L’accesso civico generalizzato azionabile da chiunque

Consiglio di Stato, Sentenza|4 gennaio 2021| n. 60.

L’accesso civico generalizzato azionabile da chiunque senza previa dimostrazione di un interesse personale, concreto e attuale in connessione con la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza oneri di motivazione in tal senso della richiesta, ha il solo scopo di consentire una pubblicità diffusa ed integrale in rapporto alle finalità esplicitate dall’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013: è funzionale ad un controllo diffuso dei cittadini, al fine di assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa e di favorire un preventivo contrasto alla corruzione e concretamente si traduce nel diritto ad un’ampia diffusione di dati, documenti ed informazioni, fermi in ogni caso i limiti di legge a salvaguardia di determinati interessi pubblici e privati che in tali condizioni potrebbero essere messi in pericolo.

Sentenza|4 gennaio 2021| n. 60

Data udienza 10 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Servizi di trasporto – Contratto di servizio – Clausola di riservatezza – Accesso documentale – Accesso civico – Differenze – Funzione – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 699 del 2020, proposto da
Tr. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ac., Ma. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Associazione Tur. P.L. Mo. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Ro. La., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in La Spezia, viale (…);
nei confronti
Regione Liguria, Autorità Nazionale Anticorruzione, non costituiti in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 957/2019, resa tra le parti, concernente diniego di accesso civico ad una serie di dati o documenti inerenti al servizio e al relativo contratto del trasporto pubblico ferroviario regionale e locale stipulato tra Regione Liguria e Tr.;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Associazione Tur. P.L. Mo., dell’Affittacamere Ba. Va., dell’Affittacamere La Ca. Sas di Mo. F. & C., di Ba. s.a.s. di J. Vi., dell’Albergo La Co. di Ra. A. & C., dell’Albergo Su. Be. s.r.l., dell’Associazione Un. per Co., di Pa. Lo., di Fe. Ra., di Iv. Ci. e di Do. Po.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2020, tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall’art. 25, comma 1, del d.-l. 18 ottobre 2020, n. 137, il Cons. Raffaele Prosperi e data la presenza degli avvocati Bo. e La. ai sensi dell’art. 4, comma 1, ultimo periodo, d. l. n. 28/2020 e dall’art. 25 d.-l. n. 137 del 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A seguito della stipula, tra la Regione Liguria e Tr. s.p.a., di un contratto di servizio per il trasporto pubblico ferroviario regionale e locale relativo al territorio ligure delle Cinque Terre per gli anni dal 2009 al 2017, con d.G.R. n. 11 del 2018 la Regione stipulava con Tr. un nuovo contratto, dal medesimo oggetto del precedente, per gli anni dal 2018 al 2032, che è attualmente in esecuzione.
Il 3 maggio 2019, l’Associazione Turistica Pro Loco di Ri. ed altri ventotto soggetti – associazioni o esercenti attività commerciali nelle Cinque Terre, nonché cittadini ivi residenti o domiciliati – avanzavano alla Regione un’istanza di accesso civico ai sensi dell’art. 5 d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33, finalizzata all’ostensione sia del “documento riassuntivo degli introiti relativi alle Cinque Terre per l’anno 2018, così come comunicati da Tr. a Regione Liguria, distintamente per ogni tariffa e titolo di viaggio” sia degli “Allegati 3 e 5 del Contratto di servizio” inerenti – rispettivamente – al piano economico finanziario, al conto economico regionale e di monitoraggio delle differenze annuali nonché agli investimenti.
Il Dipartimento Territorio, Ambiente, Infrastrutture e Trasporti regionale opponeva però il diniego di accesso civico. Gli interessati sottoponevano l’istanza di ostensione al riesame del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza della Regione Liguria, ai sensi dell’articolo 5 comma 7, d.lgs. 33 del 2013. Questi, in data 18 luglio 2019, decidendo sull’istanza di riesame confermava il precedente diniego.
Tanto premesso, l’Associazione Turistica pro loco Mo. ed altri undici associazioni, esercenti attività commerciali nelle Cinque Terre o persone fisiche ivi residenti, adivano il Tribunale amministrativo della Liguria ai sensi dell’art. 116, Cod. proc. amm. chiedendo l’annullamento del diniego e l’accesso ai documenti. Con ciò sollevavano questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 7, e dell’art. 43 d.lgs. n. 33 del 2013, dell’art. 1, comma 7, l. n. 190 del 2012 con riferimento agli artt. 3, 97, 117, comma 2, lett. m), Cost.; violazione degli artt. 1 e 5-bis d.lgs. 33 del 2013, dell’art. 6 d.lgs. 97 del 2016, dell’art 3 d.lgs. 63 del 2018, della delibera autorità nazionale anticorruzione n. 1309 del 28 dicembre 2016, eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta.
Si sono costituite in giudizio l’Amministrazione intimata e la controinteressata Tr. s.p.a., eccependo in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del contratto di servizio dove prevedeva la clausola di riservatezza, attesa l’asserita irrilevabilità d’ufficio della relativa clausola, e – nel merito – l’infondatezza del ricorso.
Con sentenza 20 dicembre 2019, n. 957, il Tribunale amministrativo riteneva il ricorso parzialmente fondato, oltre all’infondatezza delle eccezioni preliminari.
Sull’eccezione di Tr. (di inammissibilità del ricorso per omessa domanda di declaratoria di nullità del contratto di servizio 12 settembre 2018, particolare dell’art. 24 sulla clausola di riservatezza), la sentenza richiamava l’art. 24 che escludeva espressamente le norme della l. n. 241 del 1990 dalla riservatezza delle informazioni acquisite in base al contratto. Inoltre la sentenza rilevava che il contratto esplicava efficacia tra le parti del rapporto e non aveva efficacia rispetto ai terzi, ai quali esso poteva essere opposto (art. 1372 Cod. civ.). In ogni caso la nullità era rilevabile d’ufficio (art. 1421 Cod. civ.) con l’unico limite dell’obbligo del contraddittorio fra le parti sulla questione della nullità : che, nella specie, era stato rispettato; perciò il contratto di servizio non era di ostacolo all’ammissibilità della domanda. Per la sentenza, infondata era poi la tesi di Tr. sul difetto di interesse personale dei ricorrenti alla conoscenza dei documenti richiesti, proporzionato agli interessi in gioco. L’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013 sul favore per le forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche consente l’accesso civico di qualsiasi cittadino, la cui legittimazione non è subordinata a uno specifico interesse, ma è in re ipsa; e i documenti richiesti inerivano a funzioni dell’ente rispetto alle quali i richiedenti potevano esercitare una capacità di influire, il che permetteva l’accesso a funzioni istituzionali della p.a. involgenti la gestione delle risorse economico-finanziarie della collettività, vista anche la specificità dell’istituto dell’accesso civico rispetto all’accesso c.d. documentale di cui alla l. n. 241 del 1990. Il confronto testuale con l’art. 22, comma 1, lett. b), l. n. 241 del 1990, prevedente invece una legittimazione ristretta all’accesso documentale dei soggetti “che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”, evidenziava come l’accesso civico non va supportato da alcun interesse personale alla ostensione dei documenti dal momento che la finalità che persegue è, come detto, di natura più ampia, né potevano farsi richiami al diverso istituto dell’azione popolare. Era anche infondata l’eccezione della Regione sulla natura privata dell’interesse dei ricorrenti, vista la detta finalità dell’accesso civico quale forma diffusa di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, forma di controllo rispondente al soddisfacimento di un interesse pubblico e non confinato a un bisogno conoscitivo di natura privata. Tanto si evinceva dal contenuto della domanda di accesso, visto che i documenti richiesti erano pertinenti al controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e all’utilizzo delle risorse pubbliche nello strategico settore della politica dei trasporti pubblici.
Nel merito – statuiva la sentenza – il ricorso era fondato. La questione di costituzionalità per difetto di rilevanza nel giudizio vista la mancata prova della natura di organo regionale del responsabile Anticorruzione sulle ragioni del diniego impugnato era infondata; e lo era anche perché tutte le pubbliche amministrazioni – quindi anche l’organo anticorruzione regionale – sono vincolate al rispetto del principio di imparzialità ex art. 97 Cost. senza che possa essere presunto il carattere parziale e non corretto, o non trasparente, del suo operato, oltre alla facoltatività del passaggio dell’istanza di riesame al RPCT, specie di ricorso gerarchico.
La sentenza riteneva invece fondato il secondo motivo per cui la mancata ostensione dei documenti richiesti integra la violazione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa, che è la ratio dell’accesso civico. Tale tipologia di accesso non richiede specifici ed individualizzati requisiti di legittimazione, essendo sufficiente che l’ostensione dei dati e documenti sia intesa a favorire un controllo diffuso sulla legittimità dell’operato della pubblica amministrazione in settori politicamente e finanziariamente rilevanti per la comunità . Poiché nella specie i presupposti per l’ostensione dei documenti sussistevano, ne risultava vulnerato il principio di trasparenza dell’azione amministrativa.
Quanto al terzo e al quinto motivo di ricorso – relativi al segreto commerciale ai fini dell’esclusione del diritto di accesso ai sensi dell’art. 5-bis, comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013 – la sentenza rilevava che la disposizione statuisce che l’accesso (civico) dell’articolo 5, comma 2, lett. c), viene rifiutato per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali: ma per la sentenza la censura era infondata, tali limitazioni non apparendo qui riscontrabili, posta l’assenza di dimostrazioni da parte della Regione circa il concreto pregiudizio a tali interessi.
La sentenza inoltre, circa il quarto motivo, rilevava che la Regione non aveva provato il concreto pregiudizio agli interessi economici della controinteressata, derivante dall’ostensione dei documenti e dati richiesti, dunque non si rinvenivano pregiudizi concreti derivanti dall’ostensione medesima e la mera natura imprenditoriale di Tr. non era di per sé sufficiente per una tale dimostrazione, visto anche conto del suo regime monopolistico fino al 2032.
Era invece infondato il sesto motivo su un asserito bilanciamento che però, vista la disciplina sottesa a tale tipologia di accesso, non era richiesto.
Riguardo alla documentazione sugli introiti relativi alle Cinque Terre per l’anno 2018, come comunicati da Tr. a Regione Liguria, distintamente per ogni tariffa e titolo di viaggio, la Regione aveva affermato di non essere nella disponibilità dei dati richiesti, se non previa elaborazione dei dati aggregati in suo possesso.
Tali dati si presentavano però in maniera aggregata ed inscindibile, con la conseguenza dell’onere di estrapolazione e disaggregazione che avrebbe irragionevolmente onerato la P.A. in senso contrario al principio di buon andamento.
Tuttavia Tr. era obbligata a trasmettere reports sul numero di biglietti venduti e gli introiti conseguiti, distinti per tariffa, per cui il biglietto a tariffa denominata “5 terre” era un titolo di viaggio distinto dai restanti: era allora ammissibile la richiesta di accesso limitatamente al numero di biglietti a tariffa 5 terre venduti e agli introiti conseguiti.
Parimenti infondato era il settimo motivo, in quanto l’Amministrazione non aveva riscontrato in l’irragionevolezza della pretesa, presupposto del tentativo di ridefinizione dell’oggetto della richiesta entro limiti compatibili col principio di proporzionalità e di buon andamento.
In conclusione, il Tribunale amministrativo accoglieva il ricorso in questi sensi ed ordinava alla Regione Liguria di consentire l’accesso, mediante visione ed estrazione di copia, agli allegati n. 3 e n. 5 del contratto per il trasporto pubblico regionale e locale di servizio stipulato con Tr. per il periodo 2018 – 2032, nonché mediante la comunicazione del numero di biglietti tariffa 5 terre venduti e dei relativi introiti.
Con appello in Consiglio di Stato notificato il 20 gennaio 2020, Tr. s.p.a. impugnava la sentenza e ne chiedeva le riforma per una serie di motivi articolati.
Tr. concludeva per l’accoglimento dell’appello con vittoria di spese.
Si sono costituiti i ricorrenti in primo grado, sostenendo l’infondatezza dell’appello, mentre non si sono costituiti la Regione Liguria e l’ANAC.
Alla camera di consiglio del 10 dicembre 2020 tenutasi da remoto la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Con l’appello in Consiglio di Stato, Tr. s.p.a. chiede la riforma della sentenza impugnata per i seguenti motivi:
1.Erroneità per avere dichiarato d’ufficio la nullità della clausola negoziale di riservatezza. Violazione dell’art. 116 Cod. proc. amm., dell’art. 5 e 5-bis d.lgs. 33 del 2013 e s.m.i., dell’art. 73, comma 3 del Cod. proc. amm.in combinato con l’art. 101 Cod. proc. civ., degli artt. 112 e 279 Cod. proc. civ., degli artt. 1362, 1363, 1367, 1372 e 1411, 1418 e ss, 1421 Cod. civ., dei principi generali e del diritto vivente sulla rilevabilità d’ufficio della nullità di un negozio. Difetto di motivazione e travisamento. Per l’appellante, l’art. 24 del contratto di servizio aveva previsto la riservatezza di quanto menzionato nel contratto e non si poteva perciò ammettere l’accesso civico, se non ledendo l’interesse dei contraenti, per i quali soli il contratto produceva effetti e solo la dichiarazione di nullità della detta clausola poteva superare la disciplina dell’accordo raggiunto; la mancata domanda di dichiarazione di nullità del contratto di servizio impediva al Tribunale di rilevare d’ufficio la riservatezza della clausola contenuta nell’art. 24.
Il motivo, ritiene il Collegio, è infondato. La sentenza appellata merita conferma sul punto, fondando sull’art. 24, che evidenzia l’impegno delle parti contraenti al mantenimento della riservatezza delle informazioni acquisite, fatta salva l’osservanza di “ogni diversa previsione normativa, ed in particolare della l. 241 del 1990 e sue successive modificazioni”.
Questa clausola contrattuale, pur orientata a preservare la dovuta riservatezza, fa salve le previsioni normative che vanno in senso opposto. Inoltre, il chiamo testuale a quanto previsto dalla l. 241 del 1990 non è una limitazione all’accesso che prevede la possibilità del solo accesso “documentale” riservato ai singoli, ma è un’ordinaria esemplificazione delle eccezioni alla riservatezza stessa. Non potrebbe, del resto, essere diversamente, giacché non si tratta di materia disponibile contrattualmente, ma di regole generali inderogabili, poste dalla legge per assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa.
Bene poi la sentenza rammenta che il contratto esplica efficacia tra le parti del rapporto, ma non nei confronti dei terzi. Sicché un diritto del consociati previsto come effetto di un principio generale dell’ordinamento (come è nel caso di norma primaria che stabilisce che “la trasparenza è intesa come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 1, comma 1, d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33) esplicitato e rinforzato da previsioni ancor più stringenti come quella per cui “l’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione” (art. 5 comma 1, d.lgs. n. 33 del 2013) non può essere ostacolato da una clausola contrattuale inter partes, sia pure posto da due soggetti a capacità pubblica.
Quanto alla pretesa erroneità della sentenza sul rilievo della nullità della clausola, l’appellante Tr. rammenta la sentenza Cass., SS.UU., 12 dicembre 2014, n. 26242 per la quale il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale deve rilevare d’ufficio l’esistenza di una causa di nullità diversa da quella allegata dall’istante, quella domanda pertinendo a un diritto autodeterminato, sicché la si individua indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio; ma qui la mancanza di espressa impugnazione per nullità dell’art. 24 doveva impedire al giudice di primo grado un sindacato come quello effettuato.
Tuttavia la domanda di accesso civico era stata formulata facendo leva sulla norma da applicare – art. 5, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013 – che per il caso in questione prevede l’obbligo delle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni, dati; e il diritto di chiunque di richiederli ove non ne sia avvenuta la pubblicazione, senza limitazioni quanto a legittimazione soggettiva del richiedente. La domanda poi dava conto delle limitazioni di legge, tra cui non rientravano i contratti di servizio tra enti territoriali e soggetti pubblici attivi nel campo dei trasporti.
Una domanda di accesso civico ed una seguente domanda giudiziale a sua tutela non possono che implicare la domanda di nullità di ostacoli non aventi valore di legge, limitanti un diritto di portata così vasta.
Con il secondo motivo l’appello contesta la sentenza nella parte che ha respinto le eccezioni pregiudiziali di Tr. su legittimazione ed interesse all’impugnazione dei ricorrenti; la violazione degli artt. 2, 3, 21 e 97 Cost., dell’art 54 della Carta di Nizza, dell’art. 116 Cod. proc. amm.. e dell’art. 5 e 5-bis d.lgs. 33 del 2013, in combinato con l’art. 22 l. n. 241 del 1990 e dei principi generali su buona fede e lealtà tra privato e pubblica amministrazione. Per l’appellante, la legittimazione all’accesso non è stata dimostrata dalla sentenza e risulta essere invece generica, al rango dell’ordinario diritto di informazione del cittadino; sicché è sproporzionata nel chiedere una mole di documenti abnorme rispetto ai diritti basati sull’accesso civico, con l’effetto di un abuso del diritto dai contenuti quasi emulativi. L’interesse del privato alla conoscenza civica non va inteso in re ipsa, ma va accompagnato dalla proporzionalità, dunque deve restare in linea con i principi di razionalità, buona amministrazione, leale collaborazione tra uffici e cittadini, e considerando il divieto di abuso del diritto: sono caratteristiche che accompagnano anche l’accesso civico e non solo quello documentale.
Anche questo motivo è infondato.
La sentenza Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10 ha affermato che l’accesso civico generalizzato introdotto dal d lgs. n. 97 del 2016 nel testo del d.lgs. n. 33 del 2013, in attuazione della delega dell’art. 7 l. 124 del 2015, come diritto di “chiunque”, non sottoposto a limiti quanto a legittimazione soggettiva del richiedente e senza oneri di motivazione circa l’interesse alla conoscenza, viene riconosciuto e tutelato “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013).
Questa configurazione supera il limite connaturato all’accesso documentale, il quale invece non può essere preordinato ad un controllo generalizzato sull’attività delle pubbliche amministrazioni perché resta un accesso strumentale alla protezione di un interesse individuale. Invece nell’accesso civico (generalizzato) si ha un accesso di suo finalizzato a garantire il controllo democratico sull’attività amministrativa, nel quale l’interesse individuale alla conoscenza è protetto in sé e per sé, in assenza di contrarie ragioni di interesse pubblico o privato, come precisato dall’art. 5-bis, commi 1 e 2, d.lgs. n. 33 del 2013.
L’accesso civico generalizzato – ha evidenziato anche la giurisprudenza di questa V Sezione (Cons. Stato, V, 2 agosto 2019. n. 5502; 6 aprile 2020, n. 2309) – azionabile da chiunque senza previa dimostrazione di un interesse personale, concreto e attuale in connessione con la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza oneri di motivazione in tal senso della richiesta, ha il solo scopo di consentire una pubblicità diffusa ed integrale in rapporto alle finalità esplicitate dall’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013: è funzionale ad un controllo diffuso dei cittadini, al fine di assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa e di favorire un preventivo contrasto alla corruzione e concretamente si traduce nel diritto ad un’ampia diffusione di dati, documenti ed informazioni, fermi in ogni caso i limiti di legge a salvaguardia di determinati interessi pubblici e privati che in tali condizioni potrebbero essere messi in pericolo.
Discende da quanto sopra che la domanda di accesso civico per cui è causa non concreta un abuso o una richiesta eccedentaria, o un atto emulativo: come già evidenziato dall’appellata sentenza, Tr. si era impegnata con la Regione Liguria a trasmettere i report sul numero di biglietti venduti e agli introiti conseguiti distinti per tariffa: dunque l’accesso richiesto poteva era quasi un accesso ad elementi preconfezionati.
Con il terzo motivo – sull’avvenuto accoglimento dei motivi 2, 3, 4, 5 e 6 del ricorso e la violazione degli artt. 2, 3, 21 e 97 Cost., dell’art 54 della Carta di Nizza, dell’art. 116 Cod. proc. amm. e degli art. 5 e 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013 in combinato con l’art. 22 l. n. 241 del 1990 e dei principi generali in materia di buona fede e lealtà, contraddittorietà e illogicità – si sostiene che non tutte la ragioni del diniego sono state censurate e in particolare il segreto commerciale e la presenza di dati disaggregati, difficilmente ricomponibili.
Anche questo motivo è infondato.
Quanto alla seconda parte, si è già riferito in chiusura del rigetto del secondo motivo: bene l’appellata sentenza indica gli obblighi di Tr. a trasmettere alla Regione i report sul numero di biglietti venduti mentre, circa la del segreto commerciale di Tr., il punto 22.1 della rammentata Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10 precisa che “l’accesso civico generalizzato introdotto nel corpus normativo del d.lgs. n. 33 del 2013 dal d.lgs. n. 97 del 2016, in attuazione della delega contenuta nell’art. 7 della l. n. 124 del 2015, come diritto di “chiunque”, non sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza, viene riconosciuto e tutelato “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 2013)”. Ed appare a dir poco improprio evocare segreti industriali e commerciali da non mettere a repentaglio in una situazione di concorrenza, solo che si consideri che qui si versa, di fatto, in una situazione pressoché monopolistica, per di più garantita per molti anni e in un territorio dove il traffico veicolare è forzosamente limitato per carenza e modestia delle infrastrutture stradali da condizioni naturali e non sostituibile dai servizi marittimi (che, pur esistenti, mai potrebbero costituire un’efficace sostituzione della linea ferroviaria, per la natura limitata dell’offerta e la loro stagionalità ).
Per le considerazioni esposte l’appello di Tr. va respinto.
Spese come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Tr. s.p.a. al pagamento delle spese di giudizio determinate in complessivi Euro. 2.000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2020 tenuta da remoto secondo quanto stabilito dall’art. 25, comma 1, del d. l. 18 ottobre 2020, n. 137 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere, Estensore
Stefano Fantini – Consigliere
Elena Quadri – Consigliere
Giorgio Manca – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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