Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 3 febbraio 2020, n. 831.
La massima estrapolata:
La Siae, in quanto destinataria delle comunicazioni di cui al d.p.c.m. 17 gennaio 2014 (Riordino della materia del diritto connesso al diritto d’autore) è da annoverare tra i soggetti esercenti un’attività di pubblico interesse (quella, appunto, correlata al controllo del corretto riparto tra le imprese intermediarie di settore, dei compensi derivanti da riproduzione privata, ad uso personale, di fonogrammi e videogrammi dovuti agli artisti, interpreti ed esecutori, nella qualità di soggetto incaricato facente capo al Dipartimento dell’editoria della Presidenza del consiglio dei Ministri) che stabilmente detiene quella documentazione.
Sentenza 3 febbraio 2020, n. 831
Data udienza 30 gennaio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6826 del 2019, proposto da
Si. – Società It. Au. ed Ed., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Am., Do. Lu. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Sm. Pu. S.r.l. ed altri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Gi. Tr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Le. Lo. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. 08273/2019, resa tra le parti, concernente Annullamento della nota del Direttore Generale della Si. (prot. n. 119/2019) con cui è stata comunicata la non accoglibilità delle istanze di accesso agli atti presentate dall’avv. Gi. Tr. per conto di Sm. Pu. Srl ed altri.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Sm. Pu. S.r.l. ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2020 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Al. Am. e Gi. Tr.;
Rilevato in fatto che:
– con l’appello in esame la società odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 8273 del 2019, con cui il Tar Lazio aveva accolto il ricorso proposto dalle odierne parti appellate;
– con l’originario ricorso era stato impugnato il diniego all’accesso, opposto dalla Si. alla istanza di accesso, datata 9 febbraio 2019, formulata dagli originari ricorrenti nella rispettiva qualità editori e di compositore, ai seguenti atti: a) l’estratto del verbale del Consiglio di Gestione del 20.12.2018, nel quale sono riportati i fatti e le circostanze relativi ai ricorrenti; b) Delibera del Consiglio di Gestione del 20.12.2018; c) Estratto del verbale del Consiglio di Gestione del 15.1.2019, nel quale sono riportati i fatti e le circostanze relativi ai ricorrenti; d) Delibera del Consiglio di Gestione del 15.1.2019; e) Copia della relazione resa in data 15.1.2019 dalla Divisione Musica; f) Copia degli accertamenti avvenuti nel secondo semestre 2017 riportanti i dati riferiti ai ricorrenti; g) Copia della denuncia querela sporta a carico dei ricorrenti;
– con la sentenza appellata il Tar, respinte le preliminari eccezioni, aveva accolto il ricorso e, annullato il diniego, ordinava alla Si. di fornire i documenti richiesti agli originari ricorrenti, entro il termine di venti giorni;
– pur dopo aver consentito il riconosciuto accesso (come da nota datata 12 luglio 2019), in sede di appello la Si. dichiarava l’interesse ad appellare ed ottenere la riforma della pronuncia e, nel ricostruire in fatto e in diritto la vicenda, con il presente gravame deduceva l’erroneità della sentenza Tar, proponendo i seguenti motivi: inammissibilità dell’originario ricorso per asserita irritualità della domanda di accesso agli atti, non sottoscritta direttamente dalle parti ma dall’avvocato difensore; difetto dei presupposti per l’esercizio dell’azione e la non applicabilità nel caso di specie, stante il carattere privatistico della società e dei rapporti coinvolti, delle norme sul diritto di accesso;
– si costituivano in giudizio le parti appellate private, chiedendo la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto del gravame;
– alla camera di consiglio del 30 gennaio 2020 la causa passava in decisione.
Considerato in diritto che:
– preliminarmente, non è fondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello, dedotta dalle parti appellate a fronte dell’avvenuta consegna della documentazione oggetto del riconosciuto diritto di accesso;
– in proposito, costituisce jus receptum il principio a mente del quale l’acquiescenza alla sentenza, e la conseguente carenza di interesse all’appello, non è desumibile dall’esecuzione della sentenza di primo grado che, qualora non sia stata sospesa, è doverosa per l’amministrazione soccombente, tranne nel caso in cui, nell’ambito dell’esecuzione intrapresa, quest’ultima dichiari in modo espresso di accettare la decisione o comunque tale accettazione sia inequivocabilmente evincibile dal complessivo comportamento tenuto (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 21 ottobre 2019, n. 7134);
– nel caso di specie la proposizione dell’appello e la consegna della documentazione sono stati oggetto di espressa dichiarazione, rispettivamente, di interesse alla riforma della sentenza di prime cure e di mera esecuzione della sentenza stessa, cosicché permane l’interesse alla decisione in capo alla Si.;
– nel merito, peraltro, l’appello è infondato;
– la documentazione oggetto dell’istanza di accesso in oggetto, riassunta nella narrativa in fatto, riguarda i procedimenti disciplinari avviati nei confronti delle odierne parti appellate;
– queste ultime, nella rispettiva qualità editori e di compositore che hanno conferito mandato alla Società It. de. Au. ed Ed. affinché questa svolga l’intermediazione dei diritti sulle loro opere (ex art. 180 L. 633/1941 e art. 1, L. 2/2008), in quanto associati, sono tenute a rispettare le norme statutarie e le norme regolamentari interne di Si.;
– nel caso in cui contravvengano agli obblighi imposti da tali norme, gli stessi associati possono essere soggetti a sanzioni secondo le disposizioni previste nel Capo III “Sanzioni e procedimento disciplinare” del Regolamento Generale Si.;
– ciò è quanto risulta essere avvenuto nel caso di specie, con il procedimento avviato con la contestazione, “di aver concorso in una attività finalizzata alla predisposizione e alla proposizione agli esecutori di accordi destinati a fare inserire nei programmi musicali titoli di opere a prescindere dalla relativa e fattiva esecuzione. Condotta questa, in precipua violazione di quanto stabilito dall’art. 10 del Regolamento Generale tenuto conto di quanto previsto dall’art. 42 dello stesso Regolamento”;
– all’esito del relativo iter, il Comitato Disciplinare, eseguita la rituale istruttoria, accertava l’esistenza dell’infrazione ed irrogava sanzioni disciplinari di tipo pecuniario, mentre i successivo ricorsi proposti al Consiglio di Gestione venivano respinti con la delibera di conferma delle sanzioni, comunicata alle parti in data 21 gennaio 2019;
– l’istanza di accesso oggetto del presente giudizio riguardava gli atti ulteriori rispetto a quanto già consegnato ai legali delle parti odierne appellate, con particolare riferimento all’elenco di atti riportato nella narrativa in fatto;
– con il primo ordine di censure la società appellante contesta la mancanza di firma degli originari ricorrenti nell’istanza di accesso, invocando quella giurisprudenza secondo cui (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 28 gennaio 2016, n. 317) la domanda di accesso ai documenti deve essere avanzata dalla parte che vi ha interesse o anche da un suo legale, ma, in tal caso, deve essere accompagnata – per asseverare l’effettiva provenienza della richiesta da parte di soggetto interessato – da copia di apposito mandato o incarico professionale ovvero da sottoscrizione congiunta dell’interessato stesso;
– nel caso di specie il motivo è infondato sotto due concorrenti profili specifici;
– per un verso, il diniego oggetto di contestazione non si basa su tale motivo, dedotto solo in sede giudiziale, scontrandosi quindi l’originaria eccezione di primo grado (tramutatasi in motivo di appello) con il principio consolidato a mente del quale è inammissibile l’integrazione postuma della motivazione del provvedimento lesivo;
– per un altro verso, in coerenza con lo stesso orientamento predetto, i mandati professionali dei legali della parti istanti erano già nella disponibilità di Si., in quanto allegati in calce ai tre ricorsi presentati al Consiglio di Gestione (cfr. in specie docc. nn. 7, 8 e 9 del fascicolo di primo grado) e contenevano una estensione comprendente la fase in questione (con valenza per “ogni fase, stato e grado, anche di impugnazione, di cautela monitoria, di esecuzione, di relative opposizioni, reclami, nonché nelle procedure connesse e dipendenti”);
– del pari infondato è il secondo ordine di censure, concernente il presunto carattere privatistico della Si., dell’attività svolta in parte qua e dei rapporti coinvolti;
– secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. ad es. Ad. Plen. n. 7 del 2012 e sez. VI, 28 luglio 2015, n. 3741), in linea generale la Si., in quanto destinataria delle comunicazioni di cui al d.p.c.m. 17 gennaio 2014 (Riordino della materia del diritto connesso al diritto d’autore) è da annoverare tra i soggetti esercenti un’attività di pubblico interesse (quella, appunto, correlata al controllo del corretto riparto tra le imprese intermediarie di settore, dei compensi derivanti da riproduzione privata, ad uso personale, di fonogrammi e videogrammi dovuti agli artisti, interpreti ed esecutori, nella qualità di soggetto incaricato facente capo al Dipartimento dell’editoria della Presidenza del consiglio dei Ministri) che stabilmente detiene quella documentazione);
– ciò vale altresì per la materia in essere, coinvolta dai procedimenti cui afferiscono i documenti oggetto dell’istanza di accesso degli originari ricorrenti, in specie per gli ambiti disciplinari;
– infatti, ad esempio (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2566), l’attività che i mandatari della Società It. de. Au. ed Ed. (Si.) svolgono per la clientela e l’utenza Si. nonché, soprattutto, le attività di vigilanza e controllo nel settore dello spettacolo e nell’intrattenimento in genere non sono prive di profili di pubblico interesse, che giustificano l’applicazione della disciplina normativa dell’accesso anche alle procedure selettive dei mandatari;
– ciò coerentemente con i principi generali, in quanto la disciplina dell’accesso, nella sfera d’azione dei pubblici poteri (nella lata accezione fatta propria, come si è detto, dal legislatore in questa materia), rappresenta la regola e non l’eccezione, stante il nesso evidente che sussiste tra accesso agli atti (formati o comunque detenuti dalle amministrazioni e dai soggetti equiparati) e la salvaguardia delle esigenze di trasparenza nell’azione amministrativa;
– sussistono giusti motivi, a fronte della novità della questione, per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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