Consiglio di Stato, Sentenza 27 ottobre 2020, n. 6552.
La ratio della fissazione dei tetti massimi di spesa e del loro controllo è principalmente quella del contenimento della spesa pubblica e di garantire la continuità delle prestazioni ai cittadini ed una sana competizione tra le strutture accreditate, ma non quella di assicurare i volumi di produzione del singolo erogatore.
Sentenza 27 ottobre 2020, n. 6552
Data udienza 1 ottobre 2020
Tag – parola chiave: Sanità – Programmazione – Tetti di spesa – Determinazione – Funzione e ratio – Individuazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9828 del 2019, proposto da
Fa. F.L. Pu. Ar. S.n. c., in qualità di Titolare casa di cura “Po. Ma. della Co.”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sa. Qu., Gi. Vi., Al. Al., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Commissario ad acta per l’attuazione del Piano Rientro Disavanzi del Settore Sanitario Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
Regione Calabria, Asp – Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, non costituiti in giudizio
nei confronti
Vi. Au. S.r.l. in Liquidazione, A.I.O.P. – Associazione Italiana Ospedalità Privata non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Prima n. 00814/2019, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Commissario Ad Acta Attuazione Piano Rientro Disavanzi del Settore Sanitario Regione Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1° ottobre 2020 il Cons. Giovanni Tulumello e vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione orale depositata dal difensore della parte appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso in appello notificato il 14-15/11/2019, e depositato il successivo 29/11, la s.n. c. F.Lli Pu. Ar., ha impugnato in qualità di titolare della Casa di Cura “Po. Ma. della Co.”, la sentenza del T.A.R. Calabria, sede di Catanzaro, n. 814/2019, pubblicata il 15 aprile 2019.
Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro Disavanzi del Settore Sanitario della Regione Calabria.
Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 1° ottobre 2020.
2. La sentenza appellata, respinte le eccezioni di irricevibilità ed inammissibilità dell’amministrazione, ha rigettato nel merito il ricorso proposto avverso il provvedimento determinativo del tetto di spesa per il 2012, che aveva operato una riduzione rispetto al periodo precedente, richiamando la natura ampiamente discrezionale e la finalità di contenimento della spesa di tale categoria provvedimentale.
3. Il primo motivo di appello (“Sull’erroneità della sentenza appellata per il mancato accoglimento dei motivi di ricorso relativi alla illegittimità dei provvedimenti impugnati in prime cure per violazione dei principi di buon andamento, di iniziativa economica privata e di affidamento; eccesso di potere per sviamento, illogicità, omessa e contraddittoria motivazione. Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c.”) censura la sentenza gravata in relazione alla lesione del principio di affidamento e di iniziativa economica privata.
Contesta inoltre l’adozione “retroattiva” del provvedimento (invoca la sentenza di questa Sezione n. 3314/2019): emanato nel gennaio 2013, con effetti sul budget 2012, a fronte della programmazione operata sulla base degli elementi conoscibili, che a suo dire radicavano un legittimo affidamento in merito al mantenimento del precedente volume di prestazioni.
In argomento la sentenza gravata, richiamata la pronuncia dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato n. 8/2016, esclude un simile affidamento dal momento che “la ricorrente che conosceva -) il tetto del 2011, -) il decreto per la spending review d.l. n. 95/2012 (art 15 co. 14) che aveva previsto la riduzione della spesa sanitaria ambulatoriale ed ospedaliera complessiva annua per il 2012, e -) l’obiettivo specifico del risparmio della gestione Commissariale calabrese stante la gravità della situazione rispetto alla generalità del territorio nazionale, non può far valere in conclusione una aspettativa tutelata di erogazione di budget pari agli anni precedenti”.
Replica tuttavia l’appellante che “il citato Decreto Legge n. 95/2012 sulla spending review (art. 15 co. 14) sopravvenuto in corso d’anno, aveva previsto la riduzione della spesa sanitaria complessiva annua per il 2012 solo nella misura dello 0,5%, unica decurtazione ovviamente non contestata e non contestabile”: laddove nel caso di specie la riduzione è stata del 9,7%.
4. L’appellante lamenta in sostanza che l’amministrazione, nella determinazione del tetto di spesa, non avrebbe tenuto conto “delle prestazioni già legittimamente erogate in ragione dei dati oggettivi precedentemente alla stessa forniti per la programmazione della propria attività d’impresa”; e sostiene che “la riduzione imposta al tetto dell’anno precedente, se retroattiva, sia esclusivamente circoscritta, salvo congrua istruttoria e adeguata esplicitazione all’esito di una valutazione comparativa, nei limiti imposti dai tagli stabiliti dalle disposizioni finanziarie conoscibili ex ante dalle strutture private”.
Lamenta in proposito un difetto di istruttoria, anche in relazione al fatto che l’aspettativa dell’appellante si sarebbe legittimamente formata sul tetto di spesa stabilito per il 2011, con previsione rispetto ad esso di una riduzione nei limiti dello 0,5%, prevista dal decreto-legge n. 95/2012.
Deduce pertanto la violazione dei princì pi di irretroattività e di ragionevolezza dell’azione amministrativa.
5. Il motivo non può trovare accoglimento, alla luce della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato assolutamente costante e pacifica nel senso dell’infondatezza dei profili di critica rivolti dal mezzo in esame alla sentenza gravata.
Come già chiarito dalla sentenza di questa Sezione n. 3044/2020, “il provvedimento con il quale si fissa il tetto massimo di spesa per le prestazioni erogate da privati, anche se emanato ad anno inoltrato, non è perciò di per sé stesso illegittimo, e lede alcun affidamento dei titolari delle strutture accreditate (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 26 novembre 2008, n. 5847). Tale rigoroso indirizzo si pone proprio sulla scia della pronuncia dell’Adunanza Plenaria, per cui i titolari delle suddette strutture, sino a quando non sia emanato il provvedimento di fissazione del tetto di spesa, per programmare la propria attività, possono utilmente fare riferimento ai limiti di spesa applicati dalla p.a. nell’anno precedente (cfr. Consiglio Stato A. Plen., 02 maggio 2006, n. 8)”.
La stessa sentenza, peraltro, ha specificato, in fattispecie identica a quella oggetto del presente giudizio (quanto ad ambito territoriale e a conseguente prevalenza dell’interesse al rientro dal disavanzo rispetto agli interessi antagonisti), che “in relazione alla stessa Regione Calabria che mira a ripristinare l’equilibrio economico- finanziario del sistema sanitario regionale, salvaguardando il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie nel rispetto del diritto alla salute garantito dall’art. 32 della Costituzione. La ratio della fissazione dei tetti massimi di spesa e del loro controllo, dunque, “è principalmente quella del contenimento della spesa pubblica e di garantire la continuità delle prestazioni ai cittadini ed una sana competizione tra le strutture accreditate, ma non quella di assicurare i volumi di produzione del singolo erogatore” (Cons. Stato, sez. III, 7 luglio 2017, n. 3353)”.
Il richiamato precedente, infine, che il Collegio condivide e dal quale non ravvisa ragione per discostarsi, ha poi precisato, in relazione ad identica censura sollevata nel motivo di appello in esame, che “Quanto all’omessa motivazione in ordine ai criteri seguiti per operare la riduzione è sufficiente rilevare che, come già ricordato, trattandosi di atto di programmazione non sussiste l’obbligo di motivazione; quanto ai criteri utilizzati per l’assegnazione dei tetti rientrano pacificamente nella discrezionalità della P.A. che può decidere di “investire” in modo maggiore o minore su determinate tipologie di strutture a seconda della necessità, che può variare a seconda dell’area geografica nelle quali insistono, connotata da dati fattuali che possono essere differenti a seconda dei casi”.
Va inoltre precisato che, come sarà chiarito in sede di esame del secondo motivo, nel caso di specie il provvedimento determinativo del tetto di spesa contiene in realtà logiche e plausibili indicazioni motivatorie concrete, specificamente riferite alla riduzione controversa.
È pertanto evidente che del tutto legittimamente l’amministrazione ha operato la riduzione contestata, agendo nell’esercizio di un potere funzionalmente preordinato all’esigenza prioritaria di contemperare la tutela del diritto alla salute con l’interesse al rientro dal disavanzo: sulla base di acquisizioni istruttorie e di valutazioni decisore non illogiche né macroscopicamente irragionevoli (tali essendo i margini del sindacato giurisdizionale in materia: Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 7479/2019), non essendo vincolata, se non nel margine di riduzione minima, dal paradigma normativo invocato dall’appellante (che rappresenta uno dei parametri regolanti l’esercizio del potere in parola, ma non l’unico, in considerazione della ridetta peculiarità della situazione regionale correlata al rientro dal disavanzo).
6. Il secondo motivo di appello (“Sull’erroneità della sentenza appellata per il mancato accoglimento dei motivi di ricorso relativi alla illegittimità del provvedimento impugnato per: eccesso di potere per sviamento, illogicità, omessa e contraddittoria motivazione, violazione della parità di trattamento rispetto alle altre strutture sanitarie private”) contesta essenzialmente l’esistenza di una, non motivata, disparità di trattamento rispetto ad altre strutture che hanno subì to decurtazioni anche sensibilmente inferiori.
La sentenza impugnata, sul punto, motiva nel senso che “nel ricorso si evidenziano le riduzioni inferiori a quello del policlinico Consolazione, ma non anche quelli operati verso altre strutture in misura pari quasi al doppio di quello operato nei confronti della ricorrente (v. Vi. El. e Vi. Sa. per le percentuali riportate a pag. 25 del ricorso). Inoltre, l’impugnato decreto in proposito motiva la distribuzione della struttura sulla base dell’analisi della produzione del 2011 e del 2012 alla data del 30.10.12 (v. pag. 2417 del BURC), dati che parte ricorrente non si è fatta carico di confutare”.
Assume l’appellante che “la ripartizione delle risorse tra le singole strutture debba comunque e sempre essere sorretta da adeguata istruttoria nonché da congrua esternazione motivazionale, con l’esplicitazione dei criteri all’uopo adottati. Nel caso di specie, tuttavia, non è dato desumere alcun criterio, oggettivo ed accertabile, in base al quale il budget sia stato suddiviso tra i vari operatori assistenziali in misura da essere ridotto rispetto al 2011 di una percentuale così differente tra gli stessi”.
7. In linea generale va ribadito che, come affermato dalla Sezione nella sentenza n. 8350/2019, “la necessità di assicurare le condizioni di concorrenza fra gli operatori privati del settore è solo una delle esigenze sottese alla determinazione dei tetti di spesa (….). Va infatti considerato che il potere amministrativo del cui esercizio si discute ha come principale attributo funzionale il controllo della spesa pubblica sanitaria, a garanzia della sua efficiente allocazione: sicché il vincolo risultante dagli atti di esercizio di tale potere costituisce “la misura delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale può erogare e può quindi permettersi di acquistare da ciascun erogatore privato” (Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza n. 6801/2018). In tale sistema, quindi, come la Sezione ha già avuto modo di chiarire, “La ratio della fissazione dei tetti massimi e dei relativi meccanismi di controllo, poi, è principalmente quella del contenimento della spesa pubblica e di garantire la continuità nella erogazione delle prestazioni ai cittadini ed una sana competizione tra le strutture accreditate, ma non quella di assicurare i volumi di produzione del singolo erogatore” (Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza n. 3353/2017)”.
Nello specifico, poi, la censura sconta, in punto di deduzione di un vizio motivazionale non sussistente in ragione della natura dell’atto, i limiti del mezzo già esaminato.
Essa, soprattutto, non supera i concreti e decisivi – nel senso della legittimità del provvedimento impugnato in primo grado – riferimenti contenuti nella sentenza gravata, relativi:
al fatto che la prospettiva comparativa posta a fondamento della censura in esame è solo parziale e come tale distorta, perché assume a parametro strutture che hanno avuto una riduzione inferiore, ma non considera strutture che hanno invece subì to decurtazioni ben più consistenti;
al fatto che il provvedimento impugnato in prime cure è in realtà assistito da un percorso motivazionale fondato sull’analisi della produzione del 2011 e del 2012 alla data del 30.10.12.
8. Da ultimo l’appellante ha prodotto sentenze di accoglimento parziale dello stesso T.A.R. Calabria per gli anni 2016, 2017 e 2018 (sentenza n. 1636/2018); nonché per il 2019 (sentenza n. 1070/2020).
Ferma restando l’infondatezza del relativo mezzo per le dirimenti considerazioni sopra esposte, va osservato che i richiamati pronunciamenti non sono sovrapponibili alla fattispecie dedotta nel presente giudizio, perché hanno riguardo a deduzioni analitiche (e peculiari) nei relativi giudizi, e comunque non contengono affermazioni decisive in punto di spettanza del bene della vita (in tesi, esportabili in fattispecie analoghe), ma rilevano unicamente sul piano della motivazione dei provvedimenti gravati in quei giudizi, peraltro con riferimento a situazioni specifiche di comparazione fra singole strutture.
In particolare, la sentenza n. 1636/2018 accoglie i ricorsi riuniti nella sola parte relativa alla riscontrata disparità di trattamento rispetto “ad altra struttura analoga, cioè l’Igreco Ospedale Riuniti di Cosenza”, nonché rispetto alla Casa di cura S. Ri. ed alla Casa di cura Ma. He.; mentre la sentenza n. 1070/2020 accoglie le (sole) censure relative al difetto di motivazione circa la disparità di trattamento.
9. Il ricorso in appello è dunque infondato e come tale deve essere respinto.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la società appellante al pagamento in favore del Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro Disavanzi del Settore Sanitario della Regione Calabria delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro cinquemila/00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1° ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Giovanni Tulumello – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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