Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 novembre 2020| n. 24469.
Nel giudizio di cassazione, deve essere cassata senza rinvio la sentenza emessa dal giudice di appello avverso la sentenza di prime cure rispetto alla quale l’impugnazione non poteva essere proposta. L’inammissibilità – che nel caso di specie va declinata come improponibilità dell’appello – non rilevata dal giudice del gravame, è rilevabile “ex officio” anche in sede di legittimità, in quanto si risolve nella omessa impugnazione della sentenza di prime cure, sulla quale, pertanto, si è formato il giudicato. La Corte di cassazione può, infatti, rilevare d’ufficio una causa di inammissibilità/improponibilità dell’appello che il giudice di merito non abbia riscontrato, con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza di secondo grado, non potendosi riconoscere al gravame inammissibilmente spiegato alcuna efficacia conservativa del processo di impugnazione e venendo, nella specie, in questione un fatto processuale impeditivo dell’esercizio della “potestas judicandi”, essendo fatto divieto al giudice del merito (“ne bis in idem”) di pronunciare nuovamente, con effetti modificativi di situazioni giuridiche ormai consolidate dalla definitività ed irrevocabilità dell’accertamento giudiziale.
Ordinanza|4 novembre 2020| n. 24469
Data udienza 3 luglio 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Cartella di pagamento – Opposizione – Controversia – Giudizio di cassazione – Cassazione senza rinvio della sentenza emessa dal giudice di appello avverso la sentenza di prime cure rispetto alla quale l’impugnazione non poteva essere proposta
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25292/2017 proposto da:
ADER AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 409/2017 del TRIBUNALE di TERAMO, depositata il 21/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/07/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Teramo, con sentenza in data 21.4.2017 n. 409, accogliendo parzialmente l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la decisione del Giudice di Pace di Teramo in data 25.10.2012 n. 332, riformava la sentenza impugnata dichiarando la nullita’ della cartella esattoriale n. (OMISSIS) notificata da (OMISSIS) s.p.a., in data 11.7.2011, in quanto priva delle indicazioni, prescritte dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, commi 2 e 2 bis e riprodotte anche nel Decreto Ministeriale n. 321 del 1999, ritenute necessarie ad identificare, ai sensi dell’articolo 480 c.p.c., comma 2, la pretesa creditoria azionata con il titolo esecutivo, nella specie essendo stata omessa la indicazione della data di notifica delle ordinanze ingiunzioni.
La sentenza di appello, non notificata, e’ stata impugnata per cassazione dalla Agenzia delle Entrate Riscossione con ricorso affidato ad un unico motivo.
Resiste con controricorso, e memoria illustrativa ex articolo 380 bis.1 c.p.c., (OMISSIS).
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, instando per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso Agenzia delle Entrate-Riscossione ha impugnato la sentenza di appello per vizio di violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 12 e 25 (recte: n. 602 del 1973), nonche’ del Decreto Legislativo n. 32 del 2001, articolo 8 (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), deducendo che il Giudice di appello aveva erroneamente attribuito alla mancata indicazione, nella cartella di pagamento, anche della data delle ordinanze-ingiunzioni prefettizie, un requisito indispensabile tale determinare la invalidita’ dell’atto di precetto ex articolo 480 c.p.c., comma 2, avendo fatto in tal modo contraria applicazione delle norme di diritto, cosi’ come interpretate dalla Corte di legittimita’ (richiama il precedente di Corte Cass. n. 11466/2011).
Tanto premesso il ricorso per cassazione non puo’ accedere all’esame di legittimita’, in quanto l’appello avverso la sentenza emessa dal Giudice di Pace non poteva essere proposto.
La sentenza del Giudice di appello deve, infatti, essere cassata senza rinvio, in quanto il giudizio svoltosi in secondo grado avanti il Tribunale di Teramo non poteva essere proposto, essendo espressamente dichiarate “non impugnabili ” dall’articolo 618 c.p.c., comma 3 (con disposizione non modificata dalla riforma introdotta dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, articolo 15) le sentenze emesse su “opposizione agli atti esecutivi”, qual e’ da ritenere anche la opposizione, proposta avverso la cartella di pagamento, con la quale vengono fatti valere ex articolo 617 c.p.c., comma 2, vizi formali propri di tale atto, che assolve anche alla funzione di precetto, sicche’ il mezzo di impugnazione esperibile avverso la sentenza pronunciata, in primo grado, dal Giudice di Pace di Teramo, poteva essere soltanto il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7.
La inammissibilita’ – che nel caso di specie va declinata come improponibilita’ – dell’appello (essendo la qualifica di inappellabile espressamente riservata alle sentenze del Giudice di Pace emesse al di fuori dei limiti consentiti dall’articolo 339 c.p.c.), non rilevata e pronunciata dal Tribunale, e’ rilevabile “ex officio” anche in sede di legittimita’, in quanto si risolve nella omessa impugnazione della sentenza di prime cure, sulla quale si e’ formato, quindi, il giudicato.
La Corte di cassazione puo’, infatti, rilevare d’ufficio una causa di inammissibilita’/improponibilita’ dell’appello che il giudice di merito non abbia riscontrato, con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza di secondo grado, non potendosi riconoscere al gravame inammissibilmente spiegato alcuna efficacia conservativa del processo di impugnazione (cfr. Corte Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 16863 del 07/07/2017; id. Sez. 2 -, Ordinanza n. 26525 del 19/10/2018) e venendo, nella specie, in questione un fatto processuale impeditivo dell’esercizio della “potestas judicandi”, essendo fatto divieto al Giudice di merito (ne bis in idem) di pronunciare nuovamente, con effetti modificativi di situazioni giuridiche ormai consolidate dalla definitivita’ ed irrevocabilita’ dell’accertamento giudiziale (cfr. Corte cass. Sez. U., Sentenza n. 26019 del 30/10/2008).
Alla “non impugnabilita’” della sentenza con la quale il Giudice di Pace ha deciso su opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 c.p.c., non trova, quindi, applicazione il principio di conversione delle nullita’ della sentenza in motivi di gravame (articolo 161 c.p.c., comma 1), con conseguente sanatoria dei vizi (di improponibilita’) che non siano stati fatti valere con la impugnazione (ricorso per cassazione), atteso che il regime della inammissibilita’/improponibilita’ (cui si aggiunge anche la improcedibilita’, ove correlata a termini di decadenza) non trova disciplina nel sistema delle “nullita’ processuali” previsto dagli articoli 156-162 c.p.c..
Ed infatti, la “nullita’” e’ costituita da una difformita’ dell’atto rispetto al modello, tale da non impedire il passaggio in giudicato della sentenza che ne sia affetta ove non fatta valere con la impugnazione (conversione della nullita’ della sentenza in vizi di gravame: articolo 161 c.p.c., comma 1), e rimane comunque priva di effetto qualora l’atto, nonostante il vizio, abbia comunque raggiunto il suo scopo; diverso e’, invece, il regime della “inammissibilita’” che e’ caratterizzato proprio dalla inemendabilita’ del vizio che affetta l’atto, in quanto lo rende – secondo espressa previsione di legge – definitivamente inidoneo al raggiungimento dello scopo. E’ stato al proposito messo in evidenza da questa Corte che “in realta’ tali vizi rientrano tutti nell’esposto concetto della nullita’ e la diversita’ discende esclusivamente dalle conseguenze che l’ordinamento fa derivare dagli stessi”. Ne segue che l’inammissibilita’ non e’ la sanzione per un vizio dell’atto diverso dalla nullita’, ma la conseguenza di particolari nullita’ dell’appello e del ricorso per cassazione, e non e’ comminata in ipotesi tassative, ma si verifica ogniqualvolta – essendo l’atto inidoneo al raggiungimento del suo scopo (nel caso dell’appello: evitare il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado) – non operi un meccanismo di sanatoria (cfr. Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 16 del 29/01/2000; id. Sez. 3, Sentenza n. 14251 del 28/07/2004; id. Sez. 1 -, Sentenza n. 18932 del 27/09/2016).
Nella specie, il Giudice di secondo grado non ha rilevato l’inappellabilita’ della sentenza emessa all’esito di una opposizione agli atti esecutivi, per la quale e’ previsto solo il rimedio del ricorso straordinario in cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7 e tale vizio, rilevabile “ex officio” da questa Corte (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 15275 del 04/07/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 24047 del 13/11/2009; id. Sez. 3, Sentenza n. 15405 del 28/06/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 25209 del 27/11/2014 ed id. Sez. 3, Sentenza n. 674 del 18/01/2016, entrambe con riferimento alla vigenza della disposizione dell’articolo 616 c.p.c., che prevedeva la inappellabilita’ delle sentenze pronunciate ai sensi dell’articolo 615 c.p.c.), determina la cassazione senza rinvio della sentenza di appello impugnata, in quanto l’appello avverso la sentenza emessa dal Giudice di Pace su opposizione agli esecutivi non poteva essere proposto.
In conseguenza, rilevata ex officio la improponibilita’ dell’atto di appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Teramo in data 25.10.2012 n. 332 emessa ai sensi dell’articolo 617 c.p.c., comma 1, la sentenza di appello pronunciata dal Tribunale di Teramo in data 21.4.2017 n. 409 deve essere cassata senza rinvio ex articolo 382 c.p.c., comma 3, in quanto l’appello non poteva essere proposto ai sensi dell’articolo 618 c.p.c., u.c..
Essendo stata decisa la causa su rilievo ex officio, le spese del grado di appello e del giudizio di legittimita’ possono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte:
decidendo sul ricorso proposto da Agenzia delle Entrate – Riscossione, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, in quanto l’appello non poteva essere proposto.
Compensa integralmente le spese processuali del grado di appello e di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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