La revocazione investe sia la fase rescindente che la fase rescissoria

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 20 febbraio 2020, n. 1289.

La massima estrapolata:

Ai sensi dell’art. 402 c.p.c. il giudizio di revocazione investe sia la fase rescindente che la fase rescissoria, vale a dire sia la fase afferente l’eliminazione della pronuncia fondata sull’errore, che la fase nella quale si sostituisce quest’ultima con altra decisione: nell’unico giudizio va dunque proposta sia la domanda di revocazione (fase rescindente), e sia la domanda di merito (fase rescissoria), in modo da pervenire, all’esito del giudizio, e ricorrendone le condizioni, alla sostituzione della pronuncia affetta da errore, ovvero alla conferma della decisione, nonostante l’errore. Il ricorso è, dunque, inammissibile ove la parte si limiti ad allegare motivi a sostegno della domanda di revocazione della sentenza, ma non sia proposta alcuna istanza per la conclusione del giudizio rescissorio, vale a dire per l’eventuale annullamento dell’atto originariamente impugnato.

Sentenza 20 febbraio 2020, n. 1289

Data udienza 6 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3770 del 2018, proposto da
Associazione Pr. Ca. di Pi., in persona del legale rappresentante pro tempore ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Vi. An., Lu. Fo., Pa. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Pa. Pa. in Roma, via (…);
contro
Consorzio di Bo. di Pi., rappresentato e difeso dagli avvocati Se. Va., Mi. De Fi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Se. Va. in Roma, via (…);
Regione Emilia-Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ga. Pu., Fa. Se., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
An. Sc. Vi. ed altri, non costituiti in giudizio;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato – Sez. V, n. 724 del 2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consorzio di Bo. di Pi. e di Regione Emilia-Romagna;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2020 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Pa., Pu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con sentenza n. 724 del 2018 la Sezione respingeva l’appello proposto dagli odierni ricorrenti contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, n. 285 del 2016, che ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti per l’annullamento delle deliberazioni del Consiglio di Amministrazione consortile nn. 14, 15 e 16 datate 11 settembre 2015 e n. 21 datata 7 ottobre 2015, del Comitato amministrativo n. 225 dell’11 settembre 2015, e nn. 232, 233, 234, 235 e 236 del 16 settembre 2015, del Comitato amministrativo consortile n. 2 in data 7 gennaio 2016, concernente “proclamazione dei risultati delle votazioni e dei nominativi degli eletti”, e n..332 del 30 novembre 2015, che ha escluso dalla competizione elettorale la lista “Equità per tutti”.
I ricorrenti hanno chiesto la revocazione della succitata sentenza della Sezione per errore di fatto ex artt. 106 Cod. proc. amm. e 395, n. 4), Cod. proc. civ..
Si sono costituiti in giudizio il Consorzio di Bo. di Pi. e la Regione Emilia-Romagna.
Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza pubblica del 6 febbraio 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione il ricorso proposto dall’Associazione Pr. Ca. di Pi. ed altri per la revocazione per errore di fatto della sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, 5 febbraio 2018 n. 724, che ha confermato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, n. 285 del 2016.
Va rilevato in via del tutto preliminare che il ricorso è inammissibile per carenza di interesse, in quanto contiene solo la domanda di revocazione della sentenza (iudicium rescindens), ma non anche quella di decisione sull’originario ricorso (iudicium rescissorium).
Questa carenza radicale del petitum precede la rilevazione circa l’effettiva ricorrenza di una delle ipotesi nominate in cui la revocazione è ammessa (causa petendi) e manifesta che la domanda è comunque inidonea ad attivare l’eventuale, successiva fase rescissoria, che è l’obiettivo in vista del quale la legge consente l’eccezionale rimedio. Dunque il ricorso è inutiliter actum perché non corrisponde a un serio interesse dell’istante (cfr. Cons. Stato, IV, 21 aprile 2017, n. 1869).
Ai sensi dell’art. 402 Cod. proc. civ., il giudizio di revocazione investe sia la fase rescindente che la fase rescissoria, vale a dire sia la fase afferente l’eliminazione della pronuncia fondata sull’errore, che la fase nella quale si sostituisce quest’ultima con altra decisione: nell’unico giudizio va dunque proposta sia la domanda di revocazione (fase rescindente), e sia la domanda di merito (fase rescissoria), in modo da pervenire, all’esito del giudizio, e ricorrendone le condizioni, alla sostituzione della pronuncia affetta da errore, ovvero alla conferma della decisione, nonostante l’errore. Il ricorso è, dunque, inammissibile ove la parte si limiti ad allegare motivi a sostegno della domanda di revocazione della sentenza, ma non sia proposta alcuna istanza per la conclusione del giudizio rescissorio, vale a dire per l’eventuale annullamento dell’atto originariamente impugnato.
Anche il ricorso per revocazione è soggetto, a pena di inammissibilità, alle stesse regole formali e sostanziali del ricorso per cassazione, tra le quali vi è il principio dell’autosufficienza proprio del ricorso per cassazione; ne discende che esso è inammissibile quando contenga solo la domanda di revocazione della sentenza, idonea a provocare la fase rescindente del giudizio, ma non contenga la domanda di decisione sull’originario ricorso, riproponendone gli argomenti, in quanto un ricorso siffatto non è idoneo ad attivare la eventuale, successiva fase rescissoria (Cass., II, 3 settembre 2002, n. 12816).
Vale comunque, ad abundantiam, considerare che tutte le censure qui dedotte dai ricorrenti involgono questioni di carattere giuridico ed ermeneutico, che costituiscono punti già controversi del giudizio, al fine di riproporre e rivisitare, nel merito, argomenti non più censurabili.
Ne discende la palese inammissibilità del ricorso anche in relazione al chiaro disposto dell’art. 395, n. 4, Cod. proc. civ., e della consolidata giurisprudenza sul punto.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna parte ricorrente alla rifusione nei confronti del Consorzio di Bo. di Pi. e della regione Emilia-Romagna, in via solidale e per la stessa quota, delle spese di giudizio, che si liquidano nella complessiva somma pari ad euro 10.000, oltre ad oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere
Elena Quadri – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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