La fotografia è in grado di comprovare la certezza della data

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 1 aprile 2019, n. 2112.

La massima estrapolata:

La fotografia è in grado di comprovare la certezza della data perché la timbratura eseguita da un pubblico ufficiale equivale ad attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita.

Sentenza 1 aprile 2019, n. 2112

Data udienza 15 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3965 del 2011, proposto dalla signora Ra. Ru., rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Sa. e Ru. Pi., domiciliata ex art. 25 cpa presso Segreteria Sezionale C.d.S. in Roma, piazza (…),
contro
signor Ni. Ru., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Te. e Fr. Na., con domicilio eletto presso lo studio Al. Pl. in Roma, via (…),
nei confronti
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica pro tempore, non costituito in giudizio,
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Puglia – Bari, Sezione II, n. 887 del 10 marzo 2010, resa inter partes, concernente provvedimento di condono edilizio n. 19 del 16 marzo 2007 rilasciato dal Comune di (omissis).
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor Ni. Ru.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 novembre 2018 il Consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati Ru. Pi. e Fr. Na.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per la Puglia – Bari, Sezione II, il signor Ni. Ru. ha chiesto l’annullamento del provvedimento di condono edilizio n. 19 del 16 marzo 2007, rilasciato dal Comune di (omissis) in favore della signora Ra. Ru. per la sanatoria di opere (piccolo locale in ampliamento dell’abitazione principale e pergolato aperto sui lati) insistenti nel medesimo fabbricato (piano quinto) in cui il ricorrente è a sua volta proprietario di un appartamento (posto al terzo piano).
2. A sostegno della proposta impugnativa il signor Ni. Ru. (vedi pagine 4 e ss. del ricorso di primo grado) ha dedotto la posteriorità delle opere rispetto al termine perentorio (31 marzo 2003) contemplato dall’art. 32 del d.lgs. 30 settembre 2003, n. 269, conv. in l. 24 novembre 2003, n. 326, l’incompletezza della documentazione allegata alla domanda di condono, la contraddittorietà tra quanto in questa descritto e l’atto impugnato in ordine alla consistenza dell’abuso, il tardivo deposito della documentazione integrativa, il difetto di motivazione e l’infedeltà della domanda stessa per essere allegato alla domanda un elaborato tecnico non corrispondente allo stato dei luoghi (vedi pagina 12 del ricorso instaurativo della lite).
3. Costituitasi l’Amministrazione comunale e la controinteressata signora Ra. Ru., il Tribunale ha così deciso il gravame al suo esame:
– ha respinto il motivo relativo alle pretese incompletezza e genericità della dichiarazione di interesse, con conseguente improcedibilità della domanda di condono, ben potendo la documentazione fotografica asseverata (così come il certificato di idoneità sismica) essere prodotta successivamente alla sua presentazione;
– ha respinto anche la censura relativa alla pretesa infedeltà della domanda avendo l’appellante fornito le indicazioni necessarie ai fini del condono, a cominciare dalla corretta descrizione degli abusi commessi;
– ha respinto parimenti la censura che denota il notevole lasso di tempo trascorso tra la data (16 marzo 2017) di adozione del provvedimento di sanatoria e quella (9 aprile 2008) del suo rilascio;
– ha altresì respinto la censura relativa alla consistenza delle opere realizzate, siccome inclusive anche del pergolato aperto;
– ha accolto invece unicamente il motivo relativo alla posteriorità delle opere rispetto al termine perentorio prescritto dalla normativa di riferimento, dando rilievo alle “prove testimoniali raccolte dal ricorrente principale”;
– ha compensato le spese di lite.
4. Avverso tale pronuncia la signora Ra. Ru. ha interposto appello, notificato il 19 aprile 2011 e depositato il 14 maggio 2011, lamentando, attraverso un unico complesso motivo di gravame (pagine 5- 12), quanto di seguito sintetizzato:
– ha errato il Tribunale nel non aver valorizzato la documentazione esibita in corso di giudizio integrante quantomeno un principio di prova in ordine all’anteriorità delle opere rispetto al termine legale del 31 marzo 2003;
– non si poteva ritenere, come invece ha opinato il Tribunale, necessario produrre documentazione attestante il pagamento delle utenze luce, gas e telefono trattandosi di condono riguardante le pertinenze di un’abitazione principale, dalla quale dipende solo per l’energia elettrica in assenza di linea telefonica.
5. Il Comune di (omissis) non si è costituito nel presente giudizio, sebbene ritualmente intimato.
6. Si è invece costituito, in data 13 agosto 2018, il ricorrente originario signor Ni. Ru., nella veste di controinteressato nel presente giudizio, il quale, oltre ad opporre l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame, ha proposto ricorso incidentale avverso i capi della sentenza reiettivi dei motivi articolati col ricorso di primo grado, evidenziando che:
– “diversamente da quanto statuito dal giudice di primo grado, le censure proposte dall’odierno appellante non sono circoscritte all’asserita realizzazione delle opere edilizie condonate in epoca posteriore al 31 marzo 2003”;
– “la sentenza di primo grado è erronea nella parte in cui ha rigettato i vizi di legittimità relativi all’incompletezza e genericità delle dichiarazioni di interesse”;
– contrariamente a quanto opinato dal Tribunale l’integrazione della domanda di condono, in ogni caso non consentita, è avvenuta in questo caso soltanto in corso di giudizio, a condono già rilasciato, attraverso il deposito di documentazione fotografica ed asseverazione del tecnico non presenti nella pratica edilizia;
– la posteriorità delle opere è adeguatamente comprovata dalla documentazione fotografica in atti avente data certa.
6.1. Il controinteressato ha altresì avversato anche il capo della sentenza accoglitivo del ricorso contestando la rilevanza dei documenti che, a parere del Tribunale, sarebbero dimostrativi dell’anteriorità delle opere alla data suddetta quali le fotografie ritraenti lo stato dei luoghi e l’attestazione di conformità rilasciata dal tecnico di parte.
7. In data 15 ottobre 2018 il controinteressato ha depositato memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso incidentale e per il rigetto dell’appello principale.
8. Il ricorso, discusso alla pubblica udienza del 15 marzo 2018, è introitato in decisione.
9. La fondatezza dei rilievi sollevati dall’appellante incidentale, come si dirà di seguito, consente al Collegio di prescindere dalla disamina dell’eccezione di inammissibilità dell’appello dal medesimo sollevata.
9. Ordunque, ai fini della tassonomia delle questioni sollevate, occorre rilevare che sia il ricorrente principale che quello incidentale, segnatamente con il punto F (pagine 22 e ss.), contestano il medesimo capo della sentenza, di guisa che è d’uopo provvedere all’esame incrociato dei rispettivi rilievi, impingenti nella collocazione temporale delle opere.
In particolare, l’appellante principale – a fronte di quanto evidenziato dal Tribunale che, nel ritenere indimostrata la riconducibilità delle opere ad epoca antecedente alla data fatidica del 31 marzo 2003, valorizza le dichiarazioni testimoniali prodotte in atti a cura del controinteressato – assume che tale circostanza sarebbe adeguatamente comprovata dai documenti agli atti del giudizio, ed in particolare da “alcune fotografie, con data del novembre 2002, peraltro asseverate dal Geom. Pa. Ca.”. Ex adverso, l’appellante incidentale, oltre a contestare l’idoneità probatoria della predetta documentazione, evidenzia che la posteriorità delle opere sarebbe comprovata dalle risultanze documentali costituite dalle fotografie prodotte in prime cure ritraenti lo stato dei luoghi da gennaio a luglio 2004, quindi in epoca successiva allo sbarramento temporale del 31 marzo 2003.
9.2. Va premesso che, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., non possono essere utilizzati documenti non prodotti nel giudizio di prime cure. Infatti il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello riguarda anche le prove c.d. precostituite, quali i documenti, la cui produzione è subordinata al pari delle prove c.d. costituende, alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado ovvero alla valutazione della loro indispensabilità (Cons. Stato, sez. IV, 20 agosto 2018, n. 4969). Ebbene, nel caso di specie non si rinviene alcuno degli speciali motivi previsto dall’art. 345 c.p.c. in grado di giustificare il superamento del citato divieto (Cons. Stato, sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703).
9.2. Transitando al merito dei contrapposti rilievi, si palesa fondato quanto dedotto dal ricorrente incidentale nel senso della posteriorità dell’intervento rispetto alla data del 31 marzo 2003, avuto riguardo alla documentazione fotografica prodotta in prime cure ritraente uno stato di avanzamento dei lavori ben lontano dal raggiungimento della fase ultimativa nel periodo che segue alla scadenza di detto termine. Va premesso, sul punto, che, come da costante orientamento giurisprudenziale, un immobile è suscettibile di condono quando abbia raggiunto uno stadio costruttivo che consenta di individuarne le caratteristiche tipologiche. Si osserva, infatti, che “l’art. 31 l. n. 47 del 1985, nello specificare il concetto di “ultimazione” dell’opera ai fini della sanatoria di un abuso, nella prima parte si riferisce a interventi realizzati “ex novo”, richiedendo l’esistenza di una struttura che ne definisca la loro rilevanza urbanistico-edilizia e consenta di identificarne la specifica natura. La seconda parte riguarda, invece, le opere interne a edifici già esistenti e quelle non destinate alla residenza, in relazione alle quali il concetto di completamento è riferito alla funzionalità dell’opera. In ogni caso l’opera abusiva, per poter essere ritenuta ultimata, deve comunque presentare in modo inequivoco gli elementi strutturali tipici e caratterizzanti la tipologia cui la stessa appartiene: pertanto, l’esistenza dell’opera in termini strutturali, in modo tale che ne sia identificabile in modo inequivoco natura e tipologia, costituisce presupposto indispensabile per poter attribuire valenza alla sua funzionalità in quanto tale” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 dicembre 2016, n. 5060). Nemmeno va trascurato il principio giurisprudenziale, assurto al rango di jus receptum, secondo cui “incombe su chi richiede di beneficiare di un condono edilizio l’onere di provare che l’opera è stata realizzata in epoca utile per fruire del beneficio, in quanto, mentre l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, colui che lo richiede può, di regola, procurarsi la documentazione da cui si possa desumere che l’abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data prevista” (cfr. Cons Stato, sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4168).
Orbene, dall’esame di detti reperti fotografici è dato rilevare, alla data del 23 aprile 2004, la presenza in sito di un manufatto privo degli elementi essenziali per reputarlo definito nelle sue caratteristiche volumetriche.
Per quanto attiene poi alla risalenza di tale documentazione, va osservato che ciascuna fotografia riporta sul retro un timbro postale – con data intercorrente tra gennaio e luglio 2004 e quindi posteriore al 31 marzo 2003 – che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, è in grado di comprovare la certezza della data “perché la timbratura eseguita da un pubblico ufficiale equivale ad attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita” (Cass. civile, sez. VI, 5 ottobre 2017, n. 23281).
A parziale modifica ed integrazione di quanto ritenuto dal Tribunale, deve conclusivamente rilevarsi che la posteriorità delle opere de quibus trova adeguato riscontro non soltanto nelle dichiarazioni testimoniali – correttamente ritenute di per sé dirimenti dal Primo Giudice -, ma anche nella documentazione fotografica agli atti del giudizio, risultando che le opere oggetto della domanda di condono sono state edificate successivamente al termine perentorio del 31 marzo 2003.
La documentazione prodotta a cura di parte appellante non è tale da comprovare il contrario (nel senso dell’anteriorità delle opere rispetto a detto termine) ed in particolare:
– la documentazione fotografica, a prescindere dalla sua effettiva idoneità integrativa della pratica edilizia, non costituisce prova certa, in quanto la data del 17 novembre 2002 impressa su di essa ben può essere frutto di artifici e pertanto non rispondere al contesto temporale in cui le stesse sono state scattate;
– né può reputarsi sufficiente la dichiarazione sostitutiva prodotta dall’interessata come da costante orientamento di questo Consiglio, secondo cui “la semplice produzione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non può in alcun modo assurgere al rango di prova, seppure presuntiva, della data di ultimazione dei lavori abusivi, e ciò in quanto, seppure in ipotesi la dichiarazione sostitutiva può rappresentare un principio di prova potenzialmente idoneo e sufficiente a dimostrare la data di ultimazione delle opere, la stessa non fa ricadere sull’Amministrazione pubblica l’onere di fornire la prova dell’ultimazione dei lavori in data successiva a quella dichiarata dall’interessato” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 marzo 2018, n. 2020);
– l’asseverazione del tecnico di parte appellante non è in grado di attestare la conformità tra lo stato dei luoghi riprodotto dalle fotografie prodotte nel corso del giudizio di primo grado e quello reale alla data indicata dalle stesse, in quanto non risulta che sia stata depositata e protocollata presso gli uffici comunali;
– tale asseverazione, prodotta unitamente alle fotografie soltanto nel corso del giudizio di primo grado, non reca infatti la data in cui è stata depositata presso gli uffici comunali, cosicché non è in grado di fornire dimostrazione di tale decisiva circostanza temporale.
9.3. L’accoglimento del motivo in esame comporta l’assorbimento di ogni altra censura criticamente riproposta in questa sede dal ricorrente incidentale signor Ni. Ru..
10. In conclusione, l’appello principale va respinto mentre il ricorso incidentale in parte va accolto ed in parte va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse; ne consegue che la sentenza odiernamente impugnata va confermata, sia pure con diversa motivazione.
11. Le spese del doppio grado di giudizio, stante l’assoluta peculiarità della vicenda, possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (R.G. n. 3965/2011), così decide:
– respinge l’appello principale proposto dalla signora Ra. Ru.;
– accoglie in parte il ricorso incidentale, proposto dal signor Ni. Ru., ed in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse;
– per l’effetto, conferma la sentenza impugnata con diversa motivazione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano – Presidente
Oberdan Forlenza – Consigliere
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere, Estensore

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