Corte di Cassazione, penale, Sentenza|23 settembre 2021| n. 35267.
La rinuncia all’impugnazione da parte del pubblico ministero costituisce atto abdicativo di carattere formale, che non ammette equipollenti ed è disciplinata, quanto a legittimazione, modalità di presentazione e termini, dall’art. 589 cod. proc. pen., con la conseguenza che tale manifestazione di volontà deve essere espressa dal pubblico ministero che ha proposto l’impugnazione fino all’apertura del dibattimento, ovvero dal pubblico ministero presso il giudice dell’impugnazione, anche se quest’ultima sia stata proposta da altro pubblico ministero, prima dell’inizio della discussione, in modo chiaro e inequivoco e non può, pertanto, essere desunta unicamente dal tenore delle richieste conclusive formulate dal procuratore generale nell’udienza di appello.
Sentenza|23 settembre 2021| n. 35267. La rinuncia all’impugnazione da parte del pubblico ministero
Data udienza 22 giugno 2021
Integrale
Tag – parola: Evasione – Mancato riscontro del soggetto presso il domicilio in cui scontava la misura – Insussistenza di giustificazioni – Configurabilità del dolo – Rigetto – La rinuncia all’impugnazione da parte del pubblico ministero
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente
Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere
Dott. PATERNO’ RADDUSA B. – rel. Consigliere
Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere
Dott. TRIPICCIONE Debora – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 24 novembre 2020;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dr. Benedetto Paterno’ Raddusa;
sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale Dr. de Masellis Mariella, che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata senza rinvio perche’ il fatto non sussiste;
sentiti i difensori, avvocato (OMISSIS) che si sono richiamati ai motivi e alle conclusioni del ricorso.
La rinuncia all’impugnazione da parte del pubblico ministero
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza descritta in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria, riformando la statuizione assolutoria resa in primo grado dal Tribunale di Palmi ha condannato (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia, ritenendolo colpevole del reato di evasione allo stesso ascritto.
2. Propone ricorso il difensore di fiducia dell’imputato e adduce cinque diversi motivi.
2.1.Con il primo si evidenzia violazione degli articoli 581 e 591 c.p.p..
Ad avviso della difesa l’appello del Pubblico Ministero, in quanto generico, privo di criticita’ in relazione agli aspetti della sentenza di primo grado dei quali veniva chiesta la riforma nonche’ di specificita’ quanto alle prove delle quali si lamentava l’erronea valutazione, andava dichiarato inammissibile.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta l’erronea interpretazione dell’articolo 589 c.p.p. per non aver considerato che il Pubblico ministero impugnante aveva rinunziato al gravame come da dichiarazione resa in sede di discussione; rinunzia motivata, non revocata dalla contestuale richiesta di rigetto dell’appello.
2.3. Con il terzo e il quarto motivo si lamenta violazione dell’articolo 192 c.p.p., commi 1 e 2, articolo 546 c.p.p., comma 1, articolo 530 c.p.p. e articolo 385 c.p., nonche’ vizio di motivazione.
La rinnovazione istruttoria avrebbe dato conferma degli esiti acquisiti in primo grado dai quali emergeva che il ricorrente e’ soggetto con decisive difficolta’ deambulatorie (potendosi muovere al piu’ su una sedia a rotelle); che il citofono cui avevano suonato gli operanti che effettuarono il controllo si trovava dislocato in un ambiente diverso da quello ove il ricorrente (un cortile esterno alla casa) ove egli stazionava ordinariamente per effettuare gli esercizi fisioterapici con il suo terapista, peraltro ascoltando musica, come suo solito.
La Corte, attraverso una visione frazionata e non complessiva degli elementi indiziari acquisiti e’ pervenuta al giudizio di responsabilita’ senza avere la prova che il ricorrente si era effettivamente allontanato dal domicilio ove scontava gli arresti, non potendosi, anche sul piano logico, ricavare tale conclusione solo dalla mancata risposta al citofono ancor piu’ considerando il tempo necessario che avrebbe dovuto impiegare il ricorrente per rispondere; ed ha asseverato l’impostazione accusatoria unicamente facendo leva sul mancato riscontro della tesi difensiva, la cui alternativa plausibilita’ logica, piuttosto, avrebbe quantomeno favorito l’applicazione del principio del ragionevole dubbio.
Con l’ultimo motivo violazione di legge e difetto di motivazione risultano declinati in ordine alla sussistenza del dolo del reato contestato, apoditticamente ritenuta in sentenza.
La rinuncia all’impugnazione da parte del pubblico ministero
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita l’accoglimento perche’ riposa su motivi se non inammissibili, comunque infondati.
2. Il primo motivo e’ inammissibile.
Rileva la Corte che il gravame interposto dalla parte pubblica non poteva ritenersi affetto da aspecificita’: alla luce di una puntuale ricostruzione del fatto, conteneva, infatti, l’immediata contestazione del rilievo meramente indiziario ascritto alle risultanze dei controlli effettuati dagli operanti, dalle quali emergeva, piuttosto, ad avviso dell’appellante, la prova dell’assenza del ricorrente dal domicilio di esecuzione della misura cautelare in quei determinati frangenti, utile a sostenere la condotta materiale del reato contestato e non smentita dai rilievi difensivi, erroneamente considerati dalla decisione appellata a sostegno della ritenuta assoluzione.
Piuttosto, ad essere inammissibile e’ il rilievo sul punto articolato nell’interesse del (OMISSIS), non solo perche’ manifestamente contraddetto dal tenore oggettivo del ricorso in appello; ma anche perche’ privo di un immediato confronto con il portato di tale atto, utile a rappresentarne, con la dovuta specificita’, gli elementi di genericita’ rispetto alla sentenza appellata tali da supportare la rivendicata inammissibilita’.
3. IL secondo motivo e’ manifestamente infondato.
La lettura del verbale di udienza, favorita dal vizio prospettato, consente di affermare che il Pubblico ministero di udienza non ebbe a rinunziare al ricorso ma solo a concludere per la reiezione dell’appello.
Da qui la manifesta inconferenza della doglianza atteso che la rinuncia all’impugnazione costituisce atto abdicativo di carattere formale, che non ammette equipollenti ed e’ disciplinata, quanto a legittimazione, modalita’ di presentazione e termini, dall’articolo 589 c.p.p., con la conseguenza che tale manifestazione di volonta’ deve essere espressa (dal P.M. che ha proposto l’impugnazione fino all’apertura del dibattimento; dal P.M. presso il giudice dell’impugnazione, anche se quest’ultima sia stata proposta da altro P.M., prima dell’inizio della discussione) in modo chiaro e inequivoco e non puo’, pertanto, essere desunta unicamente dal tenore delle richieste conclusive formulate dal procuratore generale nell’udienza di appello (Sez. 2, n. 49038 del 21/10/2014,Rv. 261144; Sez. 3, n. 1591 del 29/10/2009, dep. 2010, Rv. 245754).
4.Sono infondati gli ulteriori motivi diretti a contrastare il ritenuto giudizio di responsabilita’ avuto riguardo alla valutazione resa del materiale istruttorio e alla ritenuta sussistenza del dolo.
La rinuncia all’impugnazione da parte del pubblico ministero
5.Secondo la sentenza di primo grado, puntualmente riassunta da quella impugnata anche alla luce della estrema sinteticita’ del relativo ritenere, l’assenza del ricorrente dal domicilio di riferimento al momento del controllo (nessuno rispose in un arco temporale compreso tra le 17,35 e le 17,55 del (OMISSIS) pur essendosi gli operanti recati per due volte presso il domicilio del (OMISSIS)) doveva ritenersi un mero indizio puntualmente contrastato dalle argomentazioni difensive secondo le quali l’imputato doveva trovarsi invece a casa ” molto probabilmente” impegnato nell’attivita’ fisioterapica che “normalmente effettua nel cortile retrostante l’abitazione ascoltando musica”.
6. La sentenza impugnata supera in modo convincente e corretto siffatto assunto, sia in punto di fatto che di diritto.
La Corte territoriale muove da due risultanze incontroverse: il duplice controllo operato il (OMISSIS) senza trovare l’imputato e la comunicazione effettuata in quello stesso giorno, alle ore 18,27, relativa alla presenza in casa del (OMISSIS) del fisioterapista. Mette in risalto, inoltre, che i controllanti avevano suonato lungamente (e che in genere in occasione degli altri controlli era stato loro aperto dopo pochi istanti, a volte dalla moglie, costantemente presente in casa anche in considerazione delle condizioni fisiche del controllato) e che, per quanto riferito dal fisioterapista, la moglie del ricorrente, subito dopo il suo arrivo, provvedeva ad avvertire i Carabinieri del suo arrivo.
Da qui la conclusione in forza della quale, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa e validato dal primo giudice, il ricorrente in quel momento non stava facendo fisioterapia perche’ il terapista era arrivato ben oltre il secondo controllo; ed anche il dato dell’ascolto della musica doveva ritenersi privo di rilievo, considerando che lo stesso, nella prospettazione difensiva, era correlato all’attivita’ fisioterapica. Che poi in quei frangenti sia l’imputato che la moglie, costantemente presente in casa per le condizioni di salute del marito, non avessero sentito il citofono, era fatto da ritenersi inverosimile, alla stessa stregua di una ipotizzata presenza, da solo, in casa del (OMISSIS), collocato a distanza dal citofono, considerate le difficolta di deambulazione dello stesso e il fatto che attendeva la visita del fisioterapista.
Da qui la conclusione opposta alla decisione di primo grado, non essendo necessario al fine riscontrare la presenza dell’imputato al di fuori della abitazione dove all’epoca si trovava ristretto agli arresti domiciliari.
7. La sentenza non merita censure, sul piano della relativa tenuta logica della relativa ricostruzione fattuale nonche’ su quello della valutazione in diritto, con riguardo, in particolare, al rilievo da ascrivere al mancato riscontro del (OMISSIS) presso il domicilio ove scontava la misura.
7.1.Prendendo le mosse da quest’ultimo profilo, la difesa ancora la propria prospettazione a un recente arresto di questa Corte (Sez. 6, n. 10423 del 19/02/2020, Rv. 27875) che, ad avviso della stessa, legittimerebbe l’affermazione secondo cui la prova dell’evasione non potrebbe essere ricavata esclusivamente dal mancato rinvenimento dell’imputato presso il domicilio di esecuzione della misura (anche in quella occasione non venne data risposta ai controllanti in esito alla relativa sollecitazione citofonica).
7.2. Il riferimento a tale precedente e’ tuttavia inconferente.
Del tutto correttamente, in quella occasione, la Corte, muovendo dal principio in forza del quale la regola di giudizio che richiede l’accertamento della sussistenza del reato “al la’ di ogni ragionevole dubbio” implica “che, in caso di prospettazione di un’alternativa ricostruzione dei fatti, siano individuati gli elementi di conferma dell’ipotesi accusatoria e sia motivatamente esclusa la plausibilita’ della tesi difensiva”, ebbe a mettere in evidenza che la sentenza impugnata non solo non aveva preso in considerazione la plausibilita’ della tesi alternativa offerta a discolpa dalla difesa (il mancato funzionamento del citofono) ma aveva anche utilizzato il mancato riscontro della stessa assorbendone il portato all’interno del compendio probatorio evocato a sostegno della ritenuta responsabilita’.
7.3. L’ipotesi portata allo scrutinio della Corte, letta nei termini rassegnati dalla sentenza impugnata, e’ di segno diverso e risulta risolta in linea con le indicazioni di principio emergenti da tale precedente.
Muovendo dal dato certo e incontroverso della mancata risposta offerta dal ricorrente in occasione dei due diversi controlli effettuati in rapida consecuzione e facendo leva sulla prassi che aveva connotato le verifiche legate alla posizione del (OMISSIS), la Corte ha scrutinato e ritenuto, con argomentazione estranea a profili di illogicita’, non plausibili le prospettazioni alternative offerte dalla difesa, peraltro non perfettamente intellegibili sul piano della univocita’ e della chiarezza della versione offerta.
Su questo versante, in particolare, anche la lettura del ricorso non consente di comprendere se nel caso il ricorrente, che la difesa da’ per presente in casa al momento dei due controlli, era solo o si trovasse in compagnia della moglie o ancora era intento a fare fisioterapia; ne’ si precisano le ragioni per le quali nessuno ebbe a rispondere malgrado gli operanti avessero indugiato non poco nel suonare in entrambe le occasioni.
7.3.1. Cio’ malgrado, la sentenza impugnata, pur a fronte di una siffatta non meglio univocamente dettagliata indicazione difensiva, ha preso in considerazione tutte le possibili chiavi di lettura alternativa utili a giustificare l’esito negativo dei detti controlli. Ed ha rimarcato, senza che il ricorso nulla abbia obiettato su tali punti, segnalandone effettive fratture logiche utili ad un rilievo di legittimita’:
che la presenza in quei frangenti del fisioterapista era stata smentita dalla istruttoria orale e documentale svolta;
che doveva ritenersi inverosimile l’ipotesi del (OMISSIS) presente da solo nell’abitazione, smentita dalla prassi pregressa, relativa ai precedenti controlli e dalla stessa difficolta’ del ricorrente di deambulare correttamente;
che per la stessa ragione, anche perche’ attendeva la visita del fisioterapista, difficilmente l’imputato, lasciato solo in casa, si sarebbe collocato lontano dal citofono e cio’ a tacer della inverosimiglianza di una siffatta prospettazione a fronte della duplice sollecitazione rimasta inevasa;
che l’ascolto della musica, potenziale fattore di ostacolo alla immediata audizione del suono del citofono anche per le connotazioni strutturali dell’immobile, era stato addotto quale prassi invalsa in costanza dell’attivita’ fisioterapica, nel caso, per quanto gia’ detto, puntualmente smentita dagli approfondimenti istruttori.
7.3.2. All’evidenza dunque, a fronte della inequivoca mancata dimostrazione della presenza del ricorrente presso il luogo in cui scontava la misura cautelare violata, la lettura della sentenza impugnata da’ conto del fatto che nell’occasione sono state scandagliate tutte le possibili ragioni utili a contraddire tale circostanza in fatto, anche a prescindere dalla puntualita’ delle ricostruzioni alternative indicate a discolpa dalla difesa. E si e’ pervenuti a una conclusione logica che resta immune da censure, dovendosi qui ribadire che la prova del reato di evasione in caso di restrizioni domiciliari non presuppone necessariamente il riscontro della presenza dell’imputato fuori dal luogo di esecuzione della misura ma ben puo’ essere legata al mero dato del mancato rinvenimento dello stesso presso il relativo plesso, purche’ tale circostanza in fatto risulti filtrata dalla valutazione di accertata implausibilita’ delle indicazioni giustificative offerte dalla difesa, dirette ad ovviare al mancato riscontro della citata presenza al momento del relativo controllo.
7.4. Quanto al dolo, infine, considerata la fattispecie contestata e la riscontrata pacifica assenza del ricorrente dal domicilio di esecuzione della misura, emerge con immediatezza la sussistenza del relativo profilo, ancor piu’ considerando che nel caso la difesa non ha neppure indicato eventuali indicatori in fatto, nel caso pretermessi dal motivare della sentenza impugnata, utili ad una valutazione di segno opposto.
8. Alla reiezione del ricorso segue la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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