La nozione di sagoma è di carattere comprensivo

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 19 luglio 2019, n. 5087.

La massima estrapolata:

La nozione di sagoma è di carattere comprensivo, rendendo evidente il quadro dimensionale totale del manufatto in quanto, includendovi aggetti e sporti, ne considera l’ingombro in senso lato.

Sentenza 19 luglio 2019, n. 5087

Data udienza 6 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5275 del 2018, proposto da
Gi. Br., rappresentato e difeso dagli avvocati Ca. Em. Ga., Al. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Al. Ro. in Roma, (…);
contro
Unione di Comuni (omissis) e Comune (omissis), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Pa. Al. e Er. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Er. Co. in Roma, via (…);
Regione Piemonte, non costituita in giudizio;
nei confronti
Le Vi. de. Go. società agricola semplice, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Sc., Se. Vi. e Sa. Lo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Sa. Lo. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, 17 maggio 2018 n. 620, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Le Vi. de. Go. società agricola semplice ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2019 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Al. Ro., Pa. Al. e Al. Sc.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 5275 del 2018, Gi. Br. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, 17 maggio 2018 n. 620 con la quale sono stati decisi due diversi ricorsi, rispettivamente:
A) il ricorso nrg. 206 del 2017, proposto da Gi. Br. contro il Comune (omissis) ed altri, nonché Le Vi. de. Go. società agricola semplice, per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione n. 04/2016 adottata in data 14 dicembre 2016 dal Responsabile del Servizio Pianificazione urbanistica ed edilizia del Comune di (omissis) – Unione di Comuni (omissis), con la quale è stata ordinata la demolizione di una tettoia costituente parcheggio coperto; nonché per l’annullamento degli atti tutti antecedenti (in particolare, la norma di regolamento edilizio o di piano regolatore nella parte in cui contengono una disciplina in violazione del concetto di “sagoma a terra” contenuta nell’art. 6 della legge regionale n. 19/1999) preordinati, consequenziali e comunque connessi del procedimento; e per ogni eventuale, consequenziale statuizione; nonché, con i motivi aggiunti depositati in data 26 luglio 2017, per l’annullamento dell’ordinanza n. 1/2017 prot. n. 0002352 in data 26 giugno 2017, notificata in data 1 luglio 2017, e del verbale di accertamento dell’inottemperanza 13 aprile 2017;
B) il ricorso nrg. 723 del 2017 proposto da Le Vi. de. Go. società agricola semplice contro il Comune di (omissis) ed altri per l’annullamento, in quanto di ragione, dell’ordinanza di demolizione n. 04/2016 adottata in data 14 dicembre 2016 dal Responsabile del Servizio Pianificazione urbanistica ed edilizia dell’Unione di Comuni (omissis) per conto del Comune di (omissis) (CN), notificata in data 16 dicembre 2016, esclusivamente nella parte in cui è stata ingiunta anche alla ricorrente la demolizione di una tettoia costituente parcheggio coperto di proprietà dei Sigg.ri BR. Gi. ed altri, tettoia insistente parzialmente sul terreno N.C.T. al foglio (omissis) mappale (omissis) catastalmente intestato alla ricorrente; nonché esclusivamente nella parte in cui si preannuncia che, ove non si provveda alla demolizione entro il termine di 90 giorni, verrà acquisita gratuitamente al patrimonio del Comune di (omissis) l’area di 225 mq. di proprietà della ricorrente, indicata con la lettera B nella planimetria allegata all’ordinanza, identificata al N.C.T. al foglio (omissis) mapp. (omissis); nonché per l’annullamento degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del relativo procedimento, in particolare: ove già emesso, del provvedimento, di data ed estremi ignoti, di acquisizione gratuita, da parte del Comune di (omissis), della porzione di 225 mq. del mappale di proprietà della ricorrente identificato al N.C.T. al foglio (omissis) particella (omissis); del verbale di sopralluogo redatto dall’Arch. Gianfranco Curti e dalla Polizia Locale dell’Unione di Comuni (omissis) prot. n. 3718 in data 26 luglio 2016; della comunicazione di avvio del procedimento in data 27 ottobre 2016 prot. n. 5343 emesso dal Responsabile U.T.C. del Comune di (omissis); della lettera prot. 1337 del 13 aprile 2017 a firma congiunta del Responsabile del Servizio e del Responsabile del procedimento dell’Ufficio Tecnico del Comune di (omissis), con la quale è stata respinta l’istanza della ricorrente di escludere, dalla acquisizione gratuita, la porzione di 225 mq. del mappale di sua proprietà identificato al N.C.T. al foglio (omissis) particella (omissis); nonché, con i motivi aggiunti depositati in data 2 agosto 2017, per l’annullamento in quanto di ragione, del verbale di accertamento di inadempienza spontanea all’ordine di demolizione redatto in data 13 aprile 2017 dagli Ispettori della Polizia Locale e notificato in data 1 luglio 2017 unitamente all’ordinanza n. 1/2017; in quanto di ragione, dell’ordinanza n. 1/2017 in data 26 giugno 2017 prot. n. 2352, notificata in data 1 luglio 2017 ed emessa dal Responsabile del Servizio Edilizia Privata ed Urbanistica dell’Unione di Comuni (omissis), per conto del Comune di (omissis), con la quale è stata disposta la trascrizione del provvedimento nei pubblici registri, nonché l’immissione in possesso dell’immobile, dell’area di sedime e del terreno circostante da parte del Comune di (omissis), entrambi limitatamente e nella sola parte in cui l’acquisizione gratuita è stata estesa alla porzione di circa 143 mq. del terreno di proprietà della ricorrente identificato al N.C.T. al foglio n. (omissis), mappale n. (omissis), corrispondente all’area necessaria al raggiungimento della superficie minima funzionale in base ai parametri urbanistici operanti nel Comune di (omissis).
Nel ripercorrere i fatti di causa, il giudice di prime cure rilevava che:
1) In data 14 dicembre 2016 il Comune di (omissis) ha adottato l’ordinanza n. 4/2016 con cui ha ordinato “la totale demolizione dell’immobile, ad uso parcheggio coperto, eseguito in difformità e con variazioni essenziali alla Concessione Edilizia n. 29 del 23 luglio 1987, sito in parte sul mappale n. (omissis) e sul mappale n. (omissis) del Foglio n. (omissis), con contestuale completa rimessa in pristino dello stato dei luoghi, entro e non oltre 90 giorni dalla data di notifica della presente, ai sensi dell’Art. 31 del D.P.R. 380/2001 smi”.
Il provvedimento è stato indirizzato ai sigg. Br. Gi., in quanto proprietari della particella n. (omissis); nonché al sig. Go. Se., in qualità di legale rappresentante della Società agricola semplice Le Vi. de. Go., proprietaria della particella n. (omissis).
Queste le difformità riscontrate, qualificate come variazioni essenziali ai sensi dell’art. 32 T.U.E. e dell’art. 6 L.R. n. 19/1999: “diversa localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza; costruzione su tre lati di muro di chiusura perimetrale in blocchi di cemento; aumento della pendenza della copertura determinata dall’innalzamento della linea di colmo e dall’abbassamento della linea di gronda; mancata realizzazione di una campata della manica di nord-ovest del fabbricato”.
In particolare, si è verificato “che la diversa localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza comporta una sovrapposizione – tra la sagoma dell’edificio previsto in progetto e la sagoma effettivamente realizzata – inferiore al 50%”.
2) Con la successiva ordinanza n. 1/2017 del 26 giugno 2017 il Comune di (omissis), visto il verbale di inadempienza all’ordine di demolizione di cui sopra, ha disposto l’acquisizione al patrimonio comunale di mq. 316,00 afferenti la parte di proprietà dei sigg. Br. e Vi. e di mq. 225,00 afferenti la parte di proprietà della Società agricola semplice Le Vi. de. Go.; con conseguente trascrizione di tale provvedimento nei pubblici registri.
3.1) Le ordinanze citate sono state impugnate dal sig. Br. Gi. con il ricorso n. 206/2017 e con motivi aggiunti successivamente depositati. Altrettanto ha fatto, con il ricorso n. 723/2017 e con successivi motivi aggiunti, la Società agricola semplice Le Vi. de. Go.. Ciascuno per la parte di rispettivo interesse.
3.2) Per resistere alle impugnazioni si è costituito in entrambi i giudizi il Comune di (omissis), unitamente all’Unione dei Comuni (omissis).
Nel giudizio sul ricorso n. 206/2017 si è costituita anche la Società agricola semplice Le Vi. de. Go., in qualità di controinteressata.
4) Tutte le parti hanno depositato scritti e documentazione prima della camera di consiglio del 6 settembre 2017 in cui il TAR ha adottato l’ordinanza n. 362 con la quale, previa riunione dei ricorsi in esame, ha respinto l’istanza cautelare formulata nel ricorso n. 206/2017 e ha invece accolto l’istanza cautelare formulata nel ricorso n. 723/2017, sospendendo conseguentemente i provvedimenti impugnati nelle sole parti riguardanti la Società agricola semplice Le Vi. de. Go..
Contro tale decisione il sig. Gi. Br. ha proposto appello, che è stato accolto dal Consiglio di Stato, sez. VI, con l’ordinanza n. 5428 del 13 dicembre 2017.
5) In entrambi i giudizi tutte le parti hanno depositato memorie e repliche in vista dell’udienza dell’8 maggio 2018, in cui le cause sono passate in decisione.
Il T.A.R., previa conferma della riunione dei due ricorsi, già operata in via cautelare, con la sentenza gravata riteneva infondate le censure proposte dall’attuale appellante, ritenendo sussistenti le variazioni essenziali contestate dall’amministrazione, mentre riteneva parzialmente condivisibili le doglianze proposte dall’attuale controinteressata Le Vi. de. Go., sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione all’acquisizione al patrimonio comunale della parte di terreno di proprietà della stessa società . Pertanto, conclusivamente, il primo giudice respingeva il ricorso n. 206/2017 e i motivi aggiunti successivamente proposti, mentre in parte respingeva il ricorso n. 723/2017, quanto all’impugnazione proposta con l’atto introduttivo del giudizio; e in parte lo accoglieva, quanto all’impugnazione proposta con i motivi aggiunti, conseguentemente annullando l’ordinanza n. 1/2017 in data 26/06/2017, nei limiti precisati in motivazione.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, proponendo due motivi di appello, meglio illustrati in parte motiva.
Nel giudizio di appello, si sono costituiti l’Unione di Comuni (omissis) ed altri, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 31 luglio 2018, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza 1 agosto 2019 n. 3653.
Alla pubblica udienza del 6 giugno 2019, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. – Con il primo motivo di diritto, recante violazione di legge con riferimento all’art. 6, comma 1, lett. d), della l.r. Piemonte 8 luglio 1999, n. 19 e all’art. 34 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; carenza e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione; contraddittorietà ; illogicità ; sviamento, viene lamentata l’erroneità della sentenza per aver ritenuto che l’edificio sarebbe stato realizzato in totale difformità dalla concessione edilizia, essendo state introdotte delle variazioni essenziali al progetto approvato, sia in merito alla supposta “diversa localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza” sia in relazione alle altre difformità essenziali che il ricorrente non avrebbe adeguatamente contestato.
2.1. – La doglianza non può essere condivisa.
In relazione al primo punto, la variazione contestata riguarda il tema della diversa localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza, che diventa variazione essenziale, a norma della l.r. Piemonte, 8 luglio 1999, n. 19 che, all’art. 6 “Determinazione delle variazioni essenziali al progetto approvato”, comma 1, lett. d) considera tale la “modifica della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza, quando la sovrapposizione della sagoma a terra dell’edificio in progetto e di quello realizzato, per effetto di rotazione o traslazione di questo, sia inferiore al 50 per cento”.
Il tema in esame, visto che non vi è contestazione sulle dimensioni dell’immobile e sulla sua reale collocazione, riguarda le modalità di computo della “sagoma a terra”, atteso che, in ragione delle due diverse interpretazioni proposte, viene rispettato o meno il limite della sovrapposizione inferiore al 50 per cento. In dettaglio, se la nozione di “sagoma a terra” corrisponde alla nozione di sagoma in generale, ossia quella per cui è “la conformazione planovolumetrica della costruzione ed il suo perimetro considerato in senso orizzontale e verticale, ovvero il contorno che viene ad assumere l’edificio, ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti” (Cons. Stato, Sez. VI, 15 marzo 2013 n. 1564) oppure se debba avere una nozione diversa, per cui “la sagoma a terra è rappresentata dalla linea di contorno dell’edificio nel punto di intersezione tra le strutture verticali di esso (muri) e la linea di spiccato (intersezione della superficie naturale o sistemata del terreno con la superficie della facciata). Nella sagoma a terra non rientra viceversa la proiezione ideale degli elementi aggettanti della copertura che debordano rispetto ai muri perimetrali e che possono essere rilevanti ai fini delle distanze rispetto ai confini ed alle costruzioni finitime”.
Va evidenziato come la nozione di “sagoma a terra” appare presente in diverse disposizioni regionali, proprio in tema di individuazione delle variazioni essenziali (si tratta delle leggi regionali Sardegna, 3 luglio 2017, n. 11; Lazio, 11 agosto 2008, n. 15; Liguria, 6 giugno 2008, n. 16; Piemonte, 8 luglio 1999, n. 19; Lazio, 2 luglio 1987 n. 36; Sardegna, 11 ottobre 1985 n. 23), senza che però vi sia una definizione del concetto stesso.
Al contrario, come ha evidenziato anche il primo giudice, vi è una definizione espressa, sia perché consolidata in giurisprudenza sia perché ora trasfusa in un testo normativo, del concetto di “sagoma”, che corrisponde a quella precedente evocata (come ripresa da ultimo da Cons. Stato, VI, 20 novembre 2017 n. 5319) ossia “la conformazione planivolumetrica della costruzione, ossia il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l’edificio nella sua struttura fuori terra (esclusa, quindi, la parte interrata), ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti”, che è stata sostanzialmente recepita nel “Quadro delle definizioni uniformi” di cui all’allegato A alla Intesa 20 ottobre 2016, “ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni concernente l’adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all’articolo 4, comma 1-sexies del decreto del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380”, dove è definita “Conformazione planivolumetrica della costruzione fuori terra nel suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l’edificio, ivi comprese le strutture perimetrali, nonché gli aggetti e gli sporti superiori a 1,50 m”.
Pertanto, la nozione di sagoma è di carattere più comprensivo, rendendo evidente il quadro dimensionale totale del manufatto in quanto, includendovi aggetti e sporti, ne considera l’ingombro in senso lato.
In questo senso, non può non concordare con il primo giudice sulla necessità di dare un significato al puntuale riferimento alla “sagoma a terra” come un concetto diverso da quello della semplice “sagoma”, che altrimenti non avrebbe alcuna utilità autonoma. La conseguenza è che quindi correttamente il primo giudice ha ritenuto che nella nozione di sagoma a terra non rientrasse la proiezione ideale degli elementi aggettanti della copertura che debordano rispetto ai muri perimetrali e che possono essere rilevanti ai fini delle distanze rispetto ai confini ed alle costruzioni finitime.
Pertanto, la doglianza va respinta.
In relazione al secondo punto, va osservato che il T.A.R. ha ritenuto meritevole di considerazione, tra le variazioni elencate nel provvedimento comunale, unicamente la difformità consistente nella “costruzione su tre lati di muro di chiusura perimetrale in blocchi di cemento”, evidenziando come questa sia riconducibile alle previsioni della norma regionale citata e, in particolare, a quella di cui alla lettera b), che fa riferimento a “aumento di entità superiore al 5 per cento di uno dei seguenti parametri: superficie coperta, superficie utile lorda, volumetria”.
Anche questa seconda affermazione del primo giudice va condivisa.
Come risulta dagli atti prodotti in giudizio, la tettoia di cui qui si discute era una tettoia adibita a ricovero automezzi al servizio della struttura edilizia esistente sulla località, sulla quale l’intervento contestato si è concretizzato nel racchiuderla per tre lati con un muro perimetrale in cemento.
Pertanto, ed in disparte il tema processuale della tardività delle eccezioni proposte in primo grado, è corretta la valutazione del Tribunale per cui la effettiva tompagnatura per tre lati del manufatto integra la fattispecie considerata dall’art. 32, comma 1, lettera d), d.P.R. 380 del 2001, dando vita ad “mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito” non esiguo, rendendone del tutto diversa la sua fruibilità .
Conclusivamente, anche il secondo profilo della doglianza va rigettato.
3. – Con il secondo motivo di diritto, intitolato “violazione di legge in relazione all’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; carenza e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione”, viene lamentata la mancata considerazione di due diversi profili illustrati nel ricorso in prime cure: la mancanza di una motivazione rafforzata in considerazione del fatto che l’intervento abusivo è stato realizzato trent’anni addietro e la mancata valutazione delle osservazioni presentate dal ricorrente nel procedimento.
3.1. – La censura è infondata.
Al riguardo, va osservato come il primo giudice abbia correttamente richiamato in materia la pacifica giurisprudenza sulla inesauribilità del potere di ripristino dell’ordine edilizio violato, facendo perno sulle affermazione contenute nella recente sentenza di questo Consiglio (Cons. Stato, ad.plen., 17 ottobre 2017 n. 9): “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.
Evidenziando come il detto principio, riferito a “un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo”, si attagliasse perfettamente al caso in specie, il T.A.R. ha integralmente e condivisibilmente risposto alle censure proposte.
4. – L’appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l’appello n. 5275 del 2018;
2. Condanna Gi. Br. a rifondere all’Unione di Comuni (omissis) ed altri le spese del presente grado di giudizio, che liquida, in favore di ognuna delle parti resistenti e controinteressate costituite, in Euro. 1.000,00 (euro mille, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere

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