Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 26 marzo 2020, n. 2107.
La massima estrapolata:
La motivazione della sanzione della perdita del grado per rimozione, sebbene in ogni caso necessaria, non richiede sempre il medesimo livello di dettaglio, potendo essere meno particolareggiata nell’ipotesi di condotte di elevata gravità.
Sentenza 26 marzo 2020, n. 2107
Data udienza 6 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 704 del 2016, proposto dal Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via (…);
contro
il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Pa. Pa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Lu. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2020 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti l’avvocato El. Vu., su delega dichiarata dell’avvocato Pa. Pa., e l’avvocato dello Stato Da. Ca.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Calabria (R.G. n. -OMISSIS-), l’odierno appellato, già luogotenente dell’Arma dei Carabinieri, impugnava il decreto n. 63/1-3/2014 con cui il Direttore Generale della Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa aveva disposto, a decorrere dal 25 ottobre 2013, ai soli fini giuridici, la sanzione della perdita del grado per motivi disciplinari, nonché il precedente decreto n. 530/1-3/2013 del Direttore Generale della Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa del 25 ottobre 2013, con il quale veniva disposta la sospensione precauzionale dall’impiego, a titolo facoltativo.
2. Il T.a.r. Calabria, sede di Catanzaro, Sezione I, dopo aver effettuato istruttoria acquisendo la relazione illustrativa dell’Amministrazione resistente, ha accolto in parte il ricorso e ha condannato il Ministero della Difesa al pagamento delle spese del giudizio. Secondo il Tribunale, in particolare:
a) è irricevibile il ricorso nella parte in cui è impugnato il decreto n. 530/1-3/2013 di sospensione facoltativa dell’impiego, in quanto proposto oltre il termine decadenziale di 60 giorni;
b) è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso nella parte in cui è impugnato il Decreto n. 63/1-3/2014, non potendo questo essere ritenuto provvedimento meramente esecutivo del decreto n. 530/1-3/2013 datato 25 ottobre 2013 con il quale è stata disposta la sospensione precauzionale dall’impiego;
c) il provvedimento della perdita del grado deve essere dichiarato illegittimo per violazione del termine perentorio stabilito dall’art. 1392, comma 2, del d.lgs. n. 66/2010 (codice dell’ordinamento militare – c.o.m.), atteso che il termine di 180 giorni per effettuare gli accertamenti preliminari decorreva dal momento in cui erano state rinvenute le denunce (11 dicembre 2012) e che il successivo termine di 60 giorni per la contestazione decorreva dall’8 giugno 2013 (o al massimo, sulla scorta della ricostruzione effettuata dalla stessa amministrazione resistente, dal 17 giugno 2013), risultando pertanto tardiva la contestazione degli addebiti del 2 novembre 2013, notificata al ricorrente il 4 novembre 2013;
d) la contestazione dell’addebito disciplinare è generica in quanto non sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto che l’amministrazione considera illecito disciplinare;
e) è infondata la censura con cui si deduce la violazione dell’art. 1393 c.o.m., atteso che il procedimento penale, trovandosi in fase di indagine, non avrebbe dovuto comportare la sospensione del procedimento disciplinare.
3. Il Ministero della Difesa ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente rigetto integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sostenuto le censure riassumibili nei seguenti termini:
i) erroneità della impugnata pronuncia nell’aver considerato il 17 giugno 2013 (data di redazione della nota dell’Autorità Giudiziaria di -OMISSIS-) come dies a quo dei termini procedimentali, senza tenere conto del fatto che gli accertamenti rilevanti per il caso di specie si sono, in concreto, protratti fino al 1° ottobre 2013; invero, con la citata nota del 17 giugno 2013, l’Autorità Giudiziaria di -OMISSIS- avrebbe fornito una risposta ai pregressi accertamenti, mentre solo con il deposito del 1° ottobre 2013, la Compagnia Carabinieri di -OMISSIS- trasmetteva presso la Procura locale le 88 notizie di reato, in tal modo completando gli accertamenti preliminari;
ii) erroneità della impugnata pronuncia nell’aver ritenuto non sufficientemente motivata la contestazione dell’addebito disciplinare, rilevandosi per converso la completezza delle informazioni riportate nel provvedimento impugnato.
3.1. Si è costituito in giudizio l’originario ricorrente, il quale, depositando memoria difensiva, si è opposto all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto. In particolare, l’appellato sostiene che la nota n. 1588/13 del 17 giugno 2013 della Procura di -OMISSIS-, con cui non veniva richiesto alcun supplemento istruttorio, debba essere presa quale momento conclusivo degli accertamenti istruttori, considerato peraltro che di essa il Comandante provinciale di -OMISSIS-, già firmatario della segnalazione da cui prendeva avvio il procedimento disciplinare, aveva immediatamente cognizione diretta. Così come, secondo l’appellato, la decorrenza del termine potrebbe essere ulteriormente anticipata, rinvenendosi ulteriori documenti da cui si può trarre l’avvenuto completamento degli accertamenti istruttori. Infine, insistendo sulla insufficienza della motivazione dell’impugnato provvedimento, l’appellato precisa che l’atto di contestazione di addebiti si è limitato a riprodurre quanto riferito dal Comandante provinciale con nota del 3 ottobre 2013 in merito all’omessa comunicazione all’Autorità giudiziaria di 88 notizie di reato acquisite in epoca compresa tra il 1994 e il 2011, senza fornire alcuna specificazione al riguardo.
4. All’udienza del 6 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.
6. In via preliminare, in ragione della mancata impugnazione formale dei relativi capi di sentenza, va dato atto del formarsi del giudicato sulle statuizioni di primo grado relative a:
a) la declaratoria di irricevibilità del ricorso nella parte in cui è impugnato il decreto n. 530/1-3/2013 di sospensione facoltativa dell’impiego;
b) l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso nella parte in cui è impugnato il decreto n. 63/1-3/2014 di perdita del grado;
c) l’infondatezza della censura relativa alla violazione dell’art. 1393 c.o.m.
7. Il Collegio, prendendo in esame il primo motivo di appello, intende premettere la seguente ricostruzione dei fatti posti alla base della sanzione impugnata, risultante anche dalla relazione depositata dall’Amministrazione in esecuzione dell’ordinanza istruttoria adottata in primo grado:
i) in data 11 dicembre 2012 personale del Comando dei Carabinieri ha eseguito un decreto di perquisizione locale e personale a carico dell’odierno appellato, ad esito del quale è stata rinvenuta e sequestrata documentazione di dubbia collocazione (numerose comunicazioni di notizie di reato – c.n. r.);
ii) in seguito ad una richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-, con la relazione di servizio del 26 febbraio 2013, il Maresciallo -OMISSIS- dava atto che nei giorni successivi al rinvenimento della documentazione si procedeva ad una catalogazione di tutta la documentazione presente nell’ufficio e nell’armadio;
iii) in data 6 marzo 2013, il Comandante della Compagnia C.C. di -OMISSIS-, depositava presso la Procura della Repubblica di -OMISSIS-, l’elenco delle predette c.n. r. e chiedeva all’Ufficio di Procura di poterne verificare l’avvenuta trasmissione;
iv) in data 17 giugno 2013 l’Ufficio di Procura dava riscontro alla predetta nota segnalando le c.n. r. che non risultavano depositate;
v) in data 1° ottobre 2013 venivano trasmesse alla Procura della Repubblica di -OMISSIS- le 88 c.n. r. rinvenute presso il Comando Stazione Carabinieri di -OMISSIS-;
vi) in data 22 ottobre 2013, con decreto n. 530/1-3/2013 del Direttore Generale della Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa del 25 ottobre 2013 veniva disposta, a decorrere dalla data di notifica del decreto, la sospensione precauzionale dall’impiego, a titolo facoltativo;
vii) in data 4 novembre 2013 i Carabinieri del Comando Stazione di -OMISSIS- notificavano all’appellato l’atto di “inchiesta formale e contestazione degli addebiti” con la quale si comunicava, ai sensi degli artt. 1337 e 1378 c.o.m., l’avvio di un’inchiesta formale disciplinare.
7.1. Ciò considerato, il Collegio osserva in primo luogo che, ai sensi dell’art. 1392, comma 2, d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, rubricato “Termini del procedimento disciplinare di stato”, “il procedimento disciplinare di stato a seguito di infrazione disciplinare deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari, espletati dall’autorità competente, nei termini previsti dagli articoli 1040, comma 1, lettera d), numero 19 e 1041, comma 1, lettera s), numero 6 del regolamento”.
In particolare, secondo tali ultime disposizioni:
a) “i procedimenti di competenza del Comando generale dell’Arma dei carabinieri e i relativi termini per ciascuno indicati, sono i seguenti:… d) procedimenti riguardanti il personale appuntati e carabinieri di:… 19) accertamenti preliminari disciplinari di stato: 180 giorni dalla conoscenza del fatto da parte dell’autorità competente” (art. 1040, comma 1, lettera d), numero 19, d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90);
b) “i procedimenti di competenza della Direzione generale per il personale militare e i relativi termini per ciascuno indicati, a eccezione di analoghi procedimenti riguardanti il personale appuntati e carabinieri di cui all’articolo 1040 sono i seguenti:… s) disciplina e procedimenti penali:… 6) accertamenti preliminari disciplinari di stato: 180 giorni dalla conoscenza del fatto da parte dell’autorità competente” (art. 1041, comma 1, lettera s), numero 6, d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90).
7.2. Ai fini del rispetto di tale termine pari nel complesso a 240 giorni (180 giorni dalla conoscenza del fatto da parte dell’autorità competente per gli accertamenti preliminari disciplinari di stato e 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari per la contestazione degli addebiti all’incolpato) va considerato che:
a) la “conoscenza del fatto da parte dell’autorità competente” ex artt. 1040 e 1041 cit., quale momento di decorrenza del primo termine, va individuata nel momento di effettiva conoscenza del fatto illecito nelle sue concrete modalità di verificazione e nel grado di coinvolgimento del militare incolpato, risultanti da notizie di sufficiente affidabilità ;
a.1) con riferimento al caso di specie, tale conoscenza non può di per sé ritenersi raggiunta in occasione della generica acquisizione della notizia relativa alla mancata trasmissione delle c.n. r. all’Autorità giudiziaria, conseguente al rinvenimento dei fascicoli all’esito della perquisizione in data 11 dicembre 2012, atteso che tale informazione richiedeva una necessaria elaborazione al fine di identificare in modo non equivoco e con chiarezza il fatto addebitabile (quali c.n. r. non erano state trasmesse all’A.G.) e il ruolo del sottufficiale nella realizzazione di tale condotta;
a.2) per converso, la decorrenza del primo termine deve essere individuata nel momento di trasmissione – da parte del Comandante della Compagnia C.C. di -OMISSIS- alla Procura della Repubblica di -OMISSIS- – dell’elenco delle pratiche giacenti, avvenuta in data 6 marzo 2013, una volta effettuati i dovuti controlli, con contestuale richiesta alla Procura di verifica dell’eventuale deposito delle notizie di reato al fine di consentire l’iscrizione delle notitiae criminis;
b) il momento di conclusione degli accertamenti preliminari, necessario ai fini della decorrenza del secondo termine, non può essere identificato con la trasmissione, in data 17 giugno 2013, della nota dell’Ufficio di Procura, atteso che con essa, piuttosto che dare contezza del completamento dell’istruttoria in ordine alle c.n. r. non trasmesse, oltre a comunicare l’elenco dei referti mai inviati si chiedeva al Comando della Compagnia C.C. di -OMISSIS- l’espletamento di ulteriori accertamenti e riscontri (ulteriore ricognizione e compiuto esame dei referti);
b.1) solo con l’evasione di tale ultima richiesta, mediante la trasmissione alla Procura della Repubblica di -OMISSIS- – in data 1° ottobre 2013 – delle 88 c.n. r. rinvenute presso il Comando Stazione Carabinieri di -OMISSIS- e risultate non trasmesse, può quindi dirsi raggiunta la conclusione degli accertamenti preliminari.
7.3. Alla luce di tali considerazioni, si deve quindi osservare che nella fattispecie in esame, sebbene la necessità di esperire meticolose verifiche in ordine alla consistenza ed alla istruzione dei documenti abbia comportato un rallentamento dei tempi di istruttoria del procedimento disciplinare, risulta essere stato rispettato il termine perentorio generale di 240 giorni, di cui all’art. 1392, comma 2, c.o.m. e agli artt. 1040, comma 1, lettera d), numero 19 e 1041, comma 1, lettera s), numero 6, d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, in quanto dalla “conoscenza del fatto da parte dell’autorità competente”, avvenuta in data 6 marzo 2013, alla contestazione degli addebiti all’incolpato, avvenuta in data 4 novembre 2013, è trascorso un lasso temporale inferiore.
D’altro canto, a differenza di quanto affermato dal primo giudice, l’Amministrazione garantiva il rispetto del termine perentorio di 60 giorni, ex art. 1392, comma 2, c.o.m., atteso che, in seguito alla risposta in data 1° ottobre 2013 alle richieste della Procura della Repubblica di -OMISSIS-, i Carabinieri del Comando Stazione di -OMISSIS- in data 4 novembre 2013 notificavano all’appellato la contestazione degli addebiti disciplinari del Comandante Interregionale Carabinieri “Culqualber” del precedente 2 novembre.
8. Parimenti fondato è il secondo motivo di appello, avente ad oggetto il capo della sentenza relativo alla insufficiente motivazione del provvedimento impugnato.
8.1. Il Collegio, al riguardo, osserva che:
a) la motivazione della sanzione della perdita del grado per rimozione, sebbene in ogni caso necessaria, non richiede sempre il medesimo livello di dettaglio, potendo essere meno particolareggiata nell’ipotesi di condotte di elevata gravità, al punto che la sanzione applicata, in relazione ai fatti accertati e contestati, non sarebbe comunque suscettibile di ridimensionamento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 9 marzo 2011, n. 1516); ciò, a fortiori, a fronte di comportamenti, come quelli in esame, contrari ai principi di moralità e di rettitudine che devono improntare l’agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato, a quelli di correttezza ed esemplarità propri dello status di militare e di appartenente all’Arma dei Carabinieri (come precisato nello stesso provvedimento impugnato);
b) nel caso di specie, gli atti del procedimento disciplinare:
b.1) hanno avuto ad oggetto il seguente addebito: “Luogotenente dell’Arma, all’epoca dei fatti Comandante della Stazione di -OMISSIS-, ometteva di comunicare all’Autorità Giudiziaria n. 88 notizie di reato relative a svariate fattispecie penali, acquisite da quel Comando Stazione in epoca compresa tra il 1994 ed il 2011, in larga parte a cura del citato Ispettore e rinvenute in un ufficio ed in un armadio metallico ubicati presso il suddetto Comando, di cui solo il Luogotenente aveva la disponibilità e l’uso”;
b.2) sebbene non abbiano descritto singolarmente e dettagliatamente le informative di cui all’elenco oggetto della contestazione, l’assenza di una specifica motivazione sul punto non ha inficiato il diritto di difesa dell’incolpato, riguardando un aspetto di per sé grave nella sua percezione oggettiva e complessiva (mancata trasmissione di 88 notizie di reato), la cui verificazione veniva peraltro accertata approfonditamente nel corso dell’istruttoria;
b.3) hanno descritto in maniera compiuta e dettagliata il coinvolgimento nella vicenda del militare incolpato, con particolare riferimento alle ragioni (detenzione in via esclusiva delle chiavi dell’ufficio del Comandante della Stazione, dell’ufficio attiguo e dell’armadio metallico) per cui lo stesso risultava l’unico soggetto che poteva accedere ai locali in cui si erano state rinvenute le c.n. r. non trasmesse;
b.4) hanno garantito la conoscenza dei fatti addebitati da parte dell’appellato, come del resto dimostrato dalla diffusa e dettagliata difesa dallo stesso effettuata, in particolare circa il suo coinvolgimento nella vicenda, mediante le memorie del 27 novembre 2013 e dell’11 dicembre 2013, presentate dal militare in seguito alla notificazione della contestazione disciplinare.
8.2. Il mezzo è pertanto fondato, non potendo essere condivise la statuizioni del primo giudice in ordine alla genericità della contestazione dell’addebito, rilevando, per converso, la congruità e sufficienza della motivazione.
9. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
10. La particolarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello R.G. n. 704/2016, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado (R.G. n. -OMISSIS-).
Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dell’appellato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2020, con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Oberdan Forlenza – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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