Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 12 settembre 2018, n. 22177.
La massima estrapolata:
L’alternatività nel godimento dei riposi giornalieri da parte del padre è prevista solo in relazione al fatto che la madre lavoratrice dipendente non se ne avvalga. Laddove invece la madre non sia una lavoratrice dipendente, il legislatore non ha previsto alcuna condizione di alternatività. In tal caso il padre può dunque usufruire dei permessi giornalieri in parola anche durante la fruizione dell’indennità di maternità da parte della madre.
Sentenza 12 settembre 2018, n. 22177
Data udienza 13 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8459-2013 proposto da:
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto stesso, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), giusta procura in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1182/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 09/01/2013, r.g.l. n. 1313/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/03/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 1120/2012 la Corte d’Appello di Torino, con sentenza n. 1182/2012, rigettando l’appello dell’Inps confermava la sentenza che riconosceva a (OMISSIS), il diritto di usufruire dei riposi giornalieri Decreto Legislativo n. 151 del 2001, ex articolo 40 per 2 ore al giorno sino al compimento dell’anno della figlia, nata il (OMISSIS), mentre la moglie (OMISSIS), lavoratrice autonoma, riprendeva il lavoro sin dall’8 ottobre 2009, usufruendo del trattamento economico di maternita’ nei tre mesi successivi al parto Decreto Legislativo n. 151 del 2001, ex articolo 66.
A fondamento della sentenza la Corte sosteneva che in base alla lettera ed all’interpretazione logico sistematica delle norme fosse errata la pretesa dell’Inps di voler a tutti i costi equiparare, pur nell’evidente differenza di disciplina, la situazione della madre lavoratrice autonoma a quella della dipendente per la quale soltanto la legge prevede la regola dell’alternativita’ nel godimento dei riposi giornalieri. Inoltre la diversita’ della condizione della madre lavoratrice autonoma, facoltizzata a riprendere l’attivita’ anche in considerazione del piu’ contenuto trattamento economico riconosciutole, giustificava la previsione di una incondizionata possibilita’ per il padre di fruire dei permessi nell’interesse stesso del bambino e delle sue necessita’ di un maggior apporto sul piano materiale e psicologico, anche se la madre stesse godendo dell’indennita’ di maternita’.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inps con un motivo, al quale ha resistito (OMISSIS). Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con l’unico motivo di ricorso l’Inps impugna la sentenza per violazione e falsa applicazione del combinato disposto del Decreto Legislativo n. 151 del 2001, articoli 39, 40, 43 e 66, articolo 68, comma 2, e articolo 69, comma 1, con riferimento all’articolo 12 preleggi (articolo 360 c.p.c., n. 3). Secondo l’Istituto, in base alle norme citate doveva ritenersi che, le pur esistenti differenze tra le madri lavoratrici autonome e lavoratrici subordinate, non incidessero sulla sussidiarieta’ ed alternativita’ degli istituti giuridici dei cosiddetti riposi giornalieri e delle indennita’ di maternita’ volti a proteggere lo stesso evento; e pertanto sulla inammissibilita’ di un loro cumulo. Sicche’ anche con riferimento ai riposi giornalieri dei padri lavoratori dipendenti al posto della madre lavoratrice autonoma, i medesimi riposi giornalieri potevano essere fruiti solo al termine della tutela apprestata dagli altri istituti posti a presidio dei medesimi bisogni. Ne’ sussisteva alcuna valida ragione a giustificazione del cumulo dei due benefici durante uno stesso periodo per lo stesso evento a favore del padre quando la lavoratrice madre e’ autonoma; atteso che entrambi gli istituti sono comunque finalizzati a favorire i bisogni affettivi relazionali dal bambino al fine dell’armonico sereno sviluppo della personalita’.
2.- Anzitutto devono essere respinte le varie eccezioni di inammissibilita’ del ricorso sollevate dalla parte intimata atteso che nel caso in esame si discute di una questione giuridica ovvero del cumulo dei benefici in oggetto (facolta’ del padre di godere dei riposi giornalieri anche nel periodo in cui la madre lavoratrice autonoma gode dell’indennita’ di maternita’); sicche’ non e’ precluso all’INPS – fermi ed i contestati i fatti di causa – sollevare, anche nel giudizio di cassazione, nuovi profili e nuove argomentazioni a sostegno delle proprie eccezioni.
Del pari infondata e’ l’eccezione della mancanza di specificita’ del ricorso per non aver investito una delle rationes decidendi della pronuncia ritenuta fondata sul fatto che la lavoratrice madre autonoma benefici di un trattamento di minor favore rispetto alla lavoratrice madre con rapporto di lavoro dipendente la quale invece “gode nel complesso una maggiore tutela sotto il profilo sia economico sia normativo”. In realta’ tale argomentazione non puo’ essere considerata autonoma ratio decidendi trattandosi piuttosto di una semplice argomentazione diretta a rafforzare la motivazione fondata sulle altre decisive ragioni tutte censurate dal ricorso.
3.- Nel merito il ricorso e’ infondato. Ed invero il Decreto Legislativo n. 151 del 2001, articolo 39 prevede: “1. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo e’ uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro e’ inferiore a sei ore.
2. I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un’ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall’azienda.
3. I periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell’unita’ produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.
L’articolo 40 accorda i riposi giornalieri al padre stabilendo che: 1. I periodi di riposo di cui all’articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore:
a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d) in caso di morte o di grave infermita’ della madre.
L’articolo 43 stabilisce il trattamento economico e normativo disponendo: “1. Per i riposi e i permessi di cui al presente Capo e’ dovuta un’indennita’, a carico dell’ente assicuratore, pari all’intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi e ai permessi medesimi. L’indennita’ e’ anticipata dal datore di lavoro ed e’ portata a conguaglio con gli apporti contributivi dovuti all’ente assicuratore. 2. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 34, comma 5”.
4.- Tanto premesso, e’ anzitutto evidente sulla scorta della previsione normativa di cui all’articolo 40 cit. che l’alternativita’ nel godimento dei riposi giornalieri da parte del padre sia prevista solo in relazione “alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga”. Laddove invece la lettera della stessa norma contempli in maniera ampia il diritto del padre ai permessi “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”, senza prevedere alcuna alternativita’. Tale diversa formulazione significa che, in questa seconda ipotesi, il padre possa fruire dei permessi giornalieri in discorso anche nel periodo di fruizione dell’indennita’ di maternita’ da parte della madre, non essendo gli stessi permessi legati alla condizione che la madre non se n’avvalga e che pertanto essi debbano essere fruiti durante il primo anno di vita del bambino soltanto quando sia decorso un certo periodo di tempo dal parto.
Tutto cio’ non a caso; e non soltanto in base alla lettera della specifica norma. Si tratta invero di una modalita’ di godimento del diritto che trova giustificazione nella diversa condizione lavorativa della lavoratrice autonoma; tenuta ben presente dalla complessiva regolamentazione dettata nella materia dalla legge, la quale, da una parte, prevede una differente tutela economica per la lavoratrice autonoma rispetto a quella garantita alla lavoratrice dipendente; e, dall’altra, consente alla stessa lavoratrice di rientrare al lavoro in ogni momento, subito dopo il parto, e dunque anche mentre sta fruendo dell’indennita’ di maternita’. Non essendo previsto per la lavoratrice autonoma alcun periodo di astensione obbligatoria post partum; non potendo sussistere un obbligo in tal senso in considerazione delle modalita’ di svolgimento di tale attivita’ lavorativa rimesse alla determinazione della donna (cfr. Corte Cost. nn. 181/1993, 3/1998, 197/2002).
La stessa conclusione risulta altresi’ funzionale e rispondente allo scopo primario che e’ posto alla base di tali riposi giornalieri i quali sono precipuamente diretti a garantire l’assistenza e la protezione della prole. Talche’, del tutto coerentemente, la legge prevede nel caso della lavoratrice autonoma, da una parte, la possibilita’ della madre di rientrare al lavoro dopo il parto e, nel contempo, il diritto del padre di fruire dei riposi giornalieri nel medesimo periodo. Si tratta percio’ di previsioni ed istituti tra loro strettamente correlati.
5.- Nessuna plausibile ragione si rinviene invece a fondamento della pretesa dell’Inps di vietare il cumulo tra godimento dell’indennita’ di maternita’ e fruizione dei riposi giornalieri e di costringere il godimento degli stessi diritti in una condizione di generale alternativita’ che non e’ imposta dalla legge; appare incoerente rispetto alle differenze esistenti tra le due diverse categorie di madri lavoratrici; penalizza gli interessi sostanziali protetti dalla normativa.
6.- Non appare invece pertinente il richiamo effettuato dell’Inps alla sentenza 179/1993 della Corte Costituzionale con la quale, nell’ambito di un differente regime normativo, la Corte ha bensi’ esteso al padre lavoratore dipendente il diritto ai permessi in luogo della madre pure essa lavoratrice subordinata.
7. Inoltre se e’ vero che la sentenza della Cassazione n. 809/2013 ha richiamato i “principi di fungibilita’ e di alternativita’ che presiedono alla disciplina” lo ha fatto pero’, correttamente, in relazione alla diversa questione del godimento dell’indennita’ di maternita’ ed in una vicenda in cui il trattamento economico era stato rivendicato dal coniuge di una lavoratrice che ne aveva pero’ gia’ goduto in qualita’ di dipendente.
8. Nella fattispecie in esame va piuttosto affermato il diverso principio per cui potendo in base alla disciplina di legge entrambi i genitori lavorare subito dopo l’evento della maternita’ – risulta maggiormente funzionale affidare agli stessi genitori la facolta’ di organizzarsi nel godimento dei medesimi benefici previsti dalla legge per una gestione familiare e lavorativa meglio rispondente alle esigenze di tutela del complessivo assetto di interessi perseguito dalla normativa; consentendo percio’ ad essi di decidere le modalita’ di fruizione dei permessi giornalieri di cui si tratta, salvo i soli limiti temporali previsti dalla normativa. Cio’ che, in relazione all’istituto in discorso, puo’ essere garantito soltanto accedendo ad una interpretazione della normativa che consenta la facolta’ di utilizzo dei permessi, da parte del padre lavoratore dipendente, anche nel periodo in cui la madre, lavoratrice autonoma, goda dell’indennita’ di maternita’; la cui fruizione, come piu’ volte ricordato, non e’ per legge incompatibile con la ripresa dell’attivita’ lavorativa.
Non rileva pertanto sul piano normativo quando, nel singolo caso concreto, la lavoratrice autonoma abbia ripreso effettivamente il lavoro, ne’ se il godimento dei due benefici in capo ai distinti beneficiari si sia sovrapposto in tutto o solo in parte nel medesimo periodo previsto dalla legge.
9. In conclusione, la sentenza impugnata si sottrae alle censure sollevate col ricorso che va quindi respinto. Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato dovuto da parte del ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 2700 di cui Euro 2500 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
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