Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 9 aprile 2018, n. 15757.
La produzione di una immagine pornografica virtuale, condotta punita dall’articolo 600-quater 1 c.p. e’ integrata dalla realizzazione, con tecniche di elaborazione grafica, tra cui vi e’ il c.d. fotomontaggio digitale mediante Photoshop, di immagini in cui il minore reale, o parti di esso riconoscibili, e’ coinvolto nel compimento di attivita’ sessuali.
Sentenza 9 aprile 2018, n. 15757
Data udienza 24 novembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. RAMACCI Luca – Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/10/2016 della Corte d’appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Molino Pietro, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17 ottobre 2016, la Corte d’appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Lecce che aveva condannato (OMISSIS), all’esito del giudizio abbreviato, alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, perche’ ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 81 c.p., comma 2 e articoli 600-ter e 600-quater c.p., perche’ produceva materiale pornografico virtuale utilizzando immagini di minori degli anni 18, attraverso il programma Photoshop, utilizzando i volti delle minori (OMISSIS) e (OMISSIS), di cui due immagini della minore (OMISSIS) venivano inviati tramite Facebook alla minore stessa, ha unicamente eliminato la confisca disposta degli apparecchi fotografici e videocamere digitali, confermando nel resto la sentenza impugnata.
1.1. Alla conferma della sentenza di primo grado, il giudice d’appello e’ pervenuto condividendo la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove del Giudice dell’udienza preliminare. Secondo quanto accertato dalle conformi sentenze di primo e secondo grado, l’imputato (OMISSIS), fotografo in (OMISSIS), aveva prodotto, attraverso il software Photoshop, materiale pornografico, mediante fotomontaggio e cioe’ utilizzando il viso di due minori ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) innestati in corpi di donne adulte protagoniste di rapporti sessuali con uomini adulti, e aveva inviato due immagini della (OMISSIS) alla minore stessa tramite il social network Fakebook.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto, per ragioni diverse, l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 c.p.p., comma 1:
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge in relazione all’articolo 600 ter e 600 quater 1 c.p. per erronea applicazione della legge penale.
Argomenta il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe errato nell’applicazione della legge penale in relazione alla qualificazione del materiale fotografico come pornografia minorile e cio’ in quanto l’imputato aveva realizzato fotomontaggi che rappresentavano il corpo di persone adulte con il volto delle minori; le immagini cosi’ prodotte non avrebbero fatto apparire come vere situazione non reali. In conclusione, la circostanza che non era stato sfruttato il corpo del minore, ma solo il suo volto, posto sul corpo di persone adulte, non consentirebbe di ritenere integrata la fattispecie di pornografia minorile che consiste in “qualsiasi rappresentazione di fanciulli indipendentemente dal mezzo utilizzato, coinvolti in attivita’ sessuali esplicite, reali o simulate, e qualsiasi rappresentazione di organi sessuali di fanciulli a scopo sessuale”.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al concreto pericolo di diffusione. La motivazione del pericolo di diffusione sarebbe illogica e contraddittoria e fondata sul mero dato che due immagini della minore (OMISSIS) erano stati inviate alla stessa mediante utilizzo del social network Facebook, mezzo che non implica automaticamente la diffusione o il pericolo di diffusione, essendo visibile la chat univocamente alla destinataria. Il fatto che la minore avrebbe poi inviato le due immagini a terzi non potrebbe essere addebitato all’imputato.
2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli articoli 133 e 62-bis c.p.. La Corte d’appello avrebbe ritenuto di non rivisitare il trattamento sanzionatorio in ragione della gravita’ dei fatti e non avrebbe accordato nessuna valenza alla circostanza che l’imputato era stato sollecitato dalle minori; quanto al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non avrebbe considerato l’incensuratezza e l’occasionalita’ della condotta.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto l’inammissibilita’ del ricorso dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso dell’imputato e’ infondato e va, pertanto, rigettato.
2. Va anzitutto premesso che l’articolo 600-quater 1 c.p. e’ stato introdotto nel codice penale con la L. 6 febbraio 2006, n. 38, articolo 4, recante disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo internet, in attuazione di quanto previsto dalla decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio dell’Unione Europea del 22 dicembre 2003, e punisce le condotte di produzione di materiale pedopornografico, ex articolo 600-ter c.p. e la detenzione dello stesso materiale ex articolo 600 quater, quando il materiale pornografico “rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni 18 o parti di esse”, specificando che “per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualita’ di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali”.
Nessun dubbio, neppure contestato dalla difesa del ricorrente, sulla configurabilita’ della condotta di produzione di immagini virtuali mediante la tecnica del fotomontaggio, con utilizzo del programma Photoshop, come avvenuto nel caso in esame, il nodo interpretativo attiene alla definizione di “immagine pornografica virtuale”.
In relazione alla nozione di pornografia, in passato questa Corte di legittimita’ aveva evidenziato l’inesistenza di una definizione normativa (Sez. 3, n. 5874 del 09/01/2013, L., Rv. 254420) avendo lasciato, il legislatore, all’interprete di valutare, di volta in volta, il carattere pornografico del materiale. Solo con la sentenza n. 10981 del 4.3.2010 (Sez. 3 n. 10981 del 04/03/2010, K., Rv 246351) questa Corte ha indicato, con precisione, i criteri di individuazione del “materiale pornografico minorile”, ritenendo che il delitto di pornografia minorile sia configurabile esclusivamente quando il materiale medesimo ritragga o rappresenti visivamente un minore degli anni diciotto implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, quale puo’ essere anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della regione pubica, nozione ben piu’ specifica del concetto di osceno.
Tale nozione derivava dal contenuto del Protocollo Opzionale alla Convenzione sui diritti dell’infanzia, sulla vendita dei bambini, la prostituzione e la pornografia rappresentante bambini, stipulato a New York il 06/09/2000 e ratificato dall’Italia con la L. 11 marzo 2002, n. 46, secondo cui per pornografia minorile si intende “qualsiasi rappresentazione, con qualsiasi mezzo, di un bambino dedito ad attivita’ sessuali esplicite, concrete o simulate, o qualsiasi rappresentazione degli organi sessuali a fini soprattutto sessuali”.
Sulla stessa linea era la definizione contenuta nella Decisione quadro del Consiglio Europeo n. 2004/68/GAI del 22.12.2003, relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile, secondo la quale si intendeva per “bambino” una persona d’eta’ inferiore ai diciotto anni, e per “pornografia infantile” un materiale che ritrae o rappresenta visivamente: 1) “un bambino reale implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, fra cui l’esibizione lasciva dei genitali o dell’area pubica”; 2) “una persona reale che sembra essere un bambino, implicata o coinvolta nella suddetta condotta”; “immagini realistiche di un bambino inesistente implicato o coinvolto nella suddetta condotta” (articolo 1).
Entrambe le definizioni quindi sottolineavano due elementi essenziali della pornografia ovvero quello della rappresentazione di una figura umana e quello dell’atteggiamento sessuale della figura rappresentata.
In questo quadro normativo e giurisprudenziale e’, di recente, intervenuta la L. 1 ottobre 2012, n. 172 di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007 e di adeguamento delle norme interne. Tale legge con l’articolo 4, comma 1, lettera h) ha modificato il testo dell’articolo 600-ter c.p. e, per quel che interessa in questa sede, ha inserito all’u.c. una definizione precisa di pornografia minorile secondo cui “si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo di un minore degli anni diciotto coinvolto in attivita’ sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore degli anni diciotto per scopi sessuali”.
Tale norma che per la prima volta ha introdotto, nella legislazione italiana, una nozione legale di pornografia minorile (norma che non potrebbe trovare applicazione, ai sensi dell’articolo 2 c.p., comma 4, essendo stato il fatto commesso dal (OMISSIS), e quindi prima dell’entrata in vigore della L. n. 172 del 2012), si pone in linea con la nozione di pornografia minorile gia’ elaborata dalla giurisprudenza di Questa corte, come sopra ricordata, intendendosi cioe’ per materiale pedopornografico quello che ritrae minori degli anni diciotto nel compimento di attivita’ sessuali, nozione che deve costituire il parametro di riferimento per il caso concreto.
Per completezza, deve ricordarsi che, per quanto qui di rilievo in connessione con il primo motivo di ricorso, anche prima dell’introduzione dell’articolo 600-quater 1, si era ritenuto che rientrasse nell’ambito applicativo dell’articolo 600-ter l’immagine di un minore realizzata mediante fotomontaggio, quando la fotografia di un minore reale coinvolto nel compimento di atti sessuali fosse stato sovrapposto il volto di un adulto essendovi anche in questo caso lo sfruttamento del minore con potenziale pericolo per il suo sano sviluppo psicofisico.
L’introduzione del reato di pornografia virtuale di cui all’articolo 600-quater 1 c.p. va certamente a colpire la produzione dell’immagine virtuale realizzata utilizzando le immagini di minori reali, o parti di essi, coinvolti in attivita’ sessuali, secondo un’opzione interpretativa della norma secondo cui l’immagine virtuale e’ quella realizzata mediante l’uso di minori reali o di parti riconoscibili degli stessi comunque coinvolti in attivita’ sessuali esplicite. Da’ atto il Collegio che tale opzione ermeneutica e’ stata rivisitata da una recente pronuncia questa Corte che, superando tale restrittiva interpretazione, ha ritenuto immagine pornografica virtuale quella realizzata mediante fumetti riproducenti situazione reali di coinvolgimento di minori in attivita’ sessuali, e dunque non di soggetti reali (Sez. 3 n. 22265 del 2017). Peraltro, nel caso in scrutinio, la realizzazione di una “immagine pornografica virtuale”, e’ avvenuta mediante fotomontaggio con creazione di un’immagini comprendente l’uso del volto del minore reale, parte riconoscibile dello stesso, con giustapposizione su un corpo di adulto intento a pratiche sessuali, condotta che certamente rientra nella condotta punita dalla norma in questione.
La tesi difensiva secondo cui la realizzazione di immagini, mediante uso del solo volto del minore, non avrebbero fatto apparire come vere situazione non reali, non e’ per nulla condivisibile ed e’ contraria alla ratio legis laddove pretende di restringere la condotta di pornografia minorile ai casi in cui sarebbe coinvolto il solo corpo del minore in atti sessuali. E’ indifferente per la realizzazione dell’immagine pornografica virtuale, e la configurabilita’ del reato, l’uso del corpo o del volto, cio’ che rileva e’ il coinvolgimento del minore e, anche di una sua parte riconoscibile, come il volto, e il suo sfruttamento con potenziale pericolo per il suo sviluppo psico-fisico.
La produzione di una immagine pornografica virtuale, condotta punita dall’articolo 600-quater 1 c.p. e’ integrata dalla realizzazione, con tecniche di elaborazione grafica, tra cui vi e’ il c.d. fotomontaggio digitale mediante Photoshop, di immagini in cui il minore reale, o parti di esso riconoscibili, e’ coinvolto nel compimento di attivita’ sessuali.
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