Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 30 giugno 2020, n. 4171.
La massima estrapolata:
La dimensione oggettiva del giudicato amministrativo è correlata all’oggetto del processo e alla struttura del giudizio. Quando è impugnato un provvedimento discrezionale (anche soltanto sotto il versate tecnico), i limiti oggettivi del giudicato amministrativo sono saldamente ancorati agli specifici argomenti di fatto e di diritto che integrano la violazione accertata dal giudice.
Sentenza 30 giugno 2020, n. 4171
Data udienza 18 giugno 2020
Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Giudicato amministrativo – Dimensione oggettiva – Provvedimento discrezionale – Limiti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1107 del 2020, proposto da
AN. LO., rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Er., An. Na., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
‘APPELLATI’
contro
RE. HO. S.R.L. CON UNICO SOCIO, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ru., Ma. Al. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ma. Al. Sa. in Roma, corso (…);
COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. An., Ga. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu. Le. in Roma, via (…);
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 1053 del 2020, proposto da
RE. HO. S.R.L. CON UNICO SOCIO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ru., Ma. Al. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ma. Al. Sa. in Roma, corso (…);
contro
AN. Lo., rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Er., An. Na., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI E PER IL TURISMO, REGIONE CAMPANIA, non costituiti in giudizio;
COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. An., Ga. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu. Le. in Roma, via (…);
per la riforma
– quanto al ricorso n. 1053 del 2020, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n. 5225 del 2019;
– quanto al ricorso n. 1107 del 2020, per la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 259 del 2020;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di RE. HO. S.r.l. ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2020 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati Ma. Al. Sa., Gi. Ru., Al. Er. e Ga. Ro., in collegamento da remoto ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.? Va premessa una sintetica ricostruzione dell’articolata vicenda controversa:
– RE. HO. è proprietaria di alcune porzioni immobiliari di un antico fabbricato risalente ai primi anni del novecento (censito al catasto fabbricati del Comune di Napoli, sezione (omissis), foglio (omissis), particella (omissis), sub (omissis)), ricadente tra gli insediamenti di interesse storico del vigente P.R.G., in area sottoposta a vincolo paesaggistico apposto con il decreto ministeriale 21 febbraio 1977;
– la proprietaria del suddetto immobile (all’epoca denominata Pi.), volendo realizzare l’accesso diretto ai locali ubicati al piano terra, mediante il ripristino degli accessi originari sulla strada e l’eliminazione di griglie di protezione e di “traversi” in travertino che avevano nel tempo trasformato i preesistenti vani-porta in vani-finestra, presentava in data 6 agosto 2010 istanza di autorizzazione paesaggistica, a sensi dell’articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004;
– la Soprintendenza, con atto del 1 febbraio 2011 prot. n. 28853, esprimeva parere favorevole al rilascio di tale autorizzazione “considerato che trattasi della richiesta di ripristino dei vani-porta nel tempo trasformati in vani finestra”;
– il Comune di Napoli, rilasciava quindi l’autorizzazione paesaggistica n 25 del 15 febbraio 2011;
– successivamente, la stessa Soprintendenza, con atto prot. n. 4612 del 17 febbraio 2012, a seguito di un esposto presentato dalla signora Li., annullava il richiamato parere favorevole n. 28853 del 2011, in quanto basato sull’erroneo presupposto che i vani-finestra fossero in origine stati vani-porta;
– con ricorso innanzi al T.a.r. Campania n. 2534 del 2012, la Pi. impugnava l’atto soprintendizio di annullamento d’ufficio del precedente parere favorevole, e con motivi aggiunti anche il parere contrario sfavorevole espresso dalla Soprintendenza con atto 17 maggio 2012 n 4726, basato sulle medesime argomentazioni contenute nell’atto di ritiro;
– nel frattempo, in esito dell’esame di ulteriori documentazione depositata dalla società interessata, la Soprintendenza, con nota 29 novembre 2012 n 23574 ? ritenuto che gli atti allegati attestassero che gli attuali vani luce finestrati erano effettivamente trasformazioni degli originali vani di ingresso ai locali del piano terra ? concludeva che “si ritiene in essere il parere favorevole n. 28853 del 01/02/2011”;
– con nota 27 dicembre 2012, il Comune dichiarava che l’autorizzazione paesaggistica n 25 del 2011 doveva pertanto essere considerata “valida ed efficace”;
– avverso gli atti da ultimo indicati, la signora Li., proprietaria di un appartamento sito nell’edificio di via (omissis), proponeva il ricorso n. 681 del 2013 innanzi al T.a.r. Campania che, con sentenza n. 3648 del 2014, annullava il parere favorevole del 2012 e, conseguentemente, l’autorizzazione paesaggistica n. 25 del 2011, motivando che la Soprintendenza avrebbe dovuto “esaminare la compatibilità paesaggistica della trasformazione proposta […] alla luce della situazione tutelata quale individuata dal decreto di vincolo stesso”, non essendo sufficiente a fondare il parere favorevole la motivazione di un preteso ripristino di aperture pregresse originarie antecedenti l’apposizione del vincolo stesso;
– con istanza del 5 dicembre 2014, la proprietaria Pi. chiedeva alla Soprintendenza, in esecuzione della sentenza n. 3648 del 2014, di rideterminarsi dopo l’annullamento giurisdizionale disposto per difetto di motivazione;
– con nota 3 febbraio 2015 prot. n. 2432, la Soprintendenza rilevava che, avendo la sentenza di primo grado provocato la reviviscenza del precedente provvedimento di segno negativo del 17 maggio 2012, non vi erano spazi per il riesame nel merito;
– a questo punto, con ricorso in ottemperanza n. 1882 del 2015, la Pi. adiva il giudice amministrativo per la dichiarazione di inefficacia della nota della Soprintendenza da ultimo citata;
– nelle more, la stessa Pi. con motivi aggiunti nel precedente giudizio n. 2534 del 2012, impugnava anche la nota del Comune di Napoli del 9 settembre 2015;
– il Consiglio di Stato, con sentenza, n. 2751 del 2015, rigettava il ricorso in appello proposto dalla Pi. avverso la sentenza di primo grado n. 3648 del 2014 (che aveva annullato il parere favorevole del 2012 e, conseguentemente, l’autorizzazione paesaggistica n. 25 del 2011);
– con ricorso n. 4944 del 2015, la signora Li. chiedeva la corretta esecuzione del giudicato di cui alla sentenza del T.a.r. n. 3648 del 2014 confermata dal Consiglio di Stato;
– il T.a.r. Campania, con sentenza n. 1102 del 2016, rigettava il ricorso n. 2534 del 2012 e i due motivi aggiunti proposti dalla Pi. avverso: i) i provvedimenti della Soprintendenza 17 febbraio 2012 n 4612, di annullamento del precedente parere favorevole 1 febbraio 2011, e 17 maggio 2012 n 4726, di rilascio del parere sfavorevole; ii) il provvedimento comunale 9 settembre 2015 n. 687910, di diniego di autorizzazione paesistica;
– avverso tale sentenza la Pi. proponeva l’appello n. 5102 del 2016, accolto con la sentenza del Consiglio di Stato n. 259 del 2020, oggetto dell’odierno giudizio di revocazione;
– con sentenza, n. 1354 del 2016, il giudice di primo grado dichiarava invece inammissibile il ricorso n. 1882 del 2015 e i motivi aggiunti proposti dalla Pi.: i) per l’ottemperanza alla sentenza n 3648 del 2015; ii) per la dichiarazione di inefficacia della nota soprintendizia 3 febbraio 2015; iii), per la declaratoria di inefficacia del provvedimento comunale n. 687910 del 9 settembre 2015 (la sentenza veniva appellata dalla Pi. con ricorso n. 5104 del 2016);
– con sentenza n. 1399 del 2016, il T.a.r. Campania accoglieva il ricorso n. 4944 del 2015 proposto dalla signora Li. per l’ottemperanza alla sentenza n. 3648 del 2014, confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 2751 del 2015 (anche tale sentenza veniva appellata dalla Pi. con ricorso n. 3653 del 2016);
– dopo la sentenza del T.a.r. n. 3648 del 2014 (che, come si è detto, aveva annullato il parere favorevole del 2012), la Pi. presentava, in data 14 maggio 2015, istanza per l’accertamento di compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art 167, commi 4 e 5, del decreto legislativo n 42 del 2004;
– stante l’inerzia del Comune, la Pi., con nota 8 maggio 2017, si rivolgeva alla Regione che, con atto del 19 luglio 2017, si esprimeva in senso favorevole all’accoglimento dell’istanza; anche la competente Soprintendenza si esprimeva favorevolmente, con provvedimento 15 settembre 2017 n. 9460, a cui faceva seguito il provvedimento 23 ottobre 2017 n. 15 di accertamento della conformità paesaggistica;
– avverso i provvedimenti da ultimo citati, l’ingegnere Lo. (avente causa della signora Li.) proponeva ricorso al T.a.r. Campania, che con sentenza n. 5225 del 2019 dichiarava la nullità dei provvedimenti impugnati per violazione del giudicato;
– avverso tale sentenza la RE. HO. proponeva l’appello n. 1053 del 2020, oggetto dell’odierno giudizio di appello.
2.? Con il ricorso in epigrafe, n. 1107 del 2020, l’ingegnere An. Lo. chiede la revocazione della sentenza n. 259 del 2020, con cui il Consiglio di Stato ha accolto l’appello di RE. HO., accertando l’illegittimità dell’atto della Soprintendenza 17 febbraio 2012 n 4612 di annullamento del precedente parere favorevole, e del conseguente parere sfavorevole espresso dalla Soprintendenza nel maggio 2012, facendo per l’effetto rivivere l’originario parere favorevole 1 febbraio 2011 n 28853.
Secondo il ricorrente ricorre l’ipotesi di cui all’art. 395, comma 1, lettera 5), del c.p.c., stante il contrasto con il giudicato di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2751 del 2015.
Resiste nel presente giudizio la società RE. HO. s.r.l., chiedendo che la revocazione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
Si è costituito anche il Comune di Napoli, sia pure con memoria di stile.
3.? Con l’ulteriore ricorso di appello in epigrafe, n. 1053 del 2020, la RE. HO. s.r.l. ha chiesto la riforma della sentenza del T.a.r. Campania n. 5225 del 2019, che ha annullato l’atto di accertamento della conformità paesaggistica delle opere, ai sensi dell’art 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
Resiste nel giudizio di appello, l’ingegnere An. Lo., concludendo per il rigetto dell’avverso ricorso in appello siccome improcedibile.
Si è costituito in giudizio anche il Comune di Napoli, eccependo che il ricorso in appello è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse a seguito dell’intervenuta sentenza del Consiglio di Stato n. 259 del 2020.
4.? All’udienza del 18 giugno 2020, le cause sono state discusse e trattenute per la decisione.
DIRITTO
1.? I due ricorsi in epigrafe vanno riuniti per evidenti motivi di connessione oggettiva e soggettiva
2.? L’ingegnere An. Lo. solleva avverso la sentenza n 259 del 2020 due motivi di revocazione, entrambi incentrati sulla fattispecie di cui all’art. 395, comma 1, n. 5 del c.p.c. Secondo l’istante, la pronuncia in esame si porrebbe in contrasto con la precedente sentenza del Consiglio di Stato n. 2751 del 2015, sotto i seguenti profili:
a) per effetto diretto del giudicato formatosi sul punto nel lontano 2015, allorquando interveniva la successiva pronuncia n. 259 del 2020, il primo parere sarebbe già stato giurisdizionalmente caducato, cosicché il giudice del 2020 non avrebbe potuto scrutinare le censure d’appello relative a pretesi vizi del procedimento amministrativo di autoannullamento del primo parere, ormai rimosso dal mondo giuridico per effetto della cosa giudicata sull’annullamento del secondo parere, non essendovi il relativo interesse;
b) la “regola di diritto” enunciata con il giudicato del 2015 (relativa alla necessità di una concreta e attuale valutazione, ad opera della Soprintendenza, della compatibilità delle opere con il vincolo paesaggistico, stante l’insufficienza del mero riferimento alla riconfigurazione dello stato antico dei luoghi) sarebbe valsa, sia per il parere favorevole del 2012, che per quello di identico contenuto provvedimentale del 2011.
2.1.? In termini generali, il mezzo revocatorio di cui all’art. 395, comma 1, n. 5 del c.p.c., per essere ammissibile, richiede che:
i) la sentenza revocanda sia contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata: il conflitto tra diverse “regulae iuris”, derivanti da due distinti giudicati, è ipotizzabile solo quando sussista una strutturale concordanza degli elementi costitutivi dell’azione promossa nei due giudizi;
ii) il giudice non sia pronunciato sulla relativa eccezione di giudicato esterno: è cioè necessario che l’esistenza del giudicato non sia stata dedotta nel giudizio, o comunque non sia stata presa in esame dal giudice, atteso che altrimenti non sarebbe ravvisabile il carattere “occulto” del contrasto con la precedente statuizione, su cui riposa il fondamento del rimedio in esame.
3.? Calando i princì pi su esposti nel caso di specie, il ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile.
3.1.? In primo luogo, non è configurabile l’asserito contrasto tra giudicati.
Va ricordato che la dimensione oggettiva del giudicato amministrativo è correlata all’oggetto del processo e alla struttura del giudizio. Quando è impugnato un provvedimento discrezionale (anche soltanto sotto il versate tecnico), i limiti oggettivi del giudicato amministrativo sono saldamente ancorati agli specifici argomenti di fatto e di diritto che integrano la violazione accertata dal giudice.
Nel caso di specie, non vi alcuna coincidenza nella sequenza procedimentale scrutinata:
– il giudicato di cui alla sentenza del T.a.r. Campania n. 3648 del 2014, confermata dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 2751 del 2015, ha comportato l’annullamento del parere soprintendizio favorevole del 29 novembre 2012 n, 23574 e della nota del Comune del 27 dicembre 2012 (che aveva conseguentemente dichiarato che l’autorizzazione paesaggistica n 25 del 2011 doveva ritenersi “valida ed efficace”);
– il giudicato di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n. 259 del 2020, ha invece disposto l’annullamento del provvedimento della Soprintendenza 17 febbraio 2012 n 4612, di annullamento del precedente parere favorevole del 1 febbraio 2011, e il successivo parere sfavorevole del 17 maggio 2012 n. 4726.
Sotto altro profilo, la sentenza n. 259 del 2020 ha accertato l’illegittimità degli atti impugnati sulla base di questioni non esaminate nella sentenza precedente n. 2751 del 2015, rilevando la sussistenza dei seguenti vizi del procedimento di secondo grado: – il mancato avviso di avvio del procedimento in favore della società Pi.; – la violazione del il principio del contrarius actus; – l’insufficiente motivazione della preminenza di un interesse pubblico all’annullamento prevalente rispetto ai contrapposti interessi dei privati.
In definitiva, tra i due giudicati, non sussiste la necessaria identità di oggetto, stante l’autonomia logico-giuridica dei diversi provvedimenti impugnati e la diversità dei vizi accertati.
3.2.? In secondo luogo, la sentenza n. 259 del 2020 richiama espressamente la precedente sentenza n. 2751 del 2015 ? oggetto del resto anche dei motivi di impugnazione ? al fine precipuo di perimetrare la propria sfera di cognizione rispetto alla cosa giudicata.
Si legge infatti nel corpo della motivazione: “Ritiene, peraltro, il Collegio che la valenza preclusiva del giudicato, così come emergente dai contenuti delle sentenze che vi hanno dato luogo, copre unicamente la questione della possibilità per la soprintendenza di annullare in via autonoma (e su sollecitazione del privato) il parere precedentemente reso e trasfuso nel rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, nonché quella relativa alla mancata consumazione del relativo potere.
Il giudicato, invece, non esclude la scrutinabilità nella presente sede dei diversi vizi che in concreto hanno interessato il suddetto procedimento di secondo grado, non rinvenendosi statuizioni ostative sul punto, avuto riguardo anche alla circostanza che non si è in presenza di specifiche censure che siano state dedotte nel giudizio che ha condotto all’emanazione delle citate sentenze n. 3648/2014 del TAR e n. 2751/2015 di questo Consiglio”.
3.3.? In definitiva, la domanda di revocazione esorbita chiaramente dai parametri del rimedio revocatorio, per assumere piuttosto i profili di un nuovo ricorso di merito.
4.? Dalla chiusura in rito del giudizio di revocazione discende l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso in appello n. 1053 del 2020, come del resto prefigurato anche da tutte le parti del giudizio.
Il giudicato di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n. 259 del 2020 comporta infatti che le opere in contestazione siano, allo stato, regolarmente assentite dal primo parere favorevole. Non vi è quindi interesse alcuno a coltivare il giudizio incentrato sulla sequenza procedimentale successiva relativa alla richiesta di sanatoria paesaggistica, rimasta oramai priva del suo antecedente logico.
5.? Le spese di lite di entrambi i giudizi possono compensarsi interamente tra le parti, attesa la complessità e il carattere risalente dell’intricata controversia.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
– dichiara inammissibile il ricorso per revocazione n. 1107 del 2020;
– dichiara estinto per sopravvenuta carenza di interesse l’appello n. 1053 del 2020;
– compensa interamente le spese di lite di entrambi i giudizi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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