Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 17 gennaio 2020, n. 852.
La massima estrapolata:
Provato, da parte del paziente, anche a mezzo di presunzioni, la relazione causale tra la condotta e la lesione, l’onere della prova della causa non imputabile (e, a più forte ragione, dell’assenza di colpa) grava sul presunto danneggiante. In assenza di tali prove, la responsabilità della struttura sanitaria non può ritenersi esclusa. In particolare l’impossibilità di tracciare una sacca di sangue trasfusa comporta un’irregolarità nella tenuta della cartella clinica cui può, ricollegarsi l’affermazione di responsabilità contrattuale – con riguardo alla prova presuntiva.
Ordinanza 17 gennaio 2020, n. 852
Data udienza 19 settembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16227-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
REGIONE CAMPANIA, in persona del suo legale rappresentante Presidente p.t della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
GESTIONE LIQUIDATORIA EX USL N (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n, 143/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/09/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS), affetto da virus HBV in conseguenza di una trasfusione di sangue infetto somministratagli nel (OMISSIS) presso la Usl n. (OMISSIS) della Campania, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello del Ministero della Salute ed ha dichiarato maturata la prescrizione del diritto del (OMISSIS) al risarcimento del danno aquiliano, rigettando l’appello incidentale del medesimo volto a far valere la responsabilita’ contrattuale dell’Azienda sanitaria e dei singoli sanitari, con conferma della pronuncia di prime cure sulla mancanza di prova di inadempienze o negligenze del personale medico dell’ospedale. La Corte territoriale, per quel che ancora rileva in questa sede, ha statuito che l’omissione o l’insufficienza dei controlli del sangue avrebbe potuto condurre ad una pronuncia di condanna dell’azienda ospedaliera qualora la parte istante avesse, allegato l’avvenuta utilizzazione di sacche di sangue estranee ai circuiti autorizzati dal Ministero o raccolte nell’ambito della propria gestione di un centro trasfusionale. Essendosi, invece, l’attore limitato ad ipotizzare la provenienza del sangue da sacche ignote ma risultando, invece, dall’esame della cartella clinica esaminata dal CTU la mancata annotazione del referto di accompagnamento del Centro Emotrasfusionale, non potendo, la stessa equivalere a prova dell’ignota, provenienza del sangue, era dunque mancata la prova dell’omessa diligenza dell’azienda sanitaria. Ne’, ad avviso del Giudice di merito, poteva ritenersi incombere sulle convenute la prova di aver fornito sacche di sangue sano poiche’, all’epoca in cui si svolsero i fatti, l’uso di sangue infetto non “era imputabile alla struttura ospedaliera ove il materiale organico, provenisse da centri autorizzati. In mancanza di prova, in capo al danneggiato, della violazione dei doveri di diligenza qualificata, della struttura il Giudice ha rigettato, l’appello incidentale, compensando le spese.
Avverso la sentenza (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria. Resiste la Regione Campania con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno contrattuale, gia’ sollevata nei gradi di merito e riproposta in questa sede da parte resistente.
L’eccezione e’ infondata. Il Giudice di merito, rigettando nel merito le domande della Regione e della Gestione Liquidatoria, ha implicitamente rigettato l’eccezione di prescrizione e su tale statuizione e’ sceso il giudicato.
2. Con l’unico motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., articoli 1218, 1225, 1228, 1176, 2236 e 2697 c.c.; del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1256 del 1971 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – il ricorrente censura la sentenza per non essersi conformata alle norme indicate in epigrafe e per aver invertito l’onere della prova, ponendo a carico del danneggiato, oltre che la prova del fatto e del nesso causale, anche la prova della colpevolezza della struttura quando, in base ai principi della responsabilita’ contrattuale, il debitore ai sensi dell’articolo 1218 c.c., e’ tenuto al risarcimento del danno a meno che non provi, che l’inadempimento o il ritardo e’ stato determinato da impossibilita’ della prestazione, derivante da causa a lui non imputabile. La sentenza si porrebbe in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale la prova del nesso causale, nella responsabilita’ per inadempimento contrattuale in materia di sangue infetto, e’ ripartita tra danneggiato e struttura ospedaliere, nel senso che il danneggiato deve provare che l’esecuzione della prestazione si e’ inserita nella serie causale che ha condotto all’evento di danno, mentre grava sulla struttura l’onere di provare di aver agito con diligenza, ad esempio dimostrando che le sacche di sangue utilizzate provenivano dai centri preposti alla fornitura/alla tracciabilita’ ed al controllo.
2. Il motivo e’ fondato. La sentenza impugnata, pur dando atto che nella cartella clinica mancava l’annotazione del referto di accompagnamento del centro trasfusionale, ha ritenuto che la prova della colpa gravasse sul danneggiato. Questa statuizione e’ in patente contrasto con l’ormai granitica giurisprudenza di questa Corte secondo la quale In tema di responsabilita’ contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilita’ professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare che tale inadempimento non vi e’ stato ovvero che, pur esistendo, esso non e’ stato eziologicamente rilevante” (Cass., S.U., n. 577, dell’11/1/2008; Cass., 3, n. 20101 del 18/9/2009; 3, n. 1538 del 26/1/2010; 3, 15993 del 21/7/2011; Cass., 3, n. 20904 del 12/9/2013; n. 820 del 20/1/2015, Cass., 3, n. 24073 del 13/10/2017). La statuizione, con le opportune, precisazioni in tema di riparto della prova del nesso causale, ha trovato ulteriore applicazione nelle piu’ recenti pronunce di questa Corte (Cass. 18392 del 2017; Cass. 28991/2 del 2019), dalle quali emerge la conferma del principio secondo il quale, provato, da parte del paziente, anche a mezzo di presunzioni, la relazione causale tra la condotta e la lesione (relazione che, nella specie, non risulta in discussione), l’onere della prova della causa non imputabile (e, a piu’ forte ragione, contrariamente a quanto opinato dalla Corte territoriale, dell’assenza di colpa) grava sul presunto danneggiale.
In assenza di tali prove, la responsabilita’ della struttura non puo’ ritenersi esclusa.
In particolare, questa Corte ha ancora precisato che l’impossibilita’ di tracciare una sacca di sangue trasfusa comporta un’irregolarita’ nella tenuta della cartella clinica cui puo’, ricollegarsi l’affermazione di responsabilita’ contrattuale – con riguardo alla prova presuntiva (Cass., 11316/2003).
3. La sentenza va dunque cassata e la causa rinviata al giudice di merito per nuovo esame al “fine di procedere alla liquidazione del danno, posto che l’an della pretesa risarcitoria deve ritenersi definitivamente accertato, sulla base degli atti di causa.
la Corte di rinvio procedera’ altresi’ alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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