La realizzazione dell’interesse sostanziale

Consiglio di Stato, Sentenza|9 marzo 2021| n. 2004.

La pronuncia giudiziaria risulta utile qualora, nel riscontrare l’illegittimità dell’azione amministrativa, consenta la realizzazione dell’interesse sostanziale di cui è portatrice la parte ricorrente, impedendo la sottrazione o la mancata acquisizione (o chance di acquisizione) di utilità, giuridicamente rilevanti, per effetto di azioni autoritative difformi rispetto al paradigma normativo di riferimento. Qualora, invece, tale interesse sia stato già realizzato ovvero non possa piò essere soddisfatto, il giudizio non può concludersi con l’esame, nel merito, delle censure svolte nell’atto di parte, la cui fondatezza non potrebbe, comunque, arrecare alcuna utilità concreta in capo al ricorrente.

Sentenza|9 marzo 2021| n. 2004

Data udienza 3 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Procedura di selezione – Graduatoria di istituto – Valutazione titoli – Esecuzione ordinanza cautelare del Consiglio di Stato – Nomina di una nuova commissione – Approvazione di una nuova graduatoria definitiva di insegnamento – Nomina del commissario ad acta monocratico – Natura decisoria – Sistema di giurisdizione soggettiva – Tutela dell’interesse del ricorrente – Sopravvenuta carenza di interesse – Dichiarazione di improcedibilità

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3157 del 2016, proposto dalla signora Re. Mu., rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Sa. e Be. Ci. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo dei suindicati difensori in Roma, via (…);
contro
il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca e il Conservatorio di Musica Sa. Pi. a Ma., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domiciliano per legge in Roma, via (…);
nei confronti
dei signori Gi. Le. ed altri, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sez. VIII, 8 ottobre 2015 n. 4722, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca nonché del Conservatorio di Musica Sa. Pi. a Ma.;
Esaminate tutte le memorie prodotte e gli ulteriori documenti depositati nonché le note d’udienza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 3 dicembre 2020 (svolta nel rispetto del Protocollo d’intesa sottoscritto in data 15 settembre 2020 tra il Presidente del Consiglio di Stato e le rappresentanze delle Avvocature avvalendosi di collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28 e dell’art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa) il Cons. Stefano Toschei;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in appello la dottoressa Re. Mu. ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sez. VIII, 8 ottobre 2015 n. 4722, con la quale è stato dichiarato improcedibile il ricorso (R.g. n. 815/2013) dalla stessa proposto ai fini dell’annullamento della graduatoria definitiva d’istituto per l’a.a. 2012/2013, settore artistico disciplinare COCM/01 – Organizzazione, diritto e legislazione dello spettacolo musicale, pubblicata con provvedimento del direttore del Conservatorio di Musica Sa. Pi. a Ma. prot. n. 8852 del 22 novembre 2012, nella parte in cui ella era stata collocata nella terza posizione, per non esserle stato riconosciuto il punteggio a cui avrebbe avuto diritto, oltre che per l’accertamento del diritto ad una valutazione analitica dei propri titoli professionali e di quelli dei candidati che la precedono in graduatoria, con conseguente obbligo dell’amministrazione di riformulare i giudizi e i punteggi espressi in proposito e di stabilire la corretta collocazione (della ricorrente) nella predetta graduatoria. La sentenza della quale si chiede qui la riforma aveva dichiarato improcedibile anche il ricorso recante motivi aggiunti con il quale la dottoressa Mu. aveva successivamente chiesto l’annullamento della graduatoria pubblicata con provvedimento del direttore del Conservatorio di Musica Sa. Pi. a Ma., prot. n. 7646 dell’8 novembre 2013, pubblicata sul sito del Conservatorio l’11 novembre 2013, nella parte in cui la vedeva collocata nella quarta posizione, collocazione quindi non utile ai fini dell’assegnazione del contratto di insegnamento.
2. – La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:
– la dottoressa Re. Mu., che era stata titolare di contratto di insegnamento di Diritto e Legislazione dello spettacolo presso il Conservatorio di Musica Sa. Pi. a Ma., presentava domanda di partecipazione alla procedura di selezione per la costituzione di una graduatoria di istituto di validità triennale, avviata dal predetto Conservatorio nell’ottobre 2012 relativa, tra gli altri, al settore COCM101: “Organizzazione, diritto e legislazione dello spettacolo musicale”;
– all’esito della suddetta selezione la dottoressa Mu. si collocava nella terza posizione della graduatoria provvisoria, preceduta dai dottori Gi. Le. e Na. Sp.;
– la dottoressa Mu., in ragione di tale non soddisfacente risultato, ritenendo che la commissione nello stilare la graduatoria provvisoria non avesse attribuito ai propri titoli il corretto punteggio, presentava reclamo ai sensi dell’art. 6 del bando di concorso, richiedendo una corretta valutazione dei titoli da lei presentati;
– accolto solo parzialmente il reclamo proposto dalla dottoressa Mu. e confermato nella prima posizione della graduatoria definitiva il dottor Gi. Le., nel novembre 2012 il direttore del Conservatorio stipulava con il predetto un contratto di lavoro a tempo determinato di insegnamento “per l’anno accademico 2012/2013 con decorrenza 23.11.2012 e fino al termine dello stesso (31 ottobre 2013) per un totale di n. 324 ore annue di lezione”;
– proposto ricorso per l’annullamento del predetto provvedimento dinanzi al Tribunale amministrativo per la Campania, era da quest’ultimo respinta la domanda cautelare che, però, veniva accolta in sede di appello dal Consiglio di Stato (con ordinanza cautelare n. 2946 del 2013) perché sussistente il fumus boni iuris per tre ordini di ragioni: a) non corretta composizione della commissione di valutazione, in quanto nessuno dei componenti era “docente di ruolo di conservatorio, titolare della materia oggetto di selezione o di materia affine”; b) non corretta valutazione dei titoli, perché effettuata senza osservare la tabella di valutazione allegata alla nota ministeriale n. 3154 del 9 giugno 2011, oltre ad avere la commissione proceduto ad una valutazione “sintetica” dei titoli e non “analitica”, per come imposto dalla predetta; c) carenza di motivazione con riferimento alla equiparazione tra i titoli aventi ad oggetto l’insegnamento messo a bando nella procedura selettiva (Organizzazione, diritto e legislazione dello spettacolo) e i titoli aventi ad oggetto il diritto del lavoro inteso in senso lato;
– in esito alla decisione assunta in sede cautelare dal Consiglio di Stato il Conservatorio (seppure non immediatamente e solo successivamente alla proposizione del ricorso per ordinare l’esecuzione del decisum cautelare) pubblicava una nuova graduatoria nella quale la dottoressa Mu. veniva retrocessa al quarto posto (assegnando la nuova commissione, ai titoli dalla stessa presentati, ben 31,60 punti in meno rispetto alla prima valutazione), confermando al primo posto il dottor Le. e inserendo al secondo e al terzo posto, rispettivamente, i dottori Domenico Balzani e Giovanni Quaresima, che nella precedente graduatoria seguivano per posizione la dottoressa Mu.;
– da qui un nuovo ricorso, recante motivi aggiunti, proposto dinanzi al TAR per la Campania al fine di vedere annullato il provvedimento con il quale era stata approvata la seconda graduatoria all’esito della valutazione dei titoli effettuata dalla nuova commissione nominata dal Conservatorio;
– nel frattempo il Consiglio di Stato, nell’ambito del giudizio di esecuzione del giudicato cautelare, con ordinanza della Sesta Sezione n. 303 del 22 gennaio 2014, accoglieva l’istanza proposta dalla dottoressa Mu. e dichiarava che gli atti adottati dalla nuova commissione costituivano elusione del giudicato cautelare;
– nello specifico, con l’ordinanza n. 303/2014 il Consiglio di Stato dichiarava la nullità del provvedimento del direttore del Conservatorio di Musica Sa. Pi. a Ma., prot. n. 275 del 2 dicembre 2013, di approvazione della nuova graduatoria definitiva di insegnamento di Organizzazione e legislazione dello spettacolo musicale, nominando nel contempo, per procedere alla nuova valutazione comparativa, i commissari ad acta che avrebbero dovuto comporre la nuova commissione;
– in seguito ad ulteriori vicissitudini relative alla contestazione dei nominativi dei commissari ad acta individuati per comporre la nuova commissione di valutazione, il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 955 del 2015, sostituiva la commissione con un commissario ad acta monocratico e gli conferiva l’incarico di procedere alla sola rivalutazione dei titoli dei candidati Mu. e Le. (in esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 2946 del 2013);
– il commissario ad acta espletava il proprio mandato confermando la legittimità della valutazione operata dalla seconda commissione e concludendo nel senso che il più favorevole punteggio conseguito dall’avvocato Le. rientra “in un apprezzamento discrezionale della precedente commissione che appare immune da illogicità e manchevolezze”;
– all’esito di quanto sopra, decidendo il merito della controversia in primo grado, il Tribunale amministrativo regionale dichiarava improcedibili sia il ricorso introduttivo che quello recante motivi aggiunti.
Da qui l’appello nei confronti della sentenza di primo grado che la dottoressa Mu. ritiene errata, non avendo il giudice di prime cure tenuto conto della circostanza (ampiamente sottolineata nelle memorie conclusive dalla ricorrente) per cui la relazione del commissario ad acta fosse da considerare irrilevante ai fini della decisione della controversia, sia per il suo contenuto evanescente sia perché indissolubilmente legata alla fase cautelare ed essendo quindi destinata comunque a perdere efficacia con la pronuncia di merito del giudice di primo grado.
3. – L’odierna parte appellante, nell’atto introduttivo del presente giudizio di appello, rammenta che il giudice di primo grado nello scrutinare il ricorso introduttivo non solo lo aveva ritenuto procedibile, permanendo l’interesse della ricorrente alla sua decisione (affermando testualmente che “Nel caso di specie risulta espressamente da copia del provvedimento impugnato con i motivi aggiunti che la nuova graduatoria è stata redatta unicamente in esecuzione dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, di tal che non può ritenersi manifestazione di una autonoma determinazione dell’Amministrazione, solo carattere che avrebbe comportato il venir meno dell’interesse sotteso al ricorso principale”, così alle pagg. 12 e 13 della sentenza qui oggetto di appello), ma aveva anche ritenuto fondati i primi tre ordini di censure [a) violazione dell’art. 5 del bando, non avendo la commissione attribuito né un punteggio per ciascun singolo titolo come stabilito dal bando e dalla nota ministeriale né un punteggio complessivo per ciascun candidato (ma soltanto un sintetico giudizio); b) arbitrarietà e irragionevolezza della valutazione, per aver preso in considerazione esperienze professionali attinenti al diritto del lavoro ai fini di un insegnamento di diritto dello spettacolo; c) violazione dell’art. 4 del bando, circa l’illegittima composizione della commissione, non essendo presente in commissione alcun esperto della materia oggetto del concorso].
Nondimeno, lamenta nello specifico l’appellante, il Tribunale amministrativo regionale ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso a causa proprio della fondatezza del gravame che “comporta, nel caso di specie e alla luce delle successive vicende processuali, la sua improcedibilità, tenuto conto delle successive determinazioni dell’Amministrazione, emesse su impulso delle pronunce cautelari di accoglimento del Consiglio di Stato, che vedono consolidare i propri effetti in conseguenza dello scrutinio favorevole dei motivi di ricorso” (così, testualmente, a pag. 16 della sentenza qui oggetto di appello).
Tale decisione sarebbe da imputarsi, secondo il giudice di primo grado, alla circostanza che l’ordinanza di riesame emessa dal Consiglio di Stato era ancorata alla definizione del giudizio di merito e, quindi, al definitivo accertamento dell’illegittimità o meno del provvedimento iniziale, sicché le vicende del giudizio vanno ad incidere sul rapporto tra atto impugnato e provvedimenti successivi e sull’interesse del ricorrente all’eliminazione del primo o dei secondi, facendo sì che, “ove il ricorso nel merito risulti infondato e sia respinto, venga a cadere anche l’efficacia dell’atto emesso con riserva in esecuzione dell’ordinanza cautelare, mentre, qualora il gravame risulti fondato e da accogliere, si consolidino gli effetti della successiva attività suscitata dalla valutazione cautelare e sommaria circa la presumibile fondatezza delle ragioni azionate” (così ancora, testualmente, a pag. 13 della sentenza).
In conclusione il giudice di primo grado ha ritenuto che, non avendo la dottoressa Mu. impugnato la suindicata determinazione del commissario ad acta monocratico e costituendo tale determinazione commissariale una nuova espressione del riesame compiuto dall’amministrazione, la predetta ha visto consolidarsi la nuova manifestazione di volontà espressa dal Conservatorio “in persona del Commissario ad acta” provocando, sotto il profilo processuale, la improcedibilità del ricorso proposto accompagnato dai motivi aggiunti.
4. – La dottoressa Mu., con riferimento a quanto sopra illustrato, segnala come il giudice di primo grado abbia confuso il ruolo del commissario ad acta nominato, nel presente giudizio, dal Consiglio di Stato assegnandogli impropriamente la qualifica di organo dell’amministrazione, quando l’art. 21 c.p.a. considera il provvedimento emesso dal commissario ad acta come adottato da un ausiliario del giudice dell’ottemperanza e non quale organo dell’amministrazione cui spetta di eseguire il giudicato.
In secondo luogo, l’atto del commissario ad acta adottato nel presente giudizio nell’ambito dell’esecuzione di un decisum cautelare mantiene la sua valenza di decisione interinale sino all’adozione della pronuncia di merito di primo grado “che avrebbe dovuto avere ad oggetto esclusivamente la legittimità del provvedimento originario, dal momento che l’efficacia del provvedimento del commissario ad acta avrebbe dovuto essere limitato alla copertura della fase cautelare” (così, testualmente, a pag. 13 dell’atto di appello)
In terzo luogo l’appellante sostiene che la relazione del commissario ad acta non assume la veste di un vero provvedimento amministrativo, apparendo del tutto priva di vita autonoma, essendosi il commissario limitato a riferire in ordine alla legittimità della valutazione operata dalla (seconda) commissione di concorso e non effettuando, come invece avrebbe dovuto fare, alcuna (ri)valutazione dei titoli presentati dai candidati Le. e Mu., con la conseguenza che detta determinazione commissariale non costituisce una nuova regolazione dell’esercizio del potere del Conservatorio, ma una mero avviso personale sulla legittimità dell’originaria regolazione.
5. – Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca e il Conservatorio di Musica Sa. Pi. a Ma. depositando la documentazione inserita nel fascicolo di primo grado.
La parte appellante ha presentato memorie nonché note di udienza confermando le conclusioni già rassegnate negli atti processuali precedentemente depositati.
6. – Costituiscono elementi, di fatto, centrali ai fini della decisione della presente controversia i seguenti aspetti:
– il contenuto dell’ordinanza della Sesta sezione del Consiglio di Stato n. 303/2014;
– il contenuto della relazione conclusiva del commissario ad acta monocratico nominato dal Consiglio di Stato in sostituzione del commissario ad acta collegiale.
Nell’ordinanza n. 303/2014 il giudice di appello, decidendo in merito al ricorso proposto dalla dottoressa Mu. con la quale essa reclamava la corretta esecuzione dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2946/2013, a suo dire aggirata con il provvedimento emesso dal Conservatorio in seguito alla nuova valutazione dei titoli dei candidati effettuata dalla nuova commissione nominata proprio al fine di ottemperare all’ordinanza n. 2946/2013, ha osservato che: “a) la nuova valutazione avrebbe dovuto limitarsi ad esaminare i profili oggetto di contestazione nel ricorso di primo grado, ad esclusione, quindi, sia delle posizioni dei candidati che non hanno impugnato la graduatoria, sia, nell’ambito della nuova valutazione della posizione della ricorrente e del controinteressato, degli elementi della precedente valutazione che non hanno costituito oggetto di censura specifica; b) risulta, al contrario, irragionevole che l’originaria ricorrente, nonostante l’esito positivo del giudizio cautelare, sia stata persino postergata rispetto a candidati che non avevano neanche proposto impugnazione e per i quali, pertanto, la graduatoria si era definitivamente consolidata; c) la nuova valutazione risulta ancora affetta da irragionevolezza laddove persiste nella generalizzata equiparazione tra titoli specificamente afferenti all’oggetto della procedura comparativa (organizzazione, diritto e legislazione dello spettacolo) e titoli afferenti al diritto del lavoro in senso lato; d) al contrario, la nuova valutazione, per conformarsi all’ordinanza cautelare, avrebbe dovuto specificamente considerare e motivare, per ciascun titolo, la specifica congruenza rispetto alla materia oggetto del concorso, verificando, in particolare, se le pubblicazioni e i titoli presentati dai candidati, pur eventualmente afferenti ad altri discipline, investissero comunque profili rilevanti anche nell’ambito del settore disciplinare “Organizzazione, diritto e legislazione dello spettacolo”; “.
In ragione di quanto sopra il Consiglio di Stato ha stabilito, sempre nell’ordinanza n. 303/2014, “(…) al fine di assicurare la corretta esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 2946/2013, procedere direttamente alla nomina di un commissario ad acta collegiale, incaricato di formulare una nuova valutazione comparativa nel rispetto dei criteri indicati nella presente ordinanza e in quella n. 2946/2013 pronunciata da questa Sezione in data 31 luglio 2013; “.
In seguito ad alcune vicissitudini legate alla contestazione della nomina dei componenti del collegio commissariale effettuata dal Consiglio di Stato nell’ordinanza n. 303/2014, sempre con riferimento al giudizio di ottemperanza all’ordinanza cautelare n. 2946/2013, che hanno dato luogo ad ulteriori pronunciamenti della Sezione (sempre con riguardo al giudizio di esecuzione della predetta ordinanza cautelare, ad esempio l’ordinanza n. 2884/2014e la successiva n. 3679/2014), con ordinanza 25 febbraio 2015 n. 955 il Consiglio di Stato ha disposto la sostituzione della “Commissione ad acta inizialmente nominata con un Commissario ad acta monocratico (…), come precisato in occasione delle precedenti ordinanze pronunciate in sede di esecuzione cautelare”, puntualizzando che “il Commissario ad acta procederà alla sola rivalutazione dei titoli dei candidati Mu. e Le.”.
Dalla lettura della relazione depositata dal commissario ad acta monocratico nel fascicolo del giudizio cautelare assunto nella sede di appello è agevole rilevare come non sia stata svolta alcuna valutazione analitica dei titoli presentati dai candidati Le. e Mu. ed anzi nel generico riepi relativo alla valenza dei titoli prodotti dai candidati è stata inclusa anche la posizione del candidato Balzani, nonostante il Consiglio di Stato avesse limitato l’ambito di applicazione della nuova valutazione assegnata al commissario ad acta ai titoli presentati dai soli candidati Le. e Mu., La relazione si concludeva con la considerazione finale secondo la quale “Il più favorevole punteggio conseguito rientra, pertanto, in un apprezzamento discrezionale della precedente commissione che appare immune da illogicità e manchevolezze”.
Orbene pare evidente al Collegio che il contenuto della relazione conclusiva del commissario ad acta non può ascriversi nell’alveo della categoria degli atti amministrativi aventi contenuto decisorio:
– sia perché con essa non si dà conto di alcuna avvenuta rivalutazione dei titoli presentati dai candidati Le. e Mu., come aveva richiesto il Consiglio di Stato disponendo la nomina del commissario ad acta per l’esecuzione corretta dell’ordinanza cautelare n. 2946/2013;
– sia perché da essa si evince che nessuna istruttoria è stata svolta dal commissario, al contrario di quanto invece era stato richiesto puntualmente dal Consiglio di Stato con l’ordinanza di nomina n. 303/2014, ai fini della corretta esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 2946/2013, di talché alcuna valenza decisoria né di esecuzione della predetta ordinanza può essere attribuita alla relazione commissariale.
7. – A quanto sopra deve aggiungersi, in punto di diritto, che:
– in ogni caso l’esecuzione dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato n. 2946/2013 e quindi (nel caso in cui avesse recato un contenuto effettivamente decisorio) la relazione commissariale, avrebbe avuto efficacia puramente interinale e comunque una efficacia limitata al periodo di attesa della definizione nel merito del giudizio di primo grado;
– il contenuto della relazione, per come succintamente sopra tratteggiato, non costituisce un provvedimento amministrativo la cui riferibilità sia imputabile all’amministrazione, bensì all’ausiliario del giudice (rectius, della sentenza), qualificazione giuridica correttamente riferibile alla figura del commissario ad acta nominato dal giudice per l’esecuzione di un giudicato ovvero, come nel caso di specie, di un pronunciamento cautelare non riformato;
– tenuto conto dello specifico mandato assegnato al commissario ad acta dal Consiglio di Stato nell’ordinanza di nomina n. 303/2014 (e mai mutato per effetto delle successive ordinanze pronunciate dalla Sezione nella fase cautelare di appello del giudizio), la relazione commissariale conclusiva oltre a non poter corrispondere alla puntuale esecuzione dell’ordinanza cautelare 2946/2013 reca evidenti profili di elusione del contenuto della predetta ordinanza cautelare (e quindi del mandato al quale doveva strettamente attenersi il commissario ad acta) sicché, anche sotto tale profilo, il giudice di prime cure ne avrebbe dovuto far discendere la procedibilità del ricorso di primo grado e quindi la necessità di decidere nel merito la controversia.
Vale la pena di rammentare che i provvedimenti sopravvenuti rispetto all’avvio del giudizio dinanzi al giudice amministrativo determinano l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse qualora attuino un assetto di interesse inoppugnabile ostativo alla realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso al ricorso, rendendo dunque inutile la prosecuzione del giudizio per l’impossibilità sopravvenuta del conseguimento del bene della vita ambito dal ricorrente
Questo Consiglio, in particolare, ha subordinato la dichiarazione di improcedibilità ad una sopravvenienza (fattuale o giuridica) tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza, per avere fatto venir meno, per il ricorrente, qualsiasi residua utilità, anche soltanto strumentale o morale, derivante da una possibile pronuncia di accoglimento (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 29 gennaio 2020 n. 742). Qualora, invece, permanga un interesse della parte all’esame della censura, anche ai soli fini risarcitori, il giudice procedente è tenuto a statuire nel merito, onde evitare un’elusione dell’obbligo di pronunciare sulla domanda (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2018 n. 1214).
L’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse trova, dunque, giustificazione nella natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, che non risulta preordinata ad assicurare la generale legittimità dell’operato amministrativo, bensì tende a tutelare la posizione giuridica del ricorrente, correlata ad un bene della vita coinvolto nell’esercizio dell’azione autoritativa oggetto di censura. Adendo la sede giurisdizionale, la parte ricorrente, in particolare, fa valere una pretesa sostanziale, avente ad oggetto la conservazione di un bene della vita già compreso nel proprio patrimonio individuale, pregiudicato dall’esercizio del potere amministrativo, ovvero l’acquisizione (o comunque la chance di acquisizione) di un bene della vita soggetto a pubblica intermediazione.
Come ha precisato l’Adunanza plenaria di questo Consiglio, “nel nostro sistema di giurisdizione soggettiva, la verifica della legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati non va compiuta nell’astratto interesse generale, ma è finalizzata all’accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere, ritualmente, dalla parte attrice. Poiché il ricorso non è mera “occasione” del sindacato giurisdizionale sull’azione amministrativa, il controllo della legittimazione al ricorso assume sempre carattere pregiudiziale rispetto all’esame del merito della domanda, in coerenza con i principi della giurisdizione soggettiva e dell’impulso di parte” (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 7 aprile 2011 n. 4).
La pronuncia giudiziaria risulta utile qualora, nel riscontrare l’illegittimità dell’azione amministrativa, consenta la realizzazione dell’interesse sostanziale di cui è portatrice la parte ricorrente, impedendo la sottrazione o la mancata acquisizione (o chance di acquisizione) di utilità, giuridicamente rilevanti, per effetto di azioni autoritative difformi rispetto al paradigma normativo di riferimento. Qualora, invece, tale interesse sia stato già realizzato ovvero non possa piò essere soddisfatto, il giudizio non può concludersi con l’esame, nel merito, delle censure svolte nell’atto di parte, la cui fondatezza non potrebbe, comunque, arrecare alcuna utilità concreta in capo al ricorrente.
8. – Tali principi processuali trovano applicazione anche qualora i provvedimenti sopravvenuti siano adottati nell’ambito di un giudizio in cui sia stato emesso un ordine cautelare di natura propulsiva, teso a imporre la riedizione del potere secondo criteri conformativi enucleati nel provvedimento giurisdizionale interinale da eseguire.
Anche in tali ipotesi, al fine di ricostruire gli effetti sostanziali e processuali riconducibili alla decisione amministrativa sopravvenuta, occorre verificare se l’amministrazione si sia determinata autonomamente ovvero in mera esecuzione dell’ordine giudiziale, pronunciato al fine di cautelare – nelle more della definizione della controversia nel merito – la situazione giuridica soggettiva vantata dalla parte ricorrente.
Ciò ancor di più quando l’esecuzione della decisione assunta dal giudice in sede cautelare non venga effettuata spontaneamente dall’amministrazione, ma costituisce il prodotto dell’intervento del commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo in seguito alla constatata inerzia dell’amministrazione.
Infatti, come è noto:
– la fase cautelare per sua natura comporta provvedimenti giurisdizionali non definitivi, emanati con riserva di accertamento della fondatezza nel merito, con l’evidente finalità di evitare che la pendenza del giudizio pregiudichi la parte vittoriosa all’esito del processo. Questi provvedimenti dunque sono interinalmente subordinati alla verifica definitiva della fondatezza della tesi del ricorrente e i definitivi effetti di carattere sostanziale conseguono solo al passaggio in giudicato della pronuncia di merito favorevole, che è la sola idonea a conformare con effetti permanenti la realtà giuridica interinalmente cristallizzata dal provvedimento cautelare del giudice (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 8 giugno 2016 n. 2448);
– ne consegue che l’efficacia del provvedimento cautelare e degli atti che da esso traggono fondamento viene meno in conseguenza di qualunque vicenda processuale abbia effetti estintivi sul processo cautelare o sull’intero giudizio (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. III, 28 giugno 2019 n. 4461);
– da ciò discende ancora che il provvedimento satisfattivo e sostitutivo degli effetti della sentenza, perché possa concretare il definitivo soddisfacimento delle ragioni del ricorrente, deve essere un provvedimento esterno al processo e non un provvedimento interno al giudizio e interinale, che per definizione non può che essere provvisorio e prodromico alla pronuncia che chiude il giudizio (cfr., in argomento, Cons. Stato, Sez. II, 13 agosto 2019 n. 5711).
D’altronde, approfondendo la tematica, va ribadito che le ordinanze cautelari, in quanto prive di contenuto definitivamente decisorio, sono insuscettibili di passare in giudicato, analogamente ai provvedimenti istruttori, interlocutori o di rinvio al ruolo ordinario (cfr., sul punto, Cons. Stato, Sez. III, 29 agosto 2018 n. 5084 e Sez. V, 10 giugno 2015 n. 2847).
Un provvedimento di sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo non fa venire meno l’atto sospeso e nemmeno la sua validità, né esercita una funzione ripristinatoria della situazione precedente, ma soltanto impedisce temporaneamente e con efficacia ex nunc, la possibilità di portare l’atto ad ulteriore esecuzione e, per questo, è inevitabilmente connesso alla conclusione del giudizio.
Il provvedimento cautelare è emanato “con riserva” di accertamento della fondatezza nel merito, onde evitare che la pendenza del giudizio vada a danno dell’attore risultato vittorioso all’esito del giudizio ed è dunque interinalmente subordinato alla verifica definitiva della fondatezza delle tesi del ricorrente.
Tuttavia gli effetti di carattere sostanziale conseguono solo al passaggio in giudicato della pronuncia di merito, che è la sola idonea a rimuovere dalla realtà giuridica l’atto con effetti permanenti ovvero a confermarla (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 28 giugno 2019 n. 4461 e 8 giugno 2016 n. 2448).
Del resto, tale principio è indirettamente confermato dall’art. 92, comma 5, seconda parte, c.p.a. che, sia pure al differente fine della definizione della competenza del Tribunale amministrativo regionale adito, ha espressamente, escluso la natura di decisione implicita delle ordinanze istruttorie o interlocutorie di cui all’art. 36, comma 1, c.p.a. e quelle che disattendono l’istanza cautelare (cfr., in tema, Cons. Stato, Sez. IV, 20 aprile 2016 n. 1554).
Pertanto, se il provvedimento cautelare è, per sua natura, un provvedimento interinale che subisce le sorti del giudizio nel cui ambito è emanato, è evidente che la sua efficacia viene meno:
– a seguito di una pronuncia di rigetto del giudizio;
– nel caso di successiva ordinanza di revoca del provvedimento cautelare res melius perpensa;
– per la sopravvenienza di situazioni incompatibili con il mantenimento degli effetti della sospensione;
– in conseguenza di qualunque vicenda processuale abbia effetti estintivi sul processo cautelare o sull’intero giudizio.
Sotto il profilo sistematico, poi, la inconfigurabilità di un giudicato cautelare è direttamente dimostrata anche dall’art. 21-septies, l. 241/1990, il quale sanziona con la nullità solo ed esclusivamente l’atto che viola, o elude il giudicato sulla sentenza e non anche della pronuncia del giudice che non abbia ancora il carattere della definitività come la pronuncia cautelare. Ed in questo senso deve escludersi l’equivalenza tra “giudicato” in senso tecnico ed un inesistente “giudicato cautelare”.
Da ciò discende ulteriormente che il giudice di primo grado, nel caso in esame, stante la evidente elusione della pronuncia cautelare del Consiglio di Stato da parte del commissario ad acta, non avrebbe dovuto attribuire alcun rilievo alla relazione commissariale, tanto meno di provvedimento di novazione della manifestazione di volontà del Conservatorio che, se non tempestivamente impugnata, avrebbe determinato il venir meno dell’interesse alla decisione, da parte della dottoressa Mu., con riferimento al giudizio di primo grado.
9. – In ragione di quanto sopra, dunque, il giudice di primo grado, tenuto conto del contenuto della relazione finale del commissario ad acta nominato nel giudizio cautelare di secondo grado dal Consiglio di Stato, avrebbe dovuto considerare “anestetizzata” tale fase processuale, non tenendo conto della relazione commissariale quale evento idoneo a travolgere l’interesse della parte ricorrente alla definizione nel merito del giudizio di primo grado, procedendo dunque ad esprimersi sulla richiesta di annullamento sia della graduatoria approvata con provvedimento del direttore del Conservatorio di Musica Sa. Pi. a Ma. prot. n. 8852 del 22 novembre 2012 sia della graduatoria pubblicata con provvedimento del direttore del Conservatorio di Musica Sa. Pi. a Ma. prot. n. 7646 dell’8 novembre 2013.
D’altronde il giudice di primo grado, nella prima parte della sentenza qui oggetto di appello, per come più sopra riassunto, ha effettivamente scrutinato i motivi di ricorso dedotti dalla dottoressa Mu. sia con il ricorso introduttivo che con il ricorso recante motivi aggiunti riconoscendoli fondati. Non ha fatto però seguire a tale valutazione il conseguente annullamento giurisdizionale degli atti impugnati.
Tale compito spetta ora al giudice di appello dopo avere ritenuto meritevole di riforma la sentenza di primo grado, in quanto erroneamente ha dichiarato improcedibili sia il ricorso introduttivo che il ricorso recante motivi aggiunti per sopravvenuto difetto di interesse alla definizione del giudizio di primo grado da parte della ricorrente, non avendo quest’ultima gravato la relazione del commissario ad acta nominato, nella fase cautelare d’appello, dal Consiglio di Stato. Tale onere non poteva, per le ragioni sopra dette, gravare in capo alla dottoressa Mu., stante la rilevata irrilevanza decisoria della relazione commissariale.
Esaminando nel merito i motivi di ricorso di primo grado del ricorso recante motivi aggiunti, dunque, deve, anche nella sede di appello, affermarsi la fondatezza degli stessi in quanto, in estrema sintesi:
– in primo luogo è dimostrata per tabulas la violazione dell’art. 4 della lex specialis della procedura selettiva e quindi la censura dedotta per contestare la legittimità della composizione della commissione esaminatrice. Dalla lettura del ridetto art. 4 del bando di concorso emerge con evidenza la previsione per cui della commissione dovevano far parte il direttore dell’istituto e tre docenti di ruolo della materia, di cui almeno uno in servizio presso altra istituzione. Nel caso di mancata disponibilità dei tre docenti potevano esser nominati commissari anche titolari di discipline simili o affini. Ma la commissione nominata non vedeva presente alcun esperto delle materie oggetto della selezione né di materie affini (visto che era composta da un docente di fagotto presso il conservatorio, da una ricercatrice universitaria di istituzioni di diritto pubblico e da un avvocato specializzato in diritto del lavoro);
– in secondo luogo, dall’esame della documentazione riferita alla procedura selettiva svolta, prodotta in entrambi i gradi di giudizio, emerge che la commissione di valutazione non ha effettuato alcuna valutazione analitica dei titoli prodotti dai candidati, limitandosi, senza assegnare alcun punteggio numerico complessivo a detti titoli, ad esprimere un giudizio sintetico di valore sul curriculum e sui titoli presentati. Sorprendentemente poi, mentre nel verbale della commissione non vi è traccia dell’attribuzione di alcun punteggio, nella graduatoria finale viene assegnato ai candidati un punteggio numerico, ad opera dell’organo competente a concludere il procedimento, ma senza che possa evidenziarsi alcuna corrispondenza tra la valutazione effettuata dalla commissione e il punteggio assegnato in sede di formazione della graduatoria;
– in terzo luogo la commissione, per quel che emerge dal verbale che ne riassume i lavori, ha considerato attinenti all’insegnamento oggetto di concorso (Organizzazione, diritto e legislazione dello spettacolo musicale) esperienze professionali relative al diritto del lavoro inteso in senso lato e al diritto della proprietà intellettuale, a fronte della evidente circostanza (rilevata anche dal commissario ad acta nominato dal Consiglio di Stato nella sua relazione conclusiva, alla quale si fa riferimento esclusivamente quale tertium comparationis, non assumendo essa rilevanza alcuna nel presente giudizio di merito) che il diritto dello spettacolo costituisce una disciplina del diritto che presenta contenuto trasversale, coinvolgendo profili che si estendono al diritto pubblico, al diritto costituzionale, al diritto amministrativo, fino a raggiungere l’approfondimento di ambiti contigui quali la istituzione, l’organizzazione e il funzionamento dei Conservatori, il diritto commerciale (con riguardo alla disciplina del diritto d’autore e della proprietà intellettuale) e il diritto del lavoro. Quanto sopra manifesta una evidente insufficienza della motivazione riferibile alla valutazione espressa dalla commissione che non ha tenuto conto della struttura trasversale della materia il cui insegnamento era oggetto della selezione.
In ragione di quanto sopra i provvedimenti impugnati in primo grado risultano affetti dalle illegittimità contestate e quindi, in accoglimento del ricorso introduttivo e di quello recante motivi aggiunti, debbono essere annullati.
10. – La fondatezza dei motivi di appello e la fondatezza dei motivi di impugnazione dedotti in primo grado, per come si è sopra chiarito, conduce all’accoglimento dell’appello proposto dalla signora Re. Mu. e alla riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sez. VIII, 8 ottobre 2015 n. 4722, con la quale è stato dichiarato improcedibile il ricorso (R.g. n. 815/2013) dalla stessa proposto. Da tale decisione e dalla verifica della fondatezza dei motivi di gravame dedotti in primo grado discende l’annullamento degli atti impugnati in quella sede.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a. e vanno imputate a carico del Conservatorio di Musica Sa. Pi. a Ma. e in favore della signora Re. Mu., potendosi liquidare nella misura complessiva di Euro 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre accessori come per legge. A ciò va ovviamente aggiunta la restituzione alla signora Re. Mu. delle somme versate quale contributo unificato nei due gradi di giudizio. Le spese del doppio grado di giudizio possono compensarsi con riferimento alle altre parti in giudizio (sia con riguardo al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, stante la marginale posizione processuale di quest’ultimo nel presente giudizio di secondo grado sia con riguardo alle altre parti neppure costituite).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello (n. R.g. 3157/2016), come in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sez. VIII, 8 ottobre 2015 n. 4722, accoglie il ricorso (R.g. n. 815/2013) proposto in primo grado, annullando i provvedimenti con esso impugnati.
Condanna il Conservatorio di Musica Sa. Pi. a Ma., in persona del rappresentante legale pro tempore, a rifondere le spese del doppio grado di giudizio in favore della signora Re. Mu., che si liquidano nella misura complessiva di Euro 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre accessori come per legge nonché alla restituzione delle somme versate quale contributo unificato nei due gradi di giudizio. Spese del doppio grado di giudizio compensate con riferimento alle altre parti in giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Andrea Pannone – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere, Estensore

 

 

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