Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 gennaio 2021| n. 1724.
La remissione del debito, quale causa di estinzione delle obbligazioni, esige che la volontà abdicativa del creditore sia espressa in modo inequivoco; un comportamento tacito, pertanto, può ritenersi indice della volontà del creditore di rinunciare al proprio credito solo quando non possa avere alcun’altra giustificazione razionale, se non quella di rimettere al debitore la sua obbligazione. Ne consegue che i crediti di una società commerciale estinta non possono ritenersi rinunciati per il solo fatto che non siano stati evidenziati nel bilancio finale di liquidazione, a meno che tale omissione non sia accompagnati da ulteriori circostanze tali da non consentire dubbi sul fatto che l’omessa appostazione in bilancio altra causa non potesse avere, se non la volontà della società di rinunciare a quel credito
Ordinanza|26 gennaio 2021| n. 1724
Data udienza 14 ottobre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Società – Debiti di una società commerciale estinta – Non si intendono rinunciati da parte dei soci per il solo fatto che non sono evidenziati nel bilancio finale di liquidazione – Mancanza di elementi dai quali si può desumere un’inequivocabile volontà di rimettere le obbligazioni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 15305/17 proposto da:
-) (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati a (OMISSIS), difesi dall’avvocato (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale apposta in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
-) (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a (OMISSIS), difeso dall’avvocato (OMISSIS) in virtu’ di procura speciale apposta in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello (OMISSIS) 13.4.2017 n. 1699;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 ottobre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2000 la societa’ (OMISSIS) s.r.l. acquisto’ dalla societa’ (OMISSIS) s.p.a. (che in seguito mutera’ forma e ragione sociale in (OMISSIS) s.r.l.) un autoveicolo che si rivelo’ difettoso.
L’acquirente convenne dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la venditrice chiedendo la risoluzione del contratto di vendita e la condanna del venditore alla restituzione del prezzo.
2. Nelle more del giudizio la societa’ acquirente fu cancellata dal registro delle imprese, il (OMISSIS).
3. All’esito del secondo grado del giudizio redibitorio, la Corte d’appello (OMISSIS) con sentenza 4189/13 dichiaro’ risolto il contratto e condanno’ il venditore alla restituzione del prezzo, quantificato nell’importo di Euro 31.917,04.
4. Gli ex soci della (OMISSIS) (e cioe’ (OMISSIS) e (OMISSIS)) avvalendosi del titolo rappresentato dalla suddetta sentenza 4189/13 iniziarono l’esecuzione forzata nei confronti della (OMISSIS).
A tal fine notificarono alla (OMISSIS) – il ricorso non indica per quale ragione – due precetti: uno del 30 gennaio 2014 per l’importo di Euro 31.917 oltre accessori; l’altro il 19 maggio 2014 per l’importo di Euro 43.911 “comprensivo di interessi e Spese”.
5. La (OMISSIS) propose opposizione ad ambedue i precetti.
Il presente giudizio ha ad oggetto l’opposizione proposta avverso il secondo dei precetti sopra indicati, cioe’ quello notificato il 19 maggio 2014.
A fondamento di tale opposizione la (OMISSIS) dedusse due motivi:
a) non era consentito ai creditori notificare un secondo atto di precetto per il medesimo credito;
b) nel bilancio finale di liquidazione della societa’ creditrice non era stato appostato il credito vantato dalla societa’ nei confronti della (OMISSIS); quel credito, pertanto, doveva ritenersi rinunciato.
6. Con sentenza 24 febbraio 2016 n. 252 il Tribunale di Napoli Nord rigetto’ l’opposizione.
La Corte d’appello di Napoli, adita dalla soccombente, con sentenza 13.4.2017 n. 1669 accolse il gravame e dichiaro’ insussistente il diritto di (OMISSIS) e (OMISSIS) ad agire esecutivamente nei confronti della (OMISSIS).
A fondamento della propria decisione la Corte d’appello pose il seguente ragionamento:
-) la societa’ creditrice (OMISSIS) e’ stata cancellata dal registro delle imprese nel (OMISSIS);
-) a quell’epoca il credito restitutorio della (OMISSIS), scaturente dalla risoluzione del contratto di vendita, era contestato in giudizio ed illiquido;
-) pertanto il mancato inserimento nel bilancio finale di liquidazione di quel credito, unicamente alla indubbia consapevolezza della sua esistenza in capo al liquidatore, dimostravano per facta concludentia la volonta’ della societa’ creditrice di rinunciarvi.
7. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria.
La (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’articolo 2909 c.c. e del giudicato interno.
Il motivo, al di la’ di tale intitolazione, contiene due diverse censure.
1.1. Con una prima censura i ricorrenti sostengono che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto “contestato e illiquido”, al momento in cui la societa’ creditrice venne sciolta, il credito oggetto del precetto. Sostengono che quel credito era invece liquido ed esigibile, ed oggetto di contestazione era solo la sua avvenuta estinzione per compensazione. E che quel credito fosse liquido ed esigibile al momento di scioglimento della societa’ era circostanza accertata nel giudizio concluso dalla sentenza messa in esecuzione, e che pertanto non poteva essere diversamente valutata dal giudice dell’opposizione.
1.2. Con una seconda censura i ricorrenti sostengono che, in ogni caso, il mancato inserimento di un credito nel bilancio finale di liquidazione non costituisce una tacita manifestazione della volonta’ di rinunciarvi.
1.3. La prima delle suesposte censure e’ infondata.
Oggetto del giudizio concluso dalla sentenza messa in esecuzione era lo stabilire se il contratto di vendita dell’autovettura dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS) si fosse o non si fosse risolto per inadempimento, e se l’acquirente avesse o non avesse diritto alla restituzione del prezzo.
Oggetto del presente giudizio di opposizione a precetto e’ lo stabilire se il liquidatore della societa’ creditrice avesse o non avesse tacitamente rinunciato al credito di restituzione del prezzo.
I due giudizi hanno oggetti diversi, sicche’ nessun giudicato puo’ essere invocato nel presente giudizio di opposizione, fondato sulla sentenza pronunciata all’esito della domanda di risoluzione del contratto e restituzione del prezzo.
1.4. La seconda censura e’, invece, fondata.
La Corte d’appello era chiamata a risolvere il seguente problema di diritto: quale fosse la sorte dei crediti vantati da una societa’ di capitali dopo l’estinzione di questa, se quei crediti non emergano dal bilancio finale di liquidazione.
La Corte partenopea ha risolto tale problema istituendo un rigido automatismo, in virtu’ del quale se il credito e’ controverso, e non e’ iscritto nel bilancio finale di liquidazione, automaticamente (“senz’altro”, si legge nella sentenza impugnata) esso deve intendersi rinunciato per facta concludentia.
Questa soluzione non puo’ essere condivisa per le ragioni che seguono.
1.5. I principi che governano la sorte dei crediti delle societa’ commerciali estinte sono stati ricostruiti, in via generale, da una sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 6070 del 12/03/2013, Rv. 625323 – 01), di cui tanto le parti, quanto la Corte d’appello, si sono mostrati avvisati.
Non ne hanno pero’ tratto, ad avviso di questo Collegio, le debite conseguenze.
La suddetta sentenza ha fissato tre principi generali in base ai quali stabilire la sorte dei crediti vantati da una societa’ estinta, cosi’ riassumibili:
a) l’estinzione della societa’ da’ vita ad un fenomeno successorio;
b) dal lato passivo, tale successione comporta che dei debiti sociali rispondano i soci, nei limiti di quanto ad essi pervenuto per effetto del bilancio di liquidazione;
c) dal lato attivo, tale successione comporta che i crediti sociali risultanti dal bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci pro indiviso.
Questi sono i principi affermati ex cathedra dalle Sezioni Unite nella sentenza sopra ricordata.
1.6. La medesima sentenza ha poi affrontato anche il problema qui in esame, e cioe’ la sorte delle sopravvenienze attive e dei crediti non iscritti a bilancio, dopo l’estinzione della societa’.
Sui tale problema, esaminato alle Sezioni Unite solo obiter dictum, le SS.UU. hanno affermato che la sorte delle sopravvenienze attive e dei crediti non risultanti dal bilancio di liquidazione non puo’ essere stabilita ex ante in base ad una regola generale, uniforme ed “automatica”. Hanno invece, formulato delle ipotesi “aperte” (§ 4 e ss. dei “Motivi della decisione” di Cass. SU 6070/13).
Hanno, in particolare, stabilito che e’ compito del giudice di merito stabilire caso per caso se, in base alle peculiarita’ della fattispecie, possa presumersi ex articolo 2727 c.c. una volonta’ della societa’ di rinunciare ad un determinato credito.
Si e’ osservato nella suddetta sentenza, in particolare, che se il credito era illiquido; se il liquidatore sapeva della sua esistenza e non l’aveva inserito in bilancio; oppure se il credito “non poteva neppure essere iscritto nel bilancio”, in tutti questi casi la mancata appostazione all’attivo puo’ consentire di presumere una volonta’ della societa’ di rinunciare a quella pretesa: ma pur sempre di presunzione si tratta, senza alcuna indefettibile implicazione unilaterale tra omessa indicazione del bilancio e remissione del debito.
Nel 2013, in definitiva, le Sezioni Unite non affrontarono se non incidenter tantum il tema dei residui attivi o delle sopravvenienze attive: si limitarono a stabilire che la sorte di tali crediti resta affidata ad una valutazione caso per caso, fermo restando pero’ che l’estinzione della societa’ da’ sempre vita ad un fenomeno successorio.
1.7. Piu’ di recente il tema e’ stato ripreso e sviluppato da questa Corte con la sentenza pronunciata da Sez. 1 -, Sentenza n. 9464 del 22/05/2020, Rv. 657639 – 01.
Tale decisione, integrando e completando i principi stabiliti nel 2013, ha affermato che:
-) anche i residui attivi e le sopravvenienze attive possono trasferirsi ai soci della disciolta societa’;
-) puo’ ammettersi in astratto che la societa’ possa rinunciare ai crediti suddetti, ma questa rinuncia non puo’ presumersi ipso facto in base al solo rilievo che il credito non sia stato appostato in bilancio.
La remissione del debito, infatti, e’ pur sempre un atto negoziale che n richiede una manifestazione di volonta’. Tale manifestazione di volonta’ ovviamente potra’ essere anche tacita, ma deve essere tuttavia inequivoca. Il silenzio, infatti, nel nostro ordinamento giuridico non puo’ mai elevarsi a indice certo d’una volonta’ abdicativa o rinunciataria d’un diritto, a meno che non sia circostanziato, cioe’ accompagnato dal compimento di atti o comportamenti di per se’ idonei a palesare una volonta’ inequivocabile.
La mancata appostazione d’un credito nel bilancio finale di liquidazione, tuttavia, non possiede i suddetti requisiti di inequivocita’. Essa, infatti, potrebbe teoricamente essere ascrivibile alle cause piu’ varie, e diverse da una rinuncia del credito: ad esempio, l’intenzione dei soci di cessare al piu’ presto l’attivita’ sociale; l’arriere-pensee di coltivare in proprio l’esazione del credito sopravvenuto o non appostato; la pendenza delle trattative per una transazione poi non avvenuta, e sinanche, da ultimo, la semplice dimenticanza o trascuratezza del liquidatore.
1.8. A tali principi, cui il Collegio intende dare continuita’, non risulta conforme la sentenza oggi impugnata, dal momento che essa ha desunto l’esistenza della volonta’ della societa’ estinta di rimettere il debito alla (OMISSIS) basandosi unicamente sulla natura controversa di esso e sulla mancata evidenziazione nel bilancio, e dunque senza avere accertato se quella omissione potesse ritenersi sintomo d’una volonta’ certa ed inequivoca.
La sentenza suddetta va dunque cassata con rinvio. Il giudice di rinvio tornera’ ad esaminare l’appello proposto dalla (OMISSIS), applicando il seguente principio di diritto:
“la remissione del debito, quale causa di estinzione delle obbligazioni, esige che la volonta’ abdicativa del creditore sia espressa in modo inequivoco; un comportamento tacito, pertanto, puo’ ritenersi indice della volonta’ del creditore di rinunciare al proprio credito solo quando non possa avere alcun’altra giustificazione razionale, se non quella di rimettere al debitore la sua obbligazione.
Ne consegue che i crediti di una societa’ commerciale estinta non possono ritenersi rinunciati per il solo fatto che non siano stati evidenziati nel bilancio finale di liquidazione, a meno che tale omissione non sia accompagnati da ulteriori circostanze tali da non consentire dubbi sul fatto che l’omessa appostazione in bilancio altra causa non potesse avere, se non la volonta’ della societa’ di rinunciare a quel credito”.
2. Il secondo motivo di ricorso, al di la’ della sua intitolazione formale, riproduce nella sostanza le medesime censure gia’ oggetto del primo motivo di ricorso: e cioe’ l’eccezione di giudicato esterno e l’impossibilita’ di ravvisare una volonta’ abdicativa tacita dell’operato della liquidatore della societa’.
Varra’ dunque per tali censure quanto gia’ esposto nei §§ che precedono.
3. Col terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’articolo 91 c.p.c..
Sostengono che per effetto dell’auspicato accoglimento del ricorso per cassazione dovranno essere nuovamente regolate anche le spese. Ovviamente quella appena riassunta non e’ una censura rivolta verso la sentenza di primo grado; essa non e’ che l’invocazione degli effetti di cui all’articolo 336 c.p.c..
4. Le spese del presente giudizio di legittimita’ saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
la Corte di cassazione:
(-) accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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