Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 30802.
La presenza di un testamento che contenga soltanto attribuzioni a titolo di legato idonee ad esaurire l’asse relitto
In tema di successione ereditaria, la presenza di un testamento che contenga soltanto attribuzioni a titolo di legato idonee ad esaurire l’asse relitto non esclude la successione legittima, la quale sussiste anche quando è priva di un positivo contenuto patrimoniale, siccome destinata ad operare sia al fine di individuare la responsabilità per i debiti ereditari e per gli obblighi gravanti sull’erede, sia al fine di decidere sulla sorte dei beni appartenenti al de cuius, ma ignorati dalle disposizioni testamentarie, ovvero sopravvenuti alla data di redazione della scheda, i quali sono destinati a devolversi secondo le regole della successione ab intestato, una volta esclusa la possibilità di individuare una diversa istituzione di erede nelle previsioni di ultima volontà.
Sentenza|| n. 30802. La presenza di un testamento che contenga soltanto attribuzioni a titolo di legato idonee ad esaurire l’asse relitto
Data udienza 28 giugno 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Successioni – Testamento – Nullità – Legato – Frutti – Rimborso – Deve ricomprendere anche gli interessi legali sulle somme a tale titolo calcolate
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22786-2017 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 423/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 13/03/2017;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. TRONCONE FULVIO, che ha chiesto accogliersi il quarto motivo del ricorso principale, con rigetto degli altri motivi del medesimo ricorso ed il rigetto del ricorso incidentale, conclusioni alle quali si riporta anche il Sostituto Procuratore Generale, Dott. MISTRI CORRADO, in prossimita’ dell’udienza;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/06/2023 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le memorie della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali.
La presenza di un testamento che contenga soltanto attribuzioni a titolo di legato idonee ad esaurire l’asse relitto
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO
1. A seguito del decesso di (OMISSIS), madre di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ed avendo la stessa disposto con testamento dei singoli beni caduti in successione in favore dei tre figli, assegnando loro determinati cespiti, il coniuge (OMISSIS) convenne in giudizio i figli dinanzi al Tribunale di Siracusa, per sentire accertare la proprieta’ dei beni, e previa declaratoria di nullita’ del testamento, procedersi alla divisione ab intestato dei beni relitti.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 240/2003, passata pacificamente tra le parti in cosa giudicata, statui’ che si era aperta la successione e che le attribuzioni testamentarie erano da considerarsi effettuate a titolo di legato.
Essendo nelle more deceduto (OMISSIS), la figlia ed unica erede, (OMISSIS), convenne in giudizio gli zii (OMISSIS) e (OMISSIS) affinche’ ex articolo 649 c.c. fossero condannati al rilascio del bene legato al proprio genitore, con ogni accessione e pertinenza e con la condanna al versamento dei frutti maturati ed al risarcimento dei danni.
Nel corso del giudizio, per quanto ancora rileva in questa sede, intervenne l’interruzione del processo, per avere il difensore di (OMISSIS) dichiarato la morte del proprio assistito. La causa venne riassunta con atto notificato collettivamente ed impersonalmente agli eredi nell’ultimo domicilio del defunto, ed il Tribunale di Siracusa con la sentenza n. 1738/2016 accoglieva la domanda attorea, condannando i convenuti al rilascio del bene in (OMISSIS), nonche’ al pagamento della somma di Euro 150.546,50, oltre interessi e rivalutazione per frutti civili non percetti e della somma di Euro 98.345,23, oltre interessi e rivalutazione, per i deterioramenti apportati al bene, e cagionati dopo l’apertura della successione.
Avverso tale sentenza hanno proposto appello gli eredi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ed appello incidentale (OMISSIS), cui ha resistito (OMISSIS).
La Corte d’Appello di Catania, con la sentenza n. 423 del 13 marzo 2017, in parziale accoglimento dell’appello principale, ha dichiarato la nullita’ della sentenza appellata e decidendo nel merito ha condannato gli eredi di (OMISSIS) al rilascio dei detti beni in favore dell’appellata, con la condanna al versamento della somma di Euro 160.000,00 a titolo di frutti percetti, rigettando le altre domande risarcitorie; ha rigettato le domande avanzate nei confronti di (OMISSIS); ha compensato per un terzo le spese fra l’attrice e gli eredi di (OMISSIS), ponendo la residua parte a carico di questi ultimi; ha condannato l’appellata al rimborso delle spese del doppio grado in favore di (OMISSIS), ponendo a carico sempre dell’appellata le spese della CTU espletata in primo grado.
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Quanto alla validita’ della notifica dell’atto di riassunzione, conseguente all’interruzione del giudizio per il decesso di (OMISSIS), la sentenza rilevava che effettivamente la notifica, in quanto compiuta con le forme dell’articolo 303 c.p.c., comma 2, dopo l’anno dal decesso della parte, era affetta da giuridica inesistenza, il che comportava che la prosecuzione del giudizio non era validamente avvenuta nei confronti degli eredi di (OMISSIS).
Cio’ implicava sicuramente la nullita’ degli atti successivamente posti in essere e della sentenza, ma non poteva accedersi alla richiesta di dichiarare l’estinzione del giudizio, in quanto ai fini della riassunzione rileva solo l’avvenuto deposito del ricorso. A fronte della inesistenza della notifica, il giudice di primo grado avrebbe dovuto assegnare un termine per la rinnovazione o per il compimento della notifica.
Tale omissione, ferma restando la nullita’ della sentenza, imponeva pero’ al giudice di appello di dover decidere la causa nel merito, essendosi al di fuori dei casi di rimessione della causa al giudice di primo grado.
Passando al merito, la Corte d’appello reputava fondata la domanda di consegna dei beni e di pagamenti dei frutti relativamente alle eredi di (OMISSIS).
Infatti, anche l’acquisto del dante causa dell’attrice era avvenuto ex lege, trattandosi di un’attribuzione avvenuta a titolo di legato a carico di (OMISSIS), che legittimava quindi la possibilita’ di richiedere la consegna del bene a chi ne avesse la disponibilita’.
Tale disponibilita’ da parte di (OMISSIS) non era sostanzialmente contestata, emergendo, infatti, elementi di prova che la confermavano, come l’ammissione del convenuto di essersi dovuto occupare dei beni comuni e, fra l’altro, anche della locazione dell’immobile oggetto di causa.
Non rilevava poi la nomina di un custode giudiziario in relazione al cespite, trattandosi di vicenda che ineriva ai rapporti tra il conduttore ed il convenuto (OMISSIS), in quanto originario locatore, e stante il rifiuto di questi di ricevere la riconsegna del bene da parte del conduttore.
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Correttamente andava, quindi, disposta la condanna delle eredi di (OMISSIS) alla riconsegna del bene alla legataria, come del pari si palesava fondata la domanda di pagamento dei frutti percetti e percipiendi, trattandosi di un danno subito dal proprietario per l’impossibilita’ di fruire della cosa, e che deve ritenersi in re ipsa, e quantificabile in base ai frutti civili che l’autore della violazione abbia tratto dalla cosa comune.
In relazione al quantum, la sentenza riteneva che fosse corretto il rinvio al canone di locazione dell’immobile, fissato in Euro 568,00, mensili cosi’ che, tenuto conto della data di apertura della successione, l’occupazione si era protratta per circa 272 mesi, essendo quindi congrua la somma di Euro 160.000,00, liquidata in moneta attuale e comprensiva di interessi e rivalutazione.
Non poteva invece essere accolta la domanda di risarcimento del danno per omessa manutenzione del bene, atteso che il convenuto, ove anche ritenuto essere in mala fede, non poteva essere obbligato ad agire anche per eseguire interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria.
Era invece meritevole di accoglimento l’appello incidentale di (OMISSIS), e cio’ in quanto la stessa era priva della detenzione ed era a sua volta una semplice legataria.
In relazione alle spese giudiziali, mentre era risultata totalmente soccombente l’attrice rispetto alla convenuta (OMISSIS), ricorrevano giusti motivi per compensare per un terzo le spese tra (OMISSIS) e gli eredi di (OMISSIS), atteso il parziale accoglimento della domanda della prima, ponendosi la residua parte a carico dei secondi, in ragione della loro prevalente soccombenza.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello propone ricorso (OMISSIS) sulla base di quattro motivi.
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso, proponendo a loro volta ricorso incidentale affidato a sette motivi.
(OMISSIS) resiste con autonomo controricorso.
La ricorrente principale e le ricorrenti incidentali hanno depositato memorie in prossimita’ dell’udienza.
2. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso principale in ragione del fatto che sarebbe stato notificato a mezzo pec in formato “.docx” e poi sottoscritto con estensione “.p7m”, in violazione delle regole tecniche impartite dal Ministero della Giustizia, e cio’ alla luce della risposta offerta da questa Corte nella sua piu’ autorevole composizione, essendosi, infatti, precisato che, in tema di processo telematico, a norma del D. Dirig. 16 aprile 2014, articolo 13 di cui al Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 34 – Ministero della Giustizia -, in conformita’ agli standard previsti dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf” (Cass. S.U. n. 10266 del 27/04/2018; Cass. n. 30927/2018).
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3. Ragioni di ordine logico impongono la previa disamina del primo motivo di ricorso incidentale con il quale si lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 303, 152, 154, 156, 161, e 112 c.p.c., nonche’ dell’articolo 125, disp. att. c.p.c.
Deducono le ricorrenti incidentali che la notifica dell’atto di riassunzione del giudizio, a seguito del decesso del loro dante causa, era avvenuta con modalita’ che ne avevano impedito la conoscenza, e cio’ in quanto era avvenuta presso l’ultimo domicilio del defunto, in maniera collettiva ed impersonale, ben oltre l’anno dalla data del decesso.
La Corte d’Appello, pur dando atto dell’inesistenza che colpiva di tale modalita’ di notifica, anziche’ dichiarare, come doveroso, l’estinzione dell’intero giudizio, ha dichiarato la nullita’ della sentenza di primo grado, in quanto emessa senza che le convenute fossero state effettivamente poste a conoscenza della prosecuzione del giudizio, ed ha deciso nel merito.
Trattasi, a detta delle parti, di soluzione del tutto erronea in quanto non terrebbe conto del fatto che, a fronte di una notifica inesistente, non e’ possibile disporre la rinnovazione della notifica e quindi si imponeva anche in grado di appello l’estinzione del giudizio. Ne’ il giudice di appello aveva provveduto, come sarebbe stato conseguenziale al suo ragionamento, la rinnovazione della notifica in appello.
Si aggiunge poi che il ricorso in riassunzione risulta essere stato redatto in maniera difforme da quanto prescritto dall’articolo 125 disp. att. c.p.c., il che imponeva anche per tale ragione di ritenere non avvenuta la riassunzione del processo interrotto, con la conseguente declaratoria di estinzione.
3.1 Il motivo e’ infondato.
La Corte d’appello ha puntualmente richiamato la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che la notifica avvenuta ex articolo 303 c.p.c., comma 2, oltre l’anno dalla morte della parte e’ affetta da giuridica inesistenza (Cass. n. 9432/1998; Cass. n. 3979/1998; Cass. n. 20872/2005), ma ha fatto altrettanto corretta applicazione della piu’ recente giurisprudenza di questa Corte che ha invece sottolineato come, ai fini dell’impedimento della causa di estinzione correlata alla mancata riassunzione del processo interrotto, rilevi essenzialmente il tempestivo deposito del ricorso, essendo poi irrilevanti ai fini auspicati dalle ricorrenti incidentali la successiva sorte della notifica del decreto di fissazione di udienza e del relativo ricorso.
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A tal fine e’ stata richiamata in maniera condivisibile Cass. n. 2174/2016, secondo cui la riassunzione del processo si perfeziona nel momento del tempestivo deposito del ricorso in cancelleria con la richiesta di fissazione dell’udienza, senza che rilevi l’eventuale inesatta identificazione della controparte nell’atto di riassunzione, il quale opera in termini oggettivi ed e’ valido, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’articolo 156 c.p.c., quando contenga gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende proseguire. Ne consegue che non incide sulla tempestivita’ della riassunzione, ai sensi dell’articolo 305 c.p.c., la successiva notifica del ricorso e dell’unito decreto, atta invece al ripristino del contraddittorio nel rispetto delle regole proprie della “vocatio in ius”, sicche’, ove essa sia viziata o inesistente, o comunque non correttamente compiuta per erronea o incerta individuazione del soggetto che deve costituirsi, il giudice e’ tenuto ad ordinarne la rinnovazione, con fissazione di nuovo termine, ma non puo’ dichiarare l’estinzione del processo (Cass. n. 21869/2013; Cass. n. 6921/2019, in relazione all’omessa notifica, cui puo’ essere giuridicamente assimilata l’ipotesi di notifica affetta da giuridica inesistenza).
Risulta, quindi, incensurabile la soluzione del giudice di appello che, riscontrata l’omessa ed incolpevole partecipazione degli eredi della parte deceduta alla prosecuzione del giudizio di primo grado, per non essere state validamente notiziate della riassunzione, ha tratto la conseguenza della nullita’ degli atti posti in essere successivamente all’interruzione, e tra questi anche della sentenza appellata, escludendo pero’ sia che potesse dichiararsi l’estinzione (impedita appunto dal tempestivo deposito del ricorso per riassunzione), sia che potesse rimettersi la causa al Tribunale, attesa la tassativita’ delle ipotesi di rimessione ex articoli 353 e 354 c.p.c.
Ne’ e’ pertinente il richiamo all’inoperativita’ della disciplina in tema di rinnovazione della notifica ex articolo 291 c.p.c. per l’ipotesi di inesistenza della notifica, atteso che tale regola deve essere temperata nella vicenda de qua, in ragione del diverso e sopra richiamato principio secondo cui, una volta avvenuto il deposito del ricorso per riassunzione, il giudice, anche in caso di omissione della notifica, prima di dichiarare l’estinzione deve assegnare un nuovo termine per la rinnovazione (ove la notifica sia affetta da nullita’), ovvero per l’esecuzione per la prima volta della notifica, conseguendo l’estinzione solo alla violazione del termine perentorio a tal fine assegnato.
Inoltre, avendo le eredi di (OMISSIS) proposto appello principale, dolendosi proprio dell’assenza della notifica dell’atto di riassunzione, ed avendo quindi mostrato di avere avuto una conoscenza postuma del processo, che avevano provveduto a riattivare in sede di impugnazione, non ha senso sostenere che il giudice di appello avrebbe dovuto disporre in appello la rinnovazione della notifica del provvedimento di riassunzione.
Infatti, le conseguenze negative per l’attrice del vizio della notifica del ricorso per riassunzione sono state tratte addivenendosi alla declaratoria di nullita’ della sentenza ex articolo 354 c.p.c., comma 3, ed avendo poi la Corte d’Appello provveduto, a contraddittorio ormai integro, a decidere nuovamente la causa nel merito.
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Appare, poi, altrettanto priva di fondamento la deduzione collegata alla pretesa violazione dell’articolo 125 disp. att. c.p.c. Questa Corte ha, infatti, chiarito che, anche ove l’interruzione consegua alla morte della parte, l’atto di riassunzione deve contenere (Cass. n. 6921/2019) gli elementi essenziali della domanda proposta, e cio’ in ragione del fatto che, anche in relazione alla previsione di cui all’articolo 303 c.p.c., il ricorso e’ valido qualora esso contenga gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende far proseguire, senza la necessita’ che siano riprodotti nel ricorso tutti gli estremi della domanda proposta (cfr., ex multis, Cass. n. 12506/2007).
Nella fattispecie, come si ricava dalla lettura del ricorso per riassunzione depositato dalla ricorrente principale in data 16 settembre 2013, lo stesso risulta riportare il numero di ruolo generale della causa ed il nominativo del giudice istruttore, e contiene anche l’indicazione delle parti presenti nel giudizio ed il puntuale riferimento all’evento interruttivo, nel mentre il richiamo alle conclusioni contenute nell’atto di citazione, con il riferimento alla provenienza da legato testamentario della proprieta’ del bene di cui si chiedeva il rilascio, consente di affermare che lo stesso ricorso soddisfi ampiamente i requisiti contenutistici posti dall’articolo 303 c.p.c., comma 2.
Peraltro, ove anche si volesse opinare nel senso della nullita’ per difetto di contenuto oggettivo, dovrebbe reputarsi che, essendo stato impedito l’effetto estintivo con il deposito, il giudice avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del ricorso, con le indicazioni ritenute necessarie, ma senza che tale omissione possa determinare l’effetto estintivo del giudizio, ormai impedito, come piu’ volte ribadito, per effetto del deposito del ricorso.
4. Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione o falsa applicazione degli articolo 649 c.c., comma 3 e articolo 661 c.c., nonche’ dell’articolo 102 c.p.c., nella parte in cui la Corte d’Appello, nel decidere nel merito la domanda avanzata dalla ricorrente, ha escluso che la condanna potesse essere pronunciata anche in danno dalla convenuta (OMISSIS).
Si assume che erroneamente e’ stato sostenuto che la detenzione del bene fosse in capo al solo (OMISSIS), trascurando altresi’ che in realta’, ove il legatario chieda la consegna del bene legato ex articolo 649 c.c., si e’ al cospetto di un’ipotesi di litisconsorzio necessario che coinvolge tutti gli eredi.
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Il motivo e’ privo di fondamento.
Giova a tal fine compiere una precisazione che risulta utile anche in vista della disamina dei successivi motivi di ricorso, che investono a vario titolo la possibilita’ per la ricorrente principale di poter rivolgersi nei confronti dei convenuti, e delle loro aventi causa, onde conseguire il rilascio del bene oggetto di legato in suo favore nonche’ il ristoro del pregiudizio derivante dal mancato godimento.
La questione nasce per effetto dell’interpretazione che la sentenza del Tribunale di Siracusa n. 240/2003 ha dato delle disposizioni testamentarie di (OMISSIS), con le quali la medesima aveva attribuito in favore dei figli la proprieta’ dei singoli beni alla stessa appartenenti.
Infatti, con tale sentenza viene riferito che le singole attribuzioni sono tutte qualificate in termini di legato, ed e’ proprio sulla scorta di tale qualificazione che e’ stata proposta la domanda oggetto di causa.
Tuttavia, pur in presenza di un testamento che contenga disposizioni di singoli beni, che siano state tutte qualificate in termini di legato, e che, a quanto risulta, abbiano esaurito l’asse relitto, non per questo puo’ negarsi in capo ai tre figli della testatrice la qualita’ di eredi.
In tal senso depone, oltre alla circostanza riferita in ricorso (cfr. pag. 2), secondo cui la sentenza de qua avrebbe contestualmente anche dichiarato aperta la successione legittima, il rilievo che, posta la necessita’ di dover sempre individuare un erede (anche ai soli fini di stabilire il soggetto che sia tenuto a dare attuazione alle disposizioni testamentarie ovvero a far fronte ai debiti ereditari), l’eventuale esaurimento dell’attivo ereditario, senza che si sia con tali disposizioni individuata anche ex certa re una istituzione di erede, implica alla luce del disposto di cui all’articolo 457 c.c. che per il resto sia destinata ad operare la successione legittima, alla quale evidentemente concorrevano i tre figli della testatrice.
Trattasi di chiamata a titolo universale che opera per le dette finalita’ e che sussiste anche ove la stessa sia priva di un positivo contenuto patrimoniale, essendo in ogni caso destinata ad operare, oltre che sul piano dell’individuazione della responsabilita’ per i debiti ereditari e per gli obblighi gravanti sull’erede (come appunto quello di cui all’articolo 649 c.c. oggetto di causa), anche in relazione all’ipotesi in cui si debba decidere la sorte dei beni appartenenti al de cuius ma ignorati dalle disposizioni testamentarie, ovvero sopravvenuti rispetto alla data di redazione della scheda, beni che, per quanto detto, sono destinati a devolversi secondo le regole della successione ab intestato, una volta esclusa la possibilita’ di individuare una diversa istituzione di erede nelle previsioni di ultima volonta’.
In tal senso si veda anche Cass. n. 15239/2017, secondo cui la successione legittima puo’ coesistere con quella testamentaria nell’ipotesi in cui il “de cuius” non abbia disposto con il testamento della totalita’ del suo patrimonio ed in particolare, nel caso di testamento che, senza recare istituzione di erede, contenga soltanto attribuzione di legati (nella specie, e’ stata confermata la sentenza impugnata che, in applicazione di detto principio ed in mancanza di formale istituzione di erede, aveva qualificato come legatario il beneficiario “mortis causa” di una specifica consistenza immobiliare, non rilevando, in senso contrario, che lo stesso fosse stato altresi’ onerato di partecipare alle spese funerarie del “de cuius” ne’, tantomeno, la mancata menzione, nel testamento, di altri soggetti o di altri beni, la cui inesistenza non era stata dimostrata; conf. Cass. n. 2968/1997).
Se quindi risulta che tutti e tre i germani (OMISSIS) fossero coeredi, in quanto chiamati ab intestato, ed avessero quindi acquisito il possesso dei beni ereditari ex articolo 460 c.c., per quanto invece rileva ai fini della titolarita’ dell’obbligazione di cui all’articolo 649 c.c., comma 3, ritiene il Collegio di dover dare continuita’ a quanto affermato in passato, e cioe’ che non ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario, e pertanto non si deve integrare il contraddittorio con la chiamata in causa di tutti i coeredi, quando si domandi la consegna di beni legati in vari testamenti nei confronti di quel coerede che sia in possesso dei beni legati e, quindi unico tenuto alla loro consegna. In tal caso, infatti, non e’ in discussione lo status di erede, poiche’ la domanda tende soltanto alla attuazione d’un obbligo giuridico – rilascio dei beni legati nel possesso di un determinato coerede (Cass. n. 914/1963).
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La regola che va ribadita e’ quindi nel senso che, pur essendo tutti gli eredi tenuti a dare attuazione all’obbligo di cui all’articolo 649 c.c., cio’ vale sempre che tutti ne abbiano la effettiva disponibilita’, che prevale rispetto al possesso di diritto che scaturisce dall’articolo 460 c.c., sicche’ ove solo uno o alcuni dei coeredi abbiano la materiale disponibilita’ del bene oggetto del legato, e’ a questi che deve essere rivolta la richiesta del legatario (nella specie a sua volta coerede), poiche’ solo questi hanno l’effettiva possibilita’ di porre il bene legato nella concreta disponibilita’ del legatario, come appunto vuole il precetto di cui all’articolo 649 c.c., comma 3.
Ne consegue che il motivo proposto si palesa infondato, avendo la sentenza impugnata fatto corretto richiamo alla circostanza che (OMISSIS) non aveva contestato di avere la disponibilita’ del bene, avendo appunto riconosciuto di essersi dovuto occupare della gestione dei beni caduti in successione, provvedendo alla locazione ed alla manutenzione.
5. Le considerazioni sopra esposte, in ordine all’individuazione delle condizioni per l’accoglimento della domanda ex articolo 649 c.c., forniscono anche la giustificazione dell’infondatezza del secondo motivo del ricorso principale con il quale la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 167, 183 e 345 c.p.c., in quanto con l’appello incidentale (OMISSIS) avrebbe chiesto accertarsi il proprio difetto di legittimazione passiva.
Trattasi, a detta della ricorrente di eccezione mai sollevata in primo grado e che quindi avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile.
Giova sul punto osservare che il riscontro che l’appellante incidentale non avesse la disponibilita’ materiale del bene e che quindi non potesse risultare in concreto destinataria della condanna richiesta dall’attrice attiene piuttosto che al rilievo del difetto di legittimazione passiva (che costituisce una condizione dell’azione e che deve ricavarsi ex se dal contenuto della domanda proposta), invece alla verifica della titolarita’ passiva del rapporto, cosi’ che alla vicenda si attagliano i principi espressi da Cass. S.U. n. 2951/2016, secondo cui la titolarita’ della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio e’ un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicche’ spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto.
Orbene, anche voler superare il rilievo dell’assoluto difetto di specificita’ del motivo nella parte in cui, omettendo di richiamare i passaggi delle difese svolte in primo grado da (OMISSIS), dai quali evincere che non fossero state sollevate contestazioni quanto alla titolarita’ passiva dell’obbligazione dedotta in giudizio (difetto di specificita’ che viene confortato anche dal fatto che la stessa controricorrente riporta in controricorso un passaggio della comparsa di risposta in primo grado che contiene proprio siffatta contestazione), va osservato che, proprio in ragione del tenore letterale dell’articolo 345 c.p.c., nella formulazione applicabile alle controversie gia’ pendenti alla data del 30 aprile 1995, risulta legittima la proposizione per la prima volta in appello anche di eccezioni in senso stretto, il che rende evidente come si palesi infondata la deduzione circa l’inammissibilita’ della contestazione svolta in grado di appello. Ma va altresi’ considerato che, avendo la Corte d’Appello dichiarato la nullita’ della sentenza di primo grado, ha deciso nel merito come se fosse a sua volta giudice di primo grado, e come tale era chiamata autonomamente a valutare la sussistenza della titolarita’ passiva delle parti convenute rispetto alla pretesa dell’attrice, senza alcun vincolo posto dalle specifiche regole dettate per la possibilita’ di devolvere le questioni gia’ esaminate in primo grado al giudice di appello.
6. Le argomentazioni sviluppate al punto 4., circa l’individuazione del soggetto chiamato a dare attuazione alla previsione di cui all’articolo 649 c.c., comma 3 consentono anche di dare risposta al secondo motivo del ricorso incidentale, che denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 99, 112 e 329 c.p.c., nonche’ dell’articolo 2909 c.c., e degli articoli 649, 662, 669 e 2697 c.c., nonche’ del terzo motivo del ricorso incidentale, che denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 99, 112, 115 e 116 c.p.c., nonche’ degli articoli 535, 1147, 1148, 1220 e 2697 c.c.
La presenza di un testamento che contenga soltanto attribuzioni a titolo di legato idonee ad esaurire l’asse relitto
Con la prima censura si lamenta che, poiche’ le attribuzioni effettuate dalla (OMISSIS) in favore dei figli erano state qualificate con sentenza passata in cosa giudicata come legati, (OMISSIS), e per esso le sue eredi non potevano essere condannate in relazione alla domanda avanzata dall’attrice ai sensi dell’articolo 649 c.c., comma 3, rivestendo il (OMISSIS) la sola qualita’, al piu’, di detentore dei beni legati al dante causa dell’attrice.
La doglianza e’ pero’ infondata, alla luce del rilievo sopra svolto per cui (OMISSIS) ha comunque rivestito la qualita’ di successore universale ab intestato della madre, e quindi di soggetto chiamato in potenza a dare esecuzione a quanto prescritto dall’articolo 649 c.c., comma 3 in ragione della effettiva disponibilita’ materiale del bene legato, per come accertato con apprezzamento di fatto nei due gradi di merito.
Ne’ puo’ invocarsi, in senso contrario all’effettiva disponibilita’ del bene, la vicenda concernente l’avvenuta nomina di un sequestratario per il bene oggetto di causa, trattandosi di vicenda che scaturisce proprio dall’attivita’ gestoria posta in essere dal defunto (OMISSIS), che aveva provveduto, come da ammissioni riferite in sentenza, a gestire anche la locazione dell’immobile, e che lo vedeva contrapposto, quale locatore, al conduttore del bene, non potendosi inferire, quindi, dalla nomina di un sequestratario per la risoluzione delle questioni insorte dal rapporto di locazione, una perdita di disponibilita’ del bene, ai fini che rilevano ex articolo 649 c.c., nei diversi rapporti con il legatario.
Il terzo motivo del ricorso incidentale, oltre a riproporre la tesi dell’impossibilita’ di attribuire al dante causa delle ricorrenti incidentali la qualita’ di possessore, per essere a sua volta solo legatario, si risolve pero’ in una contestazione all’apprezzamento delle emergenze probatorie, come effettuato in maniera conforme nei due gradi di merito, circa il fatto che (OMISSIS) si fosse effettivamente ed attivamente ingerito nell’amministrazione dei beni oggetto di legato, e fra questi anche di quello assegnato al germano (OMISSIS), provvedendo a curarne la locazione con terzi, ed assumendone quindi una signoria di fatto che giustifica la successiva condanna, oltre che al rilascio, anche al ristoro in favore del legatario dei frutti percetti e percipiendi.
Avendo poi i giudici di merito reputato che (OMISSIS) fosse effettivo possessore del bene e che la vicenda del sequestro, essendo interna ai rapporti con il conduttore, non abbia inciso sulla ricorrenza della qualita’ di obbligato ex articolo 649 c.c., comma 3, quanto alla decorrenza dell’obbligazione di versamento dei frutti deve farsi richiamo alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui, poiche’ il legatario acquista la proprieta’ del bene, ai sensi dell’articolo 649 c.c., fin dal momento dell’apertura della successione, con la medesima decorrenza sono a lui dovute, altresi’ le somme corrispondenti alla fruttificazione dell’immobile, in caso di sua ritardata od omessa consegna. (Cass. n. 25155/2010), trattandosi di regola specifica ed in parte derogatoria rispetto alla norma dettata in via generale in tema di possesso ex articolo 1148 c.c.
Peraltro, non va trascurato che la sentenza impugnata a pag. 8, tenuto conto delle concrete modalita’ con le quali il (OMISSIS) si era ingerito nella gestione del bene, ha ritenuto che la domanda relativa ai frutti ben potesse essere qualificata in termini di domanda risarcitoria (qualificazione non adeguatamente attinta con i motivi di ricorso incidentale), qualificazione che, alla luce del recente intervento delle Sezioni Unite, se effettivamente non consente di ritenere che il pregiudizio subito dal proprietario del bene per il mancato godimento, sia un danno in re ipsa, permette pero’ di poter procedere alla sua liquidazione in maniera agevolata.
In tal senso rileva quanto affermato da Cass. S.U. n. 33645/2022, per la quale, in caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subita, di cui il proprietario chiede il risarcimento, non puo’ essere provato nel suo preciso ammontare, esso e’ liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato, che appunto rappresenta il pregiudizio subito dal proprietario per effetto della mancata disponibilita’ del bene, che puo’ reputarsi sussistente, secondo un criterio di normalita’ che presiede, salvi casi specifici, nella specie nemmeno prospettati, alle ipotesi di mancato godimento del bene da parte del proprietario.
7. Va altresi’ rigettato il quarto motivo del ricorso incidentale che denuncia la violazione degli articoli 99 e 112 c.p.c. nonche’ degli articoli 752 e 1295 c.c.
La presenza di un testamento che contenga soltanto attribuzioni a titolo di legato idonee ad esaurire l’asse relitto
Assumono le ricorrenti incidentali che l’attrice aveva agito quale coerede del padre e conseguentemente, avendo fatto valere un credito ereditario, in relazione al mancato godimento del bene legato al genitore, la stessa avrebbe potuto agire chiedendo il ristoro solo per la quota corrispondente a quella vantata iure successionis sull’eredita’ paterna.
Rileva il Collegio che, sebbene effettivamente nella sentenza impugnata manchi una risposta alla deduzione de qua, all’omessa pronuncia, e trattandosi di questione di mero diritto, possa supplirsi mediante l’integrazione della motivazione della sentenza impugnata e cio’ facendo richiamo alla costante giurisprudenza di questa Corte a mente della quale i crediti del “de cuius”, a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, essendo la regola della ripartizione automatica dell’articolo 752 c.c. prevista solo per i debiti; conseguentemente, ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria puo’ agire singolarmente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessita’ di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilita’ che il convenuto debitore chieda l’intervento di questi ultimi in presenza dell’interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito (Cass. S.U. n. 24657/2007; Cass. n. 27417/2017; Cass. n. 8508/2020).
Ne deriva che legittimamente anche la singola coerede poteva agire per il recupero del credito ereditario e per il suo intero ammontare.
8. Il quinto motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 99 e 112 c.p.c. nonche’ degli articoli 662, 752, 7554 e 1295 c.c.
Si deduce che era stata sollevata la questione circa il fatto che l’obbligazione eventualmente scaturente dalla condanna al ristoro dei frutti del bene legato in favore della controparte aveva carattere ereditario, pertanto, andava ripartita secondo le quote ereditarie, dovendo una quota ricadere sia a carico dell’altra convenuta che della stessa attrice, in quanto erede di (OMISSIS), e cio’ anche alla luce di quanto previsto dall’articolo 662 c.c.
In ogni caso, l’eventuale credito attribuito alla controparte andava ripartito secondo le quote successorie tra le tre coeredi di (OMISSIS).
Il motivo e’ solo in parte fondato.
Si rivela privo di fondamento nella prima parte, quanto alla pretesa di coinvolgere nella responsabilita’ anche l’altra coerede, e cio’ sia in ragione del fatto che gia’ Cass. n. 25155/2010, al punto 13.2 della motivazione ha avuto modo condivisibilmente di chiarire che il debito de quo non ha carattere ereditario, trattandosi di obbligazione che matura per effetto di una condotta posta in essere dagli eredi in epoca successiva all’apertura della successione, e delle cui conseguenze devono rispondere iure proprio.
Ne discende che, una volta esclusa una situazione di signoria sul bene da parte dell’altra coerede, (OMISSIS), l’obbligazione relativa al rimborso dei frutti, cosi’ come quella concernente il rilascio, non possono che gravare sull’unico tra i coeredi che aveva la disponibilita’ materiale del bene, e quindi su (OMISSIS) e le sue coeredi.
E’ invece parzialmente fondato nella seconda parte, avendo la sentenza impugnata previsto la condanna delle ricorrenti incidentali per il mancato godimento del bene legato a far data dall’apertura della successione e sino alla data della decisione in appello. Emerge pero’ che, essendosi aperta la successione in data 30 luglio 1994, ed essendo deceduto il convenuto (OMISSIS) il (OMISSIS), va fatta distinzione tra il godimento avvenuto da parte del dante causa delle ricorrenti incidentali e quello proseguito dalle medesime in data successiva alla morte.
Per quest’ultimo periodo, trattandosi di condotta addebitabile alle tre coeredi, in quanto inadempienti all’obbligo azionato dall’attrice, per i frutti maturati debbono rispondere in solido ex articolo 2055 c.c., avendo tutte concorso nella causazione del pregiudizio. Viceversa, per il periodo anteriore, per il quale il responsabile dell’illecito e’ il solo (OMISSIS), trattasi di un debito ereditario, destinato a frazionarsi ex lege in proporzione delle quote ereditarie, cosi’ che dello stesso ognuna deve rispondere in relazione alla quota successoria vantata sull’eredita’ dell’originario convenuto.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione a tale doglianza, dovendo il giudice del rinvio provvedere al riparto tra le coeredi di (OMISSIS), secondo il principio di diritto per il quale, ove sia fatto valere il diritto al rimborso dei frutti per il godimento esclusivo del bene da parte di un soggetto deceduto nel corso del giudizio, ed al quale siano subentrati gli eredi, tra questi ultimi l’obbligazione si ripartisce anche all’esterno secondo le quote ereditarie reciprocamente vantate, ma esclusivamente per il pregiudizio derivante dal godimento del bene avvenuto in epoca anteriore alla morte del loro dante causa, restando invece ferma la solidarieta’ per il periodo successivo, ove gli stessi abbiano continuato a permanere nel godimento del bene.
La presenza di un testamento che contenga soltanto attribuzioni a titolo di legato idonee ad esaurire l’asse relitto
9. Ritornando ai motivi del ricorso principale, con il terzo si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 667 c.c., nonche’ dell’articolo 159 c.p.c., comma 2, e articolo 162 c.p.c., comma 1, quanto al rigetto della domanda di condanna dei convenuti anche all’esecuzione, a loro cura e spese, delle opere necessarie ad assicurare l’ordinaria e straordinaria manutenzione del bene legato.
Si deduce che a tal fine in primo grado era stata anche disposta una CTU per quantificare tali costi e che il Tribunale aveva condannato i convenuti all’importo come determinato dal CTU.
La sentenza di appello ha, invece, prescisso da tale elaborato peritale, sul presupposto della nullita’ degli atti compiuti dopo la riassunzione, avendone posto anche le spese a carico della ricorrente principale.
Si sostiene che il rigetto della domanda di rimborso di tali costi e’ in contrasto con il dettato dell’articolo 667 c.c., e che in ogni caso la Corte d’Appello, ove anche ravvisata la nullita’ della CTU, ne avrebbe dovuto disporre la rinnovazione.
Il motivo e’ privo di fondamento.
In primo luogo, si rivela non pertinente il richiamo al dettato dell’articolo 667 c.c., che nel prevedere che il bene legato debba essere consegnato al legatario nello stato in cui si trova al tempo della morte del testatore, mira ad assicurare la consegna del bene legato nella sua consistenza oggettiva, e quindi in una accezione di carattere quantitativo, non potendosi estendere la relativa obbligazione anche all’imposizione di una obbligazione volta ad assicurare la medesima consistenza qualitativa che il bene aveva alla data di apertura della successione.
Fatta salva l’ipotesi in cui il deterioramento qualitativo del bene sia ascrivibile a condotte colpevoli dell’erede, dalla norma non puo’ trarsi, come vorrebbe parte ricorrente, che sull’erede che sia nel possesso del bene incomba anche un obbligo di provvedere alla manutenzione ordinaria o straordinaria del bene.
La sentenza impugnata, ritenendo peraltro nella sostanza superfluo avvalersi della CTU, ha a monte disatteso la richiesta della ricorrente principale, sottolineando che il detentore del bene, ove anche in mala fede, non aveva alcun obbligo di agire per l’esecuzione degli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria che restavano sempre a carico del proprietario del bene (e con cio’ sottintendo che, ove anche il convenuto avesse posto in essere degli interventi di manutenzione, era legittimato a chiederne il rimborso all’attrice, pena un’indebita locupletazione, in quanto il legatario avrebbe conseguito il valore integrale dei canoni di locazione, a titolo di frutti, senza sobbarcarsi anche gli oneri economici correlati alla manutenzione dell’immobile, oneri invece fatti gravare unicamente sull’altro coerede).
Trattasi di affermazione che non viene in alcun modo attinta dal motivo in esame che, come detto, richiama in maniera impropria il dettato dell’articolo 667 c.c., che non investe le modifiche di tipo qualitativo del bene, con la conseguenza che la censura deve essere disattesa, rivelandosi in tale ottica del tutto irrilevante il profilo relativo alla mancata rinnovazione della CTU.
10. Il quarto motivo del ricorso principale denuncia la violazione o falsa applicazione degli articolo 669 c.c., comma 1, articoli 820, 821, 1224 e 1282 c.c. nonche’ articoli 113 e 114 c.p.c.
Si deduce che, pur essendo stati riconosciuti i frutti al legatario, come previsto dall’articolo 669 c.c., e cio’ avvalendosi della somma dovuta a titolo di canone di locazione equitativamente fissato, la somma cosi’ determinata andava poi incrementata di interessi e rivalutazione.
A fronte di tale domanda, la Corte d’Appello ha pero’ ritenuto di accordare la somma di Euro 160.000,00, comprensiva anche di tali accessori, avendo, quindi, provveduto in via sostanzialmente equitativa, pervenendo ad un risultato notevolmente inferiore rispetto a quello invece derivante dal calcolo della sorte capitale incrementata degli interessi legali.
Il motivo e’ fondato.
Come affermato da Cass. n. 25155/2010 citata, la condanna al rimborso dei frutti a favore del legatario deve ricomprendere anche gli interessi legali sulle somme a tale titolo calcolate, cosi’ che la soluzione cui e’ pervenuta la Corte d’Appello appare sostanzialmente elusiva di tale regola, pervenendo ad una somma forfettaria che non consente di comprendere in che modo la stessa sia stata determinata.
Avuto riguardo, quindi, alla circostanza che la somma di Euro 568,00 risulta essere corrispondente al canone mensile del bene determinato all’attualita’ all’epoca della pronuncia della sentenza impugnata, in conseguenza della cassazione della sentenza impugnata in parte qua, il giudice del rinvio dovra’ determinare l’ammontare dei frutti a far data dall’apertura della successione, tenuto conto del canone locativo dell’epoca, provvedendo quindi alla sua rivalutazione annuale, e riconoscendo sulle somme cosi’ calcolate gli interessi legali a far data dalla maturazione della singola mensilita’.
11. L’accoglimento del quarto motivo del ricorso principale e del quinto motivo del ricorso incidentale implica poi l’assorbimento del sesto motivo del ricorso incidentale che lamenta, quanto alla liquidazione delle spese di lite, la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., in ordine alla condanna delle ricorrenti al rimborso parziale delle spese di lite, e cio’ sia in ragione dell’auspicato accoglimento degli altri motivi di ricorso incidentale, sia per la necessita’ di dare applicazione al principio di causalita’.
Infatti, per effetto della cassazione, al giudice di rinvio e’ demandata anche la regolazione delle spese del presente giudizio nonche’ di quelle di rinvio e delle precedenti fasi di merito, quanto ai rapporti tra la ricorrente principale e le ricorrenti incidentali.
12. Il settimo motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 99, 112 e 329 c.p.c., in quanto la sentenza impugnata ha omesso di rispondere alla richiesta delle appellanti di confermare il capo della sentenza di primo grado che aveva disposto che fosse la cancelleria a consegnare le chiavi del bene all’attrice, essendo le stesse attualmente giacenti presso lo stesso Tribunale.
Tali conclusioni non sono state in alcun modo esaminate dal giudice di appello e pertanto si impone la cassazione della sentenza anche in parte qua.
Anche tale motivo deve essere accolto ed il giudice di rinvio provvedera’ anche in ordine a tale istanza delle ricorrenti incidentali.
13. In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento del quarto motivo del ricorso principale nonche’ del quinto e del settimo motivo del ricorso incidentale, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.
La presente sentenza, attesa la conferma delle statuizioni relative invece ai rapporti tra la ricorrente principale e la controricorrente (OMISSIS), ha invece carattere definitivo in parte qua, e deve provvedersi alla regolazione delle spese in base al principio di soccombenza, dovendo essere poste a carico della ricorrente principale, come da dispositivo che segue.
La presenza di un testamento che contenga soltanto attribuzioni a titolo di legato idonee ad esaurire l’asse relitto
P.Q.M.
La Corte accoglie nei limiti di cui in motivazione il quarto motivo del ricorso principale nonche’ il quinto ed il settimo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbito il sesto motivo del ricorso incidentale e rigetta gli altri motivi del ricorso principale ed incidentale;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio nei rapporti tra la ricorrente principale e le ricorrenti incidentali;
condanna la ricorrente principale al rimborso delle spese in favore della controricorrente (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge;
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