Le clausole di rinnovo contrattuale comportano una nuova negoziazione

Consiglio di Stato, Sentenza|24 marzo 2022| n. 2158.

Le clausole di rinnovo contrattuale comportano una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali; se è previsto il rinnovo tacito, la conferma delle precedenti condizioni contrattuali avviene senza necessità di manifestazione di volontà ; esse si distinguono delle clausole di proroga del contratto, che prevedono il mero slittamento nel tempo della sua durata.

Sentenza|24 marzo 2022| n. 2158. Le clausole di rinnovo contrattuale comportano una nuova negoziazione

Data udienza 17 febbraio 2022

Integrale

Tag- parola chiave: Appalti pubblici – Contratti della PA – Clausole di rinnovo – Natura – Clausole di proroga – Differenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5914 del 2020, proposto da
I.L. “Im. El.” s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Lu. Ci., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Fe. Gi., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria Sezione Prima n. 00259/2020, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 febbraio 2022 il Cons. Federico Di Matteo e preso atto della richiesta di passaggio in decisione senza la preventiva discussione, depositata in atti ai sensi del Protocollo d’intesa del 20 luglio 2021, dall’avvocato Lu. Ci.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Le clausole di rinnovo contrattuale comportano una nuova negoziazione

FATTO e DIRITTO

1. Con contratto del 20 novembre 2003 denominato “Contratto di transazione con contestuale riaffidamento del servizio di illuminazione lampade votive cimitero”, il Comune di (omissis) affidava alla I.L. “Im. El.” s.r.l. (da ora in avanti, anche solo “I.L.”) il servizio di illuminazione di lampade votive del locale cimitero.
L’art. 3 del contratto prevedeva che: “Il Comune di (omissis), compensativamente a tali libere rinunce, riaffida alla IL. il servizio di illuminazione di lampade votive del locale cimitero per anni 15 (quindici), i quali si intendono automaticamente e tacitamente rinnovati per altri 5 (cinque) anni, salvo contestazioni scritte da parte dell’Amministrazione e con decorrenza dal 1° Gennaio 2004”
1.1. Con nota del 21 maggio 2018 il Comune di (omissis) comunicava alla I.L. di non volersi avvalere della clausola di rinnovo automatico e tacito del contratto per altri 5 anni prevista dall’art. 3 del contratto per la seguente motivazione: “in quanto detta clausola contrasta palesemente con le norme vigenti in materia di contrattualistica pubblica, essendo già, con l’art. 6 della Legge n. 537/1993 espressamente fatto divieto alla P.A. di rinnovare tacitamente i contratti, divieto confermato dal vigente Codice dei Contratti, dall’Anac e dalla giurisprudenza in materia”.
Concludeva precisando che alla scadenza del termine quindicennale il rapporto contrattuale sarebbe cessato e il servizio tornato nella sua piena disponibilità, unitamente alla proprietà dell’impianto.
1.2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria domandava l’annullamento della predetta nota sulla base di otto motivi.
Resistente il Comune di (omissis), il giudice di primo grado, con la sentenza della prima sezione, del 17 febbraio 2020, n. 259, respingeva il ricorso in quanto riteneva non condivisibile l’interpretazione della clausola contrattuale nel senso che fosse in essa previsto un’unica e predefinita durata ventennale del contratto, poiché in contrasto con l’inequivocabile tenore letterale dell’art. 3, come pure la qualificazione in termini di “proroga” e non di “rinnovo” dell’ulteriore periodo di cinque anni, poiché la “proroga tecnica” – l’unica ammessa nel vigente quadro ordinamentale in materia di pubblici contratti – ha carattere eccezionale ed è consentita solo per “oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della nuova gara non imputabili alla Stazione appaltante”.

Le clausole di rinnovo contrattuale comportano una nuova negoziazione

Per il tribunale, dunque, la clausola del contratto di transazione, nella parte in cui prevedeva l’ulteriore rinnovo del contratto per cinque anni alla scadenza del quindicennio, era affetta da nullità testuale poiché in contrasto con il divieto di cui all’art. 6, l. 24 dicembre 1993, n. 537 per il quale: “E’ vietato il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, ivi compresi quelli affidati in concessione a soggetti iscritti in appositi albi. I contratti stipulati in violazione del predetto divieto sono nulli” e come tale non produttiva di effetti, onde il Comune aveva correttamente informato la società dell’intervenuta caducazione del rapporto contrattuale a far data dal 1° gennaio 2019.
Aggiungeva che dato il carattere doveroso della comunicazione – della quale, per questa ragione, era discutibile il carattere provvedimentale – erano infondate anche le censure di difetto di motivazione e di istruttoria, di violazione delle regole in materia di autotutela (non applicabili non essendo stati esercitati poteri di secondo grado) ovvero correlate alla omessa attivazione delle garanzie partecipative (dato il carattere vincolato dell’atto nell’an e nel quomodo).
Infine, per il giudice non era contestabile la competenza del Responsabile del Settore infrastrutture del Comune di (omissis) all’adozione dell’atto, poiché funzionario titolare di posizione organizzativa e legittimato ad emettere atti con rilevanza esterna, né era ragione di illegittimità l’assenza del parere di regolarità contabile per la consolidata giurisprudenza che nega a detti pareri il carattere di requisiti di legittimità delle deliberazioni cui si riferiscono.
2. Propone appello I.L. “Im. El.” s.r.l.; si è costituito il Comune di (omissis).
All’udienza del 17 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. L’appello è articolato in tre motivi.
3.1. Con il primo motivo di appello la sentenza è contestata per “Error in iudicando. Perplessità dell’iter logico giuridico. Erronea valutazione dei fatti. Difetto di motivazione e di istruttoria da parte della sentenza di primo grado. Irragionevolezza della sentenza di primo grado in relazione ai punti 7, 7.1, 7.2., 7.2.2., 7.3 della stessa con riferimento ai I motivi del ricorso di primo grado”; l’appellante ripropone l’interpretazione della clausola contrattuale di cui all’art. 3 come diretta a fissare complessivamente in venti anni la durata del contratto, e disporre la suddivisione di detto periodo in due segmenti allo scopo di consentire all’amministrazione di por fine al rapporto se, trascorsi i primi quindici anni, avesse ravvisato e contestato per iscritto difetti di esecuzione e/o negligenze da parte del contraente (da assimilare, quindi, ad una clausola risolutiva espressa ex art. 1456 cod. civ.): il giudice di primo grado avrebbe fatto erronea applicazione dei criteri di interpretazione del contratto di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. ed in particolare, dell’art. 1367 cod. civ. avendo preferito un’interpretazione della clausola che non le consente di produrre alcun effetto, poichè la rende nulla o invalida, e dell’art. 1371 cod. civ. che impone di realizzare l’equo contemperamento degli interessi, nel caso di specie possibile solo dando alla concessionaria la facoltà di ammortizzare gli investimenti effettuati e di generare un utile di impresa mediante la prosecuzione del contratto.

 

Le clausole di rinnovo contrattuale comportano una nuova negoziazione

 

La clausola, aggiunge, contemplerebbe al più una ipotesi di mera proroga, e, se è vero che il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi è oggetto di divieto a garanzia delle regole di trasparenza nell’aggiudicazione e dei principi di tutela della concorrenza, la proroga, intesa come richiesta di prolungamento della prestazione, è ammessa, come dimostrato da diverse norme del vecchio e del nuovo codice dei contratti pubblici che espressamente le prevedono.
Da ultimo, censura la sentenza per omessa pronuncia, non avendo esaminato il motivo di ricorso con il quale si sosteneva l’inapplicabilità del divieto di rinnovo dei contratti previsti dall’art. 6 l. n. 537 del 1996 poiché riferibile ai soli contratti c.d. passivi, cioè onerosi per le amministrazioni e non anche a quei contratti che prevedono un’entrata per l’amministrazione.
3.2. Con il secondo motivo di appello la sentenza è censurata per “Error in iudicando. Perplessità dell’iter logico giuridico. Travisamento. Erronea valutazione dei fatti. Difetto di motivazione e di istruttoria da parte della sentenza di primo grado. Irragionevolezza della sentenza di primo grado in relazione al punto 9, 9.1, 9.2 della stessa con riferimento al II, IV, VI, VII, VIII motivo del ricorso di primo grado”; detto al precedente motivo dell’insussistenza di un divieto legale cui il Comune si sia uniformato nella determinazione di escludere la durata del contratto per ulteriori cinque anni, l’appellante ripropone le ulteriori ragioni di illegittimità del provvedimento impugnato, quali:
a) la violazione dell’art. 21 nonies l. 241 del 1990 per aver l’amministrazione comunale deciso di annullare l’affidamento senza dichiarare le ragioni di pubblico interesse, e senza tener conto del suo interesse alla prosecuzione del rapporto fino al recupero di tutte le somme investite per l’ampliamento della rete elettrica nel cimitero e il suo ammodernamento;
b) la violazione dell’obbligo di dar comunicazione dell’avvio del procedimento di riesame delle precedenti determinazioni, anche allo scopo di agevolare la c.d. composizione procedimentale degli interessi in gioco;
c) la carenza di istruttoria, non avendo l’amministrazione considerato che dalla caducazione del contratto scaturiranno una serie di pagamenti a suo carico e ne sarà inficiata la regolarità del servizio per la mancata adozione di atti programmatori propedeutici alla futura gestione;
d) per mancata indicazione del termine e dell’autorità cui è possibile ricorrere con conseguente violazione dell’art. 3, comma 4, l. n. 241 del 1990;
e) per l’impossibilità per l’amministrazione di mettere unilateralmente fine anticipatamente al rapporto instaurato in seguito alla conclusione del contratto di transazione, considerato che l’enunciazione del divieto di rinnovo tacito pare effettuata al solo scopo di “precostituire un substrato motivazionale ove innestare la volontà caducatoria”.

 

Le clausole di rinnovo contrattuale comportano una nuova negoziazione

 

3.3. Nel terzo motivo la sentenza è contestata per “Error in iudicando. Perplessità dell’iter logico giuridico. Travisamento. Erronea valutazione dei fatti. Difetto di motivazione e di istruttoria da parte della sentenza di primo grado. Irragionevolezza della sentenza di primo grado in relazione al punto 10, 10.1, 10.1.1., 10.1.2. della stessa con riferimento al III e V motivo del ricorso di primo grado”: spiega l’appellante che la transazione era stata stipulata in base ad una valutazione di carattere tecnico – politico effettuata dalla Giunta municipale che aveva voluto, in questo modo (id est. affidandole in via diretta il servizio) superare la notevole esposizione debitoria dell’ente ed ottenere una serie di prestazioni (di adeguamento, implementazione dell’impianto e rete di lampioni), di notevole valore; ne deriva che per il principio del contrarius actus, solo la Giunta poteva adottare atti incidenti su tale assetto di interessi, con efficacia invalidante dell’accordo transattivo, non invece il dirigente del settore; di qui la reiterazione del vizio di incompetenza che il giudice di primo grado aveva respinto senza tener conto di questo contesto.
In ultimo, sostiene che anche a voler ritenere la mancanza del parere di regolarità contabile mera irregolarità, il Comune potrebbe corrispondere alla concessionaria quanto dovuto e così evitare ulteriore contenzioso.
4. I motivi sono infondati; la sentenza di primo grado merita conferma con le precisazioni che si vanno ad esporre.
4.1. Con il contratto di transazione stipulato il 20 novembre 2003 il Comune di (omissis) affidava in via diretta alla I.L. il servizio di illuminazione di lampade votive nel locale cimitero per una durata di quindici anni, con possibilità di rinnovo automatico del contratto per ulteriori cinque anni.
La clausola di cui all’art. 3 del contratto – che, per comodità di lettura si riporta nuovamente: “Il Comune di (omissis), (…), riaffida alla IL. il servizi di illuminazione di lampade votive del locale cimitero per anni 15 (quindici) i quali si intendono automaticamente e tacitamente rinnovati per altri 5 (cinque) anni, salvo contestazioni scritte da parte dell’Amministrazione e con decorrenza dal 1° Gennaio 2004” – va interpretata come una comune clausola di rinnovo automatico di un contratto di durata per un ulteriore periodo di tempo oltre il suo termine di scadenza, con l’aggiunta della facoltà per l’amministrazione concedente di conseguire l’anticipata risoluzione rispetto alla scadenza originaria (di quindici anni) in presenza di inadempimenti del concessionario opposti a mezzo di “contestazioni scritte” (assimilabile, più che ad una clausola risolutiva espressa ex art. 1456, cod. civ. per il mancato riferimento ad una obbligazione specificatamente individuata, ad clausola di recesso per altrui inadempimento).
4.2. L’art. 1362, comma 1, cod. civ. impone di interpretare il contratto ricercando la “comune intenzione delle parti”, senza limitarsi al senso letterale delle parole; la giurisprudenza ha chiarito che il significato letterale costituisce criterio prioritario dell’operazione interpretativa cui vanno affiancati gli altri criteri (tra cui, in particolare, il criterio logico – sistematico di cui all’art. 1363 cod. civ., ma anche il criterio di interpretazione secondo buona fede evocato dall’appellante), anche se il testo dell’accordo era chiaro ma incoerente con altri indici rivelatori di una diversa volontà dei contraenti (cfr. Cass. civ., sez. 1, 2 luglio 2020, n. 13595; sez. 3, 26 luglio 2019, n. 20294; aggiungendo, peraltro, che qualora il criterio letterale risulti sufficiente a dire il risultato che le parti intendevano conseguire, l’operazione ermeneutica deve ritenersi utilmente, quanto definitivamente, conclusa, cfr. Cass. civ, sez. 3, 11 marzo 2014, n. 5595).
Nel caso di specie la volontà dei contraenti risulta univocamente e inequivocabilmente dal testo dell’accordo: esse intendevano rinegoziare in forma tacita il contratto alle stesse condizioni alla sua prima scadenza; non vi sono clausole ulteriori né elementi esterni al contratto, ivi compreso il comportamento delle parti, che possano indurre l’interprete a far ricorso ad altri criteri di interpretazione per ricostruire diversamente la volontà negoziale.
L’interpretazione della clausola proposta dall’appellante – secondo cui le parti intendevano fissare la durata del contratto in venti anni con il solo limite degli ultimi cinque anni se l’amministrazione alla scadenza dei primi quindici avesse contestato specifici inadempimenti – risulta contraria al significato letterale dei termini che sono stati utilizzati dai contraenti e presuppone, essa sì, una equivocità nell’assetto negoziale, che invero non risulta in alcun modo.

 

Le clausole di rinnovo contrattuale comportano una nuova negoziazione

 

Né viene qui in rilievo il principio di conservazione del contratto, avendo lo stesso esaurito i suoi effetti alla scadenza prevista.
4.3. Le clausole di rinnovo contrattuale comportano una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali; se è previsto il rinnovo tacito, la conferma delle precedenti condizioni contrattuali avviene senza necessità di manifestazione di volontà ; esse si distinguono delle clausole di proroga del contratto, che prevedono il mero slittamento nel tempo della sua durata (cfr. Cons. Stato, sez. II, 6 maggio 2020, n. 2860; III, 27 agosto 2018, n. 5059).
4.4. Così interpretata la clausola contrattuale ne va confermata la nullità per contrasto con l’art. 6 (Contratti pubblici) l. 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) il quale sin dalla sua prima formulazione (antecedente alla stipulazione del contratto in esame) prevedeva il divieto di “rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi”, con conseguente nullità dei contratti stipulati in violazione del predetto divieto.
Il riferimento a tutti i contratti stipulati da pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni o servizi per la sua ampiezza conduce a ritenere applicabile il divieto anche ai contratti di concessione di servizi pubblici, come è comunemente qualificato il contratto con il quale l’amministrazione affida il servizio di illuminazione votiva cimiteriale. Ciò è coerente con la ratio del divieto.
Occorre, infatti, rammentare che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, il divieto di rinnovo tacito non è giustificato solamente da esigenze di contenimento della spesa pubblica – ossia dalla necessità di consentire per legge alle amministrazioni di svincolarsi da un impegno economico divenuto nel tempo eccessivamente gravoso – ma, soprattutto, dalla volontà di favorire l’apertura del mercato alla concorrenza evitando che la rinnovazione tacita dei contratti porti a costituire rendite di posizione per certi operatori economici, con conseguente impossibilità di selezionare per quello stesso servizio un miglior contraente, sia in relazione il prezzo richiesto, ma, specialmente, per la qualità del servizio offerto.
4.5. La nota del 21 maggio 2018 del Comune di (omissis) è, dunque, un atto meramente ricognitivo della nullità della clausola contrattuale (quale effetto prodotto dalla legge) e non un provvedimento amministrativo (eventualmente di riesame di precedente determinazione), quale esercizio di potestà pubblicistica che produce unilateralmente effetti nella sfera giuridica del destinatario.
Ciò vale ad escludere l’applicabilità delle condizioni e dei presupposti previsti dall’art. 21 nonies l. 7 agosto 1990, n. 241 per l’adozione del provvedimento di annullamento in autotutela, come pure le disposizioni che regolano il procedimento amministrativo (e, in particolare, la comunicazione di avvio del procedimento e la motivazione, della quale, peraltro, la nota era fornita), né il richiamo alla connotazione politica – discrezionale della decisione assunta nel 2003 di concludere la transazione affidandole in via diretta il servizio di illuminazione votiva vale ad impedire gli effetti della nullità, che si producono ope legis per la violazione del divieto di rinnovo tacito, che ben poteva essere rilevata dal dirigente competente del settore.
Allo stesso modo, la predetta nota non costituisce l’esercizio di un diritto potestativo di natura contrattuale, come pure immaginato dall’appellante per negarne l’ammissibilità ai fini del contenuto del contratto.
In definitiva, il Comune di (omissis) non ha fatto altro che opporre al concessionario che avrebbe voluto continuare nell’esecuzione del servizio l’intervenuta scadenza contrattuale, non essendo consentito il rinnovo per il divieto legislativo. Ciò che avrebbe potuto fare qualsiasi parte contrattuale in presenza di clausola nulla.
4.6. In conclusione, l’appello va respinto e la sentenza di primo grado integralmente confermata.
5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna I.L. “Im. El.” s.r.l. al pagamento delle spese del presente grado del giudizio, che liquida in Euro 5.000,00, oltre accessori e spese di legge, a favore del Comune di (omissis).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Federico Di Matteo – Consigliere, Estensore
Alberto Urso – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere
Elena Quadri – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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