La presentazione di una istanza ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001

Consiglio di Stato, Sentenza|29 marzo 2022| n. 2307.

La presentazione di una istanza ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 non determina la perdita di efficacia della precedente ordinanza di demolizione, che viene solo momentaneamente “accantonata” e sospesa nei suoi effetti (quindi non portata ad esecuzione) in attesa di definizione del procedimento per sanatoria: dunque la presentazione di una istanza di sanatoria ex art. 36 cit. non determina l’improcedibilità del ricorso che abbia ad oggetto l’ordinanza di demolizione.

Sentenza|29 marzo 2022| n. 2307. La presentazione di una istanza ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001

Data udienza 10 febbraio 2022

Integrale
Tag- parola chiave: Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Presentazione istanza ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 – Effetti – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7373 del 2015, proposto da
An. Ve., rappresentato e difeso dall’avvocato Lu. Mo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Terza n. 00450/2015, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2022 il Cons. Roberta Ravasio e dato atto che nessuno è presente per la parte ricorrente;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. L’appellante è proprietario, in Comune di (omissis), in via (omissis), di un fabbricato di civile abitazione che è stato fatto oggetto di plurimi interventi eseguiti in assenza di preventivo titolo edilizio.
2. Con un primo accertamento del 10 febbraio 1995 è stata accertata la realizzazione, sul lato ovest del preesistente fabbricato, di un portico chiuso da tre lati di circa 40 mq, di un ulteriore locale di circa 16 mq., nonché la realizzazione di una vano scala esterno, di forma semicircolare.
3. Con un secondo accertamento, del 25 marzo 1996, è stata accertata la finitura interna dei locali in ampliamento precedentemente realizzati, ed inoltre la realizzazione di un nuovo locale tecnico di circa 6 mq., di un muro di confine, di un ulteriore ampliamento di 17 mq., di un locale wc, di un deposito ed di un portico.
4. Successivamente, il 3 settembre 1998, il 13 settembre 1999 e il 19 aprile 2000 venivano effettuati ulteriori accertamenti in loco, riscontrando che gli abusi edilizi precedentemente riscontrati erano stati portati a termine e rifiniti, e che inoltre erano state realizzate ulteriori nuove opere di vario tipo, alcune anche in ampliamento dei manufatti abusivi già realizzati.
5. Per cercare di sanare tali opere l’appellante ha presentato: il 21 febbraio 1995 una richiesta di condono ai sensi della L. n. 724/94, e poi una serie di richieste di sanatoria di conformità, che hanno avute, tutte, esito negativo.
6. Con ordine di demolizione n. 140 del 10 febbraio 1998 il Comune di (omissis) ha ingiunto la demolizione delle opere abusive accertate il 10 febbraio 1995 e il 25 marzo 1996. Sono poi seguite altre ordinanze di demolizione, riferite agli abusi accertati a partire dal 1998, che però sono state annullate per presunta incompetenza. Pertanto, ordinanza n. 226 del 23 aprile 2003, il Commissario ad acta del Comune di (omissis) ha rinnovato l’ordine di demolizione relativo ai manufatti abusivi di cui ai verbali di accertamento del 3 settembre 1998, il 13 settembre 1999 e il 19 aprile 2000, e contestualmente è stata richiamata e confermata anche l’ordinanza di demolizione n. 140 del 10 febbraio 1998.
7. Avverso tale ultimo provvedimento il sig. Ve. ha proposto ricorso al TAR per la Campania, che, con la sentenza del cui appello si tratta, l’ha respinto, rilevando in particolare che:
– il firmatario del provvedimento, cioè il Commissario ad acta, era stato legittimamente nominato, e dunque era competente alla adozione dell’atto;
– la sanzione demolitoria risultava essere stata emessa sulla base dell’art. 7, della L. 47/85, ancora vigente all’epoca di adozione dell’ordinanza impugnata;
– l’istruttoria espletata in corso di causa aveva permesso di accertare che l’area oggetto degli interventi abusivi risultava assoggettata a vincolo paesaggistico;
– i vari interventi si erano compendiati in opere realizzate in pendenza della domanda di condono, molte delle quali comportanti la realizzazione di nuovi volumi, che necessitavano di preventivo titolo edilizio nonché di preventiva autorizzazione paesaggistica;
– l’atto impugnato non necessitava, per la sua natura vincolata, di una specifica motivazione inerente la pubblica utilità, né necessitava la preventiva acquisizione del parere delle Commissioni C.E. e C.E.I.
– le opere oggetto dell’ordine di demolizione n. 226 del 23 aprile 2003 non state fatte oggetto di sanatoria solo con istanza del 6 ottobre 2014, da considerarsi irrilevante ai fini del giudizio anche perché, appunto, compendiatesi in opere di ampliamento realizzate in zona soggetta a vincolo paesaggistico, come tali non sanabili né condonabili;
– la perizia tecnica di parte prodotta in giudizio non ha rilevanza probatoria dirimente.
8. Con l’atto introduttivo del presente giudizio il sig. Ve. ha impugnato la dianzi riassunta decisione.
9. Il Comune di (omissis) non si è costituito in giudizio.
10. La causa è stata quindi chiamata in decisione alla pubblica udienza del 10 febbraio 2022.

DIRITTO

11. Con il primo motivi d’appello il sig. Ve. deduce error in iudicando per omessa istruttoria, in relazione al fatto che il primo giudice ha ritenuto non probante la perizia di parte del 7 ottobre 2014 ed ha fondato la decisione unicamente su quanto riferito negli accertamenti della Polizia Municipale, senza considerare che la mancata costituzione in giudizio del Comune costituisce motivo di valutazione ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a.
11.1. La censura va respinta sul rilievo che la perizia di parte del 7 ottobre 2014 non contiene un accertamento tecnico preciso, il cui contenuto contrasti con gli accertamenti della Polizia Municipale. Il tecnico di parte, infatti, non dà atto di aver effettuato particolari accertamenti e non spiega esattamente quali sarebbero le parti dei verbali della Polizia Urbana ad essere eventualmente errate e a non corrispondere alla realtà : piuttosto, dopo aver trascritto i verbali della Polizia Municipale, il tecnico di parte afferma, in modo del tutto generico, che “effettuati i necessari accertamenti è emerso che il committente ha realizzato”, opere che vengono qualificate, dal tecnico di parte, come di ordinaria e straordinaria manutenzione, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione, tuttavia senza accompagnare l’affermazione da una accurata descrizione delle opere.
11.2. Risulta, poi, dai verbali della Polizia Municipale, che l’appellante ha realizzato opere integranti, in vari casi, nuovi volumi – tecnici e non -, cosicché risulta corretta l’affermazione del primo giudice secondo cui si tratta di opere non sanabili e non condonabili: infatti, nelle zone soggette a zona di vincolo paesaggistico, il rilascio il parere paesaggistico ex post non può essere mai rilasciato per le opere integranti nuovi volumi; inoltre gli abusi edilizi che integrano ampliamento o nuova costruzione in zona paesaggistica, non sono suscettibili di condono edilizio.
11.3. Dunque, anche a voler prendere in considerazione la perizia di parte in esame, da essa non possono trarsi elementi probanti per affermare che le opere realizzate dal sig. Ve. non necessitassero di un preventivo titolo edilizio o fossero conformi alla normativa urbanistica vigente, e quindi suscettibili di sanatoria. Quanto alla mancata costituzione in giudizio del Comune di (omissis), va rilevato che l’Amministrazione non ha mai aderito, in sede stragiudiziale, alla prospettazione dell’appellante, che ha, anzi, contestato proprio con l’ordinanza di demolizione impugnata; per tale ragione la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione non può essere ritenuta equivalente all’ammissione dei fatti prospettati dall’appellante.
12. Con il secondo motivo d’appello il sig. Ve. deduce l’improcedibilità del ricorso di primo grado in ragione del deposito, il 7 ottobre 2014, di una nuova istanza di sanatoria comprensiva di tutte le opere oggetto di demolizione.
12. 1 La censura è infondata alla luce dell’orientamento della Sezione, ormai consolidato, secondo cui la presentazione di una istanza ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 non determina la perdita di efficacia della precedente ordinanza di demolizione, che viene solo momentaneamente “accantonata” e sospesa nei suoi effetti (quindi non portata ad esecuzione) in attesa di definizione del procedimento per sanatoria: dunque la presentazione di una istanza di sanatoria ex art. 36 cit. non determina l’improcedibilità del ricorso che abbia ad oggetto l’ordinanza di demolizione (ex plurimis CdS VI n. 666 del 2021; CdS VI n. 2681 del 2017; CdS n. 1393 del 2016).
13. L’appello va conclusivamente respinto.
14. Nulla per le spese in mancanza di costituzione del Comune di (omissis).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma l’appellata sentenza.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Alessandro Maggio – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere
Roberta Ravasio – Consigliere, Estensore

 

 

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