Corte di Cassazione, civile, Sentenza|23 aprile 2021| n. 10869.
La peculiarità del contratto in frode alla legge, regolato dall’art. 1344 cod. civ., consiste nel fatto che gli stipulanti raggiungono, attraverso gli accordi contrattuali, il medesimo risultato vietato dalla legge: con la conseguenza che, nonostante il mezzo impiegato sia lecito, è illecito il risultato che attraverso l’abuso del mezzo e la distorsione della sua funzione ordinaria si vuole in concreto realizzare; la verifica di ricorrenza della frode alla legge, che si realizza ove si manifesti una divergenza fra la causa tipica dell’atto negoziale e la determinazione causale del suo autore indirizzato alla elusione di una norma imperativa, è poi rimessa al giudice di merito, la cui valutazione è incensurabile in cassazione ove correttamente ed adeguatamente motivata (Principi enunciati in relazione alla ricorrenza della frode alla legge nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato al lavoratore adducendo le medesime ragioni di un precedente licenziamento collettivo)
Sentenza|23 aprile 2021| n. 10869
Data udienza 4 novembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Licenziamenti – Lavoratrice in congedo straordinario – Assistenza alla madre malata – Illegittimità del licenziamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere
Dott. LORITO Matilde – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27217/2018 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3156/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/07/2018 R.G.N. 992//2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’inammissibilita’ in subordine rigetto;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
Con sentenza 20 luglio 2018, la Corte d’appello di Roma rigettava il reclamo proposto da (OMISSIS) s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, che, in esito a procedimento con rito Fornero, aveva accertato l’illegittimita’, in quanto negozio in frode alla legge, del licenziamento intimato il 16 ottobre 2015 (al rientro dal congedo straordinario richiesto il 30 marzo 2015 per assistere la madre disabile) alla dipendente (OMISSIS), addetta con qualifica di quadro direttivo alla funzione Credit Structuring nell’ambito della direzione Project e Public Structuring, per giustificato motivo oggettivo.
Esso era stato, infatti, individuato nelle stesse ragioni (conseguenti alla decisione 28 dicembre 2012 della Commissione Europea ed alla necessita’ di fronteggiare la crisi finanziaria) poste alla base della procedura di licenziamento collettivo, avviata con lettera 18 dicembre 2014 per la risoluzione del rapporto di lavoro per 61 dipendenti (poi ridotti a 44 a seguito di accordo sindacale del 18 marzo 2015) e conclusa il 18 settembre 2015, sulla sola base di esodi volontari e risoluzioni concordate incentivati, senza ricorso ai criteri prescritti dalla L. n. 223 del 1991, articolo 5, da adottare in caso di insufficienza delle soluzioni concordate.
A motivo della decisione, la Corte territoriale condivideva la nullita’ per negozio in frode alla legge ritenuta dal Tribunale in sede di opposizione, per l’identita’ di ragioni a base del licenziamento collettivo e individuale della lavoratrice, non appena rientrata dal congedo straordinario, per giustificato motivo oggettivo temporalmente prossimo all’esaurimento del primo, in difetto di prova dell’esclusione dalla procedura collettiva del personale di lunga assenza (neppure la predetta essendo tale al momento di avvio, ma soltanto durante il suo corso e ancora alla sua conclusione).
Con atto notificato il 18 settembre 2018, la societa’ datrice ricorreva per cassazione con tre motivi, cui la lavoratrice resisteva con controricorso e memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 1344 c.c., L. n. 223 del 1991, articoli 4 e 24, L. n. 604 del 1966, articolo 3, articolo 41 Cost., per avere la Corte territoriale ritenuto in frode alla legge il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato alla lavoratrice per le stesse ragioni del licenziamento collettivo, senza verificare le ragioni a fondamento del licenziamento individuale ne’ alcuna norma che lo vietasse, al di fuori del requisito numerico/temporale prescritto dalla L. n. 223 del 1991, articolo 24, comma 1 (con la previsione di almeno cinque licenziamenti nell’arco temporale di centoventi giorni riconducibili allo stesso ambito di impresa), per l’intimazione del secondo (il 16 ottobre 2015) ad avvenuta chiusura della procedura collettiva (il 18 settembre 2015) e pertanto legittimo, in difetto di indici sintomatici di elusione di norme imperative.
2. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 1344 c.c., L. n. 223 del 1991, articoli 4 e 24, L. n. 604 del 1966, articolo 3, articolo 41 Cost., per avere la Corte territoriale erroneamente qualificato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato come in frode alla legge, sulla sola base della sua prossimita’ temporale alla conclusione del licenziamento collettivo, senza alcuna prova di una preordinazione ne’ di raggiri o simili condotte, con illegittima compressione della liberta’ di iniziativa economica, costituzionalmente garantita.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 1344 c.c., L. n. 223 del 1991, articoli 4 e 24, articoli 3 e 41 Cost., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato in frode alla legge, per la sottrazione dei cd. lungo-assenti, tra i quali la lavoratrice, alla procedura collettiva (in realta’ semplicemente non computati ai fini della determinazione degli esuberi), salvo poi licenziarne alcuni al rientro; pure assunto come discriminatorio nei confronti della lavoratrice medesima, non avendo altre colleghe parimenti lungo-assenti subito eguale sorte al rientro, dopo la conclusione della procedura collettiva.
4. Essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati.
5. In via preliminare, deve essere esclusa la configurabilita’ della violazione di legge denunciata, ricorrendo la deduzione di un vizio di sussunzione, ossia di erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, implicante un problema interpretativo della stessa, ne’ di falsa applicazione della legge, che consiste nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perche’ la fattispecie astratta da essa prevista non e’ idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione (Cass. 30 aprile 2018, n. 10320; Cass. 25 settembre 2019, n. 23851).
5.1. Nel caso di specie, si tratta piuttosto dell’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340), ovviamente nei limiti del novellato testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qui non ricorrente.
5.2. Posto che non e’ consentito al datore di lavoro tornare sulle scelte compiute quanto al numero, alla collocazione aziendale ed ai profili professionali dei lavoratori in esubero, ovvero ai criteri di scelta dei singoli lavoratori da estromettere, attraverso ulteriori e successivi licenziamenti individuali la cui legittimita’ e’ subordinata alla individuazione di situazioni di fatto diverse da quelle poste a base del licenziamento collettivo (Cass. 16 gennaio 2020, n. 808);
il licenziamento per giustificato motivo oggettivo disposto (nella specie, per soppressione della posizione lavorativa) per gli stessi motivi gia’ addotti a fondamento di un precedente licenziamento collettivo, a meno che non sia risultato nullo ne’ inefficace (potendo il datore di lavoro procedere ad esso, purche’ ne sussistano i requisiti, risolvendosi tale rinnovazione nel compimento di un negozio diverso dal precedente, che esula dallo schema dell’articolo 1423 c.c., che e’ norma diretta ad impedire la sanatoria di un negozio nullo con effetti ex tunc e non a comprimere la liberta’ delle parti di reiterare la manifestazione della propria autonomia negoziale: Cass. 2 novembre 2015, n. 22357), realizza uno schema fraudolento ai sensi dell’articolo 1344 c.c. (Cass. 26 settembre 2018, n. 23042).
5.3. Come noto, la peculiarita’ del contratto in frode alla legge, regolato dall’articolo 1344 c.c., consiste nel fatto che gli stipulanti raggiungono, attraverso gli accordi contrattuali, il medesimo risultato vietato dalla legge: con la conseguenza che, nonostante il mezzo impiegato sia lecito, e’ illecito il risultato che attraverso l’abuso del mezzo e la distorsione della sua funzione ordinaria si vuole in concreto realizzare (Cass. 26 gennaio 2010, n. 1523).
In particolare, e’ stato ritenuto che la scissione societaria in frode alla legge determini la nullita’ dei licenziamenti intimati per giustificato motivo oggettivo qualora vi sia un collegamento negoziale tra l’operazione societaria e i plurimi recessi datoriali, perche’ in tal modo viene elusa la normativa sui licenziamenti collettivi (Cass. 26 luglio 2018, n. 19863).
5.4. Inoltre, la verifica di ricorrenza della frode alla legge, che si realizza ove si manifesti una divergenza fra la causa tipica dell’atto negoziale e la determinazione causale del suo autore indirizzato alla elusione di una norma imperativa, e’ rimessa al giudice di merito, la cui valutazione e’ incensurabile in cassazione ove correttamente ed adeguatamente motivata (Cass. 7 febbraio 2008, n. 2874; Cass. 26 settembre 2018, n. 23042): come appunto nel caso di specie, per la valutazione della Corte territoriale, a motivo dell’identita’ delle ragioni dei due licenziamenti e della loro prossimita’ temporale (argomentata dal primo capoverso della parte motiva, a pg. 5 al penultimo capoverso di pg. 6 della sentenza).
5.5. E’ poi priva di decisivita’ la questione relativa alle posizioni dei lavoratori c.d. lungo assenti, in quanto non esclusi dal computo ai fini della determinazione degli esuberi, in assenza di una specifica indicazione nella comunicazione di avvio della procedura, ai sensi della L. n. 223 del 1991, articolo 4, comma 3 (in specifico riferimento al “numero… collocazione aziendale e… profili professionali del personale eccedente, nonche’ del personale abitualmente impiegato”), ne’ nell’accordo sindacale del 18 marzo 2015 computati e non gia’ sottratti, anzi in essa specificamente inclusi (per le argomentate ragioni esposte dal primo periodo di pg. 8 al primo di pg. 9 della sentenza); pure essendo stata esplicitamente ravvisata dalla Corte territoriale l’irrilevanza in proposito del contenuto del piano di impresa 2014/2015 in quanto atto interno alla procedura (al terz’ultimo capoverso di pg. 8 della sentenza).
5.6. Infine, la Corte capitolina non ha operato alcun accertamento in ordine alla natura discriminatoria del licenziamento della lavoratrice, in ogni caso assorbito dall’accertata natura di negozio in frode alla legge, non ricavabile dal passaggio meramente illustrativo della doglianza della lavoratrice, “tra l’altro”, della diversa sorte subita rispetto a quella di altre colleghe (all’ultimo capoverso di pg. 6 della sentenza).
6. Dalle superiori argomentazioni discende il rigetto del ricorso, con regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza e distrazione ai difensori antistatari, secondo la loro richiesta e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna la societa’ alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15 per cento e accessori di legge, con distrazione ai difensori antistatari.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply