L’azione di annullamento nel processo amministrativo

Consiglio di Stato, Sentenza|31 maggio 2021| n. 4174.

L’azione di annullamento nel processo amministrativo si definisce come diritto ad un provvedimento di merito, ovvero a un provvedimento del Giudice che si pronunci sulla fondatezza o infondatezza dei motivi dedotti in giudizio per affermare l’illegittimità dell’atto amministrativo impugnato. Come tale, richiede per quanto qui interessa che sussistano, al momento della domanda e fino alla decisione, i relativi presupposti processuali, che vanno valutati a priori secondo l’astratto contenuto della domanda, e non a posteriori secondo il risultato del processo, e sono costituiti dal titolo ovvero legittimazione al ricorso, dall’interesse ad agire e dalla legitimatio ad causam

Sentenza|31 maggio 2021| n. 4174. L’azione di annullamento nel processo amministrativo

Data udienza 15 aprile 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Federazione Gomma Plastica – Ordinanza Sindacale – Art. 50, D.Lgs. n. 267/2000 – Divieto di utilizzare o distribuire materiale monouso non biodegradabile e non compostabile – Legitimatio ad causam

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3359 del 2020, proposto dalla Federazione Go. Pl., e dalla società IS. Pa. S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Gi. Fr. Fe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via (…);
contro
il Comune di Teramo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Gu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
il Ministero dell’interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via (…);
il Sindaco del Comune di Teramo, anche quale ufficiale del Governo, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per l’Abruzzo, sez. I, 12 marzo 2020 n. 109, che ha dichiarato inammissibile il ricorso n. 242/2019 R.G. proposto per l’annullamento:
a) dell’ordinanza 9 aprile 2019 n. 63, pubblicata all’Albo pretorio dal 9 aprile al 1 luglio 2019, con cui il Sindaco del Comune di Teramo ha disposto il “Divieto di utilizzo di contenitori e stoviglie monouso in materiale non compostabile e/o biodegradabile negli esercizi commerciali e in occasione di feste pubbliche e sagre e nell’uso quotidiano dei cittadini”;
b) del parere di regolarità tecnica allegato.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Teramo e del Ministero dell’interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 aprile 2021 il consigliere Francesco Gambato Spisani e udito per la parte appellante l’avvocato Gi. Fr. Fe. che partecipa alla discussione orale ai sensi dell’art. 25 d. l. n. 137/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

L’azione di annullamento nel processo amministrativo

FATTO e DIRITTO

1. I fatti di causa sono non controversi, e risultano dalla sentenza di I grado e dai documenti di volta in volta citati.
1.1 La Federazione Go. Pl., ricorrente appellante, è l’associazione, facente parte della Confindustria, la quale raggruppa le “imprese che operano nei settori della produzione di manufatti a matrice polimerica, gomma, materie plastiche e affini”, come da art. 1 dello statuto associativo (doc. 1 a in I grado ricorrenti appellanti).
1.2 La IS. Pa., a sua volta ricorrente appellante, è un’impresa del settore, che produce fra l’altro stoviglie di plastica monouso e imballaggi per prodotti alimentari (doc. 1 C in I grado ricorrenti appellanti, visura camerale).
1.3 Il Comune intimato appellato, con l’ordinanza 9 aprile 2019 n. 63 emessa dal Sindaco dichiaratamente ai sensi dell’art. 50 d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, ha, in sintesi, vietato sul territorio comunale agli “esercenti delle attività della ristorazione” nonché agli “esercizi commerciali di generi alimentari” e ad ogni “esercizio… abilitato alla commercializzazione di stoviglie” di utilizzare o distribuire, a decorrere dal 1 giugno 2019, “materiale monouso non biodegradabile e non compostabile” come posate, piatti, bicchieri e simili; ha imposto il divieto d’uso di questi articoli “a tutti i visitatori” del Comune, ed ha fatto obbligo di contenerne l’uso anche ai cittadini residenti, prescrivendo di far uso invece dei corrispondenti articoli di materiale biodegradabile o compostabile, ovvero di materiale riutilizzabile (doc. 2 in I grado ricorrenti appellanti, ordinanza citata).

 

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2. Contro questa ordinanza, la Federazione e l’impresa suddetta hanno proposto il ricorso di I grado, allegando come titolo di legittimazione e interesse ad impugnare le loro qualità descritte ed il pregiudizio asseritamente subito; nel merito, hanno sostenuto che l’ordinanza in questione sarebbe illegittima perché in contrasto con tutta la normativa di cui si dirà .
3. Con ordinanza 11 luglio 2019 n. 123, il TAR ha respinto la domanda cautelare contestuale al ricorso.
4. Con ordinanza 30 agosto 2019 n. 4273, la Sezione, in riforma della decisione del TAR, ha invece accolto la domanda cautelare, prescrivendo la fissazione dell’udienza di merito in I grado.
5. All’esito, con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha dichiarato il ricorso inammissibile, accogliendo le relative eccezioni proposte dal Comune, nei termini che seguono.
5.1 In primo luogo, il TAR ha ritenuto il difetto di legittimazione della Federazione Go. Pl.. In proposito, ha osservato che ai sensi dell’art. 14 dello statuto la Federazione si articolerebbe in due associazioni di settore, ovvero la As., che riunisce le industrie della gomma, dei cavi e dei fili elettrici, e la Unionplast, che invece comprende le industrie delle plastiche ed affini; ha poi osservato che per l’art. 15 dello stesso statuto la tutela dei rispettivi settori di competenza spetterebbe a ciascuna di queste sub- associazioni. Ciò posto, ha ritenuto che la Federazione -in mancanza di un mandato da parte dell’associazione di settore corrispondente in deroga alle predette clausole dello statuto, mandato che non consta- non fosse legittimata a far valere l’interesse dedotto in giudizio nel caso di specie, perché relativo non già a tutte le imprese federate, ma ad alcune soltanto di esse, evidentemente soltanto quelle attive nel settore della plastica.
5.2 In secondo luogo, il TAR ha ritenuto il difetto di interesse al ricorso da parte dell’impresa ricorrente. In proposito, ha premesso che pacificamente l’ordinanza impugnata riguarda non i produttori in plastica tradizionale, ma solo coloro che la distribuiscono ovvero ne fanno uso. Ciò posto, ha affermato che gli effetti pregiudizievoli del provvedimento impugnato a carico della IS. sarebbero indiretti e solo potenziali, mentre mancherebbe una lesione immediata e diretta.
5.3 Sul punto, ha ritenuto necessaria, ma non raggiunta in giudizio, la prova di un effetto negativo dell’ordinanza sugli ordinativi di materiale plastico monouso provenienti dalla zona interessata dal provvedimento, tenuto conto che l’IS. produrrebbe anche bioplastiche per uso alimentare, e quindi proprio quei materiali di cui si incentiva l’uso nel provvedimento, che come tale potrebbe anche portarle un vantaggio. In particolare, ha ritenuto contestata e non provata l’affermazione dell’IS., secondo la quale il provvedimento impugnato avrebbe provocato un calo del suo fatturato realizzato in provincia di Teramo.
6. La Federazione e l’IS. hanno impugnato questa sentenza con appello affidato a tre autonomi mezzi di gravame (da pagina 4 a pagina 37 del ricorso).

 

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6.1 Con il primo motivo, (da pagina 4 a pagina 16 del ricorso), deducono, nella prima parte, violazione dell’art. 35 c.p.a. e criticano la sentenza impugnata per avere dichiarato l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto dalla Federazione. Evidenziano infatti che ai sensi dell’art. 2 dello statuto (doc. 1 a in I grado ricorrenti appellanti, cit.), la Federazione ha in generale la “rappresentanza, tutela ed assistenza a supporto degli interessi di riferimento sul piano economico, sindacale e legale”. Le associazioni di settore, invece, ai sensi dell’art. 14 dello statuto stesso non hanno in generale potere rappresentativo delle imprese aderenti, ma possono assumerne “la rappresentanza verso istituzioni ed enti pubblici o privati per le tematiche di loro specifico interesse settoriale” solo su delega della Federazione, con la quale il rapporto associativo si instaura in via principale. Fanno poi presente, l’indirizzo espresso dalla Adunanza plenaria maggio 2019 n. 8: un’associazione potrebbe agire in giudizio a tutela di interessi degli associati anche se nel suo interno esistessero posizioni differenziate fra costoro; per configurare un conflitto di interessi che preclude l’azione, occorrerebbe invece che in concreto qualcuno degli associati avesse assunto iniziative giudiziali in contrasto con quelle dell’ente. Infine evidenziano un asserito interesse all’annullamento, dato che un divieto come quello imposto dall’ordinanza impugnata, potenzialmente riproducibile da tutti i Comuni, avrebbe effetti di “collasso” (appello, p. 8 sesto rigo dal basso) di tutta la filiera produttiva.
6.2 Con la seconda parte del primo motivo (da pagina 9 a pagina 16 del ricorso) deducono violazione sempre dell’art. 35 c.p.a. e dell’art. 100 c.p.c. e criticano la sentenza impugnata per avere dichiarato l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse in quanto proposto dalla IS.. Fanno presente che in fatto quest’impresa produce effettivamente sia plastiche tradizionali, sia bioplastiche, ma che essa comunque ha subito un pregiudizio dovuto al calo delle vendite nel territorio di Teramo, pregiudizio che il Comune non avrebbe contestato, limitandosi a definirlo di scarso rilievo (memoria Comune in I grado 24 gennaio 2020 p.10). Fanno infine presente che la produzione principale della IS. comprende la plastica tradizionale, dato che la bioplastica è di lavorazione più difficile, tale da non consentire un’immediata conversione degli impianti.

 

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6.3 Con il secondo motivo, a p. 16 dell’atto, deducono violazione dell’art. 24 Cost e dell’art. 55 c.p.a. Premesso, come si è detto sopra, che la domanda cautelare proposta contestualmente al ricorso di I grado è stata accolta con l’ordinanza di appello 4273/2019, sostengono che ciò avrebbe lasciato “presupporre un esito positivo della vertenza” (appello, p. 16 ottavo rigo dal basso), e che quindi la successiva pronuncia di inammissibilità di cui alla sentenza impugnata sarebbe stata adottata illegittimamente.
6.4. Con il terzo motivo (da pagina 17 a pagina 37 del ricorso) si reiterano le censure non esaminate nel merito dall’impugnata sentenza.
Le ricorrenti sostengono anzitutto che l’ordinanza impugnata sarebbe abnorme, perché in contrasto con le norme di seguito indicate, da cui in sintesi si ricaverebbe un principio di graduale dismissione dei prodotti di plastica monouso dall’utilizzo corrente, dismissione da attuare coinvolgendo l’industria che li produce. Da questo principio si ricaverebbe, a contrario, l’illegittimità di un divieto di commercializzazione imposto repentinamente, in quanto si tratta di un limite ad un’attività tuttora lecita, che potrebbe essere limitata solo con legge ordinaria, stante la riserva di legge stabilita agli artt. 41 e 42 Cost. In particolare, le norme di legge ovvero di diritto europeo da cui il principio si desumerebbe sono propriamente l’art. 1 comma 802 della l. 30 dicembre 2018 n. 145 e la direttiva europea 2019/904/UE del 5 giugno 2019, mentre non sarebbe pertinente l’art. 9 bis del d.l. 20 giugno 2017 n. 91, che riguarda esclusivamente le borse di plastica, e non i prodotti per cui ora è causa. L’art. 1 comma 802 infatti inserisce nel d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 un art. 226 quater, che prevede in sintesi un regime volontario e sperimentale, in vigore fino a tutto il 2023, per la riduzione graduale delle stoviglie monouso. La direttiva, che gli Stati membri devono attuare entro il 3 luglio 2021, prevede a sua volta l’eliminazione di questi articoli, ma sempre attraverso un approccio graduale, e non attraverso la loro repentina messa fuori commercio.

 

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6.5 Nella seconda parte del motivo, a p. 27 dell’atto, deducono infine la violazione degli artt. 50 e 54 d.lgs. 267/2000 e 191 d.lgs. 152/2006. Premesso che l’ordinanza impugnata si qualifica come ordinanza di necessità e urgenza, sostengono infatti che mancherebbero i presupposti richiesti dalle norme citate, l’ultima delle quali specifica in materia di rifiuti, così come individuati dalla giurisprudenza. Non ricorrerebbe infatti, in primo luogo, alcuna situazione eccezionale, non fronteggiabile con gli strumenti ordinari, dato che l’ordinanza impugnata è motivata soltanto con generiche esigenze di tutela dell’ambiente e della salute. Mancherebbe poi il “parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali” che l’art. 191 d.lgs. 152/2006 richiede per adottare le ordinanze di “ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti” consentite comunque solo in caso di “situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente” non fronteggiabili altrimenti. L’ordinanza ancora, poiché si applica senza un termine finale, violerebbe anche il principio per cui le ordinanze di necessità e urgenza sono essenzialmente temporanee. Infine, l’ordinanza in questione non si potrebbe legittimare neanche con riferimento alle deliberazioni della Giunta regionale Abruzzo 22 gennaio 2018 n. 886 e 25 gennaio 2019 n. 50, che richiama, dato che esse si limitano ad approvare due progetti sperimentali, il primo di riduzione dei rifiuti prodotti dagli uffici dell’INPS e il secondo di riduzione dell’uso degli imballaggi di plastica (doc. ti 3 e 4 in I grado ricorrenti appellanti).
7. Hanno resistito con atto 28 aprile e relazione 30 aprile 2020 l’amministrazione statale, citata in giudizio in quanto l’atto impugnato sarebbe stato adottato dal Sindaco quale ufficiale del Governo, e il Comune, con memoria 26 maggio 2020.
7.1 L’amministrazione statale chiede di essere estromessa dal giudizio, trattandosi a suo avviso di ordinanza emessa esclusivamente ai sensi dell’art. 50 d.lgs. 267/2000.

 

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7.2 Il Comune sostiene che la legittimazione della Federazione non vi sarebbe, non trattandosi della tutela di un interesse di categoria, comune a tutti gli associati, fra i quali vi sono anche produttori di plastica biodegradabile; non vi sarebbe poi un interesse neanche in capo alla IS., per la stessa ragione, ovvero perché essa produce anche plastica biodegradabile, e perché l’ordinanza non recherebbe alcun divieto di produzione o commercializzazione (memoria cit., p. 11 dal terzo rigo); ha poi evidenziato che l’ordinanza fornisce una risposta ad un problema molto attuale, dato che avrebbe inteso “in proiezione dell’entrata in vigore della nuova diretta europea” intervenire “a valle del problema ovvero sul concreto utilizzo” di questi prodotti, “facendo proprio l’obiettivo della direttiva stessa di una “riduzione ambiziosa e duratura del consumo” e lasciando, invece, riservati alla legislazione, europea e statale, gli interventi a monte ovvero… sullo stesso ciclo produttivo” (memoria cit. p. 15). In questo senso, l’efficacia dell’ordinanza sarebbe destinata a cessare con l’entrata in vigore delle norme attuative della direttiva stessa. Sostiene infine che il parere dell’organo tecnico vi sarebbe, essendovi il parere del Dirigente del settore ambiente.
8. Con memoria 9 giugno 2020, le ricorrenti appellanti hanno insistito sulle loro posizioni; hanno osservato che sulla posizione del Ministero dell’interno, citato in giudizio in I grado, vi sarebbe ormai il giudicato e che la notifica nei suoi confronti sarebbe finalizzata ad una futura azione risarcitoria.
9. Con ordinanza 19 giugno 2020 n. 3576, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare, ritenendo da un lato il pericolo nel ritardo e dall’altro lato la necessità di un approfondimento nel merito.
10. Da ultimo, con memorie 15 marzo e repliche 25 marzo 2021, le parti hanno ancora insistito sulle rispettive asserite ragioni.
11. Alla pubblica udienza del giorno 15 aprile 2021, fissata a seguito dell’ordinanza cautelare predetta, la Sezione ha infine trattenuto il ricorso in decisione.
12. Preliminarmente, va accolta l’eccezione di difetto di legitimatio ad causam passiva – dovendosi così qualificare la richiesta di estromissione, formulabile, invero, nelle sole ipotesi di cui agli artt. 108, 109 e 111 c.p.c. non ricorrenti nel caso di specie – avanzata dal Ministero dell’interno.

 

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12.1 L’amministrazione statale, come si è detto, è stata citata in giudizio sul presupposto che l’ordinanza impugnata sia stata emanata dal Sindaco non semplicemente quale capo dell’amministrazione comunale, e quindi ai sensi dell’art. 50 d.lgs. 267/2000, ma anche quale ufficiale del Governo, e quindi ai sensi del successivo art. 54.
12.2 In proposito, va respinta anzitutto l’eccezione dedotta dalle ricorrenti appellanti, per cui sulla questione si sarebbe formato il giudicato. In linea di fatto, come risulta a semplice lettura, la sentenza impugnata non ha preso in considerazione il punto specifico, e quindi non esiste un corrispondente capo che la parte interessata avesse onere di impugnare. Vale allora la regola generale – affermata per tutte da C.d.S., Ad. plen., n. 4 del 2018 e n. 5 del 2015 – secondo la quale il difetto di legittimazione passiva è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo.
12.3 Tanto premesso, la richiesta è fondata. L’ordinanza impugnata, in sintesi, si qualifica come provvedimento di tipo contingibile e urgente, che ritiene di affrontare una presunta situazione che rientra nelle “emergenze sanitarie o di igiene pubblica” ovvero, al limite negli “interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio”, e come tale rientra in astratto nella fattispecie di cui all’art. 50 del d.lgs. 267/2000, citato nelle sue premesse. Non rientra invece nella fattispecie di esercizio delle competenze statali di cui all’art. 54, che non si trova infatti citato nella motivazione, dato che non allude nemmeno in linea di fatto a “gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.
13. Ciò premesso, l’appello è in parte fondato, nei termini ora esposti.
14. E’ infondato e va respinto il primo motivo nella parte in cui sostiene l’ammissibilità del ricorso della Federazione.
14.1 Come è noto, e si ricorda solo per chiarezza, l’azione di annullamento nel processo amministrativo si definisce come diritto ad un provvedimento di merito, ovvero a un provvedimento del Giudice che si pronunci sulla fondatezza o infondatezza dei motivi dedotti in giudizio per affermare l’illegittimità dell’atto amministrativo impugnato. Come tale, richiede per quanto qui interessa che sussistano, al momento della domanda e fino alla decisione, i relativi presupposti processuali, che vanno valutati a priori secondo l’astratto contenuto della domanda, e non a posteriori secondo il risultato del processo, e sono costituiti dal titolo ovvero legittimazione al ricorso, dall’interesse ad agire e dalla legitimatio ad causam: così per tutte C.d.S., Ad. plen., 25 febbraio 2014 n. 9 e 27 aprile 2015 n. 5. Come si rileva per completezza, la regola è espressione di un principio del tutto generale, che vale per tutte le azioni (e in particolare per quelle di annullamento anche se disciplinate dal diritto civile e proponibili avanti il Giudice ordinario: per tutte sul punto Cass. civ. SS. UU. 12 dicembre 2014 n. 26242).
14.2 Nel dettaglio, nel processo avanti il Giudice amministrativo, il titolo al ricorso si definisce come la possibilità giuridica dell’azione, ovvero la titolarità di un interesse legittimo, inteso come speciale posizione qualificata del soggetto il quale agisce, che lo distingue dal quisque de populo rispetto all’esercizio del potere amministrativo. L’interesse ad agire si definisce poi come il rapporto di utilità fra la pronuncia di annullamento che si domanda ed il pregiudizio che l’atto amministrativo impugnato asseritamente arreca alla sfera giuridica del ricorrente. La legitimatio ad causam si identifica infine con l’affermazione della parte di essere titolare in proprio del rapporto giuridico controverso.

 

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14.3 Interessa qui notare che alla regola esposta non fa eccezione l’azione esercitata da un soggetto collettivo, associazione o ente di altro tipo, che richiede anch’essa la sussistenza dei presupposti processuali, intesi però in modo consono alla particolare natura giuridica del soggetto che agisce. In particolare, secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo la sentenza Ad. plen., 20 febbraio 2020 n. 6), il soggetto collettivo è titolare di interessi propri di una categoria più o meno ampia di soggetti, ovvero propri di una delle “formazioni sociali” in cui la personalità del singolo si svolge, ai sensi dell’art. 2 Cost., interessi che non prevedono differenziazione tra i singoli che della formazione fanno parte, dato che corrispondono a beni la cui fruizione ha carattere sociale e non soltanto individuale. Di conseguenza, l’interesse al ricorso di cui questi soggetti sono titolari coincide con un interesse proprio, che è la sintesi e non la somma degli interessi dei singoli associati e da questi si distingue. Detto altrimenti, “le associazioni di categoria non devono occuparsi di questioni che interessino i singoli associati” (così come affermato di recente da C.d.S., sez. IV 13 febbraio 2020 n. 1137, con specifico riguardo all’interesse ad agire, che deve essere apprezzato con riferimento al suo profilo collettivo, che è di regola morale e astratto).
14.4 Per esemplificare, la giurisprudenza ha ritenuto un’associazione nazionale degli odontoiatri legittimata a impugnare provvedimenti che prevedevano, in via generale, un dato modello organizzativo per autorizzare ad operare gli studi dentistici (così C.d.S., sez. III, 7 agosto 2019 n. 5605). Ha invece escluso che un’associazione di albergatori sia legittimata ad impugnare la delibera di approvazione delle nuove tariffe dell’acqua potabile da parte dell’ente di zona, trattandosi di delibera che pregiudica ciascuno degli associati, come utente dell’acquedotto, ma non l’associazione come tale (così C.d.S., sez. V 14 gennaio 2019 n. 288).
14.5 Sempre la giurisprudenza (da ultimo la citata Ad. plen., n. 6 del 2020 e 21 maggio 2019 n. 8), richiede poi per configurare un interesse collettivo azionabile che esso sia omogeneo, e presume che tale carattere sussista nel caso in cui ad agire sia un ente che per legge rappresenta la categoria, come un ordine professionale. Nel caso invece di soggetti collettivi creati dall’autonomia privata, che raggruppano solo chi in concreto abbia dato vita all’iniziativa, ritiene necessario un esame in concreto, e in particolare esclude che l’omogeneità sussista ove si possa ragionevolmente presumere che nell’ambito della categoria rappresentata, vi possano essere soggetti presso i quali è diffuso un interesse opposto rispetto a quello che si pretende di far valere (sul punto specifico, Ad. plen., n. 6 del 2020 § 10.3.; successivamente sez. IV, n. 1535 del 2021).
14.6 Applicando i principi ricostruiti al caso concreto, va escluso che la Federazione ricorrente sia legittimata al ricorso, che quindi correttamente è stato dichiarato inammissibile. È senz’altro vero, in base al contenuto dei relativi statuti sopra riportato, che legittimata a far valere eventuali interessi collettivi è la Federazione nel suo complesso, e non le associazioni di settore di cui si è detto, che possono agire solo per delega della prima. Nel caso di specie, però, l’interesse fatto valere è un interesse proprio del singolo associato, o al limite di tutti costoro, ma non un interesse collettivo da esso distinto e proprio dell’associazione. È sufficiente rilevare che l’ordinanza impugnata impedisce, come meglio si vedrà, la commercializzazione in ogni forma di determinati prodotti di plastica, e quindi colpisce l’imprenditore che quest’attività svolge, non la Federazione, che come tale, ovviamente, non produce e non vende alcunché .

 

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14.7 Difetta poi, sempre nei termini spiegati, anche il requisito dell’omogeneità . L’ordinanza infatti non è, per così dire, a senso unico: da un lato, proibisce di commercializzare un certo tipo di plastica, quella monouso, e quindi pregiudica chi la produce, ma dall’altro lato incentiva un altro tipo di prodotto, ovvero la plastica biodegradabile, e quindi favorisce chi solo a questa dedichi la propria attività . Ciò posto non si può all’evidenza escludere che della Federazione facciano parte anche produttori che si trovano in quest’ultima situazione, e che quindi avrebbero interesse contrario all’annullamento dell’ordinanza.
15. Gli stessi principi sin qui esposti conducono ad accogliere il primo motivo di appello nella parte in cui evidenzia che sia legittimata all’impugnazione l’impresa che ha agito in giudizio come singolo operatore.
15.1 Come è incontestato, la IS. è un operatore del settore, che produce sia plastica monouso, sia bioplastiche. Evidentemente, questa circostanza non basta ad escludere la sua legittimazione, perché un imprenditore agisce, del tutto lecitamente, per massimizzare i propri profitti, e quindi ha comunque interesse a poter vendere una gamma di prodotti la più ampia possibile. La società in questione deve quindi ritenersi titolare dell’interesse al ricorso, perché la sua posizione è differenziata rispetto a quella del comune cittadino.
15.2 La società è poi titolare anche dell’interesse ad agire. Secondo comune logica, il produttore di determinati beni, come la società stessa, non si limita a produrli, ma li colloca comunque sul mercato: anche se non ha rapporti con il consumatore finale, lo raggiunge in via mediata, perché vende ai commercianti all’ingrosso, i quali nelle varie zone di riferimento vendono a loro volta ai dettaglianti, ai quali si rivolge il citato consumatore. Nel caso di specie, allora, il pregiudizio sussiste, perché l’ordinanza nel testo parla di divieto di “utilizzo” e di “distribuzione” imposto ad “ogni altro centro vendita abilitato alla commercializzazione di stoviglie” “presente sul territorio comunale”, ed è quindi formulata in termini tanto ampi da proibire anche il commercio all’ingrosso. La società ricorrente quindi nel Comune di Teramo non potrebbe vendere ai dettaglianti i propri prodotti interessati dall’ordinanza, e subisce in questo modo un pregiudizio immediato ed attuale che fonda il suo interesse al ricorso.
16. Vanno quindi esaminati i restanti motivi di appello limitatamente alla domanda proposta dalla IS..
17. Di questi motivi, il secondo è manifestamente infondato, perché, come affermato da costante giurisprudenza, l’eventuale difformità fra la pronuncia in sede cautelare e la sentenza che definisce il giudizio, basate su presupposti diversi, è un esito possibile e non patologico del processo, né crea alcun affidamento tutelabile, dato che non richiede neppure una specifica motivazione (così C.d.S. sez. V, 25 marzo 2021 n. 2528 e sez. V 29 dicembre 2009 n. 8908).
18. Il terzo motivo riguarda la legittimità dell’ordinanza sindacale impugnata ed è fondato nei termini che seguono.
18.1 Come si è già detto, non è pertinente alla fattispecie l’art. 54 del d.lgs. 267/2000. Si aggiunge qui che nemmeno è pertinente il richiamo fatto dalla parte appellante, ma per vero non contenuto nell’ordinanza impugnata, all’art. 191 d.lgs. 152/2006, perché non si sta trattando, a rigore, di una speciale modalità di gestione dei rifiuti, ma di un intervento che, nelle intenzioni, vorrebbe evitare alla radice che un certo tipo di rifiuto venga in esistenza. La legittimità dell’ordinanza impugnata va allora valutata in base al già citato art. 50 d.lgs. 267/2000.

 

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18.2 Sotto questo profilo, secondo costante giurisprudenza, ogni provvedimento contingibile e urgente emanato dal Sindaco presuppone una situazione straordinaria, tendenzialmente temporanea, non fronteggiabile con mezzi ordinari (come ritenuto per tutte da C.d.S., sez. V, 4 febbraio 2015 n. 533 e 16 febbraio 2010 n. 868), fermo che le ordinanze di questo tipo non possono avere carattere creativo (come ribadisce C.d.S., sez. VI, 31 ottobre 2013 n. 5276).
18.3 Nel caso di specie questi presupposti non sussistono, in primo luogo perché la stessa ordinanza non rappresenta affatto una situazione in qualche modo fuori controllo o avente carattere di straordinarietà, ma vuole produrre, in buona sostanza, un mutamento delle abitudini di consumo dei cittadini che si ritiene utile in prospettiva futura. Sotto questo profilo, però, i mezzi ordinari per raggiungere questo fine già esistono, e sono rappresentati dalla normativa di settore di cui si è detto, correttamente richiamata dalla difesa della parte appellante, e in primo luogo dalla direttiva europea 2019/904/UE del 5 giugno 2019, di prossima attuazione. Questa normativa, come si è detto, si propone non un repentino divieto di commercializzazione dei prodotti in esame, ma un loro abbandono graduale, che consenta di salvaguardare anche le ragioni economiche dei produttori, e va quindi in senso opposto a quello dell’ordinanza.

 

L’azione di annullamento nel processo amministrativo

19. In conclusione, l’appello va accolto quanto alla domanda di annullamento esclusivamente come proposta dalla IS., così come in dispositivo, precisandosi solo per chiarezza che l’annullamento si riferisce all’ordinanza, unico provvedimento impugnato, mentre il parere pure indicato come impugnato nell’epigrafe è atto endoprocedimentale non impugnabile perché privo di autonoma attitudine lesiva.
20. La natura della causa, sulla quale non constano precedenti editi negli esatti termini, è giusto motivo per compensare per intero fra le parti le spese del giudizio.
Ai fini del pagamento del contributo unificato è indicato quale unico soccombente per entrambi i gradi di giudizio il comune di Teramo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto (n. r.g. 3359/2020), così provvede:
a) dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’interno;
b) accoglie in parte l’appello ai sensi di cui in motivazione e per l’effetto accoglie il ricorso di I grado (T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, n. 242/2019 R.G.) quanto alla posizione della IS. Pa. S.p.a. e annulla l’ordinanza 9 aprile 2019 n. 63 del Sindaco del Comune di Teramo, fermo il resto;
c) compensa per intero fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2021 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Nicola D’Angelo – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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