La valutazione sulla dipendenza da causa di servizio

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 7 febbraio 2020, n. 981.

La massima estrapolata:

La valutazione sulla dipendenza da causa di servizio ha carattere tecnico-discrezionale, e non è sindacabile salva la sua inattendibilità per l’insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento applicativo.

Sentenza 7 febbraio 2020, n. 981

Data udienza 21 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 153 del 2011, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Pa., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…),
contro
il Ministero della Giustizia e Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…),
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce Sezione Seconda n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2020, il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e udito l’Avvocato dello Stato Ge. Di Le.;

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce, sez. II, con la sentenza -OMISSIS-, ha respinto il ricorso, proposto dall’attuale parte appellante, per l’annullamento:
– del decreto del -OMISSIS-a firma del Direttore Generale del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione – Area della Previdenza – Settore amministrativo sanitario del personale di Polizia Penitenziaria;
– del processo verbale AB n. -OMISSIS-della C.M.O. presso l’Ospedale Militare di Bari;
– del parere n. -OMISSIS-, dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio;
– nonché per la declaratoria del diritto del ricorrente ad ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della infermità “cardiopatia ipertensiva” ascrivibile alla 5^ categoria della Tab. A annessa al d.P.R. n. 834-1981, ivi compreso l’equo indennizzo, con interessi e rivalutazione monetaria e con condanna delle Amministrazioni resistenti al pagamento delle relative somme.
Secondo il TAR, sinteticamente:
– partendo da un attento esame del parere n. -OMISSIS-reso dal Comitato di Verifica, si evince che quest’ultimo non ha tralasciato di esaminare le informazioni relative alle condizioni di servizio del ricorrente;
– proprio in relazione all’entità del servizio svolto, infatti, il Comitato ha ritenuto di poter concludere nel senso che il tipo di lavoro prestato dal ricorrente non è stato idoneo, quale fattore stressogeno, ad ingenerare l’insorgenza di stati ipertensivi;
– il Comitato giunge alle proprie conclusioni “dopo aver esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti”;
– stante la natura tecnico-discrezionale del giudizio del Comitato, esso è insindacabile nel merito in ordine alle valutazioni di carattere medico in esso contenute;
– nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, con esclusione quindi delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa;
– il parere del Comitato è altresì immune dal vizio di motivazione lamentato dal ricorrente, in quanto l’Organo consultivo ha puntualmente argomentato in relazione all’insussistenza del nesso eziologico tra i fatti di servizio e la patologia di che trattasi, anche sul piano concausale;
– non può ritenersi affetto dal lamentato vizio di motivazione neppure il decreto del -OMISSIS-adottato dall’Amministrazione, in quanto lo stesso deve intendersi motivato per relationem al parere del Comitato di Verifica ex art. 14, comma 1, d.P.R. n. 461-2001 e solo ove l’Amministrazione ritenga di doversi discostare dal parere del Comitato deve esplicitare le ragioni di tale scelta.
L’appellante contestava la sentenza del TAR deducendone l’erroneità .
Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si costituiva l’Amministrazione appellata chiedendo la reiezione dell’appello.
All’udienza pubblica del 21 gennaio 2020 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Rileva il Collegio che l’attuale appellante, Assistente Capo del Corpo di Polizia Penitenziaria, afferma che l’attività lavorativa svolta e le sue specifiche mansioni avrebbero avuto natura concausale nell’insorgenza, progressione e aggravamento dell’infermità diagnosticatagli dalla C.M.O. di BARI.
Per questo motivo, ha censurato il parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio n. -OMISSIS-che ha negato tale nesso causale o concausale.
Il predetto parere del Comitato è stato reso in base al d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, che ha disciplinato sistematicamente la materia, distinguendo (per quanto qui di interesse) tra le competenze relative all’accertamento clinico e quelle inerenti alla verifica della causa di servizio.
Ai sensi del citato Regolamento, l’accertamento e la conseguente diagnosi delle forme morbose, del momento di conoscibilità delle stesse e delle conseguenze sull’integrità fisica, psichica e sensoriale, è rimesso al giudizio delle Commissioni Mediche (cfr. art. 6), mentre il Comitato rende giudizi circa la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione denunciata dagli interessati (cfr. art. 11, comma 1), e l’adozione del provvedimento finale compete solo all’Amministrazione di appartenenza del dipendente, che si pronuncia sul solo riconoscimento di infermità o lesione dipendente da causa di servizio, su conforme parere del Comitato, anche nel caso di intempestività della domanda di equo indennizzo ai sensi dell’art. 2.
Ai sensi del d.P.R. n. 461-2001, dunque, soltanto il Comitato può riconoscere o negare la dipendenza da causa di servizio di una infermità o lesione, mentre la diagnosi dell’infermità e l’ascrivibilità a categoria dell’infermità medesima è rimessa alla competenza esclusiva della C.M.O.
Tale disciplina, si applica anche per i procedimenti pendenti, iniziati anteriormente alla data di entrata in vigore dell’indicato d.P.R. n. 461-2001 (cfr. disposizione transitoria di cui all’art. 18, comma 11, e cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, parere 6 maggio 2003, n. 1401).
2. Nel caso di specie, la C.M.O. di Bari ha provveduto a diagnosticare l’infermità “cardiopatia ipertensiva”, senza esprimere giudizi sulla dipendenza di detta infermità da causa di servizio (circostanza vietata dall’attuale normativa di settore) e il Comitato, sulla base del giudizio diagnostico formulato dalla predetta C.M.O., ha reso il parere impugnato, con il quale ha ritenuto l’infermità diagnosticata non dipendente da fatti di servizio.
Il Comitato ha legittimamente preso cognizione del verbale dell’Organo sanitario, che costituisce presupposto essenziale dell’attività del Comitato medesimo, in quanto contenente il quadro morboso diagnostico del dipendente, che deve essere valutato dal Comitato con riguardo all’attività di servizio svolta dal dipendente, al fine di accertare l’eventuale dipendenza dell’infermità, descritta nel quadro diagnostico, dai fatti di servizio.
Il Comitato ha, nella fattispecie, motivatamente escluso la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “cardiopatia ipertensiva”, dopo un’attenta disamina del rapporto sull’attività di servizio espletata dall’appellante, ponendo attenzione ad ogni aspetto delle mansioni lavorative disimpegnate dal dipendente sotto tutti i profili (modalità, tipologia e condizioni), e alla valutazione della loro capacità lesiva anche in relazione alle condizioni fisiche individuali, come riconosciuto dallo stesso Comitato nella motivazione del Parere n. -OMISSIS-.
Pertanto, i disagi prospettati dalla parte appellante durante lo svolgimento del servizio, così come descritti negli atti trasmessi dall’Amministrazione di appartenenza in sede di richiesta di parere, sono stati valutati dal Comitato e non riconosciuti apprezzabili ai fini del riconoscimento della dipendenza in questione, in quanto non configurabili quali fattori concausali efficienti e determinanti nell’insorgenza e decorso dell’infermità in questione.
Peraltro, anche se la patologia in esame è insorta nel corso del servizio svolto dal dipendente, ciò non è sufficiente ad integrare la prova della correlazione in questione, non essendovi nella materia in esame presunzioni legali o semplici che lo consentano.
3. Giova ricordare che la valutazione sulla dipendenza da causa di servizio ha carattere tecnico-discrezionale, e non è sindacabile salva la sua inattendibilità per l’insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento applicativo (a partire dalla nota sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601), nella specie non riscontrabili.
La CTU, come introdotta nel processo amministrativo dall’art. 16 della legge n. 205-2000, di cui chiede l’espletamento parte appellante costituisce un mezzo di ausilio di cui il giudice può avvalersi per una migliore conoscenza della fattispecie prospettata, qualora emergano dubbi circa l’apprezzamento (sul piano tecnico) del fatto.
Infatti, il Comitato di Verifica delle Cause di Servizio del Ministero delle Finanze è organo il cui operato è rivolto alla “valutazione degli aspetti eziologici delle infermità contratte dai pubblici dipendenti nello svolgimento delle mansioni cui sono contrattualmente preposti” e il suo parere è superabile a mezzo CTU solo ove la stessa “fornisca un qualche specifico elemento per ritenere palesemente illogico o palesemente errato il giudizio del Comitato” giacché “il giudizio medico legale circa la dipendenza di infermità da cause o concause di servizio si fonda su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale che, in quanto tali, sono sottratti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo”.
Nel caso in esame, come detto, la valutazione compiuta dal Comitato appare del tutto chiara e ragionevole e non lascia spazio a dubbi che possano indurre questo giudice ad attivare una consulenza tecnica.
4. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.
Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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