La stabilizzazione consiste in una procedura selettiva di conferma

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 18 ottobre 2019, n. 7075.

La massima estrapolata:

La stabilizzazione consiste in una procedura selettiva di conferma nelle funzioni già svolte di personale precario che quella stessa qualifica ha conseguito tramite pubblico concorso: a tale tipologia di “stabilizzazione” si addice, quindi, secondo l’indirizzo delle Sezioni Unite, il carattere “concorsuale”.

Sentenza 18 ottobre 2019, n. 7075

Data udienza 19 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1487 del 2019, proposto da
Fr. Ma. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Fa. Ra., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi. Na. in Roma, via (…);
contro
Istituto Superiore di Sanità, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Ha. Ab. Ha. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Do. Na., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, (…);
Fr. Pr., Ma. La. – non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza n. 1848/2019, resa tra le parti, concernente il concorso riservato, per titoli ed esami, mediante procedura di reclutamento speciale transitoria, per l’assunzione, a tempo indeterminato di 345 unità ;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 settembre 2019 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti l’avvocato Fa. Ra. e l’avvocato dello Stato Ma. Ru.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Gli odierni appellanti sono dipendenti dell’Istituto Superiore di Sanità, assunti a tempo indeterminato ed inquadrati come “ricercatori” di terzo livello.
L’art. 15 del C.C.N.L. 2002-2005 relativo al comparto delle Istituzioni e degli Enti di ricerca e sperimentazione individua, con riguardo al profilo professionale di “ricercatore”, i tre diversi livelli di “ricercatore”, “primo ricercatore” e “dirigente di ricerca”.
2. L’interesse sotteso all’impugnativa è quello alla progressione di inquadramento da “ricercatore” a “primo ricercatore”.
3. Sono contestati il decreto n. 176 del 5 luglio 2017, con il quale l’Istituto Superiore di Sanità ha indetto una procedura concorsuale per titoli ed esami; nonché la presupposta deliberazione n. 4/2017, con la quale il predetto Istituto ha approvato il piano straordinario delle assunzioni relativo al triennio 2017/2018/2019.
4. Detto piano straordinario ha previsto le seguenti forme di reclutamento del personale:
a) un concorso riservato a personale assunto presso l’ISS a tempo determinato (con tre anni di anzianità ), per la copertura di complessivi n. 345 posti, di diverse qualifiche, tra cui n. 3 posti di “primo ricercatore” (quelli al cui conseguimento ambiscono i ricorrenti);
b) un reclutamento ordinario al fine di garantire l’accesso di personale anche dall’esterno, attraverso lo strumento dello scorrimento di graduatorie concorsuali ancora valide con chiamata di idonei per un numero di n. 124 unità .
5. Gli appellanti lamentano di non poter concorrere né per la procedura di reclutamento di cui alla lettera a), in quanto riservata al solo personale già inquadrato, con contratto a tempo determinato, nella qualifica da ricoprire; né per quella di cui alla lett b), poiché essa non prevede l’assunzione di “primi ricercatori”.
6. Con due distinte domande gli stessi chiedono pertanto:
a) in via principale, di essere ammessi alla procedura di reclutamento straordinaria di 345 unità di cui al decreto n. 176/2017 (riservata soltanto al personale con contratto a tempo determinato e anzianità triennale), al fine di concorrere per i n. 3 posti di “primo ricercatore” alle stesse condizioni degli altri partecipanti;
b) in via subordinata, l’annullamento della procedura riservata e l’indizione di una nuova procedura selettiva per il livello di “primo ricercatore” a tempo indeterminato, che preveda la possibilità di partecipazione aperta – oltre che ai dipendenti precari a tempo determinato già inquadrati nella medesima qualifica – a tutti dipendenti a tempo indeterminato con qualifica inferiore a quella messa a concorso, mediante valutazione della relativa anzianità di servizio.
7. Il Tar adito, con la pronuncia qui appellata n. 1848/2019, riconosciuta la propria giurisdizione e assorbite le eccezioni preliminari sollevate dalle parti resistenti, ha respinto il ricorso.
8. Le sei censure dedotte in primo grado vengono riproposte in questa sede, sulla base di una rivisitazione critica delle conclusioni accolte nella motivazione impugnata.
9. Si sono costituiti in giudizio l’Istituto Superiore di Sanità ed alcuni dei soggetti controinteressati, meglio indicati in epigrafe, i quali hanno svolto deduzioni in replica alle istanze avversarie.
10. A seguito del rinvio al merito dell’istanza cautelare, la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 19 settembre 2019.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di gravame, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 3-bis, del d.l. n. 244/2016, convertito in l. n. 19/2017; la violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 per motivazione carente e incoerente; l’eccesso di potere per presupposto erroneo e travisamento dei fatti, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta; la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3, 35, 51 e 97 della Costituzione.
In sintesi, essi sostengono che il ricorso alla procedura di stabilizzazione di n. 230 unità, disposto ai sensi dell’art. 1 comma 3 bis, d.l. n. 244/2016, non avrebbe permesso all’ISS di indire un’altra procedura di stabilizzazione per ulteriori n. 115 unità, programmata con l’utilizzo delle risorse assunzionali proprie dell’ente.
1.1. Il primo giudice ha respinto il motivo, affermando che la copertura finanziaria per la stabilizzazione del personale precario è assicurata da due distinte fonti, ovvero:
– per n. 230 unità lavorative, dall’art. 1, comma 3-bis del decreto – legge 30 dicembre n. 2016 n. 244 (c.d. “decreto milleproroghe”), convertito in l. 19/2017;
– per n. 115 unità lavorative, dal 50% delle risorse assunzionali proprie dell’ISS, sulla base di quanto disposto dall’art. 4 comma 6 del d.l. 31 agosto 2013 n. 101, convertito in legge 30 ottobre 2013 n. 125.
1.2. Si obietta da parte appellante che anche le n. 230 unità sono state attinte da quanto consentito dal medesimo art. 4, comma 6, d.l. n. 101/2013.
Ciò in quanto il d.l. n. 244/2016 (cd. “Decreto Milleproroghe”), all’art. 1 comma 3 bis, fa richiamo al d.l. n. 101/2013, stabilendo che “..l’Istituto Superiore di Sanità può bandire… procedure concorsuali, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo indeterminato di personale non dirigenziale, per 230 unità complessive, ai sensi del citato articolo 4, comma 6, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125”.
Nella prospettazione tratteggiata in ricorso assume rilievo centrale il terz’ultimo periodo dell’art. 4 comma 6, del d.l. n. 101/2013, ai sensi del quale “le procedure selettive di cui al presente comma possono essere avviate solo a valere sulle risorse assunzionali relative agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, anche complessivamente considerate, in misura non superiore al 50 per cento, in alternativa a quelle di cui all’articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.
Sempre secondo il ragionamento degli appellanti, la quota del 50% delle risorse assunzionali andava computata sul totale dei posti disponibili nella dotazione organica ed ammontanti a (230+115+124) 469, con la conseguenza che:
a) almeno n. 235 unità (e non 124) dovevano essere reclutate dall’esterno;
b) non più di 234 unità potevano essere oggetto della stabilizzazione di cui hanno invece beneficiato ben 345 unità .
L’amministrazione, al contrario, ha operato il computo del limite del 50% esclusivamente sul totale dei posti disponibili nella dotazione organica che erano finanziati con i fondi dell’Istituto e, quindi, escludendo i 230 posti previsti dal d.l. n. 244/2016.
1.3. In stretta connessione con il precedente, viene rilievo il secondo motivo di censura riferito alla asserita violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.l. n. 101/2013 e degli artt. 24 e 62 del d.lgs. n. 150/2009, dell’art. 52 del d.lgs. n. 163/2001 e degli artt. 3, 35, 51 e 97 Cost.; all’eccesso di potere per violazione degli artt. 8 e 12 del decreto dell’Istituto Superiore di Sanità del 3 ottobre 2002; alla violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, per carenza di motivazione; all’eccesso di potere per presupposto erroneo e per sviamento.
Si sostiene che, in violazione delle disposizioni richiamate in rubrica, il programma di reclutamento straordinario 2017-2019, approvato con delibera n. 4/2017, non avrebbe garantito il previsto accesso dall’esterno nella misura normativamente stabilita del 50%, non essendo stato previsto alcun concorso pubblico per accedere al livello di “primo ricercatore”.
In particolare, risulterebbero essere stati violati:
a) sia il “limite massimo complessivo del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili” da destinare alla procedura di stabilizzazione, come previsto dall’art. 35 comma 3-bis, d.lgs. n. 165/2001;
b) sia il limite massimo complessivo del 50 per cento delle “risorse assunzionali” disponibili, da destinare alla procedura di stabilizzazione in base all’art. 4 comma 6, del d.l. n. 101/2013.
Si aggiunge da parte appellante che il rispetto della quota del 50% da riservare all’accesso esterno andrebbe calcolato con riferimento ai singoli posti di primo ricercatore e non sul numero di posti complessivi messi a bando (come chiarito da Corte Cost. n. 90/2012); viceversa, con riferimento al livello di primo ricercatore è stata prevista soltanto la procedura selettiva riservata al personale precario e non anche quella ordinaria, attraverso lo scorrimento di graduatorie.
Di un eventuale scorrimento i ricorrenti comunque non avrebbero potuto beneficiare, poiché da tempo l’ISS non ha più indetto concorsi per il livello di primo ricercatore a tempo indeterminato, sicché ad oggi non esistono graduatorie suscettibili scorrimento per la copertura di tali posizioni.
1.4. Le censure sin qui riepilogate possono essere raccolte a fattor comune, in quanto tutte convergenti nel censurare un “eccesso di riserva” per effetto del quale l’amministrazione avrebbe individuato il numero dei posti da mettere a concorso superando il contingente di 230 unità previsto dal d.l. 244/2016 e, comunque, eccedendo il limite del 50% dei posti assegnabili ai precari imposto dal d.l. 101/2013.
1.5. E’ opportuno richiamare testualmente le disposizioni normative di riferimento.
Ai sensi dell’art. 1 comma 3 bis del d.l. 244/2016, “nel triennio 2017-2019, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno e previo espletamento della procedura di cui all’articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, al fine di favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato, l’Istituto superiore di sanità può bandire, in deroga alle procedure di mobilità di cui all’articolo 30, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché ad ogni altra procedura per l’assorbimento del personale in esubero dalle amministrazioni pubbliche e nel limite dei posti disponibili nella propria dotazione organica, procedure concorsuali, per titoli ed esami, per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale, per 230 unità complessive, ai sensi del citato articolo 4, comma 6, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125”.
Dispone inoltre l’art. 1 comma 3 ter del medesimo d.l. 244/2016 che “all’onere derivante dall’attuazione del comma 3- bis, si provvede per il 2017 con Euro 6.000.000,00 e a decorrere dal 2018 con Euro 11.685.840,00”.
Infine, per effetto dell’art. 4 comma 6, del d.l. n. 101/2013 “dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 31 dicembre 2016, le amministrazioni possono bandire, nel rispetto dei vincoli assunzionali vigenti e con i limiti stabiliti dall’art. 35 comma 3 bis del d.lgs. n. 165/2001, concorsi riservati.. le procedure selettive di cui al presente comma possono essere avviate solo a valere sulle risorse assunzionali relative agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, anche complessivamente considerate, in misura non superiore al 50 per cento, in alternativa a quelle di cui all’articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.
1.6.Va innanzitutto chiarito il senso del limite del 50% delle “risorse assunzionali” fissato dall’art. 4 comma 6, del d.l. n. 101/2013 – a sua volta richiamato dall’art. 1 comma 3 bis del d.l. 244/2016 (“.. le procedure selettive di cui al presente comma possono essere avviate solo a valere sulle risorse assunzionali relative agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, anche complessivamente considerate, in misura non superiore al 50 per cento, in alternativa a quelle di cui all’articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”).
1.7. Il Collegio ritiene che per “risorse assunzionali” debbano intendersi le “risorse funzionali all’assunzione” e che non sia plausibile interpretare l’espressione come riferita ai posti vacanti destinati a nuove assunzioni.
Da punto di vista letterale, innanzitutto, per “risorsa” deve intendersi un mezzo o una dotazione di cui si può disporre ad un certo fine, capace quindi di generare una utilità attuale: una semantica, questa, evidentemente estranea al concetto di “scopertura di organico” o di “posto disponibile”.
1.8. A favore della medesima interpretazione concorre il testo dell’art. 4 comma 6, del d.l. n. 101/2013, nella parte in cui fa riferimento “in via alternativa” alle risorse assunzionali “di cui all’articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”: il fatto che in tale ultima disposizione vengano menzionate le “risorse finanziarie disponibili”, lascia intendere che analoga natura (finanziaria) rivestano le risorse assunzionali prese in considerazione, “in via alternativa”, dall’art. 4 comma 6, del d.l. n. 101/2013.
1.9. In una prospettiva di tipo sistematico viene poi in rilevo la circolare n. 5/2013, ove si chiarisce che “In tema di reclutamento speciale, volto al superamento del precariato, era già intervenuta la legge di stabilità del 2013 che, a regime, aveva previsto le procedure di cui all’articolo 3S, comma 3-bis, del d.lgs. 165/2001, procedure che non possono cumularsi con quelle transitorie introdotte dal decreto-legge, assorbendo cioè il 100 per cento delle risorse assunzionali utili, per evitare di compromettere il principio dell’adeguato accesso dall’esterno. In questo senso va interpretato il concetto di alternatività previsto dall’articolo 4, comma 6, terzultimo periodo. Tuttavia, nel limite massimo del 50% delle risorse destinate alle assunzioni nell’anno, nell’arco temporale del quadriennio, le procedure di reclutamento speciale a regime e quelle di reclutamento speciale transitorio possono combinarsi in modo complementare” (pag. 8).
Al punto 3.1 (Utilizzo delle graduatorie per assunzioni a tempo indeterminato) dello stesso documento si ribadisce che “nel quadriennio 2013-2016 l’ammontare delle risorse finanziarie da destinare allo scorrimento di graduatorie di vincitori ed idonei non potrà essere inferiore al 50 per cento di quelle utili secondo la normativa vigente in materia di assunzioni” (pag. 9).
In entrambi i passaggi innanzi richiamati, risulta chiaro che la normativa fa riferimento alle risorse finanziarie disponibili per le assunzioni e tale univoca soluzione interpretativa risulta reiterata, sia pure in un contesto normativo non pertinente ratione temporis alla fattispecie per cui è lite, dalla circolare n. 3/2017, recante gli indirizzi attuativi del d.lgs. n. 75/2017 (v. nota in calce n. 4 di pag. 4).
1.10. Per risorse assunzionali devono inoltre intendersi quelle proprie dell’ente che attiva la procedura di assunzione ed è questo il senso correttamente traslato nella delibera n. 4/2017: “l’Istituto è interessato sia dall’Emendamento con risorse finanziarie previste ad hoc che dalla Legge 125/2013 con le risorse assunzionali proprie; unico limite è che le spese di personale non superino l’80% del bilancio dell’Ente come previsto dal decreto sulla semplificazione degli Enti di Ricerca (D. lgs 25 novembre 2016 n. 218)”.
1.11. Tornando alla relazione nella quale si pongono le due fonti normative d.l. 244/2016 e d.l.101/2013, occorre precisare che la loro lettura coordinata e sistematica consente di concordare con l’impostazione fatta propria dall’ISS e avallata dal giudice di primo grado, secondo la quale il Piano Assunzioni Straordinario è stato realizzato attraverso due diverse fonti di finanziamento: la prima, speciale, prevista dal d.l. 244/2016 e destinata esclusivamente al personale titolare di un contratto a tempo determinato con l’Ente; la seconda, ordinaria e fondata sulle risorse istituzionali dell’ISS.
1.12. Trattasi, peraltro, di fonti cumulabili, oltre che distinte, il che priva di sostanza l’impostazione fondante i primi due motivi di appello.
Che la prima delle due fonti finanziarie abbia carattere di specialità rispetto alla seconda, è conclusione desumibile dal fatto che la stessa: i) individua come suo unico destinatario l’ISS; ii) fa riferimento a procedure di stabilizzazione, le quali costituiscono una species del più ampio genus del concorso riservato cui fa riferimento il d.l. 101/2013 iii) punta a favorire “una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato”; vi) opera in deroga “ad ogni altra procedura per l’assorbimento del personale in esubero dalle amministrazioni pubbliche”.
L’enfasi posta sugli effetti incrementativi dell’assorbimento del personale e sulla specialità derogante del suo ambito applicativo, inducono pertanto a ritenere che le risorse destinate alla procedura disposta ai sensi del d.l. 244/2016 siano destinate ad aggiungersi a quelle istituzionali dell’ente.
1.13. In altri termini, stante l’eccezionalità delle previsione contenuta nel d.l. n. 224/2016, l’ultimo inciso dell’art. 4 comma 6, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 trova applicazione al caso di specie solo per quanto concerne le risorse istituzionali dell’ente, atteso che, in caso contrario, non si potrebbe raggiungere il fine, perseguito dall’art. 1, comma 3 bis del d.l. n. 224/2016, del significativo assorbimento del precariato esistente presso l’ISS. D’altra parte, interpretando letteralmente l’ultimo inciso dell’art. 4 comma 6, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 si evince che quest’ultimo si applica solo alle “procedure selettive disciplinate dal presente comma” e non anche invece a quelle procedure selettive straordinarie che, in ordine allo scopo impostegli dal legislatore, non possono soggiacere al limite del 50% delle risorse istituzionali dell’ente che procede alle selezioni.
1.14. Una valutazione separata merita l’osservazione di parte appellante secondo la quale il bando riserverebbe, in modo non legittimo, il 100% dei posti di primo ricercatore esclusivamente a personale interno.
Sul punto occorre considerare, innanzitutto, che la stabilizzazione nella quale rientrano i 3 posti di primo ricercatore consiste in una procedura selettiva di conferma nelle funzioni già svolte di personale precario che quella stessa qualifica ha conseguito tramite pubblico concorso: a tale tipologia di “stabilizzazione” si addice, quindi, secondo l’indirizzo delle Sezioni Unite, il carattere “concorsuale” (Cass. Civ. SS.UU., nn. 29915/2017; 19166/2017; 24904/11; 1778/11; 16041/10; Cons. Stato sez. III, n. 6821/2018).
In secondo luogo, la scelta operata dall’amministrazione è confortata dall’indirizzo ermeneutico, proprio anche della giurisprudenza di questo Consiglio, secondo il quale, al fine di colmare determinate scoperture di organico, ben può essere discrezionalmente praticata dall’amministrazione la scelta di procedere alla stabilizzazione di personale precario, a condizione che la scelta sia ragionevole e logica nonché adeguatamente e congruamente motivata (Cons. Stato, sez. V, n. 6004/2014).
1.15. Al contempo, non appare conferente al caso la pronuncia della Corte Costituzionale n. 90/2012, richiamata dalla parte appellante nella parte in cui vi si afferma che “E’, infine, lesivo del buon andamento dell’amministrazione il criterio della “compensazione” globale tra tutto il personale della quota del cinquanta per cento dei posti riservata al personale interno, dato che questo tipo di calcolo indifferenziato potrebbe determinare una riserva dei posti per i profili professionali più rilevanti a favore del personale interno e un’indizione di concorsi indirizzati a candidati esterni solo per le qualifiche e mansioni inferiori”.
La parte appellante interpreta questo passaggio della decisione nel senso che il rispetto della quota del 50% da riservare all’accesso esterno andrebbe calcolato con riferimento ai posti disponibili della dotazione organica dei singoli livelli giuridico-economici professionali, e non sul numero di posti complessivi messi a bando.
Occorre tuttavia considerare che la richiamata affermazione di principio risulta formulata in relazione ad un quadro normativo differente ad quello qui in rilievo e con riguardo ad un caso – anch’esso affatto diverso da quello qui in esame – di progressione professionale verticale attuata mediante riserva di posti in favore del personale interno, già assunto presso l’amministrazione di appartenenza a seguito di un pubblico concorso, ma per una qualifica diversa ed inferiore rispetto a quella cui si accederebbe per effetto della disposizione censurata (cfr. punto 3.1.2 della sentenza 90/2012).
Nel caso qui in esame, giova ribadire, viene in considerazione, al contrario, una procedura selettiva di conferma (stabilizzazione), nelle funzioni già svolte, di personale precario che a quella stessa qualifica ha avuto accesso tramite pubblico concorso. Donde l’evidente difformità delle fattispecie poste a confronto.
1.16. Traendo le fila del ragionamento sin qui svolto, deve concludersi per l’infondatezza dell’argomento attraverso il quale la parte appellante punta a ricavare dal testo combinato degli artt. 4 comma 6, del d.l. n. 101/2013 e 1 comma 3 bis del d.l. 244/2016 la sussistenza di un limite quantitativo (50%) di posti assegnabili mediante stabilizzazione, cui dovrebbe corrispondere un ana budget di posti (individuati per singoli livelli giuridico – professionali) da assegnare con una contestuale e parallela procedura concorsuale accessibile dall’esterno.
1.17. Esclusa la necessità che alla procedura di stabilizzazione si accompagni una contestuale procedura concorsuale (aperta agli esterni) per ana contingente di posti, non risulta chiaro, dalla lettura delle deduzioni contenute nell’atto di appello, per quale ragione l’impegno ai fini della stabilizzazione della sola metà delle facoltà assunzionali e finanziarie dell’ente dovrebbe ineluttabilmente compromettere il futuro accesso alle posizioni ricadenti nella porzione delle risorse lasciata intonsa dalle norme fin qui rassegnate. Sul punto le allegazioni di parte appellante si traducono in valutazioni prognostiche contrastanti con i contenuti del Piano del fabbisogno di personale dell’ISS per l’anno 2018, il quale prevede, tra l’altro, l’attivazione di procedure selettive interne, ai sensi dell’art 15 del CCNL biennio economico 2003-2005, per l’accesso al I e al II livello professionale di ricercatore per un totale complessivo di 100 posti; nonché un dettagliato programma volto alla applicazione dell’art. 22, comma 15 del citato D.lgs. n. 75/2017 in tema di valorizzazione delle professionalità interne alle P.A..
Le notazioni in oggetto paiono rilevanti in quanto la legittimità della procedura di stabilizzazione (al pari di qualunque attività provvedimentale) va valutata allo stato degli atti esistenti al momento della sua indizione e sulla base, quindi, di una quadro previsionale che nel caso di specie offre, in nuce, potenzialità di progressione o di ingresso anche a categorie di soggetti ulteriori e diverse dai beneficiari della stabilizzazione. Di contro, la concreta attuazione che tali previsioni hanno ricevuto nel tempo non può invece essere addotta quale argomento di valutazione della loro originaria legittimità .
2. In stretta connessione logica con le precedenti, viene in rilievo la censura (ultima nell’ordine espositivo dell’atto di appello) con la quale i ricorrenti sollevano questione di legittimità costituzionale in merito all’art. 1, comma 3 – bis, del d.l. n. 244/2016, per violazione degli artt. 3, 97, 35 e 51 della Costituzione.
2.1. Il Tar ha respinto la censura osservando come il modello della procedure di stabilizzazione del personale precario si giustifica alla luce dell’art. 97 Cost. il quale, pur affermando la regola generale dell’accesso al pubblico impiego mediante concorso, fa espressamente salvi i casi stabiliti dalla legge. Questa deroga, d’altra parte, è ulteriormente giustificata dal fatto che legittimati a partecipare alle procedure di stabilizzazione possono essere solo i soggetti che abbiano svolto attività lavorativa a titolo precario al servizio della Pubblica Amministrazione per un determinato arco temporale, sulla base di procedure selettive di natura concorsuale.
2.2. La motivazione – pur condivisibile – merita di essere precisata e integrata nei termini seguenti.
Innanzitutto, il limite quantitativo del 50% sul quale gli appellanti fondano la sostanza argomentativa del loro mezzo di impugnazione è previsto dalla legge 101/2013, e non dal dl. 244/2016.
Dunque, eventuali dubbi di costituzionalità avrebbero dovuto essere espressi nei confronti del dl. 101/2013. In ogni caso, non pare condivisibile, per quanto già esposto, l’interpretazione stringente che di tale limite quantitativo viene posta a base dei primi due motivi di appello; e, comunque, non pare avallabile il rilievo di irragionevolezza e di confliggenza con i principi costituzionali che la parte ricorrente intende riferire alle disposizioni normative de quibus.
2.3. La giurisprudenza costituzionale ha chiarito, infatti, che la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico può essere considerata legittima allorquando essa si ponga come soluzione funzionale al buon andamento dell’amministrazione e sussistano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarla (sentenze n. 110 del 2017 e n. 90 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 7 del 2015, n. 134 del 2014, n. 217 e n. 51 del 2012, n. 310 del 2011, n. 150 e n. 9 del 2010, n. 293 e n. 215 del 2009, n. 363, n. 205 e n. 81 del 2006).
In particolare, la stabilizzazione del precariato costituisce soluzione giustificabile – in un quadro ordinamentale improntato al criterio assiale dell’acceso al pubblico impiego mediante concorso – a patto che: a) siano stabilite preventivamente le condizioni per l’esercizio del potere di assunzione; b) la costituzione del rapporto a tempo indeterminato sia subordinata all’accertamento di specifiche necessità funzionali dell’amministrazione; c) si prevedano procedure di verifica dell’attività svolta; d) i soggetti da assumere abbiano maturato tale esperienza all’interno della pubblica amministrazione e non alle dipendenze di datori di lavoro esterni (C. cost. n. 215/2009); e) la deroga al predetto principio sia contenuta entro limiti tali da non precludere in modo assoluto la possibilità di accesso della generalità dei cittadini al pubblico impiego (C. cost. n. 108/2011).
E’ utile precisare che “non è ritenuta sufficiente, a tal fine, la semplice circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano prestato attività a tempo determinato presso l’amministrazione (sentenza n. 205 del 2006), né basta la “personale aspettativa degli aspiranti” ad una misura di stabilizzazione (sentenza n. 81 del 2006). Occorrono invece particolari ragioni giustificatrici, ricollegabili alla peculiarità delle funzioni che il personale da reclutare è chiamato a svolgere, in particolare relativamente all’esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali maturate all’interno dell’amministrazione e non acquisibili all’esterno, le quali facciano ritenere che la deroga al principio del concorso pubblico sia essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione” (Corte Cost. 150/2010).
2.4. La stessa giurisprudenza amministrativa ammette l’eccezionale possibilità di derogare per legge al principio del concorso pubblico per il reclutamento del personale nei casi in cui ciò sia maggiormente funzionale al buon andamento della amministrazione e corrispondente a straordinarie esigenze di interesse pubblico, individuate dal legislatore in base a una valutazione discrezionale, effettuata nei limiti della non manifesta irragionevolezza (Cons. Stato, sez. V, n. 6004/2014; Tar Palermo, n. 234/2019).
2.5. Nel caso di specie, la sezione ritiene che le cennate condizioni ricorrano tutte e che la scelta legislativa di privilegiare la stabilizzazione di lavoratori c.d. precari non sia di per sé irragionevole, in quanto frutto di una ponderazione fra molteplici interessi, aventi tutti significativa rilevanza, che la sottrae al sospetto di un possibile contrasto con i principi costituzionali.
In effetti, i destinatari potenziali della stabilizzazione sono tutti soggetti che hanno svolto attività lavorativa, per periodi significativi, in favore dello stesso ente procedente, per cui essi sono già in possesso di adeguata professionalità in un settore specialistico e afferente a materia di elevato interesse pubblico (la salute), il che contribuisce sicuramente al buon andamento della P.A.; gli stessi, poi, oltre ad aver avuto accesso all’attuale posizione a seguito di concorso, dovranno essere sottoposti a procedure selettive al fine di permanere nel posto attualmente ricoperto, per cui la loro stabilizzazione non può dirsi in contrasto con la regola costituzionale del concorso.
D’altro canto, sui diversi profili che motivano l’opportunità della stabilizzazione e la sua corrispondenza al concreto fabbisogno dell’ISS, la parte ricorrente non ha svolto alcuno specifico rilievo; mentre trovano ampio riscontro negli atti del procedimento le ragioni che hanno reso particolarmente avvertita, da parte dell’ente, l’esigenza di confermare i ricercatori già in ruolo, onde non disperdere la qualifica e specialistica competenza professionale dagli stessi nel tempo accumulata.
3. Con il quinto mezzo di impugnazione, i ricorrenti hanno sostenuto che le assunzioni programmate dall’Istituto non sarebbero rispettose dei limiti finanziari stabiliti dal legislatore in materia di assunzione del personale da parte degli Enti Pubblici di ricerca.
3.1. Ed invero, l’art. 9 del d.lgs. n. 218/2016 stabilisce:
– l’indicatore del limite massimo alle spese di personale è calcolato rapportando le spese complessive per il personale di competenza dell’anno di riferimento alla media delle entrate complessive dell’Ente come risultante dai bilanci consuntivi dell’ultimo triennio; negli Enti di ricerca tale rapporto non può superare l’80 per cento (comma 2);
– gli Enti di ricerca che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, riportano un rapporto delle spese di personale inferiore all’80 per cento, possono procedere all’assunzione di personale con oneri a carico del proprio bilancio per una spesa media annua pari a non più del margine a disposizione rispetto al limite dell’80 per cento (comma 6, lett. b).
Il margine assunzionale cui fa riferimento quest’ultima previsione è – per concorde ammissione delle parti – pari ad Euro 24.898.221,37.
Tuttavia, si osserva da parte ricorrente, il costo del programma assunzionale dell’ISS previsto nella delibera n. 4/2017 è pari a Euro 22.991.981,00 di cui Euro 11.306.141,00 graveranno sui fondi istituzionali dell’ISS. Ne viene che, sottraendo dal margine assunzionale di Euro 24.898.221,37 il costo del programma assunzionale di Euro 22.991.981,00 previsto nella delibera n. 4/2017, si ricava un residuo margine assunzionale ridotto a Euro 1.906.240,37 che dovrebbe essere utilizzato per le assunzioni a tempo indeterminato, matematicamente inferiore al 50% delle risorse finanziarie che devono garantire l’accesso dall’esterno mediante concorso pubblico.
3.2. La censura è infondata.
Dalla lettura della delibera n. 4/2017 (pag. 9) si evince che per la chiamata di 124 idonei + 115 gravanti su fondi istituzionali è prevista una spesa pari a Euro 11.306.141,00, con conseguente residuo di disponibilità pari a Euro 13.592.080,37. Il tratto di specialità che connota la procedura di stabilizzazione indetta ai sensi dell’art. 1 comma 3 bis d.l. 244/2016 – per quanto già ampiamente esposto – induce ad escludere dal calcolo di tale residuo l’importo dei fondi statali pari ad Euro 11.685.840,00. Dunque, risulta rispettato il limite del 50% delle risorse finanziarie che devono garantire l’accesso dall’esterno mediante concorso pubblico.
3.3. Con un ulteriore rilievo si fa notare da parte ricorrente che, sebbene per l’anno 2017 siano state individuate n. 230 unità destinate al reclutamento straordinario con fondi statali di cui art. 1 comma 3 ter del d.l. 244/2016 per un totale di Euro 11.685.840,00, la disponibilità di tali fondi è limitata per l’anno 2017 ad Euro 6.000.000, potendosi disporre solo nell’anno 2018 della rimanente parte.
Il rilievo è inconferente, in quanto l’incongruenza segnalata (ed alla quale le difese dell’ISS non hanno offerto replica) potrebbe avere una qualche incidenza sulla gestione contabile e attuativa della programmata fase di assunzioni e, quindi, incidere sul piano della responsabilità delle Amministrazioni e dei relativi dirigenti, ovvero del controllo della regolarità amministrazione delle procedure di spesa; non si vede, invece, né si dimostra da parte appellante, come la stessa possa refluire sulla legittimità della pianificata attività di reclutamento.
4. Con il terzo motivo di ricorso gli odierni appellanti hanno sostenuto che l’ISS ha mal esercitato la pubblica funzione di programmare le assunzioni di personale, allo sviato fine di risolvere il fenomeno del precariato storico ed il contenzioso giudiziale ad esso collegato.
4.1 Senonché, è proprio il d.l. 244/2016 (poi convertito in l. 19/2017) che conferisce all’ISS il mandato di “favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato”: risulta dunque evidente che l’assorbimento del “precariato storico” trova corrispondenza nel previsto fine normativo.
4.2. Sotto diverso profilo, dalla lettura delle deduzioni della parte ricorrente non è dato comprendere per quale ragione logico-giuridica la sussistenza di sacche di contenzioso, riferite ad alcune di queste posizioni precarie, avrebbe dovuto far desistere l’amministrazione dal dare compiuta attuazione al disposto di legge. Al contrario, la pendenza di contenziosi costituisce argomento adducibile a favore della scelta di stabilizzare il personale precario (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 6004/2014).
4.3. Infine, il fatto che per effetto del predisposto scorrimento delle graduatorie si sia determinata una progressione di livello a beneficio dei dipendenti dell’ISS a tempo indeterminato, non comprova la sussistenza del dedotto vizio di eccesso di potere per sviamento (v. atto di appello pag. 17 e ss.), trattandosi di scelta ritenuta dall’ISS funzionale alla propria esigenza di copertura di specifici profili professionali, mediante soggetti già selezionati su base concorsuale. Vengono quindi in rilievo scelte strategiche e occupazionali sulla cui razionalità intrinseca la parte appellante non sviluppa alcun apprezzabile rilievo critico.
4.4. Sotto tutti i profili considerati ed in piena condivisione con quanto rilevato sul punto dal primo giudice, risulta indimostrata l’insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti dal legislatore per procedere alla stabilizzazione del personale precario.
5. La quarta censura attiene alla mancata applicazione dell’art. 35, comma 4, della L. 165/2001, il quale dispone che “Le determinazioni relative all’avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base del piano triennale dei fabbisogni approvato ai sensi dell’articolo 6, comma 4”).
A sua volta, il citato art. 35 è richiamato dall’art 1 comma 3 bis d.l. 244/2016, che fa riferimento al “.. rispetto della programmazione triennale del fabbisogno e previo espletamento della procedura di cui all’articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.
5.1. Nel caso in esame il combinato disposto delle due disposizioni sarebbe stato eluso, in quanto l’indizione della procedura straordinaria di stabilizzazione non è stata preceduta dall’adozione né del piano triennale di attività – recante la determinazione della consistenza e delle variazioni di organico – né del piano per il fabbisogno del personale.
Alla finalità del piano triennale non assolverebbe d’altra parte, sempre a detta della parte appellante (e diversamente da quanto ritenuto dal Tar), la delibera n. 4/2017 (avente ad oggetto il Piano straordinario delle assunzioni relative al triennio 2017/2018/2019) poiché la stessa, pur individuando le qualifiche e i livelli dei posti da ricoprire, distinti per ciascun anno, non realizzerebbe gli stessi effetti del previsto piano triennale.
5.2. Il motivo è infondato.
Il formale richiamo dell’art. 35, comma 4, della L. 165/2001 va posto in correlazione con l’obiettivo carattere di straordinarietà del programma di assunzioni contemplato nell’art 1 comma 3 bis d.l. 244/2016, sebbene articolato nell’arco di un triennio 2017-2019 (si veda la delibera n. 4/2017 – pag. 4).
Si tratta, infatti, di un programma di assunzioni – operante in sostanziale deroga alle già previste procedure di stabilizzazione del personale precario – finanziato da fondi statali e finalizzato al superamento del fenomeno del cd. precariato storico dell’ente. Ferme queste premesse di inquadramento, è innegabile che l’art. 1 comma 3 bis d.l. 244/2016 imponga che la stabilizzazione avvenga “nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno”, quindi secondo un criterio di armonizzazione con le linee di indirizzo della pianificazione delle piante organiche.
Nondimeno, nel caso di specie questa armonizzazione si è realizzata, attraverso una tempistica difforme dal modello ordinario (nel quale è prioritaria l’approvazione del PTA) ma sostanzialmente coerente con il “rispetto” delle previsioni del PTA imposto dall’art 1 comma 3 bis d.l. 244/2016. Ed, infatti, nella specifica vicenda l’ISS è stato interessato da un processo di riordino, avviato ai sensi del d.lgs n. 106/2012, che ha comportato l’adozione di un nuovo Statuto e la ridefinizione delle funzioni e dell’organigramma dell’Istituto Superiore di Sanità (cfr. pag. 6 della delibera m. 4/2017). Ebbene, prima di avviare la procedura di stabilizzazione, l’ente ha operato una ricognizione del personale potenzialmente interessato e delle esigenze di professionalità da reclutare attraverso tale procedura, comunicandole ai Ministeri competenti (si veda la delibera n. 4/2017); detto Piano straordinario di assunzioni è poi confluito nel Piano di fabbisogno del personale, parte integrante del Piano triennale di attività adottato con deliberazione n. 1 allegata al verbale n. 22 della seduta del Consiglio di amministrazione dell’ISS del 31 gennaio 2018 e approvato dai competenti organi di controllo (si veda la nota del Ministero della Salute del 29 marzo 2018). Infine, le assunzioni in servizio sono state subordinate alla preventiva approvazione del Piano Triennale di Attività, ai sensi dell’art. 7, comma 2 del d.lgs 218/2016, da parte del Ministero vigilante (come si evince dalla nota del Ministero della Salute del 17.7.2017).
Se si considera, in aggiunta a quanto esposto, che non risulta eccepito alcun profilo di sostanziale incoerenza tra la procedura di stabilizzazione qui controversa ed il PTA nel quale essa si iscrive, deve ritenersi sanata e priva di conseguenze pregiudizievoli (anche ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, L. 241/1990) l’incongruenza temporale con la quale si sono succeduti tra di loro i due passaggi procedimentali innanzi descritti.
5.3. Gli ulteriori rilievi svolti ai punti c), d) ed e) del quarto motivo di appello sono inediti rispetto alle censure formulate in primo grado e, come tali, non meritevoli di considerazione.
6. Il sesto motivo di ricorso si affida alla critica del bando di concorso, nella parte in cui non prevede l’accertamento delle conoscenze informatiche e delle lingue straniere.
Correttamente il TAR ha negato l’interesse alla censura, in quanto assorbito dalla mancanza di legittimazione dei ricorrenti a parteciparvi. La sentenza di primo grado merita pertanto conferma anche in parte qua.
7. Per quanto esposto, l’appello va integralmente respinto e la pronuncia di primo grado confermata, alla stregua delle ragioni sin qui illustrate che in parte ne integrano la motivazione.
8. La peculiarità e la complessità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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