La procedura speciale sul silenzio

Consiglio di Stato, Sentenza|26 luglio 2021| n. 5541.

La procedura speciale sul silenzio riguarda, dal lato attivo della posizione in capo all’Amministrazione, l’esistenza di una potestà pubblica intesa come esercizio di poteri sollecitati in funzione del perseguimento di interessi pubblici da comporre mediante l’adozione di un determinato provvedimento amministrativo autoritativo; dall’altro lato (altrettanto attivo, del privato), l’esistenza di una posizione soggettiva di interesse legittimo, la cui consistenza si atteggia in termini, non già di obbligo o pretesa ad ottenere una prestazione, bensì di una situazione giuridica di vantaggio in ordine ad un bene della vita oggetto di un provvedimento amministrativo, a tutela della quale l’ordinamento riconosce l’attribuzione di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione dell’interesse al bene.

Sentenza|26 luglio 2021| n. 5541. La procedura speciale sul silenzio

Data udienza 8 giugno 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Edilizia residenziale pubblica – Alloggi – Procedura di affrancazione dei vincoli del prezzo massimo di cessione – Alloggi – Art. 35, L. n. 865/1971 – Istanza di rimborso – Silenzio inadempimento

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10241 del 2020, proposto dalla signora Ro. Si. Al. Ri. Sp., rappresentata e difesa dall’avvocato An. Ab., con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Cristina Montanaro, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione seconda, n. 10571 del 16 ottobre 2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 del 28 ottobre 2020 convertito in l. n. 176 del 18 dicembre 2020, il consigliere Emanuela Loria;
Nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

La procedura speciale sul silenzio

FATTO e DIRITTO

Il giudizio che giunge all’esame del Consiglio di Stato riguarda il prospettato silenzio inadempimento serbato da Roma Capitale sull’istanza di rimborso formulata dalla signora Ro. Si. Al. Ri. Sp. in data 6 giugno 2019 a seguito di procedura di affrancazione dei vincoli del prezzo massimo di cessione gravante su alloggi realizzati in aree destinate all’Edilizia residenziale pubblica ex art. 35 della legge n. 865 del 1971.
Con il ricorso di primo grado, l’odierna appellante ha lamentato che vi sarebbe stata l’inerzia dell’Ente civico sulle istanze di rimborso e ha chiesto, di conseguenza, l’accertamento dell’obbligo di Roma Capitale a provvedere sulle istanze medesime con atto espresso motivato; in ogni caso, ella ha proposto domanda di condanna dell’Amministrazione al pagamento delle somme ritenute versate in eccesso.
L’istanza di rimborso originava dalla circostanza che Roma Capitale, dopo avere percepito il canone di affrancazione per l’importo di euro 22.719,39 per la rimozione del vincolo del prezzo massimo di cessione, con deliberazione dell’Assemblea capitolina n. 116 del 23 ottobre 2018, modificava i criteri di calcolo del corrispettivo di trasformazione di diritto di superficie in diritto di proprietà, e del canone di affrancazione dal prezzo massimo di cessione, per gli alloggi realizzati in regime convenzionale della legge n. 865 del 22 ottobre 1971.
Con nota datata 8 marzo 2019, prot. 41403, l’Amministrazione rideterminava in euro 8.901,50 il canone di affrancazione dell’immobile.
A fronte dell’inerzia dell’Amministrazione, la proprietaria notificava agli Uffici di Roma Capitale un atto di diffida (in data 6 giugno 2019) a “voler procedere nella definizione del procedimento volto a definire il predetto rimborso, pari ad Euro 13.817,89 senza ottenere riscontro alcuno”.
Da qui, il ricorso avverso il silenzio di Roma Capitale serbato sull’istanza di definizione del procedimento di rimborso.

 

La procedura speciale sul silenzio

 

Il T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, con sentenza n. 10571 del 7 ottobre 2020, dichiarava inammissibile il ricorso, in quanto “la pretesa sostanziale cui si riferisce la dedotta inerzia amministrativa rientra nella giurisdizione del giudice ordinario”.
La signora Spallone ha appellato la sentenza, deducendo i seguenti motivi di gravame.
1.Error in iudicando – violazione falsa applicazione degli artt. 31 e 117 c.p.a. – violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 1 e 2 della legge 241/90 – violazione e falsa applicazione dell’art. 31 comma 49-bis, L. n. 448/1998 – motivazione erronea e perplessa – travisamento dei fatti.
2.Error in iudicando – violazione falsa applicazione dell’art. 30 c.p.a. – violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato – violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. – motivazione erronea e perplessa – travisamento dei fatti.
Secondo la prospettazione dell’appellante, la sentenza impugnata risulterebbe errata, in quanto l’azione da lei intrapresa era volta a contestare in giudizio l’inerzia della P.A. rispetto al suo obbligo di provvedere con provvedimento espresso sull’istanza formulata dalla stessa in data 6 giugno 2019.
Nel giudizio di primo grado sarebbe stata contestata l’illegittimità dell’iter amministrativo espletato da Roma Capitale, laddove l’Ente non avrebbe concluso il procedimento di rimborso. Sennonché, prosegue l’istante, la sentenza del T.A.R. per il Lazio avrebbe travisato del tutto i fatti di causa e, in erronea applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a., ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione sul presupposto che il “rapporto sostanziale sotteso alla pretesa concerne un rapporto di natura squisitamente privatistica, trattandosi di rimborso di somme oggetto di un espresso riconoscimento”.

 

La procedura speciale sul silenzio

 

La sentenza sarebbe, altresì, erronea per mancata pronuncia sull’istanza con la quale la ricorrente aveva chiesto, ex art. 30 c.p.a., la condanna di Roma Capitale a corrispondere alla signora Spallone l’importo euro 13.817,89, a titolo di differenza tra quanto corrisposto in data 20 settembre 2018 (euro 22.7179,39) e quanto in realtà sarebbe stato dovuto (euro 8.901,50), a titolo di canoni affrancazione per l’immobile di via (omissis).
Si è costituita in giudizio Roma Capitale.
Le parti hanno depositato memorie conclusive e l’appellante anche di replica.
Alla camera di consiglio del giorno 8 giugno 2021, la causa è stata trattenuta per la decisione.
L’appello è infondato.
La procedura speciale sul silenzio riguarda, dal lato attivo della posizione in capo all’Amministrazione, l’esistenza di una potestà pubblica intesa come esercizio di poteri sollecitati in funzione del perseguimento di interessi pubblici da comporre mediante l’adozione di un determinato provvedimento amministrativo autoritativo; dall’altro lato (altrettanto attivo, del privato), l’esistenza di una posizione soggettiva di interesse legittimo, la cui consistenza si atteggia in termini, non già di obbligo o pretesa ad ottenere una prestazione, bensì di una situazione giuridica di vantaggio in ordine ad un bene della vita oggetto di un provvedimento amministrativo, a tutela della quale l’ordinamento riconosce l’attribuzione di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione dell’interesse al bene.
Così ricostruito il perimetro di applicazione del paradigma normativo riferito alla procedura sul silenzio inadempimento (artt. 31 e 117 c.p.a.), correttamente il giudice di primo grado, con la gravata sentenza, ha rilevato che con la suddetta “procedura sono tutelabili unicamente le pretese che rientrano nell’ambito della giurisdizione amministrativa e che sono giustiziabili, nel senso che sia ravvisabile un dovere della P.A. di provvedere (cfr. Cons Stato, IV, 7.6.2017, n. 2751)”.

 

La procedura speciale sul silenzio

 

Corollario di tale premessa è l’affermazione del principio, pacifico nella giurisprudenza del giudice amministrativo, per cui la consistenza della posizione soggettiva sottostante alla istanza inevasa, la formazione del silenzio confermata sul piano processuale dal rito speciale di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a. (in passato, art. 21 bis, legge n. 1034 del 1971 ss.mm.ii.), non è compatibile con le controversie che solo apparentemente abbiano per oggetto una situazione di inerzia dell’organo pubblico a provvedere, come nei casi in cui l’accertamento verta su pretese patrimoniali costitutive di diritti di credito. In tali ipotesi, infatti, non è necessaria l’intermediazione di atti di iniziativa del privato al fine di costituire il presupposto per dare accesso al sindacato sulla condotta omissiva, potendo l’interessato in via immediata proporre l’azione di accertamento del diritto a contenuto economico ritenuto insoddisfatto (sentenza Cons. Stato, Sez. VI, 18 giugno 2008, n. 3007).
Ed è ciò che esattamente si è verificato nella fattispecie, in cui l’appellante ha azionato dinanzi al giudice del “silenzio” posizioni giuridiche che – se effettivamente sussistenti – hanno natura di diritto soggettivo patrimoniale (id est, diritto di credito al conguaglio), per la cui tutela s’appalesa inconferente, in difetto dei relativi presupposti, l’azione intrapresa.
Difetta, in altri termini, un precipuo obbligo giuridico di provvedere, ovvero di adottare un atto autoritativo espressione di potestà pubblica.
Sotto questo profilo, si rivelano inconferenti le argomentazioni dell’appellante in punto di qualificazione degli atti posti in essere dall’Amministrazione in termini di convenzione urbanistica, contratto ad oggetto pubblico, di accordo procedimentale o provvedimentale ex art. 11 della L. n. 241 del 1990, come altrettanto lo sono eventuali riferimento alla materia urbanistica e in specie ai contratti ad oggetto pubblico, ciò per recuperare eventualmente la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativa o l’applicazione dei principi del codice civile.
Ciò che conta, nel giudizio avverso il silenzio, è la posizione soggettiva posseduta e azionata dall’appellante che assume, nella peculiare fattispecie (silenzio serbato a fronte della richiesta di restituzione dell’importo in eccedenza versato per l’affrancazione), consistenza di diritto soggettivo, risolvendosi la relativa azione, al di là della qualificazione attribuitagli dall’istante, in una azione di accertamento vertente su pretese patrimoniali costitutive di diritti di credito e non di sindacato sull’omesso esercizio della funzione amministrativa.

 

La procedura speciale sul silenzio

 

E invero, la funzione amministrativa, a fronte della quale sono ravvisabili posizioni di interesse legittimo tutelabili se del caso mediante la procedura sul silenzio, si è esaurita a un livello più alto e generale di esercizio nel momento in cui l’Amministrazione ha esercitato la facoltà di scelta in ordine alla opportunità di convenire sulla affrancazione del canone di alloggio e di rideterminarsi in punto di valutazione dell’affrancazione medesima.
Le successive contestazioni, sorte a valle del procedimento su istanze di rimborso, ineriscono la fase esecutiva del rapporto e concernono vicende che sfuggono ontologicamente all’esercizio della “funzione” per impingere in pretese patrimoniali aventi natura di diritto di credito, a fronte delle quali la posizione azionata in astratto assume consistenza di diritto soggettivo e di obbligo.
Acclarata l’inammissibilità del ricorso proposto avverso l’asserito silenzio-inadempimento dell’amministrazione, il Collegio osserva, altresì, che la pronuncia appellata correttamente ha rilevato l’inammissibilità (ulteriore) del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario.
Il rapporto tra Roma Capitale e la parte appellante non si basa, infatti, su un accordo disciplinato dall’art. 11 della legge n. 241 del 1990, bensì trae origine da una concessione di beni pubblici, e gli accordi ex art. 11 cit., per ragioni ontologiche e normative, non coincidono con le concessioni; trova applicazione, pertanto, nella fattispecie il disposto di cui all’art. 133, comma 1, lett. b), del c.p.a.
Neppure la controversia riguarda in sé la spettanza degli oneri di urbanizzazione attinenti al rilascio di titoli edilizi (che, sotto altro profilo, potrebbe radicare la giurisdizione amministrativa).
Piuttosto, ed è questa la qualificazione da conferire alla domanda azionata in giudizio alla stregua del petitum sostanziale, parte appellante ha agito con una domanda di ripetizione dell’indebito, a tutela di diritti (di credito) di cui conosce naturaliter il giudice civile.
Per le ragioni che precedono, l’appello è infondato e deve essere, pertanto respinto.
Le spese del giudizio di appello, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello r.g.n. 10241/2020, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante a rifondere a Roma Capitale le spese del giudizio di appello che sono liquidate in euro 1.500,00 (millecinquecento), oltre accessori (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 28 ottobre 2020 convertito in l. n. 176 del 18 dicembre 2020, prorogato dall’art. 6 del d.l. 1 aprile 2021, n. 44 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Daniela Di Carlo – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
Giuseppe Rotondo – Consigliere
Emanuela Loria – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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