamento urbanistico.
In data 4 marzo 2009 veniva quindi presentata un’integrazione alla d.i.a., nel senso di prevedere solo la ristrutturazione edilizia e l’adeguamento sismico, con mantenimento di forme, dimensioni e destinazione d’uso originarie.
In corso d’opera il manufatto veniva demolito e ricostruito con ampliamento di dimensioni e altezza.
In sede di accertamento, in data 9 maggio 2014 gli agenti comunali accertavano l’esistenza di edificio in muratura ad uso abitazione, composto da cucina, camere, soggiorno e bagno, avente superficie di circa mq. 103. Veniva quindi avviato, con comunicazione del 26 luglio 2014, l’avvio del procedimento di irrogazione delle sanzioni previste per assenza/difformità dal titolo abilitativo.
Veniva quindi presentata, in data 18 aprile 2016, domanda di accertamento di conformità, precisando che l’edificio era stato ampliato nelle dimensioni e nell’altezza, era stato destinato a civile abitazione (anziché adibito ad annesso agricolo) ed era totalmente difforme dal titolo edilizio; nell’istanza veniva altresì evidenziato che la rimozione delle parti eseguite in difformità avrebbe pregiudicato la conformità statica e sismica della parte legittima. Veniva quindi prospettata la sanzione pecuniaria in luogo della demolizione.
Successivamente ad una richiesta di integrazione istruttoria, datata 13 luglio 2016, veniva adottato atto di comunicazione dei motivi ostativi in data 29 settembre 2017 all’accoglimento della domanda di accertamento di conformità, sull’assunto che l’edificio presentava una sagoma planivolumetrica diversa e risultava ampliato, e costituiva perciò sostituzione edilizia. Quindi, con ordinanza del 16 gennaio 2018, veniva ordinata la rimozione del manufatto.
6. In termini ricostruttivi, va evidenziato come in sede di appello parte appellante abbia dedotto come, in corso d’opera e rispetto al progetto assentito, il manufatto sia stato leggermente ampliato sia nelle dimensioni in pianta, sia in altezza e che i suddetti ampliamenti eccedono il 5% del volume e della superficie utile originari, così integrando l’ipotesi della variazione essenziale, ex art. 197, co. 1, lett. b), della legge regionale 65 cit.. Peraltro tale variazione costruttiva non è passibile di regolarizzazione, difettando il requisito della c.d. doppia conformità delle opere al regime urbanistico di riferimento: infatti, il fabbricato ricade nell’ambito del Parco Ambientale del Fiume Arno, la cui disciplina urbanistica (Cfr. artt. 34 e 23 NTA del vigente R.U.) non consente la realizzazione di interventi di ristrutturazione con ampliamento.
Pertanto, in ragione di quanto sopra e considerato che le variazioni costruttive realizzate sul manufatto in parola non si prestavano alla loro agevole eliminazione – pena il pregiudizio statico e sismico dell’intero fabbricato (che è legittimo) – la proprietà ha chiesto all’Amministrazione comunale l’applicazione della misura sanzionatoria pecuniaria sostitutiva della demolizione, ritenuta applicabile al caso di specie stante la natura di intervento di ristrutturazione edilizia minore.
Tuttavia, con i provvedimenti impugnati con il ricorso deciso dalla sentenza qui impugnata il Comune ha ritenuto trattarsi di un intervento di sostituzione edilizia e di nuova costruzione, ordinandone la demolizione.
7. L’appello è destituito di fondamento.
8. Come accertato in corso di causa ed all’esito della ricostruzione sin qui svolta, rispetto al progetto assentito il manufatto realizzato presenta una serie di modifiche incompatibili con la qualificazione invocata, di ristrutturazione edilizia.
8.1 Al riguardo, come ancora di recente evidenziato dalla sezione, in linea generale, ai sensi dell’art 10, comma 1, lettera c), t.u. edilizia, le opere di ristrutturazione edilizia necessitano di permesso di costruire se consistenti in interventi che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comportino, modifiche del volume o dei prospetti, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 14 gennaio 2019, n. 317, e 26 marzo 2018, n. 1893).
8.2 Le opere in contestazione nel caso di specie, in quanto tali da determinare una variazione planivolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale vengono realizzate, sono senza dubbio rientranti nella definizione predetta e conseguentemente, a fini di qualificazione sanzionatoria, soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire; infatti, le stesse comportano aumento di volumetria complessiva dell’immobile e la evidente modifica del prospetto. A quest’ultimo proposito, la relativa contestazione non può che riguardare, oltre all’estensione del relativo ingombro, la globalità degli interventi abusivi accertati.
A quest’ultimo proposito, risulta la demolizione e ricostruzione integrale, con ampliamento eccedente il 5% del volume e della superficie originari, con aumento di altezza, modifica di sagoma e con cambiamento della destinazione d’uso.
9. Alla luce delle considerazioni che precedono vanno altresì lette le rimanenti censure, le quali risultano parimenti infondate, nei termini già condivisibilmente evidenziati dalla sentenza impugnata.
9.1 Per ciò che concerne il rischio di cedimento dell’intero fabbricato, se per un verso assume rilievo dirimente la predetta qualificazione in termini ben più ampi della invocata ristrutturazione, con conseguente necessità di applicazione della sanzione demolitoria, per un altro verso, in ordine alla possibile irrogazione di una diversa sanzione, va ribadito che l’amministrazione valuta la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria durante la fase esecutiva del procedimento, dunque in un momento successivo ed autonomo rispetto all’adozione dell’ordine di demolizione (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 26 giugno 2019, n. 4397). Peraltro, nel caso di specie parte appellante non ha fornito alcun elemento tecnico tale da fornire alla p.a. anche solo un indizio in merito alla ipotetica sussistenza dei rischi invocati.
9.2 Per ciò che concerne il terzo motivo di gravame, pur volendo prescindere dall’erroneo riferimento alla norma sulla nullità in relazione all’invocata annullabilità e sussistenza di profili di eccesso di potere, un eventuale errore di richiamo non è in grado di porre in dubbio il percorso argomentativo che ha portato il Comune alla corretta qualificazione dell’abuso ed alla conseguente determinazione sanzionatoria.
9.3 Infine, in relazione al motivo di appello sulle spese, la generica contestazione si scontra con il rispetto del principio della soccombenza; nonché con il principio a mente del quale la condanna alle spese del giudizio, comminata in primo grado, è sindacabile in sede di appello solo per l’ipotesi in cui venga modificata la decisione principale, fatta salva l’ipotesi della sua manifesta abnormità (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. III, 27 febbraio 2019, n. 1380); nel caso di specie non è stato individuato alcun elemento qualificabile in termini di abnormità .
10. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Paolo Carpentieri – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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