Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 marzo 2021| n. 10328.
E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7-ter, r.d. 30 maggio 1941, n. 12 con riferimento agli artt. 111, 117 Cost., in relazione al § 6 della Conv. EDU, nella parte in cui non prevede che il ricorso straordinario avverso il provvedimento emesso nel giudizio di rinvio non sia assegnato alla stessa Sezione che ha pronunciato l’annullamento, atteso che la procedura prevista dall’art. 610, comma 1-bis, cod. proc. pen. è volta a garantire l’efficace organizzazione interna della Corte di cassazione e non la terzietà ed imparzialità del giudice, la cui tutela è affidata ai casi di incompatibilità tassativamente previsti dall’art. 34 cod. proc. pen., per situazioni di pregiudizio all’interno del medesimo procedimento e della stessa “regiudicanda”.
Sentenza|17 marzo 2021| n. 10328
Data udienza 11 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Omicidio – Rapina – Armi – Ricorso straordinario – Assegnazione tabellare ex art. 610 comma 1 bis cpp e art. 7 Regio Decreto n. 12/1941 – Presupposti dell’incompatibilità del giudice ex art. 34 cpp – Valutazione dell’imparzialità del giudice in senso oggettivo e soggettivo – Errore materiale o errore di fatto – Nozione – Insussistenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZAZA Carlo – Presidente
Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere
Dott. TUDINO A. – rel. Consigliere
Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/09/2020 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. TUDINO ALESSANDRINA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dr. VINCENZO SENATORE che conclude riportandosi alla requisitoria in atti (inammissibilita’).
udito il difensore l’avvocato (OMISSIS) dopo aver lungamente illustrato i motivi di ricorso ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza n. 30010 del 15 settembre 2020, depositata il 29 ottobre 2020, la Prima Sezione di questa Corte ha rigettato il ricorso proposto da (OMISSIS) avverso la decisione della Corte d’appello di Roma del 27 marzo 2019 che – decidendo in seguito ad annullamento con rinvio della declaratoria di assoluzione emessa, in sede di revisione, dalla stessa Corte territoriale il 10 maggio 2016, statuito da questa Sezione con sentenza del 26 marzo 2018 – ha dichiarato l’inammissibilita’ dell’istanza di revisione della sentenza della Corte d’assise di Napoli del 14 novembre 1996, irrevocabile il 22 gennaio 2008, con la quale il predetto era stato ritenuto responsabile dell’omicidio di (OMISSIS) e del tentativo di rapina del carico da questi trasportato, oltre che dei connessi reati in materia di armi; fatti occorsi in (OMISSIS).
1.1. Secondo la ricostruzione dei fatti riportata nella sentenza della Prima sezione impugnata, la Corte di assise di Napoli aveva condannato (OMISSIS) alla pena dell’ergastolo, con isolamento diurno, quale responsabile, assieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), del tentativo di rapina con armi, posto in essere il 21 ottobre 1991, sull’autostrada (OMISSIS), ai danni dell’autoarticolato, contenente nocciole, condotto da (OMISSIS), nonche’ dell’omicidio di quest’ultimo. La sentenza era stata confermata in appello e questa Corte, in data 22 gennaio 2008, aveva annullato con rinvio la condanna dei coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS) – successivamente assolti – rigettando, invece, il ricorso del (OMISSIS).
La responsabilita’ di quest’ultimo era stata affermata, essenzialmente, sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) che – tratto in arresto nel 1994 a titolo di concorso nelle medesime condotte e ristretto in carcere assieme al (OMISSIS) – aveva riferito di avere ricevuto, nei giorni immediatamente successivi al fatto, nel corso di un colloquio intercorso con il (OMISSIS), l’esplicita confessione di questi. L’ (OMISSIS) aveva aggiunto di essersi determinato a rivelare la circostanza solo quando aveva appreso dal (OMISSIS) della sua intenzione di allestire, e propinare agli inquirenti, una versione “di comodo” dell’accaduto, tale da coinvolgere tali (OMISSIS), (OMISSIS) e un terzo soggetto. Il (OMISSIS) aveva, in seguito, effettivamente reso dichiarazioni nel senso indicato, contribuendo cosi’ a rafforzare giudizialmente la credibilita’ dell’ (OMISSIS), le cui dichiarazioni erano state ulteriormente suffragate da quelle del collaboratore (OMISSIS), gia’ complice del (OMISSIS) in analoghe imprese criminose, dalle quali il primo si sarebbe, successivamente, ritirato una volta appreso della contrarieta’ ad esse di (OMISSIS). Il (OMISSIS) aveva, in particolare, riferito di avere visto – il giorno successivo all’agguato – il camion del (OMISSIS) abbandonato sul ciglio dell’autostrada; di aver subito ipotizzato che il (OMISSIS) potesse essere l’autore dell’agguato; di averlo interpellato il giorno ulteriormente seguente e di avere appreso da questi – senza ammissione di un personale coinvolgimento nei fatti – significativi particolari della vicenda; di averlo poi sentito negare ogni conoscenza di essa, quando il (OMISSIS) aveva appreso che il (OMISSIS) era stato incaricato di riferire all’ (OMISSIS) l’identita’ dell’autore dei delitti.
Secondo la Corte partenopea, la chiamata in reita’ resa dall’ (OMISSIS) – le cui dichiarazioni avevano superato il vaglio di credibilita’ – era riscontrata dal narrato del (OMISSIS), e trovava conferma ulteriore nella professionalita’ criminale del (OMISSIS) (reo confesso di precedenti rapine in danno di trasportatori di carichi di nocciole), nel fallimento dell’alibi (l’essere stato il (OMISSIS), la sera del fatto, in compagnia del dipendente (OMISSIS)) e nella perizia balistica (congruente con la ricostruzione ricavabile dal racconto dei collaboratori).
1.2. Nel 2011 il (OMISSIS) aveva introdotto un primo giudizio di revisione della condanna.
La relativa istanza, al termine di un articolato iter processuale, era stata respinta dalla Corte di appello di Perugia con sentenza del 10 luglio 2013. Questa Corte, in data 21 gennaio 2015, aveva rigettato il ricorso dell’imputato.
A sostegno della revisione erano state addotte, tra l’altro: a) dichiarazioni di congiunti dell’ (OMISSIS), medio tempore deceduto, secondo i quali questi avrebbe manifestato la convinzione dell’innocenza del (OMISSIS), avrebbe ripreso ad intrattenere con questi rapporti d’affari e avrebbe chiesto ad un legale di interessarsi delle sorti del condannato; b) articoli e servizi giornalistici, risalenti al 22 ottobre 1991, attestanti l’interessamento dei media al fatto sin dalla mattina successiva (e, quindi, la plausibilita’ dell’ipotesi che il (OMISSIS) avesse riferito al (OMISSIS) solo quanto ormai di dominio pubblico); c) una nuova dichiarazione del (OMISSIS) in riferimento alla versione gia’ resa degli accadimenti.
Nel confermare la condanna, la Corte perugina aveva ritenuto:
– in relazione al profilo sub a), che l’incontro tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) fosse avvenuto prima della diffusione della notizia sui media e che, comunque, la diffusione non fosse stata accompagnata dai particolari oggetto dell’informazione resa dal (OMISSIS) al (OMISSIS);
– quanto al profilo sub b), che le dichiarazioni dei congiunti dell’ (OMISSIS) fossero solo de relato, datate e non confermabili dalla fonte diretta;
– quanto al profilo sub c), che le ultime dichiarazioni di (OMISSIS) fossero strumentali, e piuttosto riscontrassero l’attendibilita’ dell’ (OMISSIS), confermando che, tra i due, fosse stato proprio il (OMISSIS) a mentire.
1.3. Un secondo giudizio di revisione era stato avviato nel 2015.
All’esito del, dibattimento, la Corte di appello di Roma, Quarta sezione penale, con sentenza 10 maggio 2016, assolveva il (OMISSIS) da tutte le imputazioni.
Nel valutare le nuove prove addotte (dichiarazioni del (OMISSIS), rese in sede di incidente probatorio ex articolo 391-bis c.p.p., comma 2, e ulteriore documentazione giornalistica), la Corte capitolina ha collocato il colloquio intercorso tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) nel giorno 23 ottobre 1991, reputando cosi’ che il ricorrente avesse gia’ acquisito, tanto dai media che dalle informazioni circolanti nell’ambiente degli autotrasportatori, ogni particolare sull’accaduto, in tal modo depotenziando la regola d’esperienza, utilizzata per validare il riscontro, secondo cui i particolari del delitto non potevano che provenire da chi vi avesse preso parte
1.4. Su impugnazione della Procura generale territoriale, la predetta decisione veniva annullata con rinvio da questa Sezione con sentenza del 26 marzo 2018.
Richiamando la regola di giudizio che impone, nel giudizio di revisione, la complessiva riconsiderazione degli elementi di prova preesistenti e sopravvenuti, questa Sezione ha richiesto un nuovo esame riguardo l’attendibilita’ delle nuove dichiarazioni del (OMISSIS) rispetto alle precedenti ed alla chiamata in reita’ dell’ (OMISSIS), come rivalutate alla luce di un manoscritto rinvenuto in carcere dopo il suo suicidio, nel contesto degli elementi gia’ valorizzati ai fini della condanna.
1.5. Con sentenza del 27 marzo 2019, la Corte di appello di Roma, Terza sezione penale, decidendo in sede di rinvio, ha dichiarato inammissibile la seconda istanza di revisione.
Ritenuta preclusa dalla prima sentenza di revisione la questione inerente la collocazione temporale delle dichiarazioni rese dal ricorrente al (OMISSIS), la Corte territoriale ha reputato irrilevanti le nuove prove addotte sul punto, valorizzando i contenuti, specifici, dettagliati ed inediti, di quanto dal (OMISSIS) riferito (tra cui il particolare inerente la provenienza del carico rapinato) al (OMISSIS), oltre alle dichiarazioni dell’ (OMISSIS), corroborate non solo dal narrato del (OMISSIS), ma anche da altri elementi (il fallimento dell’alibi, il coinvolgimento del (OMISSIS) nelle rapine seriali a carico di trasportatori di nocciole, il calunnioso coinvolgimento di terzi innocenti, la perizia balistica), fermi nella loro persuasivita’, in tal guisa depotenziando il carattere di novita’ dell’istanza di revisione, intesa non gia’ a superare la prova d’accusa (le dichiarazioni dell’ (OMISSIS)), bensi’ il mero riscontro (le dichiarazioni del (OMISSIS)) di questa.
1.6. Con la sentenza oggi impugnata, la Prima sezione ha rigettato il ricorso.
Delineata la latitudine del vincolo di rinvio, la Prima sezione ha premesso (§ 5) come al giudice della revisione fosse innanzitutto demandata la delibazione del carattere di novita’ delle prove introdotte e, richiamati i criteri di (ri)valutazione della complessiva piattaforma dimostrativa (§ 6), ha reputato come la valutazione d’inammissibilita’ censurata non prestasse il fianco alle critiche svolte nel ricorso di legittimita’ in quanto:
– l’importanza del contributo dichiarativo del (OMISSIS) era collegato alla qualita’ dei particolari riferitigli dal (OMISSIS), non divulgati dai media, e non gia’ all’epoca del colloquio, con conseguente resistenza dell’elemento posto a riscontro della chiamata in reita’ dell’ (OMISSIS);
– la valutazione d’affidabilita’ dell’ (OMISSIS) resisteva al novum, peraltro non indirizzato a confutare la chiamata in reita’ quanto, piuttosto, il riscontro, costituito dalle dichiarazioni del (OMISSIS), cosi’ trovando conferma sia la attendibilita’ intrinseca delle dichiarazioni de relato rese dal primo, ulteriormente corroborate dalla strategia di depistaggio perseguita dal (OMISSIS), intesa a dirottare su altri l’attenzione degli investigatori, e perseguita negli esatti termini riferiti dall’ (OMISSIS); sia la credibilita’ soggettiva, in conseguenza della costanza del narrato, neppure compromesso in sede di confronto con il (OMISSIS) e non smentito dalla lettera postuma rinvenuta dopo il suicidio;
– gli ulteriori elementi probatori (fallimento dell’alibi; accertata e non contestata partecipazione del ricorrente in plurime rapine ai danni di trasportatori di quello specifico carico) resistono indenni ai temi introdotti con l’istanza di revisione.
2. Avverso la sentenza della Corte di cassazione n. 30010/2020 ha proposto ricorso ex articolo 625-bis c.p.p., (OMISSIS), per mezzo del difensore e procuratore speciale, Avv. (OMISSIS), affidando le proprie censure ad un unico, articolato, motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., al quale sono premessi due ordini di rilievi.
2.1 Con una prima deduzione, si prospetta la “necessita’ di assegnare la trattazione del ricorso ad un giudice autenticamente terzo rispetto all’oggetto della decisione” e si propone questione di legittimita’ costituzionale del Regio Decreto 30 maggio 1941, n. 12, articolo 7-bis, come sostituito dal Decreto Legislativo n. 51 del 1998, articolo 5 e modificato dalla L. n. 111 del 2007, articolo 4 per contrasto con gli articoli 111 e 117 Cost. in relazione al par. 6 CEDU.
Ripercorsi gli esiti decisori delle istanze di revisione della sentenza irrevocabile di condanna gia’ proposte, il ricorrente evidenzia – alla luce della disciplina tabellare di assegnazione dei ricorsi alle Sezioni della Corte di cassazione contenuta nel decreto del Primo Presidente del 6 maggio 2013 e successive modificazioni, attuativo dell’articolo 7-bis O.G. – la ratio che sottende l’individuazione della Sezione chiamata a pronunciarsi su ricorso avverso decisione emessa in sede di rinvio, statuito in esito ad annullamento disposto da altra Sezione, significando come, nel caso di specie, la Quinta sezione – tabellarmente competete alla trattazione dei ricorsi straordinari ex articolo 625-bis c.p.p. proposti avverso sentenze emesse dalla Prima sezione si sia gia’ pronunciata, in via definitiva, sullo stesso oggetto con la sentenza n. 32625/2018, in tal modo venendo ad essere compromessi i valori di terzieta’ ed imparzialita’ che il sistema tabellare mira a perseguire.
Ne consegue – nella prospettazione del ricorrente – come il ricorso debba essere assegnato facendo ad altra Sezione, in applicazione dell’articolo 610 c.p.p., comma 1-bis analogicamente interpretato in chiave finalistica, senza che possano rilevare i criteri stabiliti dall’Ordinamento Giudiziario, posto che l’articolo 7-bis O.G. non disciplina il caso del ricorso straordinario di cui all’articolo 625-bis c.p.p..
Rappresenta – in ipotesi di adesione all’opzione ermeneutica secondo cui l’articolo 7-bis O.G., come integrato dalle previsioni tabellari, determini l’assegnazione del ricorso alla Quinta sezione penale – profili di incostituzionalita’ della norma per contrasto con il principio del “giusto processo” (articolo 111 Cost.) e dell'”equo processo” (par. 6 CEDU).
2.2. Con una seconda esposizione introduttiva, si enunciano le condizioni che avrebbero determinato gli errori di fatto ex articolo 625-bis c.p.p..
A tal fine, il ricorrente ripercorre la successione cronologica dell’omicidio rispetto alla conversazione intercorsa tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), come da questi temporalmente collocata, evidenziando come la sentenza della Prima sezione abbia erroneamente ricostruito la sequenza rispetto a quanto accertato e ritenuto dalla Corte d’appello di Perugia e dalla Corte di cassazione in sede di prima revisione (secondo cui l’incontro tra i due sarebbe avvenuto o la sera stessa dell’omicidio o il giorno successivo, il (OMISSIS)), invece superato nel secondo giudizio di revisione (che data, invece, l’incontro al (OMISSIS)), in tal modo negando rilievo all’epoca del colloquio e riproducendo due asserzioni non corrispondenti al vero, come emerge dagli atti allegati all’odierno ricorso, finendo per attribuire all’ (OMISSIS) contenuti invece riferiti dal (OMISSIS) ed in tal guisa configurando un evidente errore percettivo.
2.3. Con il primo motivo, il ricorrente deduce plurimi errori di fatto in cui sarebbe incorsa la prima Sezione, in conseguenza della falsa rappresentazione enunciata in premessa:
1) nell’omettere la valutazione del terzo motivo di ricorso quanto alla novita’ del contributo reso dal (OMISSIS), in sede di incidente probatorio, in ordine alla collocazione temporale della rivelazione del (OMISSIS), mentre la sua disamina avrebbe determinato un diverso epilogo decisorio in quanto mai il (OMISSIS) aveva riferito al (OMISSIS) la “manovra evasiva” della vittima, riportata, invece, all’ (OMISSIS);
sicche’, epurato da siffatto errore, il novum introdotto, e relativo alla notorieta’ delle informazioni invece rese al (OMISSIS), sarebbe stato inconfutabile;
2) nell’omettere la valutazione delle doglianze svolte nel secondo (ff. 45-46) e nel terzo (ff. 57-58) motivo di ricorso in riferimento alla deposizione del giornalista (OMISSIS), addotto sul tema della notorieta’ dei particolari dell’omicidio relativi al carico ed alla provenienza dello stesso sin dall’immediatezza, il cui apporto e’ stato del tutto trascurato in virtu’ dell’erronea attribuzione alla narrazione del (OMISSIS) del particolare inedito invece riferito dall’ (OMISSIS);
3) nell’omettere la valutazione della deposizione del teste (OMISSIS) e dei documenti relativi al traffico degli automezzi del (OMISSIS), trattandosi di prova addotta non gia’ a costruire l’alibi, bensi’ a dimostrare la immediata circolazione delle notizie nella comunita’ di riferimento;
4) nell’omettere la considerazione del tempo e del contesto della confessione asseritamente resa dal (OMISSIS) all’ (OMISSIS), si’ da ritenere rispondente alla strategia di depistaggio del ricorrente non le calunniose accuse rivolte a terzi, bensi’ la sua stessa confessione;
5) nell’omettere la considerazione delle dichiarazioni rese dall’ (OMISSIS) quanto alla prova d’alibi, in tal modo ignorando le censure svolte sul punto nel ricorso e ritenendo, invece, il fallimento della predetta prova elemento resistente alla revisione;
6) nell’omettere la considerazione delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) in riferimento al coinvolgimento del ricorrente in omogenee rapine seriali; circostanza asseritamente ritenuta ed invece smentita dagli esiti dell’incidente probatorio.
7) nell’omettere la considerazione degli esiti della perizia balistica eseguita in appello, come censurata nel secondo motivo di ricorso in punto di reciproca ricostruzione delle posizioni della vittima e dell’aggressore, tale da smentire la ricostruzione dell’ (OMISSIS).
3. Con requisitoria scritta ex Decreto Legge 21 dicembre 2020, n. 137, articolo 23, il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
4. Con istanza in data 13 gennaio 2021, il difensore ha chiesto la trattazione orale del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Alla disamina del ricorso straordinario va premessa la delibazione della questione di competenza tabellare, preliminarmente prospettata dal Difensore.
1. Nella parte introduttiva del ricorso, il difensore di (OMISSIS) propone un’interpretazione, costituzionalmente orientata, dell’articolo 610 c.p.p., comma 1-bis, secondo cui “Il presidente della corte di cassazione provvede all’assegnazione dei ricorsi alle singole sezioni secondo i criteri stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario”, alla cui stregua la trattazione del procedimento dovrebbe essere rimesso a Sezione della Corte di cassazione diversa da questa Quinta, trattandosi di ricorso straordinario proposto avverso sentenza emessa dalla Prima sezione, investita del ricorso, in tema di revisione, avente ad oggetto la decisione della Corte d’appello di Roma, emessa in seguito ad annullamento con rinvio di questa medesima Sezione.
1.1. Trattasi di prospettazione non accoglibile e, di fatto, gia’ ritenuta infondata – alla stregua della preliminare delibazione riguardo l’attribuzione degli affari alle Sezioni – dall’Ufficio per l’esame preliminare dei ricorsi presso la Prima Presidenza di questa Corte, che lo ha assegnato a questa Quinta sezione, in applicazione dei §§. 55 e 60.4 delle tabelle di organizzazione della Corte di cassazione che prevedono, per i casi di ricorso straordinario, l’individuazione della Sezione competente “secondo il criterio previsto per l’annullamento con rinvio”; disposizioni, queste ultime, richiamate – attraverso un duplice rinvio, dalla norma di cui si richiede l’applicazione.
1.1.1. Invero, l’articolo 610 c.p.p., comma 1-bis, appartiene, strutturalmente, alla categoria delle norme in bianco, che ripetono il proprio contenuto dispositivo attraverso il rinvio recettizio ai provvedimenti tabellari adottati, con durata triennale, dal Ministro di grazia e giustizia in conformita’ delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura, assunte sulle proposte della Corte di cassazione.
In particolare, il Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, articolo 7-bis, Ordinamento giudiziario, prevede che “1. La ripartizione degli uffici giudiziari di cui all’articolo 1 in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle Sezioni e alle Corti di Assise, l’assegnazione alle Sezioni dei presidenti, la designazione dei magistrati che hanno la direzione di Sezioni a norma dell’articolo 47-bis, comma 2, l’attribuzione degli incarichi di cui agli articolo 47-ter, comma 3, articolo 47-quater, comma 2 e articolo 50-bis, il conferimento delle specifiche attribuzioni processuali individuate dalla legge e la formazione dei collegi giudicanti sono stabiliti ogni triennio con decreto del Ministro di grazia e giustizia in conformita’ delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura assunte sulle proposte dei presidenti delle Corti di appello, sentiti i consigli giudiziari. Decorso il triennio, l’efficacia del decreto e’ prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto. La violazione dei criteri per l’assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, non determina in nessun caso la nullita’ dei provvedimenti adottati.
(…). 3. Per quanto riguarda la Corte suprema di cassazione il Consiglio superiore della magistratura delibera sulla proposta del primo presidente della stessa corte, sentito il Consiglio direttivo della Corte di cassazione”.
Il successivo articolo 7-ter, recante “Criteri per l’assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti”, prevede che “1.L’assegnazione degli affari alle singole Sezioni ed ai singoli collegi e giudici e’ effettuata, rispettivamente, dal dirigente dell’ufficio e dal presidente della sezione o dal magistrato che la dirige, secondo criteri obiettivi e predeterminati, indicati in via generale dal Consiglio superiore della magistratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la medesima procedura(…).”.
In attuazione della disposizione da ultimo citata, le vigenti Tabelle di organizzazione della Corte Suprema di Cassazione, approvate con delibera del 10 aprile 2019, prevedono, al punto n. 4 del § 60, intitolato “Altri criteri di distribuzione degli affari”, che sulla revisione e sul ricorso straordinario per errore di fatto decide per i provvedimenti emessi dalle Sezioni ordinarie la Sezione individuata secondo il criterio previsto per l’annullamento con rinvio; criterio di abbinamento che, tradizionalmente, prevede uno scambio biunivoco tra le medesime Sezioni gemellate, di volta in volta limitato all’assegnazione successiva e senza preclusioni a riassegnazioni ulteriori, ispirato ad esigenze di tipo organizzativo.
Secondo il sistema di reciprocita’ speculare cosi’ definito, l’assegnazione alla Sezione gemella si determina, per una sola volta, nei casi di ricorso proposto avverso decisione emesse in sede di rinvio in seguito ad annullamento – e nelle ipotesi rispondenti al medesimo criterio delineate al § 60.4 – e, nell’eventualita’ di ulteriori esiti prosecutori, il criterio torna ad operare esclusivamente tra le stesse Sezioni tabellarmente individuate. Del resto, esigenze di razionalita’ escludono criteri derogatori, tali da determinare l’individuazione di Sezioni diverse da quelle abbinate, in considerazione della imprevedibilita’ delle ipotesi di ricorsi avverso decisioni emesse all’esito di annullamento con rinvio, cosi’ come dei casi previsti dalla previsione tabellare sopra richiamata.
Nel quadro organizzativo cosi’ delineato, le diverse esigenze di terzieta’ ed imparzialita’ del giudice di legittimita’ restano affidate ai casi tassativamente previsti dall’articolo 34 c.p.p. e ss..
1.1.2. Dalla sommaria ricognizione che precede, consegue che l’unica interpretazione dell’articolo 610 c.p.p., comma 1-bis, fondata tanto sul dato letterale che su quello sistematico, non puo’ che essere quella secondo cui il Primo Presidente della Corte di cassazione procede alla assegnazione degli affari alle singole sezioni ex articolo 7-ter O.G. applicando il sistema tabellare vigente, che prevede espressamente, in tema di ricorso straordinario avverso sentenza emessa dalla Prima sezione, la competenza di questa Quinta sezione, alla quale il ricorso e’ stato, conformemente, assegnato.
1.2. Alla luce di quanto premesso, la questione di legittimita’ costituzionale prospettata, in subordine, dalla difesa s’appalesa inammissibile.
1.2.1. Il ricorrente ravvisa contrasto con gli articoli 111 e 117 Cost: in relazione al §. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, del Regio Decreto 30 maggio 1941, n. 12, articolo 7-bis, come sostituito dal Decreto Legislativo n. 51 del 1998, articolo 5 e modificato dalla L. n. 111 del 2007, articolo 4, nella parte in cui non prevede che il ricorso straordinario emesso avverso provvedimento adottato in seguito ad annullamento con rinvio non sia assegnato alla stessa Sezione che l’annullamento ha pronunciato.
Va, al riguardo, in primis rilevato come l’assegnazione dei procedimenti alle sezioni della Corte di cassazione sia materia disciplinata – come gia’ supra evidenziato – dall’articolo 7-ter O.G., e non gia’ dalla norma la cui illegittimita’ costituzionale il ricorrente prospetta, con conseguente inammissibilita’ della questione per come proposta.
1.2.2. In ogni caso, anche a volere interpretare la censura in riferimento all’articolo 7-ter O.G., la stessa sarebbe irrilevante.
La procedura prevista dal richiamato articolo 610, comma 1-bis, come modificato dalla L. n. 128 del 2001, e’ strutturata – come rilevato – in maniera unitaria ed e’ strettamente funzionale a realizzare le premesse per una efficace organizzazione interna della Corte di cassazione, e non gia’ a presidiare l’imparzialita’ del giudice, rimessa, invece, alle disposizioni previste nel Capo VII del Libro I del codice di rito.
Ne’, del resto, fondamento razionale alcuno avrebbe la previsione di assegnazione a Sezioni diverse da quelle gemellate, se non altro perche’ i ricorsi relativi alle ipotesi derogatorie previste dal § 60.4 ed inerenti la stessa vicenda potrebbero essere presentati per un numero di volte superiore rispetto alle sei Sezioni penali della Corte di cassazione; sicche’ anche la previsione di criteri di assegnazione diversi e derogatori non risponderebbe ad alcun fondamento di ragionevolezza.
Il tema si sposta, allora, dall’assegnazione degli affari alle Sezioni al tema dell’incompatibilita’ del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento; e, sotto tale aspetto, alcuna iniziativa e’ stata assunta dal ricorrente attraverso i rimedi previsti dalla legge (articolo 37 c.p.p.), tanto da correlarvi censure di costituzionalita’.
1.3. Mette conto, al riguardo, comunque rilevare come la Consulta abbia piu’ volte chiarito che l’istituto dell’incompatibilita’ ex articolo 34 c.p.p. si riferisce a situazioni di pregiudizio per l’imparzialita’ del giudice che si verificano all’interno del medesimo procedimento e concernono la medesima regiudicanda, e non gia’ riguardo i diversi procedimenti che possano essere generati dallo stesso fatto storico.
1.3.1. Per reiterata affermazione della giurisprudenza costituzionale, le norme sull’incompatibilita’ del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento, di cui all’articolo 34 c.p.p., risultano volte, in particolare, ad evitare che la decisione sul merito della causa possa essere o apparire condizionata dalla “forza della prevenzione” – ossia dalla naturale tendenza a confermare una decisione gia’ presa o a mantenere un atteggiamento gia’ assunto – scaturente da valutazioni cui il giudice sia stato precedentemente chiamato in ordine alla medesima res iudicanda. In questa prospettiva, l’articolo 34 c.p.p., comma 1 si occupa, in via prioritaria, delle ipotesi di incompatibilita’ conseguenti alla progressione “in verticale” del processo, determinata dalla articolazione e dalla sequenzialita’ dei diversi gradi di giudizio, ma limita tale incompatibilita’ – sia essa “ascendente” o “discendente” – al giudice che, in un grado del procedimento, abbia pronunciato concorso a pronunciare sentenza, con cio’ escludendo, a contrario, che l’incompatibilita’ si determini a fronte dell’avvenuta pronuncia di provvedimenti di altro tipo, resi nell’ambito di diversi giudizi (sulle finalita’ delle norme sull’incompatibilita’ del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento, di cui all’articolo 34 c.p.p.: sentenze n. 153 del 2012, n. 177 del 2010 e n. 224 del 2001).
1.3.2. Deve escludersi, invece, che in sede di giudizio di legittimita’ sussistano situazioni di incompatibilita’ c.d. orizzontale, atteso che “come attivita’ pregiudicante ai fini dell’incompatibilita’ di cui all’articolo 34 c.p.p. va intesa quella che implica una valutazione di merito sull’accusa, e come sede pregiudicata quella giurisdizionale diretta a decidere sul merito stesso dell’accusa o di una misura de libertate” (V. Sez. 6, n. 20685 del 13/05/2016, Pigionanti, Rv. 266943; Sez. 3, n. 24961 del 20/04/2005, Fanale).
Nelle ipotesi di decisione di ricorsi emessi in sede di rinvio in seguito ad annullamento – ed a maggior ragione nei casi previsti dal § 60.4 delle Tabelle di organizzazione della Corte di cassazione – non viene a configurarsi, pertanto, alcuna ipotesi in incompatibilita’ del giudice, fatti salvi specifici casi di astensione o ricusazione in presenza di situazioni che possano pregiudicare la terzieta’ e l’imparzialita’ del giudice, cosi’ da assicurare l’osservanza del principio costituzionale del giusto processo ex articolo 111 Cost., comma 2, secondo le cause, tassativamente previste dagli articoli 36 e 37 c.p.p., che non possono essere ampliate, ne’ applicate in via analogica.
1.4. Per completezza, va rilevato, infine, come in ordine ai criteri generali di valutazione dell’imparzialita’ del giudice, richiesta dall’articolo 6, paragrafo 1, CEDU, sussista una giurisprudenza ampiamente consolidata della Corte di Strasburgo.
1.4.1. Secondo la Corte EDU, l’imparzialita’ deve essere apprezzata secondo due criteri: il criterio soggettivo consiste nello stabilire se dalle convinzioni personali e dal comportamento di un determinato giudice si possa desumere che egli abbia una idea preconcetta rispetto a una particolare controversia sottoposta al suo esame e, sotto siffatta angolazione, l’imparzialita’ del giudice e’ presunta fino a prova contraria; il criterio oggettivo impone, invece, di valutare se, a prescindere dalla condotta del giudice, esistano fatti verificabili che possano generare dubbi, oggettivamente giustificati, sulla sua imparzialita’, sicche’ “non si deve solo fare giustizia, ma si deve anche vedere che e’ stata fatta”. In tal senso, la Corte EDU valorizza la fiducia che i tribunali in una societa’ democratica debbono ispirare nel pubblico e, nel processo penale, anzitutto nell’accusato (ex plurimis, tra le piu’ recenti, Corte EDU, sentenze 16 ottobre 2018, Daineliene contro Lituania; 31 ottobre 2017, Kamenos contro Cipro; 20 settembre 2016, Karelin contro Russia; Grande Camera, 23 aprile 2015, Morice contro Francia; 15 gennaio 2015, Dragojevie contro Croazia).
1.4.2. Nel gran parte dei casi sottoposti al suo vaglio, l’analisi della Corte Europea si e’ incentrata sul criterio oggettivo, verificato riguardo l’esercizio di differenti funzioni nell’ambito del processo da parte della stessa persona.
Al riguardo, la Corte di Strasburgo e’ costante nell’affermare che “(i)I semplice fatto che il giudice investito del processo abbia gia’ adottato delle decisioni preprocessuali sulla causa, comprese decisioni in materia di custodia cautelare, non puo’ di per se’ giustificare timori sulla sua imparzialita’; solo speciali circostanze possono giustificare una diversa conclusione (…). Cio’ che conta e’ la portata e il carattere delle misure preprocessuali disposte dal giudice” (sentenza 15 gennaio 2015, Dragojevie contro Croazia; in senso analogo, tra le molte, sentenze 22 aprile 2004, Cianetti contro Italia; 6 giugno 2000, Morel contro Francia).
In particolare, difetta l’imparzialita’ oggettiva quando la valutazione richiesta al giudice, o le espressioni concretamente utilizzate, implichino una sostanziale anticipazione di giudizio (in questo senso, tra le altre, sentenze 22 aprile 2004, Cianetti contro Italia; 25 luglio 2002, Perote Pellon contro Spagna), autorizzando a reputare che il giudice si sia gia’ formata una opinione sull’esistenza del delitto e la colpevolezza dell’imputato (sentenza 22 luglio 2008, Gomez de Liario y Botella contro Spagna) per essersi pronunciato sugli elementi costitutivi dell’illecito (sentenza 24 giugno 2010, Mancel e Branquarticolo contro Francia).
1.4.3. Non si rinviene, invece, nella giurisprudenza della Corte EDU una teorizzazione corrispondente a quella operata dalla Corte costituzionale, riguardo alla non configurabilita’ di un pregiudizio all’imparzialita’ del giudice in conseguenza di valutazioni effettuate nell’ambito della medesima fase processuale.
Nella generalita’ dei casi, peraltro, il pregiudizio all’imparzialita’ di tipo “funzionale” e’ stato collegato dalla Corte Europea a decisioni assunte in altra e precedente fase del procedimento (tipici i casi dell’adozione di provvedimenti cautelari nella fase preprocessuale o la partecipazione a precedenti gradi di giudizio), ovvero in procedimenti distinti (quali quelli contro soggetti concorrenti nel medesimo reato).
Non constano, in ogni caso, pronunce della Corte EDU che abbiano ravvisato la lesione del principio di imparzialita’ nel giudizio di legittimita’, ne’ per i casi di diversi procedimenti generati dall’attivazione di rimedi straordinari.
Il che non consente di ipotizzare – neppure alla luce della giurisprudenza della Corte Europea (che per assumere rilievo ai fini dell’accertamento della violazione dell’articolo 117 Cost., comma 1, deve risultare consolidata, nei sensi precisati dalla sentenza n. 49 del 2015 della Consulta) – che la norma convenzionale evocata dal ricorrente accordi al diritto della persona da giudicare, in rapporto alla specifica evenienza di cui qui si discute, una tutela piu’ ampia di quella prefigurata dalla norma costituzionale interna – gemellare nell’ispirazione – di cui all’articolo 111, comma 2, della Carta fondamentale.
La questione introdotta, in via preliminare, dal ricorrente e’, pertanto, inammissibile.
2. Il ricorso straordinario e’ proposto fuori dei casi previsti dalla legge.
2. 1. Alla disamina del ricorso, va premessa la verifica della legittimazione del (OMISSIS) al rimedio straordinario azionato, avuto riguardo alla natura della sentenza inficiata, secondo la prospettazione del ricorrente, da errore di fatto.
Va, al riguardo, rilevato come – decidendo su analogo ricorso gia’ proposto dal medesimo ricorrente – le Sezioni unite di questa Corte (n. 13199 del 21/07/2016 – dep. 2017, Rv. 269788) abbiano definitivamente affermato che il ricorso straordinario di cui all’articolo 625-bis c.p.p. puo’ essere proposto dal condannato anche per la correzione dell’errore di fatto contenuto nella sentenza con cui la Corte di cassazione dichiara inammissibile o rigetta il ricorso contro la decisione della Corte d’appello che, a sua volta, abbia dichiarato inammissibile ovvero rigettato la richiesta di revisione dello stesso condannato; cio’ in quanto la nozione di “condannato”, di cui al citato articolo 625-bis, ricomprende anche il soggetto titolare della facolta’ di chiedere la revisione della condanna, in quanto il rigetto o la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso contribuisce alla “stabilizzazione” del giudicato.
2.2. Va, ulteriormente, premesso come, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’errore materiale e l’errore di fatto, indicati dall’articolo 625-bis c.p.p. come motivi di possibile ricorso straordinario avverso provvedimenti della Corte di cassazione, consistono, rispettivamente, il primo nella mancata rispondenza tra la volonta’, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica; il secondo in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimita’, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo; sicche’ rimangono del tutto estranei all’area dell’errore di fatto – e sono, quindi, inemendabili – gli errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali (Sez. 5, n. 29240 del 01/06/2018, Barbato, Rv. 273193, N. 3367 del 2017 Rv. 268953, N. 47316 del 2017 Rv. 271145).
Nei termini predetti, l’errore e’ rilevante quando sia connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volonta’ e sia tale da determinare una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. 2, n. 2241 dell’11/12/2013 – dep. 2014, Pezzino, Rv. 259821; Sez. 6 n. 46065 del 17/09/2014, Marrelli, Rv. 260819). Qualora, invece, la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una rappresentazione percettiva errata e la decisione censurata abbia contenuto valutativo, non e’ configurabile un errore di fatto, bensi’ di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’articolo 625-bis c.p.p. (Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 263686; Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011, Corsini, Rv. 250527; in senso analogo Sez. 5, n. 7469 del 28/11/2013 – dep. 2014, Misuraca, Rv. 259531).
In particolare, e’ stato chiarito che: 1) qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non e’ configurabile un errore di fatto, bensi’ di giudizio; 2) sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonche’ gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie; 3) l’operativita’ del ricorso straordinario non puo’ essere limitata alle decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, non risultando giustificata una simile restrizione dall’effettiva portata della norma in quanto l’errore percettivo puo’ cadere su qualsiasi dato fattuale (Sez. U. n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280, ripresa da Sez. U. n. 18651 del 2015, Rv. 263686, cit.).
2.3. Il perimetro della cognizione affidata al giudice di legittimita’ con il ricorso ex articolo 625-bis c.p.p. esclude, dunque, dal suo ambito ogni attivita’ di rivalutazione del percorso logico argomentativo fatto proprio dalla Corte di legittimita’ ed ogni processo valutativo, essendo limitato esclusivamente alla correzione di patologie della decisione riconducibili, con immediatezza, alla erronea percezione di un elemento rilevante per l’accertamento di responsabilita’.
In altri termini, nella giurisprudenza di legittimita’ e’ stata delineata la diversa nozione di errore di fatto, che e’ ravvisabile nei casi di travisamento degli atti interni al giudizio di legittimita’ e che puo’ presentarsi nelle due forme dell’omissione o dell’invenzione: la prima ipotesi si realizza quando sia omessa la considerazione di uno o piu’ motivi del ricorso per cassazione, nel senso che le doglianze riguardanti un capo o punto della decisione siano totalmente pretermesse; la seconda ipotesi consiste nell’errore di percezione in cui sia incorsa la Corte di cassazione nella lettura degli atti del giudizio di legittimita’. In entrambe le situazioni, i vizi devono avere condizionato in modo decisivo il convincimento formatosi per l’inesatta o equivocata – comprensione dell’ambito delle censure proposte col ricorso o delle risultanze processuali, in modo che ne sia derivata la pronuncia di una sentenza differente da quella che, in assenza dell’omissione o dell’errore, si sarebbe esitato.
Quale ulteriore conseguenza si ricava, in negativo, che non rientrano nel concetto di “errore di fatto” gli errori di valutazione delle emergenze probatorie; gli errori di giudizio e di applicazione di norme di legge; gli errori percettivi che hanno inciso sul processo formativo della volonta’ dei giudici di merito, che, per essersi tradotti in un travisamento del fatto, devono essere dedotti con gli strumenti impugnatori ordinari, oppure mediante la domanda di revisione (Cass. sez. 1, n. 17362 del 15/04/2009, Di Matteo, rv. 244067; Sez. U., n. 37505 del 14/07/2011, Corsini, cit., Corte Cost., sentenza n. 395 del 2000).
3. Nel quadro cosi’ delineato, gli errori segnalati con il ricorso non appartengono al novero di quelli deducibili, in quanto insussistenti e, comunque, privi del carattere della decisivita’.
3.1. Il caposaldo argomentativo – esplicitato nella esposizione introduttiva del ricorso (V. supra § 2.2. del Ritenuto in fatto) – da cui muove il ricorrente, enucleandone successive e progressive fallacie in cui sarebbe incorsa la prima Sezione di questa Corte, risiede nell’erronea attribuzione al dichiarante (OMISSIS) dei contenuti della deposizione del (OMISSIS) riguardo una “manovra evasiva” che la vittima avrebbe posto in essere per sottrarsi all’agguato; erronea attribuzione che avrebbe – nella prospettazione del ricorrente – indotto la prima Sezione ad omettere la disamina: del terzo motivo, quanto al carattere di novita’ negato alle dichiarazioni resa dal medesimo (OMISSIS) nel corso dell’incidente probatorio; del secondo motivo, nella parte in cui e’ stato depotenziato il contributo del teste (OMISSIS); nonche’ a travisare: il tema di prova introdotto mediante esame del teste (OMISSIS) (non gia’ relativamente alla prova d’alibi, bensi’ alla notorieta’ dei dettagli dell’omicidio), le dichiarazioni del (OMISSIS) (riguardo precedenti coinvolgimenti del (OMISSIS) in analoghe rapine) e gli esiti della perizia balistica (riguardo le reciproche posizioni del killer e della vittima).
3.2. Trattasi di deduzione proposta fuori dei casi previsti dalla legge e, comunque, manifestamente infondata.
3.2.1. Nel § 7 del Considerato in diritto, riferendosi ai contenuti della ricostruzione resa dal (OMISSIS) al (OMISSIS), la prima Sezione, riportando un estratto della sentenza in quella sede impugnata, ne ha trascritto il seguente stralcio “l’importanza del contributo dichiarativo del (OMISSIS) (…) discendeva non solo e non tanto dai tempi in cui i (OMISSIS) aveva riferito di aver appreso direttamente dal (OMISSIS) (…) i particolari della rapina in cui era stato ucciso il (OMISSIS), quanto dai contenuti dell’informazione ricevuta, connotata da dettagli specifici come quello che il camionista era stato ucciso perche’ aveva tentato di buttare fuori strada i rapinatori (…), ritenuti conoscibili solo dall’autore del reato, nonche’ dall’atteggiamento apertamente contraddittorio, e non altrimenti spiegabile, tenuto in seguito dal (OMISSIS) e consistito, secondo la descrizione del (OMISSIS), nel negare invece qualsiasi sua conoscenza della vicenda delittuosa”, dal quale si ricava l’attribuzione del dettaglio relativo alla manovra della vittima alla prima conversazione intercorsa tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS); conversazione eletta a riscontro della chiamata in reita’ resa de relato dall’ (OMISSIS).
Sennonche’ da un lato l’errore-caposaldo segnalato, invero meramente recettizio, trova gia’ emenda nel corpus stesso della sentenza n. 30010/2020 della Prima sezione che, in alcun punto dell’iter argomentativo, assegna al dettaglio portata decisiva sul thema devolutogli; dall’altro, la stessa formulazione della censura finisce per palesare una contestazione del complessivo giudizio valutativo formulato dalla Prima sezione, senza riuscire ad evidenziare, con immediatezza ed attingendo un unico profilo della complessiva decisione, in che termini la denunciata aberratio, asseritamente indotta dalla falsa attribuzione del dictum ai dichiaranti, abbia irreversibilmente condizionato l’esito decisorio del giudizio di legittimita’.
La sentenza impugnata ha, invero, essenzialmente depotenziato le censure inerenti il grado di specificazione dei dettagli che hanno diversamente connotato le due dichiarazioni, in rapporto di fonte principale (quella dell’ (OMISSIS)) e riscontro (quella del (OMISSIS)), valorizzandone, invece, la sostanziale convergenza e la contestualita’. Il nucleo essenziale della statuizione di rigetto e’, dunque, costituito dalla ritenuta inefficienza demolitoria delle censure del ricorrente rivolte alla declaratoria di inammissibilita’ dell’istanza di revisione; e, nella sentenza di legittimita’ impugnata, la coerenza della ricostruzione operata dai giudici del merito sul punto e’ stata correlata ad una pluralita’ di indicatori, puntualmente disaminati (f. 14), e rispetto ai quali la trascrizione di stralcio di altra decisione non dispiega immediata portata decipiente dell’intero costrutto, finendo la deduzione non gia’ con il segnalare un errore di percezione decisivo e determinante, bensi’ l’erronea valutazione che del novum e’ stata resa, in tal guisa ponendo la doglianza nell’alveo dell’inammissibilita’.
La prospettazione difensiva, secondo cui dall’erronea imputazione del dettaglio relativo alla “manovra evasiva” – profilo non ignorato nel complessivo impianto della sentenza di legittimita’ ed isolatamente enfatizzato nell’odierno ricorso – sarebbe derivata la preterizione di specifiche censure ed il travisamento di interi temi di prova non introduce, con la necessaria evidenza, il rilievo che siffatta informazione dispiegherebbe sul carattere di novita’ della prova, finendo con il richiedere a questa Corte una (ri)valutazione degli originari motivo di ricorso rispetto alla motivazione della sentenza di merito.
Sicche’ l’errore e’ privo del carattere della decisivita’, in quanto, anche il corretto riferimento del dettaglio non avrebbe comunque determinato un diverso epilogo decisorio, difettando, in entrambi i casi, l’evidenza di un’aberrante attribuzione di un fatto ritenuto, sostanzialmente, non decisivo.
3.2.2. Sotto altro profilo, gli errori- conseguenza – enunciati con dovizia di argomentazioni nel ricorso – assumono prevalente contenuto valutativo e non percettivo.
La presunta fuorviata rappresentazione, posta a fondamento della decisione contenuta nella sentenza n. 30010 del 2020 della Corte di cassazione, si e’ formata sulla base di una complessiva valutazione delle prove, costituite dalle dichiarazioni del (OMISSIS), dell’ (OMISSIS) e del (OMISSIS), oltre che di ulteriori fonti introdotte nel giudizio di revisione; anche a voler riconoscere la fondatezza sia della ricostruzione temporale delle dichiarazioni che il (OMISSIS) avrebbe reso all’ (OMISSIS), sia della attribuibilita’ di taluni dettagli a quest’ultimo e non al (OMISSIS), deve escludersi che possa trattarsi di errore percettivo, in quanto la motivazione dei giudici si e’ formata attraverso una implicazione valutativa delle prove dichiarative riguardanti i fatti sui quali erano chiamati a decidere, come tale assorbente dei singoli rilievi di cui si deduce, invece, la preterizione.
3.2.3. La prospettazione degli errori contenuta nel ricorso finisce, per altro verso (punti da 3 a 7 riportati al § 2.3. del Ritenuto in fatto), per denunciare, in tal guisa, un vero e proprio vizio di travisamento della prova, e dunque un vizio di motivazione che s’appalesa del tutto eccentrico rispetto al perimetro della cognizione devoluta a questa Corte ex articolo 625-bis c.p.p.. E che non ci si trovi al cospetto di dispercezioni e’, vieppiu’, dimostrato dal fatto che la stessa ricostruzione dei fatti offerta dalla difesa implica un accesso ed una valutazione diretta delle prove dichiarative e della resistenza del corredo dimostrativo vagliato nelle diverse fasi processuali in cui si e’ articolato il giudizio di revisione.
Ne viene che le censure, facendo riferimento alla latitudine dell’accertamento svolto nella diversa sede processuale e censurando, ancora una volta, non un errore percettivo della Corte di legittimita’, bensi’ il medesimo fondamento decisionale, la cui correttezza non e’ suscettibile di sindacato nell’ambito del presente giudizio, introducono inammissibilmente un vizio non deducibile in questa sede.
4. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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