Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 3 maggio 2016, n. 1717

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui seguenti ricorsi in appello:

1) nr. 5554 del 2015, proposto da MA. S.c.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,rappresentata e difesa dall’avv. Gi. Pe., con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, corso (…),

contro

– L’OP. S.c. a r.l., PU.S.r.l. e PE.S.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avv.ti Ma. Br. e Si. Ma., con domicilio eletto presso il primo in Roma, via (…);

– CO.S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. An. Cl., con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via (…),

nei confronti di

– PF. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;

– FEDERAZIONE IMPRESE DI SERVIZI e ASSOCIAZIONE NAZIONALE IMPRESE DI PULIZIA E SERVIZI INTEGRATI, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite;

– GA. FA. MA. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ma. Sa. e Lo. Au., con domicilio eletto presso lo studio legale Sa. in Roma, viale (…);

– AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ope legisdall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata presso la stessa in Roma, via (…);

e con l’intervento di

ad adiuvandum:

PU. PR. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fa. El., Ma. Di. Gi. e Fr. An., con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, via(…);

2) nr. 5651 del 2015, proposto da GA. FA. MA. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ma. Sa., Fr. Ma. e Lo. Au., con domicilio eletto presso lo studio legale Sa. in Roma, viale (…),

contro

– L’OP. S.c. a r.l., PU.S.r.l. e PE.S.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avv.ti Ma. Br. e Si. Ma., con domicilio eletto presso il primo in Roma, via (…);

– CO.S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. An. Cl., con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via (…);

nei confronti di

– MA. S.c.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;

– FEDERAZIONE ITALIANA IMPRESE DI SERVIZI e ASSOCIAZIONE NAZIONALE IMPRESE DI PULIZIA E SERVIZI INTEGRATI, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite;

– PF. S.p.a. e PU.S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite;

– AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;

entrambi per la riforma,

previa sospensiva,

della sentenza nr. 6190/2015 con cui il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti proposti dall’odierna appellante, Ma. S.c.p.a.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Co. S.p.a. (in entrambi i giudizi), di L’Op. S.c. a r.l., Pu. S.r.l. e Pe. S.p.a. (in entrambi i giudizi), di Ga. Fa. Ma. S.r.l. (nel giudizio nr. 5554 del 2015), dell’Agenzia delle Entrate (nel giudizio nr. 5554 del 2015) e l’atto di intervento ad adiuvandum di Pu. Pr. S.p.a. (nel giudizio nr. 5554 del 2015), nonché l’appello incidentale proposto dalle appellate L’Op. S.c. a r.l. e altre nel giudizio nr. 5554 del 2015;

Viste le memorie prodotte da Ma. S.c.p.a. (in date 28 settembre, 24 e 30 ottobre 2015, 1 e 5 marzo 2016 nel giudizio nr. 5554 del 2015), da Ga. Fa. Ma. S.p.a. (in date 24 e 30 ottobre 2015 e 1 marzo 2016 in entrambi i giudizi), dalle appellate L’Op. S.c. a r.l. e altre (in date 23 luglio, 24 e 30 ottobre e 31 dicembre 2015 e 5 marzo 2016 in entrambi i giudizi, ed in data 1 marzo 2016 nel solo giudizio nr. 5554 del 2015), da Co. S.p.a. (in date 24 luglio, 23 e 30 ottobre e 24 dicembre 2015 e 8 gennaio, 1 e 4 marzo 2016 in entrambi i giudizi), dall’Agenzia delle Entrate (in data 24 febbraio 2016 nel giudizio nr. 5554 del 2015) e da Pu. Pr. S.r.l. (in data 5 marzo 2016 nel giudizio nr. 5554 del 2015) a sostegno delle rispettive difese;

Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 5129 dell’11 novembre 2015, con la quale sono stati disposti incombenti istruttori;

Visto il dispositivo di sentenza nr. 1118 del 18 marzo 2016;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 17 marzo 2016, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Pe. per Ma. S.c.p.a., l’avv. Sa. per Ga. Fa. Ma. S.p.a., l’avv. Cl. per Co. S.p.a., gli avv.ti El. e Di. Gi. per Pu. Pr. S.r.l., gli avv.ti Br. e Ma. per L’Op. S.c. a r.l. e altre;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con bando del 14 luglio 2012, Co. S.p.a. ha indetto una procedura selettiva, da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dei servizi di pulizia e connessi tesi al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili ospitanti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado e i centri di formazione della p.a.

All’esito della gara, l’odierna appellante Ma. S.c.p.a. è risultata aggiudicataria provvisoria per i lotti nn. 6 e 13, venendo però poi esclusa a seguito delle verifiche eseguite dalla stazione appaltante, dalle quali era emerso che il legale rappresentante della società Ga. Fa. Ma. S.r.l., impresa ausiliaria della stessa aggiudicataria, risultava gravato da alcuni precedenti penali (uno, in particolare, relativo a decreto penale di condanna emesso dal G.i.p. del Tribunale di Crotone in data 7 marzo 2011 per il reato di cui all’art. 11 della legge 6 dicembre 1991, nr. 394) non dichiarati in sede di domanda di partecipazione alla procedura.

2. Avverso tale esclusione Ma. S.c.p.a. ha proposto ricorso giurisdizionale, ottenendone dall’adìto T.A.R. del Lazio dapprima la sospensione cautelare e quindi l’annullamento, con sentenza (nr. 6686 del 24 giugno 2014) nella quale è stato altresì respinto il ricorso incidentale proposto dalle società L’Op. Soc. coop. a r.l., Pu. S.r.l. e Pe. S.p.a., risultate seconde in graduatoria in costituendo r.t.i.

3. A seguito di appello, l’anzi detta sentenza è stata annullata da questa Sezione con rinvio al primo giudice, per effetto del riscontrato e irriducibile contrasto ravvisato fra la motivazione e il dispositivo (sent. nr. 375 del 2015).

4. Nelle more della riassunzione della causa dinanzi al T.A.R. capitolino, peraltro, la stazione appaltante ha integrato l’originario provvedimento di esclusione della ricorrente con ulteriori motivazioni, essendo emerso a seguito di ulteriori verifiche che una delle consorziate indicate per l’esecuzione delle prestazioni, Pu. Pr. S.r.l., aveva a proprio carico irregolarità fiscali rilevanti ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 12 aprile 2006, nr. 163.

5. Tale nuovo atto è stato gravato dalla ricorrente con motivi aggiunti, che però il giudice adìto ha respinto, così come il ricorso introduttivo, con la successiva sentenza nr. 6190 del 2015, meglio indicata in epigrafe e oggetto degli odierni gravami.

6. In particolare, nel proprio appello Ma. S.c.p.a. deduce l’erroneità della sentenza in questione:

– laddove ha ritenuto non rilevante e non scusabile la mancata conoscenza del decreto penale di condanna da parte del legale rappresentante dell’impresa ausiliaria, determinata dai vizi della relativa notifica e tale da escludere che la sua omessa menzione potesse essere sanzionata;

– laddove ha respinto la censura con la quale si era evidenziato che la disciplina di gara non prevedeva a pena di esclusione l’indicazione della condanna de qua;

– laddove ha disatteso l’ulteriore doglianza afferente alla scarsissima entità e gravità del precedente penale in discorso, certamente inidoneo a determinare l’esclusione del concorrente dalla gara;

– laddove ha respinto l’ulteriore censura con la quale si era evidenziato che la stazione appaltante avrebbe comunque dovuto consentire la sostituzione dell’impresa ausiliaria;

– laddove ha disatteso le censure relative agli evidenti errori che connotavano le irregolarità fiscali riscontrate a carico della consorziata, tali da indurre per una di esse a chiederne la regolarizzazione all’Agenzia delle Entrate, e per l’altra a chiederne la rateizzazione ancora in pendenza del termine per la proposizione del ricorso;

– laddove ha, poi, respinto la censura afferente all’esiguità delle irregolarità in discorso ed all’incidenza nella specie delle loro regolarizzazioni;

– laddove, infine, ha respinto anche il motivo afferente alla possibilità per la concorrente di escludere la consorziata colpita dalle irregolarità dal novero di quelle indicate per l’esecuzione.

6.1. Si sono costituite le controinteressate di primo grado, L’Op. Sooc. coop. a r.l., Pu. S.r.l. e Pe. S.p.a., opponendosi con diffuse argomentazioni all’accoglimento dell’appello e della connessa istanza cautelare e proponendo appello incidentale in relazione alla parte della sentenza in epigrafe nella quale il T.A.R. aveva escluso la rilevanza di due ulteriori decreti penali di condanna riportati dal legale rappresentante della medesima impresa ausiliaria, a fronte della quale ha dedotto: violazione dell’art. 38, comma 1, lettera c), del d.lgs. nr. 163 del 2006; violazione dell’art. 45 della direttiva 2004/18/CE, violazione dell’art. 75 del d.P.R. 28 dicembre 2000, nt. 445; eccesso di potere; irragionevolezza manifesta; violazione del principio di buon andamento.

6.2. Si è altresì costituita Co. S.p.a., opponendosi anch’essa con diffuse argomentazioni all’accoglimento dell’appello e instando per la conferma della sentenza impugnata.

6.3. Con atto formale, si è costituita anche l’Agenzia delle Entrate, la quale ha chiesto accertarsi e dichiararsi il proprio difetto di legittimazione passiva.

6.4. Ha invece aderito all’appello Ga. Fa. Ma. S.p.a. (già Ga. Fa. Ma. S.r.l.), costituitasi in grado d’appello a sostegno delle ragioni di parte istante, che ha anche provveduto a depositare copiosa documentazione (della quale parte appellante incidentale ha in prosieguo eccepito l’inammissibilità exart. 104, comma 2, cod. proc. amm.).

6.5. Alla camera di consiglio del 28 luglio 2015, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata, questo è stato differito sull’accordo delle parti, per essere abbinato alla trattazione del merito.

6.6. Di poi, le parti hanno ampiamente articolato con memorie le rispettive tesi, anche in replica ai rilievi di parte avversa; in particolare, l’appellante ha eccepito l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dalle appellate L’Op. Socc. coop. a r.l. e altre.

7. La già citata Ga. Fa. Ma. S.p.a. ha proposto un proprio autonomo appello avverso la sentenza in epigrafe, con motivi nei quali è denunciata l’erroneità della sentenza nella parte relativa al rilievo escludente dell’omessa indicazione del decreto penale di condanna riportato dal proprio legale rappresentante.

7.1. In tale secondo giudizio si sono costituite, tutte opponendosi all’accoglimento del gravame, Co. S.p.a. e le appellate L’Op. Soc. coop. a r.l. e altre; queste ultime, inoltre, hanno eccepito in limine l’inammissibilità dell’appello sotto plurimi profili.

7.2. Anche in questo caso, all’udienza camerale del 28 luglio 2015 l’esame dell’istanza cautelare è stato differito e abbinato al merito.

8. Con ordinanza nr. 5129 del 2015, resa all’esito dell’udienza del 10 novembre 2015, questa Sezione ha disposto incombenti istruttori, richiedendo chiarimenti in ordine a entrambe le ragioni ostative ritenute fondate dalla sentenza appellata.

9. In seguito all’evasione dell’ordine istruttorio, le parti hanno ulteriormente sviluppato con memorie le rispettive tesi.

10. Inoltre, nel primo giudizio è intervenuta ad adiuvandum Pu. Pr. S.r.l., consorziata della appellante Ma. S.c.p.a., anche al fine di chiarire la propria posizione quanto al profilo della regolarità fiscale; di tale intervento le appellanti incidentali hanno eccepito l’inammissibilità.

11. All’udienza del 17 marzo 2016, entrambe le cause sono state trattenute in decisione.

12. La ricostruzione in fatto che precede, come ricavabile dagli atti e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non risulta contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all’art. 64, comma 2, cod. proc. amm., deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

13. Tutto ciò premesso, va innanzi tutto disposta la riunione dei giudizi ai sensi dell’art. 96 cod. proc. amm., trattandosi di appelli proposti avverso la medesima sentenza.

14. In omaggio poi al dovere di sinteticità imposto dall’art. 120, comma 10, cod. proc. amm., può prescindersi dalle preliminari eccezioni di inammissibilità dell’appello proposto da Ga. Fa. Ma. S.p.a., sollevate dalle parti appellate, come pure dall’eccezione di carente legittimazione formulata dall’Agenzia delle Entrate e da quella di inammissibilità dell’intervento di Pu. Pr. S.r.l., in quanto gli appelli si appalesano infondati e pertanto meritevoli di reiezione.

15. Principiando dalla prima questione, relativa al precedente penale emerso a carico del legale rappresentante dell’impresa ausiliaria (e odierna appellante), sul punto la Sezione reputa non assistite da fondatezza tutte le argomentazioni riproposte dalle parti istanti con i propri motivi di appello.

15.1. Ed invero, quanto al primo motivo, appare perfino superfluo approfondire i profili – sui quali si è, invece, lungamente soffermato il primo giudice – relativi alla ritualità (o meno) della notifica del decreto penale di condanna del 7 marzo 2011, e quindi alla plausibilità e scusabilità (o meno) dell’affermata mancata conoscenza di esso da parte dell’interessato, che nella prospettiva di parte istante dovrebbe giustificarne la mancata menzione nella dichiarazione resa in ordine ai requisiti di moralità professionale.

Infatti, come recentemente affermato da questa Sezione in relazione a fattispecie analoga, deve considerarsi estranea al giudizio la questione relativa all’essere o meno provata la conoscenza del decreto in questione, come pure quella della regolarità e validità della sua notificazione (e, quindi, della sua idoneità a renderlo esecutivo per mancata opposizione entro il termine di legge), non potendo tali profili essere apprezzati incidenter tantum nel giudizio amministrativo, ma dovendo essere sottoposti al giudice penale attraverso gli strumenti all’uopo predisposti dalla legge (cfr. sent. 14 marzo 2016, nr. 1013).

In tal senso, appaiono del tutto condivisibili i rilievi svolti dalle imprese appellate laddove, pur dopo aver replicato nel merito delle doglianze relative all’inidoneità della notifica ed alla asserita mancata conoscenza del decreto penale di condanna, ne assumono l’inconferenza al presente giudizio, atteso che l’elemento ostativo rileva unicamente sul piano oggettivo, dovendo la stazione appaltante arrestarsi al semplice dato dell’esistenza di un precedente rilevante alla data in cui è stata formulata la domanda di partecipazione alla gara, accertato tramite la necessaria consultazione del casellario giudiziale.

15.1.1. Quanto sopra risulta confermato dalla documentazione successivamente versata in atti dalla appellante, dalla quale si evince che, successivamente all’emersione del precedente ostativo de quo in sede di verifica, l’interessato si è attivato presso il Tribunale competente con il rimedio dell’incidente di esecuzione, al fine di ottenere la revoca del decreto di condanna e la riapertura dei termini per la sua opposizione, proprio sul presupposto della sua mancata conoscenza (nonché, come è ovvio, fornendone la prova in tale sede).

Trattasi però di accadimenti successivi allo svolgimento della procedura di gara, e che con tutta evidenza non possono valere a sanare ex post la condizione soggettiva ostativa accertata dalla stazione appaltante (rilievo che, oltre a tutto il resto, esonera il Collegio dall’esame delle plurime eccezioni di inammissibilità della documentazione sopravvenuta prodotta in atti).

15.1.2. Inoltre, è importante rilevare come nella specie non possano trovare accoglimento neanche i rilievi di parte appellante in ordine a una pretesa inconoscibilità del precedente penale de quo, a causa del suo essere assistito dal beneficio della non menzione nel casellario giudiziale a richiesta di privati.

Infatti, come pure sottolineato nel precedente della Sezione testé richiamato, è onere di chiunque si accinga a rendere una dichiarazione autocertificativa ai sensi del d.P.R. nr. 445 del 2000, avente a oggetto l’esistenza o meno di precedenti penali a proprio carico, di procedere a “visura” di tutte le iscrizioni esistenti a proprio carico nel casellario giudiziale, attraverso lo strumento disciplinato dall’art. 33 del d.P.R. 14 novembre 2002, nr. 313, che consente a qualsiasi cittadino di conoscere – ancorché senza valore certificativo – anche le condanne assistite dal beneficio della non menzione; ed è appunto a tale adempimento che avrebbe dovuto procedere il legale rappresentante dell’impresa ausiliaria, prima della produzione della dichiarazione che accompagnava la domanda di partecipazione alla gara, a garanzia della serietà della stessa e delle connesse responsabilità.

Per vero, negli scritti difensivi delle parti appellanti si assume che a tale adempimento si sarebbe in realtà proceduto, senza che fosse emerso alcun precedente: tuttavia, per un verso tale assunto non è confortato da alcun supporto documentale (non essendo stato prodotto in atti il documento, sia pure privo di valenza certificativa, che viene rilasciato in sede di “visura” ex art. 33 del d.P.R. nr. 313 del 2002); sotto diverso profilo, gli esiti dell’istruttoria disposta dalla Sezione depongono in senso opposto, atteso che i competenti uffici del Ministero della Giustizia hanno riferito che il decreto penale de quo era sicuramente iscritto nel casellario giudiziale alla data in cui l’istante assume essersi proceduto a “visura”.

È vero che, come pure accertato in sede istruttoria, tale iscrizione è stata successivamente cancellata a seguito dell’incidente di esecuzione proposto con esito positivo: tuttavia, resta il fatto che, se realmente alla data indicata l’interessato avesse proceduto alla visura in questione, avrebbe fin da subito potuto conoscere l’esistenza a proprio carico del precedente ostativo, potendo quindi immediatamente attivarsi presso il giudice penale per ottenerne la cancellazione (e, per l’effetto, rimuovere tempestivamente l’impedimento alla partecipazione alla gara).

15.2. Infondato è anche il secondo mezzo di entrambi gli appelli, col quale si assume, in via subordinata, che né dal contesto normativo né dalla lex specialis di gara si evincerebbe la sussistenza di un obbligo di dichiarare, a pena di esclusione, anche le eventuali condanne riportate dai legali rappresentanti dell’impresa ausiliaria.

Infatti, da una piana lettura del Disciplinare di gara (e, in particolare, del suo art. 4.1, lettera b) emerge chiaramente come fosse richiesto espressamente, al fine di consentire a Co. S.p.a. le valutazioni di competenza circa l’incidenza delle stesse sulla moralità professionale del concorrente, di indicare tutte le condanne eventualmente riportate sia per l’impresa concorrente che per quella ausiliaria di cui esso avesse inteso di avvalersi ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. nr. 163/2006.

Tale ultima norma inoltre, nel disciplinare analiticamente l’ipotesi di avvalimento, al comma 3 prevede espressamente l’esclusione del concorrente nel generico caso di “dichiarazioni mendaci”, con tale formula riferendosi quindi anche alla dichiarazione che deve essere resa dall’impresa ausiliaria ai sensi del precedente comma 2, lettera c), in relazione ai requisiti di moralità professionale della stessa ausiliaria.

15.3. Da quanto appena rilevato discende l’infondatezza anche del terzo motivo di gravame, col quale si assume la scarsa entità e rilevanza del decreto penale di condanna de quo, che giammai avrebbe potuto essere ritenuto incidente sull’affidabilità del concorrente al punto da determinarne l’esclusione dalla procedura.

Ed invero, alla luce di quanto si è fin qui esposto – e, in particolare, di quanto evidenziato al punto sub 15.1.2 – risulta evidente che l’esclusione è stata indotta non già da una valutazione discrezionale operata dalla stazione appaltante in ordine alla natura e alla portata del precedente penale accertato, sibbene dall’acclarata non veridicità della dichiarazione autocertificativa sul punto resa dall’impresa ausiliaria.

15.4. Col quarto mezzo, parte appellante assume – in via subordinata – l’illegittimità della disposta esclusione, alla luce del diritto comunitario in materia di contratti pubblici, e segnatamente:

a) l’incompatibilità con la normativa europea di un diritto interno, ovvero di una sua interpretazione, che consenta l’esclusione dalla gara del concorrente per il fatto di un terzo, ossia per la mendacità di una dichiarazione resa dall’impresa ausiliaria;

b) l’obbligo comunque sussistente, sulla scorta del diritto comunitario (e oggi codificato nell’art. 63 della nuova direttiva 2014/24/UE in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici), di consentire al concorrente la sostituzione con altra impresa dell’impresa ausiliaria in relazione alla quale sia emersa la carenza di requisiti richiesti dalla lex specialis.

In ordine a tali doglianze, può prescindersi dall’eccezione di inammissibilità sollevata dalle appellate e appellanti incidentali (le quali assumono che le stesse integrino un motivo nuovo proposto per la prima volta in grado di appello, in violazione del divieto di cui all’art. 104, comma 1, cod. proc. amm.), perché le stesse si appalesano infondate nel merito.

15.4.1. Con riguardo al primo profilo denunciato, è sufficiente richiamare l’art. 45 della direttiva 2004/18/CE, il quale, al par. 2, comma 1, lettera g), espressamente consente alla legislazione degli Stati membri di prevedere l’esclusione dalla gara del concorrente “che si sia reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni che possono essere richieste a norma della presente sezione o che non abbia fornito dette informazioni”, rimettendo poi alla legislazione interna degli stessi Stati membri la definizione delle “condizioni di applicazione” di tale previsione.

Ciò premesso, è evidente che quest’ultima previsione risulta legittimamente estesa anche alle “informazioni” concernenti le imprese ausiliarie di cui agli artt. 47, comma 2, e 48, comma 3, della medesima direttiva; orbene, nell’ordinamento italiano, il rapporto fra concorrente e impresa ausiliaria è stato costruito – attraverso l’obbligo di produzione del “contratto di avvalimento” e la responsabilità solidale di avvalente e avvalso verso la stazione appaltante – in termini tali da rendere del tutto ragionevole che il primo, nel produrre le “informazioni” relative alla seconda, si assuma le responsabilità e i rischi connessi alla loro possibile non veridicità (salva restando, come è ovvio, la regolazione delle conseguenze di essa nei loro rapporti interni).

15.4.2. Quanto al secondo aspetto, basti rilevare che l’invocato art. 63 della direttiva 2014/24/UE (ad oggi non ancora trasposta nell’ordinamento italiano), nella parte in cui ammette la sostituzione dell’impresa ausiliaria in corso di gara, è certamente innovativo rispetto all’assetto vigente, laddove il principio della tendenziale immodificabilità soggettiva del concorrente è esteso anche all’ipotesi di avvalimento: pertanto, non se ne può in alcun modo predicare un carattere self executing rispetto alla procedura per cui è causa (peraltro indetta in epoca addirittura anteriore al varo della direttiva in questione), né tantomeno una continuità rispetto a principi già applicabili nel sistema attuale.

16. Per ragioni in parte analoghe a quelle fin qui esposte in ordine al precedente penale, vanno disattesi anche i motivi d’appello articolati da Ma. S.c.p.a. in relazione alle irregolarità fiscali accertate in corso di gara a carico della consorziata Pu. Pr. S.r.l.

16.1. In primo luogo, va al riguardo evidenziato che, se è vero che tale condizione di irregolarità non appariva sussistente al momento della domanda di partecipazione alla gara, tuttavia il suo sopravvenire non può dirsi indifferente per la stazione appaltante, essendo jus receptum che il requisito della regolarità fiscale – così come tutti i requisiti di moralità professionale – deve essere posseduto dal concorrente senza soluzione di continuità per tutta la durata della gara (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 29 febbraio 2016, nr. 5).

16.2. Ciò premesso, non può accordarsi rilevanza, al fine di escludere la portata escludente delle ravvisate irregolarità, alle iniziative successive assunte dall’impresa consorziata in questione (e in parte ancora in corso, come illustrato nell’atto di intervento della stessa nel presente giudizio), trattandosi di vicende che non possono – pena una grave lesione della par condicio fra i concorrenti – valere a “sanare” la carenza di un requisito soggettivo previsto dalla legge a pena di esclusione.

16.3. Inoltre, come correttamente evidenziato dalle parti appellate, da un lato è stato accertato in sede istruttoria che l’istanza di “regolarizzazione” proposta per una delle dette irregolarità non è stata accolta, almeno allo stato, dall’Agenzia delle Entrate (ciò che fa perdere rilevanza alla questione, vivacemente dibattuta fra le parti, se possa avere efficacia sanante una regolarizzazione operata tramite imputazione dei debiti fiscali ad un determinato esercizio piuttosto che ad altri); sotto diverso profilo, le istanze di rateizzazione dei debiti fiscali risultano presentate solo tardivamente e pertanto non possono spiegare alcuna efficacia, tenuto conto dell’insegnamento giurisprudenziale per cui la rateizzazione del debito tributario può valere a escludere la condizione di irregolarità solo se già accordata dal fisco al momento della domanda di partecipazione alla gara (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 giugno 2013, nr. 15).

16.4. Rilievi analoghi a quelli svolti sub 15.4.2 vanno svolti, poi, in relazione all’ulteriore motivo col quale è riproposta la censura in ordine all’illegittimità del non essersi consentito all’impresa concorrente di operare “in riduzione”, escludendo dal consorzio l’impresa colpita da irregolarità (ciò che, si assume, non avrebbe inciso sul possesso dei requisiti per la partecipazione alla gara) ed indicando altra consorziata quale esecutrice delle prestazioni.

Al riguardo, mentre va ribadita l’estraneità al presente giudizio dell’innovativa disciplina introdotta dalla direttiva 2014/24/UE (non ancora trasporta nel nostro ordinamento e successiva all’indizione della procedura di che trattasi), non può non richiamarsi il pacifico indirizzo giurisprudenziale per cui, posto che il Codice dei contratti pubblici impone l’obbligo di “…indicare in sede di offerta per quali consorziati il consorzio concorre” (art. 36, comma 5) sia per i consorzi stabili, sia per quelli fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, nr. 422 (art. 37, comma 7), e rispondendo tale prescrizione non solo al fine di consentire il controllo del divieto di partecipazione dei consorziati alla medesima gara cui concorre il consorzio del quale fanno parte, ma anche al generale principio dell’immodificabilità dei partecipanti (oltre che all’esigenza dell’amministrazione di esperire celermente le verifiche del possesso dei requisiti richiesti in capo a tutti i soggetti coinvolti), in sede esecutiva il consorzio aggiudicatario deve avvalersi solo ed esclusivamente delle prestazioni dell’impresa specificamente designata in sede di gara, con la conseguenza che, dopo aver effettuato tale individuazione in sede di offerta, il consorzio non può modificare tale scelta e designare un’impresa diversa, indipendentemente dai motivi della sostituzione ed anche se questa è una sua associata, dovendo ritenersi del tutto preclusa, fatti salvi gli altri casi specificamente individuati dal Codice (art. 37, commi 18 e 19), ogni possibilità di far luogo ad un meccanismo di ulteriori elezioni di soggetti, non previamente indicati in sede di gara dal consorzio medesimo (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 4 maggio 2012, nr. 8; id., sez. IV, 3 luglio 2014, nr. 3344).

16.5. Va esaminata, infine, la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea formulata dall’interveniente Pu. Pr. S.r.l. in relazione alla normativa interna in materia di efficacia ostativa della condizione di irregolarità fiscale, ove interpretata – come si è visto doversi fare – nel senso di imporre l’esclusione del concorrente dalla gara anche laddove il requisito della regolarità sia stato perso per un limitato arco di tempo, e poi riacquistato, durante il corso della procedura selettiva.

Al riguardo, in disparte ogni approfondimento della questione se l’interveniente ad adiuvandum possa ampliare ilthema decidendum introducendo questioni di incompatibilità comunitaria non dedotte dalle parti, e ribadito che la condizione di pregiudizio penale di cui si è trattato al punto 15 sarebbe già di per sé sola idonea e sufficiente a legittimare l’esclusione dell’appellante dalla procedura per cui è causa, può osservarsi che la rimessione alla Corte UE si appalesa superflua, essendo stato già in più occasioni affermato dalla giurisprudenza comunitaria – in relazione all’attuale assetto normativo in materia – che l’art. 45, par. 2, della direttiva 2004/18/CE, nel rimettere agli Stati membri la definizione delle condizioni e modalità applicative delle cause di esclusione dalle gare, lascia certamente agli ordinamenti nazionali un margine di apprezzamento delle proprie specifiche esigenze, in modo da consentire previsioni più rigorose o più flessibili pur nel rispetto dei parametri generali di proporzionalità e ragionevolezza (cfr., da ultimo, Corte di giustizia UE, 10 luglio 2014, C-358/12).

Di conseguenza, l’inequivoco tenore letterale dell’art. 38, comma 1, del d.lgs. nr. 163/2006, in virtù del quale i requisiti di moralità professionale – ivi compreso quello di regolarità fiscale – devono essere posseduti senza soluzione di continuità dal momento della domanda di partecipazione, per tutta la durata della gara e fino alla sottoscrizione del contratto di appalto, appare espressivo di un’opzione certamente non esclusa dal sistema comunitario di riferimento.

17. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 cod. proc. civ., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: cfr. ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, nr. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, nr. 7663).

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

18. In particolare, l’accertata infondatezza degli appelli principali esonera dall’esame dell’appello incidentale, che può essere dichiarato improcedibile.

19. In considerazione della complessità delle questioni esaminate, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, riuniti gli appelli in epigrafe:

– respinge gli appelli principali;

– dichiara improcedibile l’appello incidentale;

– per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi – Presidente

Nicola Russo – Consigliere

Raffaele Greco – Consigliere, Estensore

Silvestro Maria Russo – Consigliere

Carlo Schilardi – Consigliere

Depositata in Segreteria il 03 maggio 2016.

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