Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 novembre 2020| n. 25021.
La nullità della testimonianza resa da persona incapace (in quanto portatrice di un interesse che avrebbe potuto legittimare il suo intervento in giudizio) deve essere eccepita subito dopo l’espletamento della prova, ai sensi dell’articolo 157, comma 2, del codice di procedura civile (salvo che il difensore della parte interessata non sia stato presente all’assunzione del mezzo istruttorio, nel qual caso la nullità può essere eccepita nell’udienza successiva), sicché, in mancanza di tempestiva eccezione, deve intendersi sanata, senza che la preventiva eccezione di incapacità a testimoniare, proposta a norma dell’articolo 246 del codice di procedura civile, possa ritenersi comprensiva dell’eccezione di nullità della testimonianza comunque ammessa ed assunta nonostante la previa opposizione. Ove poi l’eccezione di nullità della testimonianza resa dall’incapace venga respinta, la parte interessata ha l’onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi la medesima, in caso contrario, ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità stessa per acquiescenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo. Inoltre, se l’eccezione di nullità della deposizione del teste incapace, ritualmente proposta, non sia stata proprio presa in esame dal giudice davanti al quale la prova venne espletata, la stessa deve essere formulata con apposito motivo di gravame avanti il giudice di appello, ovvero, se sollevata dalla parte vittoriosa in primo grado, da questa riproposta poi nel giudizio di gravame a norma dell’articolo 346 del codice di procedura civile.
Ordinanza|9 novembre 2020| n. 25021
Data udienza 15 settembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Diritti reali – Usucapione – Valutazione delle risultanza probatorie – Preclusione in sede di legittimità – Nullità della testimonianza della persona incapace – Eccezione subito dopo l’espletamento della prova ex art. 157 comma 2 cpc – Onere di riproposizione della domanda in sede di precisazione in caso di rigetto dell’eccezione e di motivo specifico in caso di appello – Disconoscimento delle copie fotostatiche ex art. 2179 cc – Presupposti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9423/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avv.ti (OMISSIS), (OMISSIS), che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 1775/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/09/2020 dal Consigliere Dott. LUCA MARRONE.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda proposta da (OMISSIS) per accertare l’acquisto per usucapione, nei confronti di (OMISSIS), della proprieta’ del terreno censito al nuovo catasto terreni di (OMISSIS), partita n. (OMISSIS), foglio (OMISSIS), allegato 587, confinante con la strada comunale (OMISSIS).
2. Avverso la suddetta sentenza proponeva appello (OMISSIS).
3. La Corte d’Appello accoglieva il gravame e, in riforma della sentenza appellata, rigettava la domanda proposta da (OMISSIS).
La Corte d’Appello evidenziava che il Tribunale aveva ritenuto sussistente il possesso pacifico e continuativo del terreno oggetto di causa per il tempo necessario ad usucapirlo sulla base di una erronea valutazione delle risultanze testimoniali.
I testimoni di parte attrice avevano solamente confermato l’avvenuta esecuzione sul terreno in oggetto, di lavori di pulitura, aratura, mietitura e semina per un periodo indeterminato nella durata, ancorche’ decorrente dalla meta’ degli anni 80. I testimoni della parte convenuta, tra i quali (OMISSIS), fratello del convenuto, avevano riferito in termini circostanziati, per conoscenza diretta, che i lavori erano stati eseguiti dal (OMISSIS) su incarico del (OMISSIS), proprietario del terreno, ricevendone un compenso. Nello stesso senso le testimonianze di (OMISSIS) e (OMISSIS), che a loro volta erano stati incaricati dal (OMISSIS) di effettuare lavori di pulizia e di recinzione del terreno. Anche (OMISSIS) aveva reso dichiarazioni in tal senso e la rispettiva attendibilita’ delle testimonianze risultava dal tenore delle deposizioni precise e circostanziate.
La Corte d’Appello richiamava lo specifico onere probatorio gravante su colui che agisce per l’accertamento della proprieta’ di un immobile a titolo originario ed evidenziava che l’attore non aveva fornito la prova univoca e concludente della sussistenza dei requisiti necessari per l’avvenuto acquisto per usucapione, non risultando dimostrato neanche il preteso possesso esclusivo del terreno, potendosi semmai intendere la mera detenzione per conto del proprietario, in forza dell’esecuzione di mere prestazioni d’opera, nonche’ risultando indeterminata la durata temporale e non provata alcuna continuita’, a fronte della prova di comportamento del (OMISSIS) coerente con la titolarita’ del diritto di proprieta’, oltre al pagamento da parte sua degli oneri tributari e consortili.
La Corte d’Appello accoglieva anche il secondo motivo di impugnazione relativo alla declaratoria di inammissibilita’ della produzione documentale effettuata nel giudizio di primo grado a seguito della deposizione del testimone (OMISSIS), trattandosi di atti che non erano nella disponibilita’ della parte alla scadenza dei termini di cui all’articolo 184 c.p.c., per fatto alla stessa non imputabile.
Il Tribunale aveva motivato l’inammissibilita’ della produzione sul presupposto della carenza della prova dell’impedimento ad effettuarla prima della chiusura dell’istruttoria per caso fortuito, forza maggiore o fatto del terzo, trascurando l’oggettivo rilievo della circostanza che l’esistenza dei documenti era emersa soltanto in occasione delle dichiarazioni del (OMISSIS). Cio’ dimostrava la pregressa impossibilita’ di disporre dei documenti stessi, integrando la situazione del caso fortuito, tale da giustificare la remissione in termini e l’ammissione dei documenti, il cui contenuto confermava quanto dichiarato dal testimone ed evidenziava la loro rilevanza ai fini del decidere. In particolare, tali documenti attestavano i pagamenti ricevuti dal (OMISSIS) per i lavori effettuati per conto dei proprietari e risultavano da lui sottoscritti e non disconosciuti.
3. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di otto motivi di ricorso
4. (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
5. Con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza (OMISSIS) ha insistito nella richiesta di inammissibilita’ o rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, articoli 112, 115, 116 c.p.c., in relazione articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Il ricorrente lamenta l’erronea valutazione della mancanza di prova sul possesso continuativo del terreno per il tempo utile ad usucapire, come emerso dalle risultanze istruttorie, valutate superficialmente dalla Corte d’Appello senza tener conto dell’iter logico del giudice di primo grado.
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, articoli 112, 115, 116, 246 c.p.c., in relazione articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
La censura attiene alla valutazione effettuata dalla Corte d’Appello circa l’attendibilita’ dei testimoni addotti dalla parte convenuta rispetto alla opposta valutazione di irrilevanza e di scarsa credibilita’ effettuata dal Tribunale in primo grado.
La Corte d’Appello, inoltre, non avrebbe motivato in alcun modo tale valutazione di attendibilita’ e, dunque, vi sarebbe una motivazione inesistente. Peraltro, (OMISSIS) e (OMISSIS) non potevano testimoniare ex articolo 246 c.p.c., in quanto danti causa del convenuto (OMISSIS), come riconosciuto dalle parti e come risultante dall’atto di compravendita allegato dal (OMISSIS) alla sua comparsa del 1 giugno 2005. I due testi richiamati, in quanto proprietari dei terreni dal 1980 al 1991, avrebbero potuto essere chiamati dal (OMISSIS) per essere garantiti, ovvero intervenire ad adiuvandum.
3. Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, articoli 112, 115, 116 c.p.c., in relazione articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
La sentenza d’appello sarebbe contraddittoria e incomprensibile nella valutazione dei testimoni addotti dalla parte attrice. Il ricorrente riporta le dichiarazioni rese da (OMISSIS) e (OMISSIS) e ritiene che la Corte d’Appello non abbia esplicitato l’iter logico seguito per affermare la mancanza di prova del suo possesso esclusivo del terreno in favore della mera detenzione, in forza dell’esecuzione di mere prestazioni d’opera.
4. Il quarto motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, articoli 112, 115, 116 c.p.c., in relazione articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
La sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha ritenuto il comportamento del (OMISSIS) coerente con la titolarita’ del diritto di proprieta’, senza specificare in cosa il suddetto comportamento si concretizzasse, salvo indicare il pagamento degli oneri tributari e consortili.
5. Il quinto motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, articoli 112, 115, 116 c.p.c., con riferimento alla valutazione delle risultanze istruttorie in relazione articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Il ricorrente lamenta il mancato esame di fatti decisivi contenuti nelle risultanze probatorie, in particolare le contraddizioni delle testimonianze che non potevano dunque essere valutate come precise e circostanziate. In particolare, il teste (OMISSIS) aveva affermato di non essere in grado di localizzare i luoghi e anche il teste (OMISSIS). Anche il teste (OMISSIS), figlio del precedente proprietario, aveva riferito di conoscere i fatti solo in quanto riferitigli dal padre. Peraltro, la Corte d’Appello non aveva tenuto in considerazione il rapporto di parentela di (OMISSIS), fratello del convenuto, e anch’egli comproprietario formale del fondo.
6. Il sesto motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 24 Cost. e articolo 184 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Il ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello circa l’ammissibilita’ della documentazione prodotta dal (OMISSIS), dichiarata, invece, inammissibile nel giudizio di primo grado in quanto tardiva.
La motivazione della Corte d’Appello sarebbe incomprensibile ed errata. Peraltro, la documentazione si riferiva anche a periodi successivi e non era strettamente correlata alle dichiarazioni del (OMISSIS).
7. Il settimo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Il ricorrente censura l’affermazione della Corte d’Appello secondo la quale i documenti attestavano i pagamenti ricevuti dal (OMISSIS) per conto dei proprietari. Tali documenti erano illeggibili quanto alla firma e non erano riferiti esplicitamente ai terreni di cui e’ causa, in tal senso il ricorrente ne riporta il contenuto, ai fini della completezza del ricorso.
7.1 I primi sette motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono inammissibili.
I suddetti motivi, infatti, contestano complessivamente la ricostruzione di fatto compiuta dalla Corte d’Appello, la valutazione delle risultanze istruttorie, la ritenuta maggiore o minore attendibilita’ dei testi e, pertanto, sono inammissibili.
Deve anzitutto disattendersi la censura di violazione dell’articolo 112 c.p.c., che, a differenza dal vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ha ad oggetto direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa e non anche una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione (Cass. 25761/2014).
Nella specie, il ricorrente non lamenta che una sua domanda o eccezione non sia stata esaminata, ma contesta, invece, la ricostruzione effettuata dalla Corte d’Appello sulla base di una valutazione delle risultanze istruttorie che egli ritiene erronea.
Quanto alla dedotta violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., deve richiamarsi l’orientamento consolidato di Questa Corte secondo il quale: “In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli articoli 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimita’, sicche’ la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensi’ un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (Sez. 3, Sent. n. 23940 del 2017).
Il ricorrente, nella specie, non indica alcun omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ma sottopone alla Corte – nella sostanza – profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimita’, quando – come nel caso di specie – risulta che i giudici di merito hanno esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la loro decisione, sicche’ deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, figure queste – manifestazione di violazione di legge costituzionalmente rilevante sotto il profilo della esistenza della motivazione – che circoscrivono l’ambito in cui e’ consentito il sindacato di legittimita’ dopo la riforma dell’articolo 360 c.p.c., operata dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori – ai sensi del nuovo testo del n. 5 dell’articolo 360 c.p.c. – non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 e 629831).
Inoltre, deve ribadirsi che l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, nonche’ la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento ed il giudizio sull’attendibilita’ dei testi, sono attivita’ riservate al giudice del merito, in quanto involgono accertamenti di fatto, con la conseguenza che e’ insindacabile, in sede di legittimita’, la valenza probatoria di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base alle quali il giudice di secondo grado sia pervenuto ad un giudizio logicamente motivato. Il controllo di legittimita’ demandato a questa Corte non e’ configurabile come terzo grado di giudizio, nel quale possano essere ulteriormente valutate le istanze e le argomentazioni sviluppate dalle parti ovvero le emergenze istruttorie acquisite nella fase di merito, mediante proposta di ricostruzioni alternative dei fatti di causa rispetto a quelli accertati nella sentenza impugnata.
Infine, va richiamato anche il consolidato orientamento secondo il quale: per dedurre la violazione del paradigma dell’articolo 115 c.p.c., e’ necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioe’ abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioe’ dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioe’ giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso articolo 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si puo’ ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ consentita dal paradigma dell’articolo 116 c.p.c., che non a caso e’ rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass. n. 11892 del 2016, Cass. S.U. n. 16598/2016).
Quanto alla censura di incapacita’ a testimoniare deve richiamarsi il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui: “La nullita’ della testimonianza resa da persona incapace (in quanto portatrice di un interesse che avrebbe potuto legittimare il suo intervento in giudizio) deve essere eccepita subito dopo l’espletamento della prova, ai sensi dell’articolo 157 c.p.c., comma 2 (salvo che il difensore della parte interessata non sia stato presente all’assunzione del mezzo istruttorio, nel qual caso la nullita’ puo’ essere eccepita nell’udienza successiva), sicche’, in mancanza di tempestiva eccezione, deve intendersi sanata, senza che la preventiva eccezione di incapacita’ a testimoniare, proposta a norma dell’articolo 246 c.p.c., possa ritenersi comprensiva dell’eccezione di nullita’ della testimonianza comunque ammessa ed assunta nonostante la previa opposizione. Ove poi l’eccezione di nullita’ della testimonianza resa dall’incapace venga respinta, la parte interessata ha l’onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi la medesima, in caso contrario, ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della nullita’ stessa per acquiescenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo” (Cass. Sez. Sent. n. 21670 del 2013; Cass. Sez. 3, Sent. n. 23054 del 2009; Cass. Sez. 1, Sent. n. 8358 del 2007).
Inoltre, se l’eccezione di nullita’ della deposizione del teste incapace, ritualmente proposta, non sia stata proprio presa in esame dal giudice davanti al quale la prova venne espletata, la stessa deve essere formulata con apposito motivo di gravame avanti il giudice di appello, ovvero, se sollevata dalla parte vittoriosa in primo grado, da questa riproposta poi nel giudizio di gravame a norma dell’articolo 346 c.p.c. (Cass. Sez. 3, Sent. n. 6555 del 2005; Cass. Sez. 2, Sent. n. 3521 del 1986; Cass. Sez. 2, Sent. n. 392 del 1973; Cass. Sez. 3, Sent. n. 2376 del 1968).
Ne consegue che, qualora la parte, come nel caso in esame, in sede di ricorso per cassazione deduca la violazione dell’articolo 246 c.p.c., l’omessa motivazione del giudice d’appello sull’incapacita’ di alcuni testimoni, senza tuttavia indicare, anche agli effetti dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di aver sollevato tempestiva eccezione di nullita’ delle testimonianze comunque rese, e di aver riproposto la stessa eccezione nel prosieguo del giudizio, ed in particolare in appello a norma dell’articolo 346 c.p.c., deve ritenersi comunque sanata l’eventuale nullita’ derivante dall’incapacita’ dei testi per l’irritualita’ della relativa eccezione.
Con riferimento alla censura relativa all’ammissione della documentazione che in primo grado era stata ritenuta tardiva deve osservarsi che la Corte d’Appello ha evidenziato l’erroneita’ della decisione del Tribunale nella parte in cui aveva ritenuto inammissibile la produzione documentale richiesta dalla difesa del (OMISSIS) dopo la deposizione di (OMISSIS) sul presupposto della carenza di prova dell’impedimento ad effettuarla prima della chiusura dell’istruttoria per caso fortuito, forza maggiore o fatto del terzo, non considerando l’oggettivo rilievo della circostanza che l’esistenza dei documenti era emersa soltanto in occasione della dichiarazione del (OMISSIS). Cio’ giustificava la remissione in termini nella richiesta di ammissione dei documenti che confermavano quanto dichiarato dai testimoni e ne evidenziavano la rilevanza ai fini del decidere. In particolare, tali documenti attestavano i pagamenti ricevuti dal ricorrente per i lavori effettuati per conto dei proprietari a conferma del fatto che il (OMISSIS) operava sul terreno su incarico del controricorrente.
Risulta evidente, pertanto, l’inammissibilita’ della censura sotto il profilo del vizio di motivazione, mentre quanto al fatto che la documentazione si riferisca anche a periodi successivi e non sia strettamente correlata alle dichiarazioni del (OMISSIS), anche in questo caso si richiede una inammissibile rivalutazione in fatto senza, peraltro, riportare il contenuto della suddetta documentazione, in difetto evidente di specificita’ del motivo.
8. L’ottavo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 216 c.p.c. e dell’articolo 345 c.p.c., comma 3, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5.
Il ricorrente censura l’affermazione della Corte d’Appello secondo la quale i documenti prodotti non erano stati disconosciuti dal (OMISSIS). Tale documentazione, invece, era stata formalmente disconosciuta sin dal primo grado di giudizio e, precisamente, sin dalla loro conoscenza avvenuta all’udienza del 20 ottobre 2009. Nel verbale dell’udienza, infatti, la parte, pur contestando l’ammissibilita’ dei documenti in quanto tardivamente prodotti precisava di impugnare e disconoscere tutta la documentazione depositata dalla controparte. Il disconoscimento era stato reiterato anche nella comparsa di costituzione e risposta in appello e, dunque, il (OMISSIS) avrebbe dovuto formulare apposita istanza di verificazione.
10. L’ottavo motivo di ricorso e’ anch’esso inammissibile.
L’eccezione di disconoscimento della documentazione prodotta dalla controparte formulata nel corso del giudizio era del tutto generica e onnicomprensiva e non indicava specificamente i documenti disconosciuti. Peraltro, non risulta neanche chiaro se l’eccezione riguardasse la conformita’ delle copie rispetto all’originale o la sottoscrizione. Il suddetto difetto di specificita’ si ripete anche nel ricorso per cassazione. Sul punto e’ sufficiente richiamare l’orientamento consolidato di questa Corte secondo il quale: “in tema di prova documentale il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’articolo 2719 c.c., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformita’ delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti ne’ il ricorso a clausole di stile ne’ generiche asserzioni (Sez. 5, Sent. n. 16557 del 2019).
La sentenza impugnata, pertanto, nella parte in cui afferma che la documentazione prodotta non era stata validamente disconosciuta, risulta immune dalle censure prospettate.
11. In conclusione la corte dichiara inammissibile il ricorso.
12. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
13. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 5000 piu’ 200 per esborsi.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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