Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 6 dicembre 2018, n. 54653.
La massima estrapolata:
Ai fini della dichiarazione dello stato di latitanza, tenuto conto della incompatibilità di tale condizione con quella della irreperibilità, le ricerche effettuate dalla polizia giudiziaria, pur dovendosi svolgere in modo esaustivo allo scopo di consentire al giudice di valutare l’impossibilità di procedere all’applicazione della misura restrittiva per la non rintracciabilità dell’imputato volontariamente sottrattosi alla sua esecuzione, non devono necessariamente comprendere quelle nei luoghi specificati dal codice di rito ai fini della dichiarazione di irreperibilità e, di conseguenza, neanche le ricerche all’estero quando ricorrano le condizioni previste dall’art. 169, comma quarto, dello stesso codice.
Sentenza 6 dicembre 2018, n. 54590
Data udienza 7 novembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente
Dott. TRONCI Andrea – Consigliere
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere
Dott. MOGINI Stefano – rel. Consigliere
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/03/2018 della CORTE APPELLO di TORINO;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO MOGINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. ANIELLO Roberto, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avvocato (OMISSIS) del foro di TORINO il quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ricorre per mezzo del difensore di fiducia avverso la sentenza con la quale la Corte di appello di Torino ha confermato quella di primo grado pronunciata dal Tribunale di Torino che ha condannato il ricorrente per l’addebito a lui contestato, esclusa l’aggravante dell’ingente quantita’ di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2.
Al ricorrente e’ stato ascritto il reato di cui all’articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 1, 1 bis e 6, per avere, in concorso con altri soggetti nei confronti dei quali si e’ proceduto separatamente, acquistato e comunque detenuto a fini di spaccio 25 chili lordi di cocaina esportata dal Brasile, senza riuscire a finalizzare l’importazione di quella sostanza in Italia a causa dell’intervento delle forze di polizia inglesi e francesi in acque internazionali, con conseguente fermo dell’imbarcazione sulla quale la droga era celata e sequestro della detta sostanza.
2. Con atto a firma dell’Avvocato (OMISSIS) il ricorrente deduce i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge penale e mancanza/manifesta illogicita’ della motivazione in punto di ritenuta sua responsabilita’ penale per il delitto ascrittogli.
Dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni rese dai coimputati risulterebbe soltanto una generica partecipazione del ricorrente ad un tentativo di trattativa per l’acquisto di stupefacente, poi naufragata prima di giungere ad una qualsivoglia intesa. Lo stesso ricorrente lascia il Brasile prima che avvengano ulteriori acquisti di cocaina. Mancherebbe dunque qualsiasi elemento di prova che colleghi lo (OMISSIS) allo stupefacente sequestrato, sicche’ la sentenza appare fondata su un non colmabile salto logico.
2.2. Violazione di legge penale e vizi di motivazione circa il diniego delle attenuanti generiche e il trattamento sanzionatorio. La Corte territoriale ha dichiarato inammissibili gli analoghi motivi aggiunti di appello per mancanza di pertinenza rispetto ai motivi principali senza tener conto dei poteri officiosi al riguardo conferiti al giudice di secondo grado. In ogni caso la sentenza impugnata e’ priva di motivazione in punto di mancata concessione delle invocate attenuanti, allorche’ il ricorrente si e’ spontaneamente e immediatamente sottoposto al giudizio ed alla misura cautelare a lui a suo tempo imposta non appena venuto a conoscenza delle ricerche a suo carico.
3. In data 11/10/2018 l’Avv. (OMISSIS) ha proposto motivo aggiunto col quale si deduce la nullita’ assoluta di tutti gli atti successivi al decreto di latitanza emesso dal G.i.p. del Tribunale di Torino in data 21/10/2011 sulla base del verbale di vane ricerche redatto dalla Guardia di Finanza di Torino in data 19/10/2011. Nessuna ricerca venne effettuata in Lituania, luogo di residenza del ricorrente e nel quale lo stesso sarebbe stato certamente rinvenuto.
Conferma della circostanza si rinverrebbe nel fatto che lo (OMISSIS) si e’ recato in Italia dal suo Paese di origine e si e’ prontamente e spontaneamente costituito presso il Commissariato di Torino in data 16/12/2017 non appena venuto a conoscenza delle ricerche effettuate presso la sua residenza anagrafica lituana per l’esecuzione del provvedimento restrittivo emesso dall’autorita’ giudiziaria italiana.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.
1.1. I due motivi proposti col ricorso a firma dell’Avvocato (OMISSIS) sono inammissibili, poiche’ meramente reiterativi di analoghe – generiche – doglianze di merito gia’ formulate in appello, alle quali la Corte territoriale ha offerto puntale risposta, sorretta da motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici.
1.2. In particolare, la sentenza impugnata giustifica in modo del tutto adeguato il ritenuto coinvolgimento operativo del ricorrente nel delitto a lui contestato, non solo per quanto attiene l’attiva, ed in vero pacifica, partecipazione del ricorrente alla prima fase (giugno 2010) della vicenda relativa al veliero (OMISSIS), bensi’ anche per quanto riguarda la seconda fase, sviluppatasi nell’agosto del 2010, quando il natante era partito dal Sudamerica col suo carico di cocaina per essere poi fermato a Capo Verde (si vedano in particolare le pp. 8-10, ove ampiamente giustificata, alla stregua del concludente tenore delle conversazioni intercettate tra i protagonisti della vicenda e delle dichiarazioni accusatorie rese dai coimputati, deve ritenersi la partecipazione dello (OMISSIS) all’acquisto, ricezione, detenzione, esportazione e trasporto dei 25 chili di cocaina oggetto di imputazione).
1.3. Allo stesso modo, il ricorso in esame non si confronta compiutamente con la sentenza impugnata per quanto attiene al motivo proposto in relazione al trattamento sanzionatorio, atteso che la Corte territoriale ha congruamente giustificato sia la ritenuta inammissibilita’ del corrispondente motivo aggiunto di appello, che l’adesione alla determinazione del complessivo trattamento sanzionatorio operata dal Collegio di primo grado (p. 10).
1.4. E’ invece infondato il motivo aggiunto di ricorso proposto con atto a firma dell’Avv. (OMISSIS).
Infatti, ai fini della dichiarazione di latitanza, tenuto conto delle differenze che non rendono compatibili tale condizione con quella della irreperibilita’, le ricerche effettuate dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’articolo 295 c.p.p. – pur dovendo essere tali da risultare esaustive al duplice scopo di consentire al giudice di valutare l’impossibilita’ di procedere alla esecuzione della misura per il mancato rintraccio dell’imputato e la volontaria sottrazione di quest’ultimo alla esecuzione della misura emessa nei suoi confronti – non devono necessariamente comprendere quelle nei luoghi specificati dal codice di rito ai fini della dichiarazione di irreperibilita’ e, di conseguenza, neanche le ricerche all’estero quando ricorrano le condizioni previste dall’articolo 169, comma quarto, dello stesso codice (Sez. U, n. 18822 del 27/03/2014, Avram, Rv. 258792). In particolare tali ricerche non sono necessarie allorche’, come nel caso di specie (vedi il verbale di vane ricerche in data 19/10/2011, dal quale emerge che lo (OMISSIS) risultava muoversi frequentemente tra Lituania, Francia e Sudamerica), al momento dell’esecuzione della misura non sussistevano elementi certi dai quali desumere che l’imputato fosse stabilmente dimorante nel paese estero di origine (Sez. 6, n. 31285 del 23/03/2017, Lleshaj, Rv. 270569).
Il Collegio rileva inoltre che l’assunto dello (OMISSIS), il quale reclama di non essersi sottratto all’esecuzione della misura cautelare a lui applicata, appare contraddetto dalla circostanza che egli, pur avendo immediatamente nominato un difensore di fiducia al momento della sua costituzione in carcere, non ha poi fatto valere la predicata erroneita’ del decreto di latitanza e la conseguente nullita’ degli atti ad esso successivi dinanzi alla Corte di appello che lo giudicava in vinculis.
2. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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