Corte di Cassazione, sezione sesta civile, Ordinanza 27 settembre 2018, n. 23222.

La massima estrapolata:

A differenza dell’installazione “ex novo” di un ascensore in un edificio in condominio (le cui spese vanno suddivise secondo l’articolo 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprieta’ di ciascun condomino), quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell’ascensore gia’ esistente vanno ripartite ai sensi dell’articolo 1124 c.c. . Stante l’identa’ di ratio delle spese di manutenzione e di ricostruzione delle scale ex articolo 1124 c.c. e delle spese relative alla conservazione e alla manutenzione dell’ascensore gia’ esistente, deve dirsi che, al pari delle scale, l’impianto di ascensore, in quanto mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, riveste la qualita’ di parte comune (tant’e’ che, dopo la L. n. 220 del 2012, esso e’ espressamente elencato nell’articolo 1117 n. 3, c.c.) anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiche’ pure tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio, con conseguente obbligo gravante anche su detti partecipanti, in assenza di titolo contrario, di concorrere ai lavori di manutenzione straordinaria ed eventualmente di sostituzione dell’ascensore, in rapporto ed in proporzione all’utilita’ che possono in ipotesi trarne. Come tutti i criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, anche quello di ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione degli ascensori puo’ essere derogato, ma la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione deve essere contenuta o nel regolamento condominiale (che percio’ si definisce “di natura contrattuale”), o in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimita’, ovvero col consenso di tutti i condomini.

Ordinanza 27 settembre 2018, n. 23222

Data udienza 15 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 15840-2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1560/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/06/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS) ed (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1560/2017, che aveva accolto l’appello del Condominio (OMISSIS), contro la sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Latina, sezione distaccata di Terracina, n. 411/2008, e cosi’ rigettato l’impugnazione della deliberazione assembleare 25 febbraio 2007 di approvazione del consuntivo per le spese di sostituzione dell’impianto di ascensore. Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS). I ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2.
La Corte d’Appello, dopo aver premesso di non condividere il punto della sentenza di primo grado che aveva qualificato nulla (anziche’ meramente annullabile) la delibera di ripartizione delle spese, pur non potendo riformare tale profilo in difetto di specifica censura, ha tuttavia evidenziato come il vigente regolamento contrattuale del Condominio (OMISSIS), agli articoli 2 e 10, comma 3, prevedesse l’appartenenza dell’ascensore “in comproprieta’ pro indiviso ed indivisibile” a tutti i proprietari di unita’ immobiliari, ponendo a loro carico in proporzione dei rispettivi valori delle singole porzioni le spese per il rinnovamento o la manutenzione straordinaria dell’impianto di ascensore (stabilendosi, al contrario, l’esonero dall’obbligo di contribuzione per le spese ordinarie e di esercizio dell’ascensore per i condomini che non possono servirsene). Su tali argomentazioni la Corte di Roma e’ pervenuta a negare l’invalidita’ della deliberazione assembleare impugnata per aver essa incluso anche i condomini (OMISSIS) e (OMISSIS) fra gli obbligati a concorrere alle spese di sostituzione completa dell’ascensore, pur essendo gli stessi proprietari di locali posti al piano terra ed aventi unico accesso dalla pubblica via.
Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) ed (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1366, 1367, 1369 e 1370 c.c. quanto alla interpretazione delle norme del regolamento di condominio relative alla ripartizione delle spese per la sostituzione dell’ascensore. Si sostiene dai ricorrenti che le disposizioni regolamentari non contenessero alcuna espressa ed inequivoca previsione di partecipazione alle spese in questione dei proprietari dei locali aventi accesso dalla via pubblica. Si aggiunge che il contratto di compravendita del (OMISSIS) non avesse allegato, ne’ menzionasse, il regolamento.
Il secondo motivo del ricorso deduce ancora la violazione e falsa applicazione degli articoli 1123, 1124, 1363 c.c. e dell’articolo 8 del regolamento di condominio.
Il terzo motivo di ricorso censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1117 c.c. e dell’articolo 2 del regolamento di condominio.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
I tre motivi vanno esaminati congiuntamente per la loro connessione. Essi presentano profili di inammissibilita’ e sono comunque privi di fondamento.
Le disposizioni contenute in un regolamento di condominio hanno natura regolamentare, organizzativa o contrattuale, sicche’ l’interpretazione o l’applicazione di esse fatta dal giudice del merito non puo’ essere denunciata in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come se si trattasse di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per tali intendendosi soltanto quelle risultanti dal sistema delle fonti dell’ordinamento giuridico. L’omesso o errato esame di una disposizione del regolamento di condominio da parte del giudice di merito e’, piuttosto, sindacabile in sede di legittimita’ soltanto per inosservanza dei canoni di ermeneutica oppure per vizi logici sub specie del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (Cass. Sez. 2, 23/01/2007, n. 1406; Cass. Sez. 2, 14/07/2000, n. 9355; Cass. Sez. 2, 31/07/2009, n. 17893).
Peraltro, una deliberazione adottata a maggioranza di ripartizione degli oneri derivanti dalla manutenzione di parti comuni, in deroga ai criteri di proporzionalita’ fissati dagli articoli 1123 c.c. e ss., (a differenza di quanto argomenta la Corte d’Appello in motivazione) va certamente ritenuta nulla per impossibilita’ dell’oggetto, giacche’ tale statuizione, incidendo sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata dalla legge o per contratto, eccede le attribuzioni dell’assemblea e pertanto richiede, per la propria approvazione, l’accordo unanime di tutti i condomini, quale espressione della loro autonomia negoziale (Cass. Sez. 2, 16/02/2001, n. 2301; Cass. Sez. 2, 04/12/2013, n. 27233; Cass. Sez. 2, 04/08/2017, n. 19651).
Si ha allora riguardo, nella specie, alla ripartizione delle spese di completa sostituzione dell’impianto di ascensore condominiale.
Il costante orientamento interpretativo di questa Corte ha piu’ volte affermato (nella vigenza della disciplina, qui operante, antecedente alla riformulazione dell’articolo 1124 c.c. introdotta dalla L. n. 220 del 2012, ove espressamente si contempla l’intervento di sostituzione degli ascensori) che, a differenza dell’installazione “ex novo” di un ascensore in un edificio in condominio (le cui spese vanno suddivise secondo l’articolo 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprieta’ di ciascun condomino), quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell’ascensore gia’ esistente vanno ripartite ai sensi dell’articolo 1124 c.c. (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20713, non massimata; Cass. Sez. 2, 25/03/2004, n. 5975; Cass. Sez. 2, 17/02/2005, n. 3264). Stante l’identa’ di ratio delle spese di manutenzione e di ricostruzione delle scale ex articolo 1124 c.c. e delle spese relative alla conservazione e alla manutenzione dell’ascensore gia’ esistente, deve dirsi che, al pari delle scale, l’impianto di ascensore, in quanto mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, riveste la qualita’ di parte comune (tant’e’ che, dopo la L. n. 220 del 2012, esso e’ espressamente elencato nell’articolo 1117 n. 3, c.c.) anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiche’ pure tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio, con conseguente obbligo gravante anche su detti partecipanti, in assenza di titolo contrario, di concorrere ai lavori di manutenzione straordinaria ed eventualmente di sostituzione dell’ascensore, in rapporto ed in proporzione all’utilita’ che possono in ipotesi trarne (arg. da Cass. Sez. 2, 20/04/2017, n. 9986; Cass. Sez. 2, 10/07/2007, n. 15444; Cass. Sez. 2, 06/06/1977, n. 2328). Come tutti i criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, anche quello di ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione degli ascensori puo’ essere derogato, ma la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione deve essere contenuta o nel regolamento condominiale (che percio’ si definisce “di natura contrattuale”), o in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimita’, ovvero col consenso di tutti i condomini (Cass. Sez. 2, 04/08/2016, n. 16321; Cass. Sez. 2, 17/01/2003, n. 641; Cass. Sez. 2, 19/03/2010, n. 6714; Cass. Sez. 2, 27/07/2006, n. 17101; Cass. Sez. 2, 08/01/2000, n. 126). Deve dirsi in tal senso corretta la decisione della Corte d’Appello di Roma, la quale ha escluso che i condomini (OMISSIS) ed (OMISSIS) potessero dirsi esonerati dalle spese poste a loro carico nello stato di riparto approvato, non avendo rinvenuto nel regolamento del Condominio (OMISSIS) alcuna esplicita disciplina convenzionale che differenziasse tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di manutenzione e sostituzione degli ascensori, attribuendo gli stessi secondo criteri diversi da quelli scaturenti dall’applicazione degli articoli 1124, 1123, 1117 e 1118 c.c. E’ percio’ evidente l’errore di prospettiva dei ricorrenti, i quali si dolgono nelle loro censure dell’interpretazione delle clausole del regolamento del Condominio (OMISSIS) prescelta dalla Corte d’Appello, e contestano che non sia in esse ravvisabile il fondamento del loro obbligo di partecipazione alla spesa di sostituzione dell’ascensore, laddove il fondamento di tale obbligo discende, come visto, direttamente dalla legge, e le clausole regolamentari analizzate, secondo la plausibile interpretazione privilegiata dai giudici del merito, non contengono, al contrario, alcuna convenzione espressa che deroghi alla disciplina codicistica.
Il ricorso va percio’ rigettato e i ricorrenti vanno condannati a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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