La valutazione ambientale strategica (VAS)

Consiglio di Stato, Sentenzaa|10 gennaio 2022| n. 145.

La valutazione ambientale strategica (VAS) agisce nella fase “a monte” del piano o programma astrattamente idoneo ad impattare significativamente sull’ambiente consentendo, se necessario, di ricorrere, poi, a misure di mitigazione da definirsi attraverso consultazioni con le altre autorità competenti nonché con le parti interessate. A mente dell’art. 7 D.Lgs. n. 152/2006 le Regioni, con proprie leggi e regolamenti, stabiliscono le modalità per l’individuazione dei piani e programmi o progetti da sottoporre a VAS. Tale norma ha distinto la procedura di VAS a livello statale da quelle riferibili ad ambiti regionali o locali, preoccupandosi poi esclusivamente della prima, anche in relazione alla indicazione dei soggetti competenti per le varie fasi della stessa. Per i casi di rilievo locale ha fatto rinvio alle disposizioni di legge regionale o delle Province autonome, evidenziando il limite di introdurre un’arbitraria discriminazione e ingiustificati aggravi procedimentali.

Sentenza|10 gennaio 2022| n. 145. La valutazione ambientale strategica (VAS)

Data udienza 2 dicembre 2021

Integrale

Tag- parola chiave: Ambiente – Valutazione ambientale strategica – Fase a monte – Mitigazione da definirsi attraverso consultazioni con le altre autorità competenti – Regioni – Competenze – Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, articolo 7

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sull’appello n. 2999 del 2015, proposto dalla s.r.l. Le. Gi., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Pi. ed Al. Ru., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Pr. in Roma, via (…);
contro
il Comune di Monza, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
la Regione Lombardia, la Provincia di Milano, la Città Metropolitana di Milano (succeduta alla Provincia di Milano), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sede di Milano (Sezione Seconda), n. 2180/2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Monza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2021 il consigliere Giuseppe Rotondo e uditi per le parti gli avvocati Al. Ru. e An. Sa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

La valutazione ambientale strategica (VAS)

FATTO

La signora Le. Gi. (già “Is. per l’Ed. In. Spa”) interpone appello avverso la sentenza n. 2180/2014 con cui il Tar per la Lombardia, pronunciando sul ricorso numero di registro generale 1259 del 2007 (composta dal ricorso principale e quattro motivi aggiunti), ha: in parte, dichiarato inammissibile ed in parte respinto il ricorso principale; in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto il primo ricorso per motivi aggiunti; ha respinto il secondo ricorso per motivi aggiunti; ha dichiarato inammissibile il terzo ricorso per motivi aggiunti; in parte ha dichiarato inammissibile e in parte ha respinto il quarto ricorso per motivi aggiunti.
Il complesso ricorso veniva proposto al Tar per la Lombardia al fine di conseguire:
1. a) l’annullamento dei seguenti atti: deliberazione G.C. n. 243 del 3 aprile 2007, avente ad oggetto “Piano attuativo denominato Cascina Cascinazza”, trasmessa con atti entrambi del 10 aprile 2007; nota del Sindaco datata 3 aprile 2007; (iii) referto istruttorio dell’Ufficio Urbanistica Operativa del Comune datato 10 maggio 2007; nota 26 aprile 2007 del Responsabile del Servizio Urbanistica Operativa del Comune; deliberazione C.C. n. 18 del 9 marzo 2007; deliberazione di G.C. n. 367 del 23 maggio 2007; determinazioni assunte nella seduta di Giunta Comunale del 2 novembre 2007 in relazione alle controdeduzioni alle osservazioni al PGT comunale e all’approvazione di quest’ultimo; delibera di approvazione definitiva del PGT;
2. b) il risarcimento il risarcimento in forma specifica, o in subordine per equivalente, dei danni patiti e patiendi dalla ricorrente a causa degli atti impugnati.
La ricorrente lamentava (e lamenta), a presupposto della impugnativa, la lesione che dagli atti avversati sarebbe derivata alla propria, qualificata posizione assertivamente posseduta in seno al procedimento, instaurato a domanda di parte nel 2004, per l’approvazione di un piano di lottizzazione. La caducazione di tali atti, sostiene l’interessata, consentirebbe di tutelare il proprio interesse alla conclusione positiva del procedimento relativo al piano di lottizzazione (risalente alla domanda del 2004) ovvero di conseguire, in alternativa o subordine, il risarcimento del danno da ritardo o perdita di chance.

 

La valutazione ambientale strategica (VAS)

Più in particolare, la ricorrente:
– con il ricorso principale, deduceva due mezzi di gravame per (i) illegittimità della deliberazione G.C. n. 243 del 3 aprile 2007 e dei successivi atti comunali relativi al preteso supplemento di istruttoria, (ii) illegittimità del piano di gestione del territorio, articolando cinque motivi vizianti, oltre l’istanza risarcitoria;
– con i primi motivi aggiunti, articolava avverso i medesimi atti (id est, il piano di gestione del territorio) due motivi-vizi;
– con i secondi motivi aggiunti, deduceva vizi autonomi della deliberazione G.C. n. 367 del 2007, nonché illegittimità in via derivata dai vizi della deliberazione G.C. 243/2007, articolando sette motivi-vizi avverso il procedimento di adozione-approvazione del PGT;
– con i terzi motivi aggiunti, deduceva tre motivi-vizi avverso le determinazioni impugnate;
– con i quarti motivi aggiunti, censurava la deliberazione n. 71 del 29 novembre 2007 di approvazione del Piano territoriale, in via autonoma articolando tre vizi, e in via derivata mediante sette profili vizianti.
Il Tar, con la sentenza impugnata, ha deciso nei sensi già sopra sintetizzati.
Appella la signora Le. Gi., riproponendo, come motivi di appello avverso la pronuncia del Tar, le originarie doglianze.
Con l’ordinanza n. 3776/2021, è stata dichiarata l’interruzione del processo ai sensi degli articoli 79, comma 2, del codice del processo amministrativo. e 299 e ss. del codice di procedura civile.
Il ricorso è stato ritualmente riassunto dinanzi al Consiglio di Stato.
Si è costituito il Comune di Monza, che resiste al ricorso con articolata memoria.
Le parti hanno depositato successive memorie difensive e di replica.
All’udienza del 2 dicembre 2021, l’appello è stato trattenuto per la decisione.

 

La valutazione ambientale strategica (VAS)

DIRITTO

Preliminarmente, il Collegio dà atto che, a seguito della proposizione dell’appello, è riemerso il thema decidendum del giudizio di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. – sicché, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, verranno presi direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020 con motivazione anche su esclusione profili revocatori).
L’appello è infondato.
Giova una esposizione dei fatti, per come desunta dalle allegazioni fornite dalle parti, nonché dalla versata documentazione.
Con deliberazione C.C. n.159 del 22 ottobre 1962 venne approvata una lottizzazione convenzionata, relativa a parte dei terreni non edificati di proprietà dell’Immobiliare Cascinazza, dante causa della odierna appellante, la cui edificazione residenziale non venne realizzata.
Seguirono alcune varianti al PRG (approvazione del P.P.A. e Piano dei Servizi) che modificarono (in senso conformativo e non espropriativo) la capacità edificatoria e di utilizzazione economica delle aree in questione.

 

La valutazione ambientale strategica (VAS)

Con deliberazione C.C. n. 28 del 25 marzo 2002, il Comune adottò una nuova variante generale del PRG (c.d. “Piano Tomè”) che classificava le aree in questione (in revoca alla precedente destinazione) come “area F speciale di perequazione e riqualificazione (comparto B2)” con un indice di fabbricabilità territoriale di 0,15 mq/mq”.
L’appellante presentava una proposta di piano di lottizzazione in data 5 marzo 2004.
Nell’esaminare l’istanza, il Settore urbanistica riscontrava “notevoli difformità” tra la proposta di Piano attuativo e lo strumento urbanistico generale vigente, riguardanti la volumetria assentibile, la capacità insediativa, la sua collocazione (ubicato prevalentemente in Fascia A del piano stralcio per l’assetto idrogeologico (P.A.I.), la mancanza di V.I.A., che non consentivano l’edificazione proposta; pertanto, con provvedimento del 27 dicembre 2004, adottava le norme di salvaguardia.
Il Tar annullava il provvedimento con sentenza n. 533 del 15 marzo 2005.
Il Comune reiterava le misure con deliberazione di G.C. n. 339 del 24 maggio 2005, in relazione alla variante generale adottata il 25 marzo 2002.
La deliberazione veniva impugnata dinanzi al Tar (ricorso n. 2093/2005), unitamente alla variante del 2002, con annessa domanda risarcitoria.

 

La valutazione ambientale strategica (VAS)

Con sentenza n. 1804/2006, il TAR dichiarava irricevibile sul ricorso con riferimento all’impugnazione della deliberazione di C.C. n. 28/2002 (la variante), respingeva la domanda di risarcimento dei danni, accoglieva l’impugnativa della delibera n. 399/2005 (misure di salvaguardia) annullandola. Gli appelli avverso la sentenza venivano successivamente rinunciati (sentenze del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 5079/2011 e n. 5080/2011).
Il Comune di Monza, con deliberazione di G.C. n. 516/2006, deliberava un atto di “indirizzo generale, da assumere nell’istruttoria delle pratiche edilizie ed urbanistiche” nel senso che “la variante generale adottata con deliberazione del Consiglio Comunale n. 28 del 25 marzo 2002 deve considerarsi a tutti gli effetti in regime di salvaguardia fino alla naturale decorrenza quinquennale dal giorno della sua adozione”.
Seguiva la deliberazione di G.C. n. 640 del 12 ottobre 2006, di applicazione della misura di salvaguardia, adottata sul motivato presupposto del contrasto tra il piano di lottizzazione proposto e la variante adottata il 25 marzo 2002. In particolare, si ravvisavano difformità tra il peso insediativo progettato e quello previsto dalla variante, il primo “nettamente superiore”.
La delibera n. 640/2006 veniva impugnata dinanzi al Tar.
Intanto, con deliberazione consiliare n.18 del 9 marzo 2007, veniva adottato il Piano del Governo del Territorio.

 

La valutazione ambientale strategica (VAS)

A motivo del nuovo strumento urbanistico, il Comune, con deliberazione n. 243/2007 ravvisava l’esigenza di una rinnovata valutazione del piano di lottizzazione circa la sua conformità e alle prescrizioni recate dal P GT adottato.
Il P.G.T. veniva approvato definitivamente con deliberazione C.C. n. 71 del 29 novembre 2007.
Per effetto del Piano, la proprietà dell’appellante (rectius, della sua dante causa “Istedin”) tornava ad avere, per la maggior parte, la destinazione agricola prevista già con il PRG del 1949 (rimasto vigente sino al 1971), eccezion fatta per la parte ricadente negli ambiti di trasformazione 27a, 27b, 27 c, 27d.
Tale destinazione persisteva anche dopo l’inserimento delle aree in questione nel Parco locale di interesse sovracomunale della Valle del Medio Lambro.
Seguiva, da ultimo la deliberazione C.C. n. 8 del 6 febbraio 2017 recante l’approvazione della variante generale del PGT.
In questo contesto storico fattuale si inserisce l’odierno contenzioso, deciso dal Tar con la sentenza sopra riassunta nei suoi tratti dispositivi.
La sentenza merita conferma, con le integrazioni motivazionali che seguono in punto di infondatezza del gravame originario.

 

La valutazione ambientale strategica (VAS)

Con riguardo al primo motivo, correttamente il Tar ha ritenuto la deliberazione G.C. n. 243 del 3 aprile 2007 atto non autonomamente lesivo.
Si tratta di un atto con il quale il Comune ha disposto un supplemento di istruttoria sull’istanza di piano di lottizzazione, a seguito dell’adozione del nuovo PGT, che si inserisce, pertanto, nel relativo procedimento (di esame del Piano attuativo) i cui vizi potranno essere fatti valere nei confronti del provvedimento conclusivo.
Né la lesività può essere (in via successiva) inferirsi a cagione della ordinanza cautelare n.1159 del 6 marzo 2007, pubblicata il seguente giorno 7, con la quale il Consiglio di Stato aveva ritenuto di sospendere regime di salvaguardia relativo alla variante con il conseguente l’obbligo del Comune di pronunciarsi sul piano di lottizzazione, attesa la natura incidentale e l’efficacia meramente interinale dell’ordinanza in questione nonché la natura degli interessi posseduti e azionati dall’appellante, di tipo pretensivo, come tali destinati a essere regolati definitivamente a seguito dell’esercizio dei poteri urbanistici con l’approvazione del Piano di gestione del territorio avvenuta il giorno 9 marzo 2007; provvedimento quest’ultimo, in cui sono confluiti gli eventuali vizi derivati dal mancato esame della proposta.
Quanto al contenuto delle successive note, adottate in conseguenza della suddetta deliberazione, va osservato che, in linea di principio e per quanto rileva ai fini dello scrutinio del presente vizio, spettava al Comune compiere la verifica di compatibilità della proposta con le previsioni del piano adottato, per non vanificare le prescrizioni in esso contenute e pregiudicare così l’assetto in itinere del territorio; inoltre, la stessa aveva un mero valore informativo e di invito alla partecipazione procedimentale.
Sempre con il primo motivo, la ricorrente originaria lamenta l’erronea applicazione delle misure di salvaguardia al procedimento preordinato all’approvazione del piano di lottizzazione, ritenendo che le stesse possano trovare applicazione soltanto per i permessi di costruire.
La cesura è infondata.
Va osservato, sul punto, che il piano di lottizzazione comporta, sempre e comunque, a valle, il rilascio del permesso di costruire che, a sua volta, implica, in via istruttoria, il riscontro di compatibilità urbanistica della proposta progettuale. Ad ogni modo, la ratio del permesso di costruire e quella sottesa alle convenzioni urbanistiche è la medesima, trattandosi solo di modalità diverse autorizzative dello stesso ius aedificandi.
Il primo motivo va, dunque, respinto.

 

La valutazione ambientale strategica (VAS)

Con il secondo motivo di appello, l’interessata censura la sentenza del Tar nella parte in cui non avrebbe ravvisato un profilo di illegittimità nel mancato rispetto delle norme di evidenza pubblica per l’affidamento dell’incarico di progettazione del PGT.
Il motivo può essere esaminato congiuntamente al terzo, con il quale l’appellante lamenta il contingentamento dei tempi di intervento dei consiglieri nel corso della discussione che ha condotto all’adozione del PGT.
Entrambi i motivi vanni dichiarati inammissibili per difetto di legittimazione attiva.
Quanto al motivo n. 2, il difetto rileva a cagione della estraneità dell’appellante al procedimento di nomina del professionista incaricato della progettazione.
Costei lamenta, in buona sostanza, la violazione degli atti inerenti la (mancata) procedura di gara per la scelta del professionista.
Sia la Corte Costituzionale (sentenza n. 245/2016) che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (28 novembre 2018 (causa C 328/17) hanno riconosciuto la possibilità di impugnare gli atti di una procedura di gara ai soli operatori economici del settore interessato alla procedura di affidamento dell’incarico ovvero che abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara stessa e ne siano rimasti pregiudicati.
Può soggiungersi che, l’interesse tutelato nella fattispecie si collega a una forma di partecipazione posta a tutela di posizioni sostanziali che rilevano uti singuli, ovvero in funzione individuale e personale. Ragion per cui, a dolersi della violazione può essere soltanto il soggetto nei confronti della cui posizione la norma di protezione è posta a tutela.
Per le stesse ragioni di principio, sussiste il difetto di legittimazione a dedurre il motivo n. 3 di appello. Il vulnus al “munus pubblico” può essere contestato soltanto dai consiglieri comunali, a tutela dei cui ufficio opera la norma sulle modalità di partecipazione alle adunanze consiliare, i quali soltanto, pertanto, hanno interesse a farne valere la violazione.
Con il quinto motivo di appello, l’appellante censura la sentenza nella parte in cui non avrebbe escluso la sussistenza di un affidamento qualificato nonostante che l’istanza fosse stata istruita positivamente dal Comune, tenuto conto anche dell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 1159 del 6 marzo 2007.
A sui dire, il P.G.T. mancherebbe “di qualsivoglia riferimento al piano di lottizzazione in questione già da tempo (dal 2004) positivamente istruito dagli stessi uffici comunali che, dunque, non poteva essere così del tutto immotivatamente ignorato”.
Il motivo è infondato.
Sul punto va richiamata la sentenza n. 135/2021, con la quale la Sezione si è pronunciata sulla posizione di preteso affidamento fatta valere dalla Società in tutti i contenziosi che hanno caratterizzato la vicenda in esame, alle cui motivazioni (integrali) il Collegio rinvia a integrazione delle ragioni di infondatezza già opposte dalla sentenza di primo grado.
Per sintesi, qui basta riportare il seguente passo della sentenza n. 135/2021: “Tale assunto è tuttavia destituito di fondamento, poiché nessun particolare affidamento può derivare da uno strumento attuativo che è venuto a scadenza sin dal 1974, per effetto del combinato disposto dell’art. 23 delle NTA del PRG approvato nel 1971 e dell’art. 18 della convenzione del 1962, in precedenza richiamati. Né maggior rilievo può essere attribuito alla mera proposta di un nuovo Piano di lottizzazione presentata nel 2004, quest’ultima basata sulle previsioni del PRG del 1971, all’epoca ancora vigente. Quand’anche, infatti, il ritardo nell’esame di tale proposta fosse addebitabile al Comune di Monza, resta il fatto che tale Piano non è stato mai approvato, sicché il Comune, al momento in cui ha provveduto ad adottare la Variante generale in esame era, relativamente al compendio per cui è causa, nella piena disponibilità delle proprie prerogative in materia urbanistica (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato sez. II, 2 marzo 2020, n. 1485)”.

 

La valutazione ambientale strategica (VAS)

Può soggiungersi, in punto di insussistenza di profili fondanti una aspettativa qualificata all’approvazione del piano di lottizzazione, la evidenziata difformità urbanistica della proposta con il PGT adottato e successivamente approvato, laddove è stato rappresentato dal Comune il contrasto della proposta con la capacità insediativa prevista dallo steso PRG adottato, consistente nella difficoltà in ordine alle esatte misurazioni della superficie di proprietà dichiarata di mq. 504.961 nonché avuto riguardo alla volumetria di mc. 388.485 prevista dal progetto di piano, “largamente superiore a quella prevista applicando l’indice territoriale di 0,15 mq/mq” (previsto dal PRG adottato e in salvaguardia): 504.961 x 0,15= 75.744,15 mc”.
Difformità ulteriormente rappresentate dalla collocazione in Fascia A), che non consente l’edificazione proposta.
Tale edificazione, invero, sarebbe stata ammessa dalla variante del P.A.I. adottata il 3 marzo 2004 (come sostenuto in tesi dall’appellante con il sesto motivo di ricorso al Tar: nell’ordine progressivo, il primo dei motivi aggiunti).
Tuttavia, va considerato che detta variante, al tempo, non ancora risultava approvata; la stessa, in ogni caso, deve ritenersi superata a seguito della “formazione della vasca di laminazione del fiume Lambro”.
L’appellante ha, altresì, sostenuto, sempre con il motivo all’esame, che il piano adottato sarebbe viziato per l’illegittimità di altre disposizioni del p.g.t. in quanto “assunte in carenza di una specifica norma (statale o regionale) o in modifica di prescrizioni regolamentari e procedurali previste dall’ordinamento, con particolare riferimento a: la definizione di “Parco commerciale” o la destinazione “mista” per le attività di vendita previste dall’articolo 16 del Piano delle Regole”.
Il Collegio condivide la pronuncia di inammissibilità del Tar considerata la genericità della censura che neppure individua per quali aree sussisterebbe la lamentata lesione.
Ne consegue, in parte l’infondatezza e in parte l’inammissibilità del motivo di gravame.
Quanto ai vizi dedotti con i secondi motivi aggiunti al ricorso di primo grado (ripresi in appello), essi sono stati già sopra scrutinati con riguardo (i) ai profili afferenti le misure di salvaguardia applicate al procedimento di lottizzazione (applicazione riscontrata legittima), (ii) alla (ir)rilevanza dell’ordinanza cautelare del 6 marzo 2007 (siccome di efficacia interinale), (iii) alla riscontrata legittimità della deliberazione di G.C. n. 243 del 3 aprile 2007 (recante supplemento di istruttoria), da cui consegue l’infondatezza dei vizi che dalla stessa sarebbero derivati alla deliberazione rilievi di illegittimità derivata alla deliberazione n. 367 del 2007. Sul punto, va soggiunto che altrettanto legittimo s’appalesa il comportamento del Comune di sollecitare un supplemento di istruttoria non potendo il procedimento essere regolato rebus sic stantibus sulla base della documentazione progettuale ritenuta non coerente con la programmazione in fieri.
Con i terzi motivi aggiunti al ricorso di primo grado, i cui profili vizianti sono stati ripresi sub motivi di appello, l’interessata censura il deficit motivazionale del Piano nella parte in cui avrebbe obliterato la circostanza che l’area in questione aveva sempre goduto di una destinazione di natura edificatoria residenziale.
Il rilievo è infondato.
In primo luogo, e in punto di fatto, l’area in questione non sempre ha goduto di una tale destinazione; al riguardo vanno ripercorsi gli sviluppi urbanistici che hanno interessato l’area, di cui è stata già fatta sopra illustrazione e di cui pure è stato dato conto con la sentenza della Sezione n. 135 del 2021.
In secondo luogo, il rilievo è infondato tenuto conto di quanto già sopra argomentato a proposito della mancanza di un affidamento qualificato in capo all’istante circa la destinazione urbanistica da imprimere all’area in sede di pianificazione territoriale. E invero, una volta escluso che la posizione dell’appellante rivestisse, all’interno dei rapporti con l’Amministrazione, una posizione qualificata in termini di affidamento legittimo (vedi ex plurimis sentenza inter partes n. 135/2021), ne consegue che anche la destinazione da imprimere alle aree, in assenza appunto di un rapporto qualificato preesistente, restava nella piena discrezionalità amministrativa del Comune.
Da qui, l’infondatezza anche dei rilievi afferenti il mancato recepimento delle osservazioni procedimentali.

 

La valutazione ambientale strategica (VAS)

Quanto alla dedotta violazione dell’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990, si tratta di censura priva di fondamento ove si consideri che le ragioni ostative erano state ben rappresentate e articolate dal Comune nel corso delle interlocutorie procedimentali.
Anche la censura relativa alla mancata pubblicazione della deliberazione G.C. di proposta delle controdeduzioni alle osservazioni al PGT è infondata, ove considerato che si tratta di una semplice proposta di deliberazione al Consiglio Comunale, come tale non soggetta al sollecitato adempimento.
Il suo contenuto, ad ogni modo, è stato successivamente riportato nella deliberazione n.71 del 2007 di approvazione del PGT, in tal modo assolvendosi in via sostanziale e dirimente all’invocato principio di trasparenza.
Anche i terzi motivi aggiunti devono, dunque, essere respinti.
Con il quarto dei motivi aggiunti al ricorso di primo grado, l’appellante ha censurato la deliberazione n. 71 del 29 novembre 2007 perché i consiglieri comunali direttamente interessati avrebbero dovuto abbandonare l’aula; obbligo da osservarsi da parte dei consiglieri interessati qualora si tratti la loro osservazione (art. 15 dello Statuto).
La censura è inammissibile per carenza di interesse.
L’obbligo di astensione sussiste per i consiglieri in relazione al proprio, personale interesse, avuto riguardo cioè alla trattazione delle osservazioni che li riguardano.
Nel caso di specie, l’appellante non ha comprovato che le proprie aree ricadrebbero (anche) nella sfera di interesse personale dei consiglieri comunali.
La censura, pertanto, se anche accolta non arrecherebbe alcun beneficio all’interessata.
L’unico effetto che ne discenderebbe, infatti, a mente dell’art. 78 del TUEE.LL., qualora pure venisse annullato in parte qua il Piano con sentenza passata in giudicato, sarebbe quello della caducazione delle parti del PGT connesse con le osservazioni per le quali sussisteva il diretto interesse dei consiglieri.
Con i medesimi motivi aggiunti ora in esame, l’appellante ha, altresì, censurato il PGT che classifica l’area della ricorrente “”parte negli ambiti n° 27a, 27b, 27c, 27d e parte [la più consistente] in area E”.
Questa classificazione, riferisce l’istante, è rimasta immutata anche in sede di approvazione in quanto l’osservazione in merito presentata dalla ricorrente (la n. 177) non è stata accolta.
La classificazione dell’area sarebbe, ad avviso dell’interessata, già ex se illegittima. Parimenti lo sarebbe anche il mancato accoglimento dell’osservazione della ricorrente (oggi appellante) e il conseguente rinvio della considerazione di essa ad una futura variante.
La censura è infondata.
Essa riposa sul medesimo presupposto fattuale e giuridico, già sopra rigettato, che sussisterebbe in capo alla ricorrente una aspettativa qualificata a conseguire una precisa conformazione urbanistica delle aree conforme alla proposta progettuale del 2004, mai come detto approvata né convenzionata.
Anche in questo caso, deve annotarsi l’ampia discrezionalità di cui gode il Comune nella facoltà di modificare la pregressa destinazione urbanistica previgente, anche in senso peggiorativo, senza che la preesistenza della capacità edificatoria comporti un particolare onere motivazionale per l’amministrazione in assenza (come nella specie) di un consolidato rapporto qualificato tra le parti.
Anche a tale proposito, il Collegio richiama, a integrazione, le motivazioni di cui alla sentenza n. 135/2021 resa inter partes.
L’appellante ha anche lamentato la violazione delle prescrizioni comunitarie perché l’amministrazione ha assoggettato a VAS solo il documento di Piano.
Il Tar ha dichiarato inammissibile la censura.
La censura è inammissibile e infondata.
L’appellante tende a conseguire la ripetizione del procedimento di VAS nell’ottica di un nuovo esercizio del potere pianificatorio.
Più in particolare, l’interesse della ricorrente è volto a conseguire una nuova classificazione delle aree in grado di consentirle l’edificazione agognata anche con il superamento della tutela paesaggistica prevista dal PGT.
Si tratta di un interesse che trova ostacolo con la tutela accordata ai valori ambientali e paesagistici intercettati dal Piano con articolata motivazione, che la Sezione ha già riscontrato legittima avuto riguardo alla destinazione agricola delle aree di proprietà dell’istante.
Sul punto, ancora una volta s’appalesa utile quanto statuito dalla sentenza del Consiglio di Stato n.135/2021 con la quale è stato ribadito, proprio con riferimento alle aree dell’appellante, che “l’esercizio del potere di pianificazione è correttamente esercitato anche in funzione di salvaguardia dei valori ambientali e paesaggistici, considerato che nella pianificazione urbanistica trovano spazio ‘esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liber?”.
In questi termini la questione, appare evidente una carenza di interesse alla deduzione del vizio in esame, anche perché l’appellante non ha specificato, nel ricorso di primo grado, quali iniziative che incidano sull’ambiente sono state sottratte alla VAS e come le stesse si correlino al proprio specifico interesse”.
L’appellante sostiene che l’amministrazione avrebbe violato, in parte qua, la direttiva 2001/42/CE, recante “valutazione degli effetti sull’ambiente di determinati piani e programmi”, che all’articolo 3, paragrafo 2, dispone “che debba necessariamente essere effettuata una VAS per tutti i Piani ed i Programmi…”.
La censura è infondata.
La disposizione comunitaria è stata recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. n. 152/2006.

 

La valutazione ambientale strategica (VAS)

L’articolo 7, secondo comma, del citato decreto, dispone che sono sottoposti a VAS, secondo le disposizioni della legge regionale, i piani e i programmi di cui all’art.6, commi da 1 a 4.
Il Collegio condivide la tesi del Comune secondo cui la norma in esame, e quella sovraordinata, contemplano il riferimento a un concetto “aperto” quanto agli strumenti di pianificazione territoriale (tra cui, appunto, rientra il documento di piano assoggettato a Vas), ragion per cui il legislatore regionale ha potuto dettare, nell’esercizio della propria potestà legislativa concorrente, la disciplina di dettaglio anche nel senso avere individuato (soltanto) nel documento di piano lo strumento da assoggettare a VAS, e non anche – come sostenuto in tesi dall’appellante – nel piano dei servizi o nel piano delle regole; tale soluzione non appare in contrasto con le fonti sovraordinate ove considerata la centralità che assume il documento di piano nell’ambito della pianificazione e tenuto conto, altresì, che la VAS agisce nella fase “a monte” del piano o programma consentendo, se necessario, di ricorrere a misure di mitigazione che saranno definite attraverso consultazioni con le altre autorità competenti nonché con le parti interessate.
Deve riscontrarsi, dunque, la compatibilità della censurata normativa regionale, la quale ha fatto pedissequa applicazione dell’articolo 7 del Codice dell’ambiente, a mente del quale le Regioni, con proprie leggi e regolamenti, stabiliscono le modalità per l’individuazione dei piani e programmi o progetti da sottoporre a VAS.
Tutti i motivi di doglianza s’appalesano, dunque, infondati. L’appello – quanto alla domanda di annullamento – risulta, pertanto, infondato e come tale da respingere.
La sua infondatezza ridonda sull’istanza risarcitoria in termini di inaccoglibilità della relativa domanda, non ravvisandosi, nella fattispecie, alcun profilo di danno ingiusto (in termini di illegittimità degli atti, avuto riguardo alle censure dedotte ed esaminate), né tantomeno i presupposti della condotta illecita, non ravvisandosi, per quanto sin qui argomentato, la violazione di regole generali di condotta (id est, canoni di imparzialità, buon andamento, diligenza, leale collaborazione).
Le spese del secondo giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 2999 del 2015, come in ‘appello e, per l’effetto, lo respinge.
Condanna parte appellante al pagamento delle spese del giudizio di appello, che si liquidano, in favore del Comune di Monza, in euro 10.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Oberdan Forlenza – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Giuseppe Rotondo – Consigliere, Estensore

 

 

La valutazione ambientale strategica (VAS)

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *