La precarietà o non di un’opera edilizia

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 14 gennaio 2020, n. 334

La massima estrapolata:

La precarietà o non di un’opera edilizia va valutata con riferimento non alle modalità costruttive, bensì alla funzione cui essa è destinata, con la conseguenza che non sono manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante.

Sentenza 14 gennaio 2020, n. 334

Data udienza 5 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10519 del 2018, proposto da
Società An. Ge. In. – G.S. s.r.l. in Liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Bi. Ma. Me., Pa. Be., con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Bi. Ma. Me. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ro. Ol., con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Al. Pl. in Roma, via (…);
ed altri;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata 16 maggio 2018, n. 273 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina, Sezione I.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Bi. Ma. Me. e Lu. Qu. in dichiarata sostituzione dell’avv. Ro. Ol..

FATTO e DIRITTO

1.? Il Comune di (omissis), con ordinanza 5 dicembre 2017, n. 33506, ha ordinato alla società An. Ge. In. s.r.l. la demolizione di un manufatto con falda in legno e copertura in guaina e un container su ruote in struttura metallica.
2.? La società ha impugnato tale ordinanza innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Latina, che, con sentenza in forma semplificata, 16 maggio 2018, n. 273, ha rigettato il ricorso.
3.? La ricorrente in primo grado ha proposto appello.
3.1.? Si è costituito in giudizio il Comune, chiedendo il rigetto dell’appello.
3.2.? La Sezione, con ordinanza 1° febbraio 2019, n. 476, ha accolto la domanda cautelare e sospeso l’efficacia della sentenza impugnata, per mantenere inalterata la situazione di fatto fino alla decisione nel merito della causa.
3.3.? La Sezione, con ordinanza 7 giugno 2019, n. 3852, ha rinviato la decisione nel merito della causa in ragione della pendenza della procedimento di accertamento della rilevanza sismica delle opere innanzi al Genio civile.
3.4.? In vista della successiva udienza pubblica, non essendosi ancora concluso il suddetto procedimento, l’appellante ha chiesto un ulteriore rinvio della trattazione della causa.
4.? La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 5 dicembre 2019.
5.? L’appello non è fondato.
6.? In via preliminare, deve rilevarsi come non meriti accoglimento l’istanza di ulteriore rinvio della causa. Il procedimento ancora pendente innanzi al Genio civile ha un oggetto diverso, costituito dalla rilevanza sismica dell’intervento, rispetto a quello in esame. Esigenze di assicurare una ragionevole durata del processo impediscono, pertanto, di concedere il secondo rinvio chiesto dall’appellante.
7.? Nella premessa della parte in diritto si contestano le modalità di redazione della sentenza in forma semplificata, rilevando, da un lato, che tale modalità non autorizzerebbe il giudice amministrativo a non descrivere il fatto, dall’altro lato, che sarebbe stato violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, avendo il primo giudice escluso la natura precaria del manufatto soltanto in ragione della stagionalità .
Il motivo, a prescindere dalla sua ammissibilità per essere inserito in una premessa senza articolazione specifica della censura, non è comunque fondato.
L’art. 74 cod. proc. amm. dispone che: i) “nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il giudice decide con sentenza in forma semplificata”; ii) “la motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme”.
Il giudice di primo grado non ha violato tale norma, in quanto sussistevano le ragioni di manifesta infondatezza del ricorso che giustificavano tale modalità di redazione. I vizi indicati nel motivo si risolvono in eventuali vizi di erroneità della sentenza che devono essere valutati alla luce degli altri motivi proposti.
8.? Con un secondo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha “accumunato il concetto di precarietà con quello di stagionalità ” mentre nel ricorso di primo grado sarebbe stato messo in rilievo che la precarietà è connessa alla destinazione delle opere al soddisfacimento di “esigenze meramente temporanee”. In particolare, “sia la baracca che il container sono utilizzati solo ed esclusivamente per il breve periodo di apertura dello stabilimento balneare non avendo la società alcun interesse al loro utilizzo per il periodo in cui si svolge l’attività turistico recettiva”. La non abusività delle opere renderebbe illegittima anche l’applicazione della sanzione pecuniaria, nella misura massima di euro 20.000,00.
Il motivo non è fondato.
L’art. 3 del d.p.r. n. 380 del 2001 prevede che occorre il permesso di costruire per effettuare, tra l’altro, interventi di nuova costruzione.
L’art. 31, comma 4-bis, dello stesso decreto dispone che l’inottemperanza all’ordine di demolizione comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro.
La giurisprudenza di questo Consiglio è costante nell’affermare che “al fine di verificare se una determinata opera abbia carattere precario, che è condizione per l’accertamento della non necessarietà del rilascio del relativo permesso di costruire, occorre verificare la destinazione funzionale e l’interesse finale al cui soddisfacimento essa è destinata; pertanto, solo le opere agevolmente rimuovibili, funzionali a soddisfare una esigenza oggettivamente temporanea, destinata a cessare dopo il tempo, normalmente non lungo, entro cui si realizza l’interesse finale, possono dirsi di carattere precario e, in quanto tali, non richiedenti il permesso di costruire”. Si è aggiunto che, infatti, “la precarietà o non di un’opera edilizia va valutata con riferimento non alle modalità costruttive, bensì alla funzione cui essa è destinata, con la conseguenza che non sono manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante” (Cons. Stato, sez. IV, 7 dicembre 2017, n. 5762, che, in applicazione del suddetto principio, ha ritenuto che i box che ospitano i servizi igienici di uno stabilimento balneare non possono considerarsi precari).
Nella fattispecie in esame risulta che opere contestate sono posizionate stabilmente sul suolo e, dunque, non possono considerarsi manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee in ragione della loro utilizzazione perdurante nel tempo. Né tale temporaneità può desumersi, come sembra ritenere l’appellante, dalle mere “intenzioni” delle parti di utilizzo temporaneo dei beni per il solo periodo in cui si svolge l’attività turistico recettiva. Ciò in quanto, si ribadisce, occorre avere riguardo al dato oggettivo di utilizzazione che è quello che definisce il carico urbanistico. Va considerato inoltre che, dando rilievo oggettivo alla stagionalità, comunque essa non coincide con la precarietà del manufatto, in quanto la precarietà implica occasionalità mentre la stagionalità plurima ricorrenza e ricorsività .
L’accertata inottemperanza all’ordine di demolizione, unitamente alla circostanza che le opere sono state realizzate in “zone di protezione speciale”, giustifica l’applicazione della sanzione pecuniaria nella misura massima.
9.? Con l’ultimo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ravvisato l’illegittimità dell’ordine di demolizione perché privo di adeguata motivazione ed istruttoria.
Il motivo non è fondato.
In relazione alla motivazione, la giurisprudenza di questo Consiglio è costante nell’affermare che l’attività di repressione degli abusi edilizi costituisce attività vincolata. Ne consegue “che l’ordinanza di demolizione ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, dove la repressione dell’abuso corrisponde per definizione all’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi illecitamente alterato, con la conseguenza che essa è già dotata di un’adeguata e sufficiente motivazione, consistente nella descrizione delle opere abusive e nella constatazione della loro abusività ” (Cons. Stato, sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 903).
In relazione all’istruttoria, dagli atti del processo risulta che all’amministrazione ha effettuato una adeguata istruttoria, avendo il personale dell’ufficio preposto alla vigilanza dell’attività edilizia svolto un apposito sopraluogo in data 18 novembre 2016, all’esito del quale è stata redatta apposita relazione.
10.? La particolare natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore
Paolo Carpentieri – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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