La responsabilità ex art. 2051 c.c. e la produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 11152.

La responsabilità ex art. 2051 c.c. e la produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo

 

La responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate dalla colpa ex art. 1227 c.c. e, indefettibilmente, dalla oggettiva imprevedibilità e imprevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole.

Sentenza|| n. 11152. La responsabilità ex art. 2051 c.c. e la produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo

Data udienza  30 marzo 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità ex art. 2051 cc – Caduta su manto stradale dissestato – Natura oggettiva della responsabilità ex decisione della Corte di Cassazione a Sezioni unite n. 20943 del 30/06/2022 – Principi – Nozione di custodia e di caso fortuito – Omesso accertamento del caso fortuito e della prova liberatoria – Rinvio

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 34406/2019 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) Srl;

– intimato –

e contro

Comune di Acireale, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato ex lege in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 844/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 11/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/03/2023 dal Cons. Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che si riporta alle conclusioni scritte e conclude per l’accoglimento del ricorso p.q.r., con particolare riferimento al primo, al secondo ed al sesto motivo del ricorso.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) agi’ nei confronti del Comune di Acireale per sentirlo condannare, ex articolo 2051 c.c., al risarcimento dei danni subiti per essere caduto in una strada comunale, mentre si trovava alla guida del proprio motociclo, a causa del manto dissestato; la domanda venne proposta anche nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., appaltatrice dei lavori di sistemazione del tratto stradale.

Il Tribunale di Catania condanno’ il (solo) Comune al risarcimento dei danni, rigettando la domanda di garanzia proposta da quest’ultimo nei confronti della (OMISSIS) s.r.l..

La Corte di Appello di Catania ha accolto il gravame proposto dal Comune rigettando integralmente la domanda attorea.

Ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS), affidandosi a sei motivi; ha resistito il Comune con controricorso.

Fissata l’odierna udienza pubblica, il P.M. ha richiesto l’accoglimento del ricorso, per quanto di ragione, richiamandosi alle precedenti conclusioni scritte.

Il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Nell’anno 2018 questa Sezione ritenne indispensabile operare un intervento nomofilattico in tema di responsabilita’ per cose in custodia (articolo 2051 c.c.), consapevole del disordine interpretativo riscontrato nella giurisprudenza di merito e delle incertezze ermeneutiche emerse nella sua stessa giurisprudenza. Il tutto in una materia particolarmente rilevante per gli aspetti giuridici, sociali ed economici, coinvolgenti soggetti sia privati che pubblici.

Nell’anno 2022 intervennero, poi, le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate ad esprimersi intorno a criticita’ e distonie emerse nella giurisprudenza di legittimita’.

Sussiste, dunque, la necessita’ di apportare un definitivo contributo chiarificatore sulla materia in trattazione, attraverso i punti che si vanno ad esporre.

I. Non e’ ulteriormente discutibile che la responsabilita’ di cui all’articolo 2051 c.c., abbia natura oggettiva, come affermato da questa sezione con le decisioni nn. 2477-2483 rese pubbliche in data 1/02/2018, alla luce delle origini storiche della disposizione codicistica, dell’affermazione di fattispecie di responsabilita’ emancipate dal principio nessuna responsabilita’ senza colpa, dei criteri di accertamento del nesso causale e della esigibilita’ (da parte dei consociati) di un’attivita’ di adeguamento della condotta in rapporto alle diverse contingenze nelle quali vengano a contatto con la cosa custodita da altri.

II. Tale qualificazione ha ricevuto una definitiva conferma dalle Sezioni Unite di questa Corte che, con la decisione n. 20943 del 30/06/2022, dopo aver diacronicamente ripercorso le tappe segnate (talvolta in modo dissonante) dalla giurisprudenza di questa sezione, hanno ribadito che “La responsabilita’ di cui all’articolo 2051 c.c., ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalita’ tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode”.

III. All’affermazione di tale principio di carattere generale (punto 9 della decisione), le Sezioni Unite hanno poi fatto seguire ulteriori, altrettanto generali precisazioni, cosi’ sintetizzabili (punti 8.4. e ss. della sentenza 20943/2022):

a) “l’articolo 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilita’ che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicche’ incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosita’ o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”;

b) “la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’articolo 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacita’ di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”;

c) “il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, e’ connotato da imprevedibilita’ ed inevitabilita’, da intendersi pero’ da un punto di vista oggettivo e della regolarita’ causale (o della causalita’ adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere”;

d) “il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, e’ connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell’articolo 1227 c.c., comma 1; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarieta’ espresso dall’articolo 2 Cost.;

e) quanto piu’ la situazione di possibile danno e’ suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto piu’ incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benche’ astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarita’ causale”.

IV. I principi appena evocati sanciscono in via definitiva l’attuale statuto della responsabilita’ del custode, il cui fondamento riposa, pertanto, su elementi di fatto individuati tanto in positivo – la dimostrazione che il danno e’ in nesso di derivazione causale con la cosa custodita (la sequenza e’ quella che muove dall’accertamento di un danno giuridicamente rilevante per risalire alla sussistenza di una relazione causale tra l’evento dannoso e la cosa custodita e si chiude con l’imputazione in capo al custode dell’obbligazione risarcitoria, dalla quale il custode si libera giusta il disposto dell’articolo 2051 c.c., provando il caso fortuito) – quanto in negativo (l’inaccettabilita’ di una mera presunzione di colpa in capo al custode e l’irrilevanza della prova di una sua condotta diligente).

V. Nel confermare tali principi, in ossequio all’insegnamento delle Sezioni Unite, mette ancora conto di precisare, sul piano della struttura della fattispecie (non su quello degli effetti, che risultano ormai definitivamente scolpiti dal massimo organo della nomofilachia) che il caso fortuito appartiene alla categoria dei fatti giuridici e si pone in relazione causale diretta, immediata ed esclusiva con la res, senza intermediazione di alcun elemento soggettivo; mentre la condotta del terzo e la condotta del danneggiato rilevano come atto giuridico caratterizzato dalla colpa (articolo 1227, comma 1), con rilevanza causale esclusiva o concorrente (sul concorso tra causa umana e causa naturale, Cass. n. 21619/2007), intesa, nella specie, come caratterizzazione di una condotta oggettivamente imprevedibile ed oggettivamente imprevenibile da parte del custode.

VI. Va ancora osservato, in proposito, che sia il fatto (fortuito) che l’atto (del terzo o del danneggiato) si pongono in relazione causale con l’evento di danno non nel senso della (impropriamente definita) “interruzione del nesso tra cosa e danno”, bensi’ alla luce del principio disciplinato dall’articolo 41 c.p., che relega al rango di mera occasione la relazione con la res, deprivata della sua efficienza di causalita’ materiale, senza peraltro cancellarne l’efficienza causale sul piano strettamente naturalistico. Cio’ tanto nell’ipotesi di efficacia causale assorbente, quanto di causalita’ concorrente di tali condotte, poiche’, senza la preesistenza e la specifica caratterizzazione della res, il danno non si verificherebbe (esemplificando: una strada perfettamente asfaltata e senza buche non sara’ in relazione causale, se non naturalistica, con il danno subito dal pedone che inciampa nei suoi piedi).

VII. Il dato normativo va, pertanto, applicato governando la costruzione funzionale dell’illecito e raccordandola con la modulazione dei rimedi ad esso conseguenti, vale a dire tenendo conto che il sistema risarcitorio si fonda non solo sulla capacita’ preventiva della colpa (giustizia correttiva), ma anche sul soddisfacimento di esigenze meramente compensative (giustizia redistributiva, cioe’ il trasferimento del peso economico di un evento pregiudizievole dal danneggiato su chi abbia la signoria della cosa) e, non da ultimo, muovendosi con la consapevolezza che quello causale, essendo un “giudizio” utilizzato per allocare i costi del danno, deve essere calibrato in relazione alla specifica fattispecie di responsabilita’; costituisce, difatti, il proprium della responsabilita’ civile il presentarsi “a geometria variabile, perche’ moltiplica le sue possibilita’ a seconda degli istituti con cui si fonde, facendo scattare principi anche solo lievemente diversi ma con implicazioni notevoli sulla allocazione finale dei costi, sulla prevenzione, sulla sostenibilita’ nel tempo della sua promessa (il risarcimento del danno)”.

VIII. L’irrilevanza della colpa, quale criterio per risalire al responsabile, e’ condizione necessaria ma non sufficiente per attribuire alla responsabilita’ di cui all’articolo 2051 c.c., natura oggettiva. Essa fa giustizia di quei modelli di ragionamento che evocano la presunzione di colpa, la quale individua il fondamento della responsabilita’ pur sempre nel fatto dell’uomo – il custode – venuto meno al suo dovere di controllo e vigilanza affinche’ la cosa non abbia a produrre danno a terzi (Cass. 20/05/1998, n. 5031), ma non anche della teoria del riconoscimento di una presunzione di responsabilita’ in capo al custode, giustificata ritenendo che, se la cosa fosse stata ben governata e controllata, non avrebbe arrecato alcun danno, mentre se il danno si verifica (fatto noto) si presume che cio’ sia avvenuto perche’ la cosa non e’ stata adeguatamente custodita (fatto ignoto); da tale presunzione di responsabilita’ il custode si libererebbe dimostrando, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce, che il danno si e’ verificato in modo non prevedibile ne’ superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso.

IX. Ritenere che sul custode gravi una presunzione di responsabilita’ – esclusa espressamente, come si e’ detto, dalla gia’ ricordata pronuncia delle Sezioni Unite – e’ indice di una resistenza ad emanciparsi dalla colpa che, infatti, viene evocata in via surrettizia non per fondare, in via di regola, la responsabilita’ del custode, ma (comunque) per escluderla in via di eccezione. La capacita’ di vigilare la cosa, di mantenerne il controllo, di neutralizzarne le potenzialita’ dannose, difatti, non e’ elemento costitutivo della fattispecie di responsabilita’, bensi’ elemento estrinseco del quale va tenuto conto alla stregua di canone interpretativo della ratio legis, cioe’ come strumento di spiegazione di “un effetto giuridico che sta a prescindere da essi”. L’intento di responsabilizzare il custode della res o di controbilanciare la signoria di fatto concessagli dall’ordinamento affinche’ ne tragga o possa trarne beneficio sulla cosa con l’obbligazione risarcitoria (Cass. 01/02/2018, n. 2480, pp. 11 e 12) possono essere criteri di spiegazione del criterio scelto per allocare il danno, ma non sono elementi costitutivi della regola di fattispecie ne’ elementi di cui tener conto per escludere l’obbligazione risarcitoria in capo al custode.

X. Non e’ stata fornita una definizione normativa della custodia da parte del legislatore del 1942 perche’ l’articolo 2051 c.c., si e’ limitato a tradurre l’espressione francese sous sa garde che appariva nell’articolo 1384, comma 1, Code Napoleon. Questa Corte (Cass., Sez. Un., 11/11/1991, n. 12019) ha, tuttavia, avuto gia’ occasione di rilevare le diverse accezioni della portata della custodia come criterio di determinazione della responsabilita’ rinvenienti dalle fonti romane e ha ritenuto di poterle raggruppare nelle seguenti categorie: a) quella che si riallaccia alla configurazione giustinianea per cui la custodia non e’ che un particolare tipo di diligentia; b) quella custodiendae rei, la quale rimane un criterio soggettivo di responsabilita’; c) quella piu’ recente che individua il concetto di custodia nella responsabilita’ oggettiva. A quest’ultima, che “si concretizza in un criterio oggettivo di responsabilita’, intendendo per tale quello che addossa a colui che ha la custodia della cosa la responsabilita’ per determinati eventi, indipendentemente dalla ricerca di un nesso causale fra il comportamento del custode e l’evento”, ha ricondotto quella rilevante ai sensi dell’articolo 2051 c.c..

XI. Non puo’ mettersi in dubbio che, per individuare il responsabile, non debba farsi riferimento alla custodia di fonte contrattuale (Cass. 18/02/2000, n. 1859; Cass. 20/10/2005, n. 20317), siccome l’articolo 2051 c.c., attiene ai rapporti con i terzi danneggiati dalla cosa oggetto di custodia, ne’ possono nutrirsi riserve circa il fatto che, trattandosi di una relazione meramente fattuale, non sia giustificato un mero rinvio ad altri istituti come la proprieta’, i diritti reali minori, il possesso, la semplice detenzione; la relazione giuridica con la cosa non e’ elemento costitutivo della responsabilita’, a differenza di quanto previsto dagli articoli 2052, 2053, 2054 c.c., sicche’ responsabile ex articolo 2051 c.c., puo’ ben essere un soggetto diverso da quello che abbia un titolo giuridico sulla res (Cass. 6/07/2006, n. 153684), atteso che rileva esclusivamente la relazione di fatto di natura custodiale, a prescindere finanche dal se essa sia titolata. L’applicazione dell’articolo 2051 c.c., si arresta soltanto dinanzi alle cose insuscettibili di custodia in termini oggettivi (acqua, aria): Cass. 20/02/2006, n. 3651.

XII. L’indeterminatezza della nozione di caso fortuito, talvolta declinato in termini di polivalenza, consente (e’ bensi’ vero) di considerare il fortuito tanto come limite della responsabilita’ per colpa quanto come limite della causa di imputazione della responsabilita’. Nondimeno, quando il caso fortuito e’ evocato espressamente da una norma, come in questo caso, la sua nozione deve essere riempita di contenuto in correlazione con il contesto e con la ratio legis. Per quanto non decisivo, in orienta tal senso anche il tenore letterale dell’articolo 2051 c.c. (“Ciascuno e’ responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”) se confrontato con quello dell’articolo 2050 c.c. (“Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attivita’ pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, e’ tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”), dell’articolo 2053 c.c. (“Il proprietario di un edificio o di altra costruzione e’ responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non e’ dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione”), dell’articolo 2054 c.c. (“Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie e’ obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”).

XIII. Il contenuto della prova liberatoria non solo e’ stato tipizzato dal legislatore, ma e’ stato differenziato secondo la regola di fattispecie di volta in volta presa in considerazione; quando la prova liberatoria e’ costituita dalla ricorrenza del caso fortuito (cfr. anche l’articolo 2052 c.c.. “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, e’ responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”) e’ segno che il legislatore non ha voluto che il custode (o il responsabile di cui all’articolo 2052 c.c.) possa liberarsi provando di avere tenuto un comportamento diligente volto ad evitare il danno ne’ la dimostrazione che il danno si sarebbe verificato nonostante la diligenza da lui esigibile, data l’imprevedibilita’ e l’inevitabilita’ dell’evento dannoso, tantomeno che l’intervento del caso fortuito abbia reso oggettivamente impossibile la custodia (utili indicazioni a supporto, ma con carattere di minore prossimita’, possono trarsi anche dalle ipotesi in cui il legislatore non ha previsto la prova liberatoria, come nelle ipotesi di cui all’articolo 2049 c.c. e all’articolo 114 cod. consumo).

Premessi questi principi di massima, puo’ passarsi ad esaminare la fattispecie oggetto della presente controversia.

2. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 2051 e 1227 c.c. e degli articoli 40 e 41 c.p., lamentando che la Corte, “pur dichiarando di inquadrare la vicenda nella fattispecie dell’articolo 2051 c.c., ha poi finito per scrutinarla secondo i principi propri del paradigma dell’articolo 2043 c.c. (in punto di visibilita’ e prevedibilita’ dell’insidia) considerando sufficiente ad integrare il caso fortuito la ritenuta condotta colposa del danneggiato, come se la stessa valesse – di per se’ sola – ad escludere qualunque nesso condizionante fra la situazione di pacifica pericolosita’ del tratto di strada in cui avvenne il sinistro e la perdita del controllo del motociclo”; il tutto in contrasto con gli orientamenti di legittimita’ (richiama, al riguardo, Cass. n. 2479/2018 e Cass. n. 18753/2017).

2.1. Con il secondo motivo (che deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 2051, 1227, 2727 e 2729 c.c., articolo 115 c.p.c. e articoli 40 e 41 c.p.), il (OMISSIS) censura la Corte per aver erroneamente presunto che l’attore conoscesse la situazione di pericolo per il fatto che il tratto insidioso era vicino alla sua abitazione e, altresi’, per aver presunto l’inosservanza della distanza prudenziale fra veicoli alla luce della mera circostanza che il motociclista percorreva la strada dietro a un furgoncino che non gli consentiva la visuale della strada.

2.2. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 115 c.p.c., e articolo 167 c.p.c., comma 2, e articoli 2051 e 2697 c.c., censurando la sentenza per avere posto a fondamento dell’accertamento di responsabilita’ in capo al (OMISSIS) fatti inesistenti e non provati dal Comune di Acireale.

2.3. Con il quarto motivo, vengono dedotte la violazione e la falsa applicazione degli articoli 244 e 253 c.p.c., sull’assunto che la Corte ha erroneamente rigettato, ritenendola generica, la prova per testi richiesta dall’attore in merito allo stato di deformazione e di dissesto del manto stradale.

2.4. Col quinto motivo, il (OMISSIS) deduce la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 24 Cost. e articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4), e rileva che la Corte e’ incorsa in contraddizione affermando l’esistenza di un modestissimo quadro probatorio e, al tempo stesso, non ammettendo la prova per testi articolata dall’attore.

2.5. Col sesto motivo (che deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 2051, 2056 e 1227 c.c. e degli articoli 40 e 41 c.p.), il ricorrente contesta che il mero contribuito della condotta colposa della vittima alla causazione del danno integri il caso fortuito e assume che l’incidenza del concorso colposo del danneggiato deve essere valutato ai sensi dell’articolo 1227 c.c..

3. Alla luce dei principi richiamati al punto 1, il ricorso merita accoglimento in relazione ai motivi 1 e 6, con assorbimento dei restanti quattro.

Deve, infatti, considerarsi che:

la Corte ha fondato il rigetto della domanda ex articolo 2051 c.c., sul mero rilievo di condotte colpose del (OMISSIS) (l’aver guidato un mezzo per il quale non aveva la necessaria patente di guida, il fatto che le condizioni della strada avrebbero dovuto essergli note per la vicinanza alla sua abitazione e la circostanza di avere percorso la strada dietro un furgoncino che non gli consentiva la visuale della strada), senza tuttavia preoccuparsi di verificare se le stesse avessero reso del tutto ininfluente la situazione di dissesto del manto stradale, ossia senza accertare se la condotta del danneggiato si fosse sovrapposta alla situazione della cosa in modo tale da degradarla a mera occasione dell’evento di danno;

in tal modo, la Corte ha sostanzialmente eluso l’accertamento del caso fortuito (limitandosi a richiamare due massime di legittimita’ in materia), erroneamente ritenendolo integrato dalla mera condotta colposa dell’attore, mentre, in mancanza di un siffatto accertamento, e quindi in difetto di prova liberatoria da parte del custode, avrebbe dovuto valutare l’eventuale concorso colposo del danneggiato alla luce dell’articolo 1227 c.c..

4. La sentenza va pertanto cassata, con rinvio alla Corte territoriale per nuovo esame alla luce dei principi sopra illustrati.

5. Il giudice di rinvio provvedera’ anche sulle spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il sesto motivo, assorbiti gli altri, cassa e rinvia alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

 

 

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