Corte di Cassazione, penale, Sentenza|26 aprile 2021| n. 15623.
L’attività di esaltazione delle impronte digitali mediante tecniche, anche complesse, che utilizzano diverse metodologie e prodotti chimici per la loro individuazione e la successiva evidenziazione e fissazione non è assoggettata alla disciplina prevista per gli accertamenti non ripetibili, rientrando tra le operazioni di prelievo e messa in sicurezza del reperto prodromiche all’analisi tecnico-comparativa.
Sentenza|26 aprile 2021| n. 15623
Data udienza 9 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Furto in abitazione – Aggravante della violenza sulle cose – Prove – Impronte digitali – Accertamenti dattiloscopici compiuti dalla polizia giudiziaria – Natura dell’attività – Conseguenze in tema di diritto d’intervento del difensore
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano – Presidente
Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere
Dott. BRANCACCIO Matilde – rel. Consigliere
Dott. FRANCOLINI Giovanni – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS)
avverso la sentenza del 25/03/2019 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MATILDE BRANCACCIO;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dr. GIORDANO LUIGI, che ha chiesto l’inammissibilita’ del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe, la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo del 18.4.2017, emessa all’esito di rito abbreviato, con cui (OMISSIS) e’ stato condannato alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 600 di multa per due reati di furto in abitazione, aggravati dalla violenza sulle cose, ritenuti in continuazione tra loro, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche giudicate equivalenti alle aggravanti (e’ stata considerata sussistente anche la recidiva contestata).
2. Ricorre l’imputato avverso la pronuncia d’appello tramite il difensore, avv. (OMISSIS), deducendo un unico motivo con cui eccepisce violazione di legge in relazione all’articolo 360 c.p.p. contestando l’affermazione di responsabilita’ basata su un accertamento tecnico non ripetibile, il rilievo delle impronte papillari con l’uso di sostanze chimiche, senza aver dato luogo ad attivazione delle regole per il necessario contraddittorio con l’imputato previste âEuroËœdalla disposizione suddetta (avvisi, nomina di consulenti, diritto di assistere all’incarico affidato al perito) e senza garanzie, dunque, per il diritto di difesa.
Il ricorrente evidenzia l’esistenza di un orientamento di legittimita’ che ritiene tali rilievi non appartengano alla categoria dell’accertamento irripetibile ma configurino meri rilievi tecnici (Sez. 6, n. 10350 del 2013), tuttavia, sottolinea una serie di ragioni sulla base delle quali tale opzione non e’ condivisibile, muovendo dall’elevato tecnicismo delle scelte di analisi, che impone un confronto con la difesa sulle metodologie usate per l’esaltazione delle impronte, sull’esperienza e preparazione di chi le ha eseguite e sulla custodia dell’impronta dal momento in cui viene raccolta, ai sensi dell’articolo 354 c.p.p., legittimamente senza contraddittorio, sino al momento in cui viene analizzata.
La difesa aveva proposto analoghe eccezioni nei giudizi di merito e, in proposito, ritiene di non aver avuto risposta, in particolare dalla Corte d’Appello, che si e’ limitata a rispondere sulla natura di mero rilievo tecnico del prelevamento dell’impronta dal luogo di commissione dei delitti (ai sensi dell’articolo 354 c.p.p.) e sulla ripetibilita’ della attivita’ finale di estrazione del rilievo e di comparazione delle impronte, dimenticando che le censure difensive sono riferite alla fase intermedia di esaltazione dell’impronta, precedente all’estrazione e affidata senza contraddittorio, benche’ delicatissima, alla sola polizia giudiziaria.
3. Il Sostituto Procuratore Generale Dr. Luigi Giordano ha chiesto l’inammissibilita’ del ricorso con requisitoria scritta del 9.1.2021, sulla base della giurisprudenza di legittimita’ in tema di individuazione delle impronte dattiloscopiche-papillari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile sia perche’ manifestamente infondato, sia perche’ enuncia un motivo di censura che, a ben vedere, si rivela generico.
2. La giurisprudenza di legittimita’, come ha correttamente rilevato anche il Procuratore Generale, ha tenuto un atteggiamento interpretativo costante sul tema della natura delle attivita’ di individuazione e rilevamento delle impronte dattiloscopico-papillari, ritenute operazioni urgenti non ripetibili di natura meramente materiale, per tale motivo ricomprese nella disciplina di cui all’articolo 354 c.p.p., comma 2, e non in quella concernente gli accertamenti tecnici non ripetibili di cui agli articoli 359 e 360 c.p.p., i quali presuppongono attivita’ di carattere valutativo su base tecnico-scientifica ed impongono il rispetto del contraddittorio e delle correlate garanzie difensive (Sez. 2, n. 45751 del 8/9/2016, Siino, Rv. 268165; Sez. 4, n. 38544 del 25/6/2008, Sparer, Rv. 241022).
Piu’ specificamente, l’attivita’ di individuazione delle impronte digitali, mediante un sistema che, attraverso l’uso di un prodotto chimico, evidenzia e fissa le stesse, non e’ assoggettata alla disciplina prevista per gli accertamenti non ripetibili (Sez. 6, n. 10350 dl 6/2/2013, Granella, Rv. 254589); cosi’ pure la successiva comparazione delle impronte prelevate con quelle gia’ in possesso della polizia giudiziaria non richiede il rispetto delle formalita’ previste dall’articolo 360 c.p.p., non necessitando di particolari cognizioni tecnico-scientifiche e risolvendosi in un mero accertamento di dati obiettivi, ai sensi, appunto, dell’articolo 354 c.p.p. (Sez. 4, n. 6412 del 24/1/2019, Attardo, Rv. 275196).
Se questi sono gli approdi indiscussi, anche per il ricorrente, sulla questione della natura e della disciplina dell’attivita’ iniziale di individuazione delle impronte e di quella finale di comparazione, il motivo di censura si sofferma sulla fase intermedia del procedimento accertativo-comparativo delle impronte dattiloscopiche, e cioe’ quella di esaltazione delle impronte, che implicherebbe analisi di elevato tasso di complicazione tecnica e la necessita’ di confronto con la difesa sulle metodologie usate per l’attivita’ di laboratorio relativa proprio all’esaltazione delle impronte, sull’esperienza e la preparazione di chi le ha eseguite e sulla custodia dell’impronta dal momento in cui viene raccolta, ai sensi dell’articolo 354 c.p.p., legittimamente senza contraddittorio, sino al momento in cui viene analizzata.
Tale attivita’ di esaltazione delle impronte si atteggerebbe come un vero e proprio accertamento tecnico, che determinerebbe una possibile modifica del reperto o comunque una sua cristallizzazione in una forma piuttosto che in un’altra, di talche’ si dovrebbero applicare a detta attivita’ le regole previste dagli articoli 359 e 360 c.p.p. e le conseguenti garanzie difensive e di contraddittorio.
Le ragioni di censura non sono inedite nella giurisprudenza di questa Corte regolatrice, per quanto non frequenti; esse sono state proposte, ad esempio, con analogo contenuto, nel caso esaminato dalla sentenza della Sesta Sezione n. 10350 del 2013 cit.
Orbene, il Collegio condivide le osservazioni che gia’ in quella sede sono state messe in campo al fine di sostenere la manifesta infondatezza degli argomenti difensivi ed
intende ulteriormente specificarle: la disciplina degli accertamenti tecnici non ripetibili riguarda la attivita’ di accertamento tecnico probatorio fatta su cose soggette a modificazione, dovendo intendersi tale caratteristica di “modificabilita’” sia di per se’ (causata dal semplice passaggio del tempo), sia per la tipologia di accertamento svolto sul reperto (che implica la distruzione o la consistente dispersione del reperto o la sua irreversibile alterazione qualitativa).
Diversamente, l’attivita’ operativa di prelievo di campioni, ivi compresa la sua propaggine necessaria quale e’, nel caso di specie, l’attivita’ di individuazione dell’oggetto da esaminare, attraverso operazioni di esaltazione chimico-fisica delle impronte, si risolve in un’attivita’ che si connota, certo, per l’adozione di tecniche elaborate e complesse, ma rimane pur sempre nell’ambito della fase di prelievo e messa in sicurezza del reperto, attivita’ quest’ultima che, sebbene possa assumere carattere di irripetibilita’, non e’ coperta dalle garanzie procedimentali previste dall’articolo 360 c.p.p., in combinato disposto con il precedente articolo 359, per gli accertamenti irripetibili, le quali si riferiscono – appunto – all’accertamento probatorio, all’esame sul reperto, che nel caso di specie e’ costituito dall’impronta esaltata.
Come e’ stato anche osservato, la modalita’ di acquisizione del campione utilizzata per acquisire ed isolare l’impronta vale a rendere ancor piu’ facilmente ripetibile il successivo accertamento, rispetto al quale va valutata la ripetibilita’ e che consiste nella sua comparazione, quest’ultima pacificamente ripetibile poiche’ l’impronta, siccome esaltata, conserva nel tempo le proprie caratteristiche e puo’ essere sottoposta agevolmente a nuovi, ripetuti esami.
Deve affermarsi, pertanto, che l’attivita’ di esaltazione delle impronte digitali, mediante tecniche anche complesse che utilizzano diverse metodologie e prodotti chimici per la loro individuazione e la successiva evidenziazione e fissazione, costituisce una fase prodromica all’accertamento tecnico-comparativo e rientrante nelle operazioni di prelievo e messa in sicurezza del reperto, sicche’ non e’ assoggettata alla disciplina prevista per gli accertamenti non ripetibili.
Del resto, anche in materia di prelievo di campioni di polvere da sparo, con “stub” o “tampone”, e’ pacifico che i prelievi di polvere da sparo, quantunque prodromici all’effettuazione di accertamenti tecnici, non sono tuttavia identificabili con questi ultimi, per cui, pur essendo irripetibili, non richiedono alcuna partecipazione difensiva (Sez. 1, n. 45437 del 30/11/2005, Fummo, Rv. 233345; Sez. 5, n. 9998 del 21/1/2003, Bocchetti, Rv. 226153; Sez. 1, n. 23156 del 9/5/2002, Maisto, Rv. 221621) perche’ l’attivita’ tecnica cui fanno riferimento gli articoli 359 e 360 c.p.p. e’ quella, successiva, dell’esame delle particelle prelevate. Ed e’ per questo esame che si porra’ il problema della ripetibilita’ o meno, laddove il campione venga alterato o distrutto durante l’esecuzione delle analisi.
Ma il ricorrente non ha dedotto un profilo di irripetibilita’ dell’esame comparativo delle impronte e, dunque, dell’accertamento tecnico garantito dalla disciplina codicistica, bensi’ soltanto della fase finale del prelievo e dell’isolamento dell’impronta, costituita dalla sua esaltazione.
2.1. Vi e’ da aggiungere, peraltro, quale profilo di genericita’ del motivo, che esso non eccepisce ragioni di dubbio quanto ai risultati di esaltazione delle impronte, alla loro certezza ed affidabilita’, non avendo criticato specificamente alcun vizio della procedura, ne’ lamentato errori o inesattezze, ma propone una mera questione giuridica, di corretta applicazione in astratto della disciplina del procedimento penale, eccezione che risulta, in ultima analisi, fine a se’ stessa.
Tanto piu’ che la Corte d’Appello ha motivato ampiamente sulla perfetta leggibilita’ del dato indiziario rappresentato dall’impronta dattiloscopica, a riprova della correttezza delle operazioni di sua esaltazione e conservazione; sull’elevato numero di punti di identita’, che garantisce della compiuta riuscita dell’attivita’ tecnica di esaltazione; sull’affidabilita’ del personale di polizia scientifica che ha condotto le operazioni di prelievo, esaltazione e comparazione, definito “altamente specializzato” ed esperto utilizzatore di “validati protocolli operativi”; nonche’, infine, sul numero e la significativa tipologia dei diversi reperti che presentavano corrispondenza di identita’ dattiloscopica con le impronte dell’imputato (due per il furto del (OMISSIS) e cinque per il furto del (OMISSIS)).
3. Alla declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso segue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonche’, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilita’ (cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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