La sospensione precauzionale facoltativa

Consiglio di Stato, Sentenza|11 aprile 2022| n. 2665.

La sospensione precauzionale facoltativa può essere applicata nei confronti di un militare sotto processo penale per un reato da cui possa derivare la perdita del grado e la sua funzione è quella di allontanare il dipendente dal servizio, al fine di evitare un pregiudizio per il buon andamento e il prestigio dell’amministrazione. In conseguenza dell’applicazione di tale misura, infatti, pur non estinguendosi il rapporto di pubblico impiego, esso rimane in vita in forma quiescente. Tale istituto, quindi, non ha natura sanzionatoria, ma si configura come un rimedio provvisorio di natura cautelare posto a tutela del superiore interesse pubblico dell’amministrazione militare, il cui perseguimento risulta pregiudicato dalla permanenza in servizio del dipendente a cui sono stati contestati fatti penalmente rilevanti e di notevole gravità (come è avvenuto nel caso di specie). Si tratta, in sostanza, di una misura squisitamente cautelare, priva di risvolti sanzionatori e di limitata durata temporale.

Sentenza|11 aprile 2022| n. 2665. La sospensione precauzionale facoltativa

Data udienza 12 ottobre 2021

Integrale

Tag- parola chiave Carabinieri – Procedimento disciplinare – Rapporti con il procedimento penale – Sospensione precauzionale dall’impiego – Applicazione – Ipotesi

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6600 del 2014, proposto dal Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via (…);
contro
il signor -OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per il -OMISSIS-, sezione prima bis, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti tutti gli atti della causa;
relatore, nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2021, il consigliere Francesco Frigida;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS-, all’epoca dei fatti appuntato scelto, ha proposto il ricorso di primo grado n. -OMISSIS-, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale il -OMISSIS-, avverso il provvedimento emesso dal Comando generale dell’Arma dei carabinieri, I Reparto, SM, Ufficio personale brigadieri appuntati e carabinieri, del 7 novembre 2013, protocollo n. 203887/D-3-4, notificatogli il 18 novembre 2013, con cui è stato sospeso precauzionalmente dal servizio in presenza di un procedimento penale nei suoi confronti, concretizzatosi una richiesta di rinvio a giudizio per i delitti di associazione per delinquere, simulazione di reato, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale, truffa, falsità in scrittura privata e truffa aggravata (imputazioni che, in casso di condanna, possono comportare la perdita del grado). Segnatamente, il signor -OMISSIS- è stato accusato di avere assunto, unitamente ad altri soggetti (amministratori e titolari di una concessionaria di autovetture) un ruolo determinante nella commissione di truffe in danno di istituti bancari, al fine di ottenere illeciti finanziamenti, redigendo false denunce di smarrimento di libretti di circolazione e certificati di proprietà di autoveicoli.
1.1. Il Ministero della difesa si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.
2. Con l’impugnata sentenza in forma semplificata n. -OMISSIS-, il T.a.r. per il -OMISSIS-, sezione prima bis, ha accolto il ricorso e ha compensato tra le parti le spese di lite.
In particolare il collegio di primo grado ha motivato la propria statuizione come segue: “Rilevato che il ricorrente è stato sospeso precauzionalmente dal servizio il 18.11.2013 in ragione della intervenuta richiesta del suo rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica di -OMISSIS- del 13.5.2013; Considerato che, a prescindere dall’esame degli ulteriori motivi di ricorso, risulta fondata la doglianza relativa alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento e alla conseguente possibile partecipazione procedimentale (la sospensione precauzionale facoltativa è un procedimento amministrativo diverso da quello sanzionatorio e come tale soggetto alle regole generali della legge n. 241/90); Ritenuto, pertanto di accogliere il ricorso, salva la facoltà dell’Amministrazione intimata di rideterminarsi sul caso, e di compensare le spese di giudizio”.
3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 14/15 luglio 2014 e in data 30 luglio 2014 – il Ministero della difesa ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando due motivi.
4. La parte privata, pur ritualmente evocata, non si è costituita in giudizio.
5. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 12 ottobre 2021.
6. L’appello è fondato e deve essere accolto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in diritto.
7. Tramite il primo motivo d’impugnazione, il Ministero della difesa ha lamentato l’erroneità della gravata sentenza laddove il T.a.r. ha reputato necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, che, al contrario, ad avviso, dell’appellante poteva essere omessa nel caso di specie alla luce di una completa lettura dell’articolo 7 della legge n. 241/1990.
Siffatta doglianza è fondata.
Al riguardo va premesso che i delitti contesati all’interessato possono senza dubbio condurre alla sanzione disciplinare espulsiva della perdita del grado, attesa la loro gravità e la loro incompatibilità con lo status di carabiniere e considerate peraltro le loro indubbie negative ricadute sul prestigio dell’Arma.
Ciò posto, si osserva che, ai sensi dell’articolo 916 del decreto legislativo n. 66/2010 (recante il codice dell’ordinamento militare), la sospensione precauzionale facoltativa può essere applicata nei confronti di un militare sotto processo penale per un reato da cui possa derivare la perdita del grado e la sua funzione è quella di allontanare il dipendente dal servizio, al fine di evitare un pregiudizio per il buon andamento e il prestigio dell’amministrazione. In conseguenza dell’applicazione di tale misura, infatti, pur non estinguendosi il rapporto di pubblico impiego, esso rimane in vita in forma quiescente. Tale istituto, quindi, non ha natura sanzionatoria, ma si configura come un rimedio provvisorio di natura cautelare posto a tutela del superiore interesse pubblico dell’amministrazione militare, il cui perseguimento risulta pregiudicato dalla permanenza in servizio del dipendente a cui sono stati contestati fatti penalmente rilevanti e di notevole gravità (come è avvenuto nel caso di specie). Si tratta, in sostanza, di una misura squisitamente cautelare, priva di risvolti sanzionatori e di limitata durata temporale.
Tanto delineato sulla natura del contestato provvedimento di sospensione, va evidenziato che l’articolo 7, comma 1, della legge n. 241/1990 prevede, tra l’altro, che, ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso sia comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti; al comma 2 del medesimo articolo è specificato che, in ogni caso, “resta salva la facoltà dell’amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari”.
Orbene, nel caso di specie sussiste una palese ragione impeditiva dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento: la natura cautelare del provvedimento da adottare, che ingloba in sé necessariamente anche l’esigenza di celerità, correlata all’evidente necessità di evitare che un soggetto sotto procedimento penale per gravi fattispecie delittuose continuasse a svolgere, nelle more del giudizio penale, attività di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria.
Ne discende che nella peculiare caso in esame l’amministrazione militare non era obbligata a comunicare all’interessato l’avvio del procedimento che ha condotto all’emissione del provvedimento di sospensione facoltativa.
Ad ogni modo, anche qualora si reputasse sussistente l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento (il che, come sottolineato, va recisamente escluso), la sua omissione ridonderebbe in un vizio non invalidante ai sensi dell’articolo 21-octies, comma 2, secondo periodo, della legge n. 241/1990, giacché l’ipotetica partecipazione procedimentale del destinatario del provvedimento non avrebbe potuto ragionevolmente apportare alcun elemento nuovo, in quanto l’instaurazione del procedimento è scaturita dal fatto, oggettivo e incontrovertibile, dell’assoggettamento del militare ad un procedimento penale per determinati delitti di notevole gravità .
8. Stante la mancata costituzione in giudizio della parte privata e la conseguente omessa riproposizione dell’altro motivo di asserito vizio motivazionale esposto nel ricorso di primo grado e rimasto implicitamente assorbito nella sentenza gravata, esso s’intende rinunciato ai sensi dell’articolo 101, comma 2, del codice del processo amministrativo, sicché è altresì assorbito in questa sede il secondo motivo di gravame precauzionalmente veicolato dal Ministero della difesa al fine di sostenere il rispetto degli obblighi motivazione da parte dell’amministrazione militare.
9. In conclusione l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.
10. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite di ambedue i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 6600 del 2014, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado; compensa tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento U.E. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte privata, manda alla segreteria di procedere all’oscuramento delle sue generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificarla.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2021, con l’intervento dei magistrati:
Giulio Castriota Scanderbeg – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Italo Volpe – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere, Estensore
Carla Ciuffetti – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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