La dichiarazione riguardo alle vicende professionali dell’impresa

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 14 aprile 2020, n. 2389.

La massima estrapolata:

La dichiarazione omessa, incompleta o falsa riguardo alle vicende professionali dell’impresa è reputata idonea all’esclusione del concorrente soltanto se concernente illeciti professionali gravi, accertati e significativi ai fini del giudizio di integrità e di affidabilità dell’operatore economico.

Sentenza 14 aprile 2020, n. 2389

Data udienza 20 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Gara pubblica – Appalto di servizi – Aggiudicazione – Impugnazione – Rigetto -Art. 80, comma 5, lettere c) ed f-bis), D.Lgs. n. 50/2016 – Portata degli obblighi dichiarativi

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 6051 del 2019, proposto da
La. S.r.l., già Be. Pr. Co. S.r.l., in proprio e quale mandataria del costituendo r.t.i. con lo St. le. Ol., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Sp., Wa. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi. Sp. in Roma, viale (…).
contro
Centrale di Committenza As. Co. Scarl, non costituita in giudizio;
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fe. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Br. Sa. in Roma, via (…).
nei confronti
Società Es. 3 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Al. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Sa. Na. in Roma, c.so (…);
Et. Se. S.r.l. in proprio e nella qualità di mandante del r.t.i. Es. S.r.l. – Et. Se. S.r.l. ed altri, non costituiti in giudizio.
per la riforma della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per la Campania – sezione staccata di Salerno Sezione Prima n. 01275/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e della Società Es. 3 S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2020 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Sp., Ca. su delega di Pi., De Ch. su delega di Co.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale della Campania – sezione staccata di Salerno ha respinto il ricorso proposto dalla società La. S.r.l. – già Be. Pr. Co. s.r.l., in proprio e in qualità di capogruppo del costituendo r.t.i. con lo St. le. Ol., contro il Comune di (omissis) e nei confronti della società Es. 3 s.r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria del costituendo r.t.i. Es. 3 s.r.l. – Et. Se. s.r.l., per l’annullamento dell’aggiudicazione in favore di quest’ultimo dell’appalto avente ad oggetto il “servizio di gestione di tutte le infrazioni al codice della strada, elevate dal Comando di Polizia Locale, noleggio installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di postazioni fisse approvate per il controllo della velocità ai sensi dell’art. 142 CdS in modalità istantanea, con sistema di rilevamento automatico delle infrazioni, nonché servizio di riscossione coattiva delle sanzioni amministrative derivanti da violazioni alle norme del codice della strada”.
2. Per ottenere la riforma della sentenza, la società La. S.r.l., in proprio e nella qualità predetta, ha avanzato appello con due motivi. Non è stata riproposta in appello la censura di cui al secondo motivo del ricorso, concernente la competenza dei commissari di gara; pertanto, su tale capo di rigetto si è formato il giudicato.
2.1. Il Comune di (omissis) e la controinteressata Es. 3 s.r.l., in proprio e nella qualità predetta, si sono costituiti per resistere al gravame.
2.2. Dapprima con decreto n. 3618 del 17 luglio 2019 e quindi con ordinanza n. 4181 del 30 agosto 2019 è stata respinta l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza.
2.3. Alla pubblica udienza del 20 febbraio 2020 la causa è stata posta in decisione, previo deposito di memorie e repliche delle parti costituite.
3. Col primo motivo sono riproposte le censure con le quali è stata dedotta la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), c-ter) e f-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016, come da ultimo modificato dall’art. 5 del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135 convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12.
In particolare, è stato denunciato che la mandante del r.t.i. aggiudicatario, Et. Se. s.r.l., avrebbe reso dichiarazioni mendaci in sede di partecipazione alla gara, avendo omesso di dichiarare l’esistenza di un contenzioso con il Comune di (omissis), relativo allo svolgimento di un appalto affidato da quest’ultimo, e concluso con una transazione tra le parti.
3.1. La sentenza di primo grado ha respinto il motivo richiamando l’orientamento espresso da questo Consiglio di Stato nel precedente del 3 settembre 2018, n. 5136, emesso in una controversia in cui l’operatore economico non aveva dichiarato l’esistenza di una transazione conclusa in esito ad un contenzioso concernente un precedente appalto, ed osservando che l’art. 80, comma 5, lett. c- ter) fa attualmente riferimento a “due fattispecie tipiche caratterizzate da circostanze oggettive (la risoluzione per inadempimento o la condanna al risarcimento del danno), cui è assimilata una ulteriore fattispecie parzialmente indeterminata, ma che comunque deve caratterizzarsi per una circostanza oggettiva, cioè la constatazione dell’avvenuta commissione di un illecito”. Dato ciò, ha escluso, in generale, che la transazione possa essere di per sé sintomatica di un grave illecito professionale e, nel caso di specie, che lo fosse la transazione conclusa dalle parti a seguito del giudizio promosso dalla odierna controinteressata nei confronti del Comune di (omissis). In proposito, ha osservato che “Sebbene nella delibera n. 25 del 21 marzo 2019 (di consenso alla transazione) l’amministrazione abbia dato conto di inesattezze e di negligenze nella esecuzione del contratto da parte della Società Et. Se., è incontestato che non si sia mai pervenuti ad una definizione giudiziale della complessa controversia, nella quale ciascuna delle parti contrattuali ha lamentato inadempimenti dell’altra”, concludendo perciò per l’insussistenza del mendacio ascritto ad Et. Se..
3.2. L’appellante censura la decisione, sottolineando che la delibera da ultimo menzionata, con la quale è stato espresso parere favorevole in merito alla bozza dell’accordo transattivo tra le parti, è stata adottata dal Comune di (omissis) successivamente sia alla sottoscrizione del DGUE (13 marzo 2019) sia alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte (15 marzo 2019), sicché a tali ultime date il contenzioso era ancora in essere ed inoltre il preambolo della delibera farebbe emergere “il fatto storico dell’accertato inadempimento della società Et. Se. nei confronti della P.A.”, da ritenersi “grave, visto che il Comune ne ha chiesto, in via riconvenzionale, il ristoro per una somma di circa 100.000 euro”, della quale si sarebbe tenuto conto in sede transattiva.
3.2.1. Secondo l’appellante, la vigente formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), che non esemplifica più i casi di grave illecito professionale, di fatto rimettendo ogni valutazione alla stazione appaltante, avrebbe ampliato gli oneri dichiarativi dei concorrenti, di modo che verrebbe confermata la correttezza dell’orientamento giurisprudenziale -espresso nei precedenti richiamati in ricorso- che configura l’obbligo di c.d. onnicomprensività della dichiarazione in vista dell’apprezzamento di spettanza della stazione appaltante.
Nel caso di specie, quindi, la transazione non rileverebbe in quanto tale, anche perché sopravvenuta alla presentazione della domanda di partecipazione, ma in quanto darebbe conto degli inadempimenti contestati dal Comune di (omissis) ad Et. Se. nell’esecuzione del precedente contratto di appalto, che avrebbero dovuto essere resi noti nella procedura de qua per consentirne la valutazione da parte della stazione appaltante.
4. Il motivo è infondato.
Va premesso che la procedura di gara è stata indetta con bando del 13 febbraio 2019, sicché non è in contestazione che il testo dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 applicabile ratione temporis sia quello modificato dall’art. 5, comma 1, del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12.
Dato l’incipit dell’art. 80, comma 5, secondo cui “le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni […]”, rilevano, secondo l’appellante:
– la lettera c (la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità ) e
– la lettera f-bis (l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere).
Si conviene con l’appellante che, essendo rimasta invariata la disposizione del precedente primo periodo della lettera c), sia a maggior ragione attuale la giurisprudenza che -pur nel vigore della disposizione che individuava alcune condotte da qualificarsi ex lege “gravi illeciti professionali” attualmente “spostate” nelle lettere c-bis e c-ter- riteneva trattarsi di elencazione puramente esemplificativa e riconosceva alla stazione appaltante di poter desumere la sussistenza di “gravi illeciti professionali” da ogni altra vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa se reputata idonea a mettere in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente (ex multis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586; V, 25 gennaio 2019, n. 591; V, 3 gennaio 2019, n. 72; III, 27 dicembre 2018, n. 7231).
Anche in base all’attuale testo dell’art. 80, comma 5, lett. c), si può ribadire che i c.d. obblighi informativi sono posti a carico dell’operatore economico per consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’integrità e sull’affidabilità del medesimo (cfr. Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 827; V, 16 novembre 2018, n. 6461; V, 24 settembre 2018, n. 5500; V, 3 settembre 2018, n. 5142; V, 17 luglio 2017, n. 3493; V, 5 luglio 2017, n. 3288).
Però, contrariamente a quanto assume l’appellante, la modifica normativa in esame non ha affatto comportato un ampliamento delle informazioni da rendersi da parte del concorrente. A tutt’oggi, rientrano tra le informazioni dovute quelle di cui alla lettera c bis), ultimo inciso, nonché -per pacifica giurisprudenza- quelle tipizzate di cui alla lettera c-ter), sicché l’omissione di tali informazioni ovvero la loro falsità, ai sensi della lettera f bis) dello stesso art. 80, comma 5, comporta l’esclusione del concorrente, fatta salva per le circostanze di cui alla lettera c-ter la motivazione imposta alla stazione appaltante.
4.1. Nel caso in esame, non ricorre alcuna delle fattispecie tipizzate dalla lettera c-ter), poiché il contratto stipulato tra Et. Se. e il Comune di (omissis) non è stato risolto, né vi è stata condanna al risarcimento del danno o l’applicazione di altre “sanzioni comparabili”.
4.2. Dato ciò, e non avendo la ricorrente nemmeno sostenuto l’applicabilità dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis), la questione interpretativa oggetto del presente giudizio si risolve nel rapporto tra le disposizioni di cui alle lettere c) ed f-bis) dell’art. 80, comma 5, dal momento che il legale rappresentante di Et. Se., con la domanda di partecipazione alla gara, ha dichiarato di non essere incorso in gravi illeciti professionali, pur nella pendenza del contenzioso in essere con il Comune di (omissis).
4.2.1. In linea di principio, permane, anche dopo la modifica normativa di cui sopra, il contrasto giurisprudenziale sull’interpretazione combinata delle due norme, rappresentato dai precedenti citati da ciascuna delle parti nel presente giudizio a sostegno delle proprie contrapposte ragioni; dato tale contrasto, risulta tuttavia prevalente -rispetto a quella fatta propria dal giudice a quo mediante la citazione della sentenza di questa Sezione V, 3 settembre 2018, n. 5136- l’interpretazione giurisprudenziale che impone all’operatore economico di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, astrattamente valutabili ai fini del giudizio di affidabilità quale futuro contraente (cfr. Cons. Stato, V, 14 febbraio 2018, n. 956; id., V, 11 giugno 2018, n. 3592; id., V, 24 settembre 2018, n. 5500; id., V, 27 dicembre 2018, n. 7271, nonché di recente Cons. Stato, III, 22 maggio 2019, n. 3331 e C.G.A., 10 luglio 2019, n. 662, citate nel ricorso in appello).
4.2.2. Tuttavia, l’analisi dei casi oggetti delle pronunce che hanno affermato l’indirizzo interpretativo più rigoroso consente di concludere nel senso che -impregiudicata ogni valutazione sulla (diversa) fattispecie, qui non rilevante, delle dichiarazioni concernenti pregresse condanne penali (cui è riferita la recente decisione di questa Sezione V, 7 gennaio 2020, n. 70 citata nella memoria difensiva dell’appellante)- la dichiarazione omessa, incompleta o falsa riguardo alle vicende professionali dell’impresa è stata reputata idonea all’esclusione del concorrente soltanto se concernente illeciti professionali gravi, accertati e significativi ai fini del giudizio di integrità e di affidabilità dell’operatore economico. Ed invero, un’interpretazione che, all’opposto, imponesse obblighi dichiarativi generalizzati e illimitati, come osservato in un condivisibile arresto giurisprudenziale, “potrebbe rivelarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (così Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142).
4.3. Quest’ultima è la situazione che si riscontra nel caso di specie, atteso che:
– l’inesatto adempimento della Et. Se. s.r.l. di obbligazioni inerenti un precedente contratto è stato posto a base di una domanda riconvenzionale svolta dal Comune di (omissis) nel giudizio civile, che era stato introdotto dalla società appaltatrice al fine di ottenere il risarcimento dei danni sofferti per il dedotto inadempimento dell’amministrazione appaltante;
– il giudizio si è svolto dopo che il contratto era stato interamente eseguito, essendo pervenuto alla naturale scadenza contrattuale ed al suo esaurimento, anche con il versamento del corrispettivo alla società esecutrice;
– non vi è un inadempimento di quest’ultima che sia stato accertato (come sostiene l’appellante) bensì soltanto dedotto in giudizio, a fondamento di una domanda riconvenzionale, che però non ha ricevuto alcun avallo giudiziale;
– pur se è vero che, alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara de qua, il contenzioso era ancora pendente, risulta per tabulas che fosse in via definizione stragiudiziale (cfr. i punti 18, 19 e 20 della delibera del 21 marzo 2019);
– la transazione successivamente stipulata tra le parti conferma quest’ultimo dato, mentre non può assumere, ex se, come vorrebbe l’appellante, valenza accertativa dell’inadempimento della società da qualificarsi come “grave illecito professionale” imputabile all’operatore economico, poiché l’atto transattivo è negozio di accertamento limitato, nel caso di specie, al riconoscimento delle contrapposte pretese patrimoniali, ai soli fini delle “reciproche concessioni” strumentali a porre fine alla lite in essere tra le parti.
4.3.1. In siffatta situazione, va escluso:
– sia che, alla data della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, vi fosse l’obbligo di dichiarare l’inesatto adempimento riferito al precedente contratto di appalto, poiché questo non era stato accertato in giudizio né formalmente contestato con provvedimenti di competenza della stazione appaltante emessi per addivenire alla risoluzione del contratto;
– sia che, alla stessa data, vi fosse l’obbligo di dichiarare la pendenza del giudizio, in quanto il contenzioso aveva ad oggetto (non una domanda di risoluzione contrattuale avanzata dalla stazione appaltante per l’inadempimento dell’appaltatore bensì ) contrapposte pretese patrimoniali; per di più, le pretese della stazione appaltante, pur se a titolo risarcitorio, erano state avanzate soltanto con domanda riconvenzionale, dal momento che l’iniziativa giudiziaria era stata intrapresa dalla Et. Se., dopo che il contratto aveva avuto definitiva esecuzione giungendo alla naturale scadenza.
4.4. Il primo motivo di appello va respinto.
5. Col secondo motivo si censura la decisione di rigetto della domanda di accesso ai verbali di gara inerenti l’esame delle offerte, nonché all’offerta tecnica ed all’offerta economica del r.t.i. aggiudicatario, formulata ai sensi dell’art. 116, comma 2, Cod. proc. amm..
5.1. La domanda è stata respinta perché, come si legge in sentenza, “parte ricorrente non ha dimostrato l’interesse a supporto della predetta istanza anche in considerazione della tipologia di censure articolate con il gravame proposto che non attiene a vizi dell’offerta tecnica ed economica della controinteressata”.
5.2. L’appellante invoca l’applicazione dell’art. 53, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, sostenendo che consentirebbe di superare i motivi ostativi rappresentati dalla stazione appaltante, ed insiste nell’istanza di accesso “con espressa riserva di proporre motivi aggiunti”.
5.2.1. Censura quindi la sentenza laddove richiede la dimostrazione dell’interesse all’accesso, sostenendo che sarebbe sufficiente il presupposto della “connessione” di cui al secondo comma dell’art. 116 Cod. proc. amm., cioè l’impugnazione dell’aggiudicazione in favore della prima graduata e la richiesta di subentrare nel contratto.
6. Il motivo è infondato.
Va premesso che le note di diniego della stazione appaltante (nota prot. n. 1263 del 16 aprile 2019 e nota/verbale del 29 aprile 2019) fanno riferimento al divieto di rendere pubblici gli atti di gara “in relazione alle offerte” fino all’aggiudicazione, ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016; la prima richiama inoltre il divieto dello stesso art. 53, comma 5, lett. a).
6.1. Contrariamente a quanto assume l’appellante, l’accesso in corso di causa presuppone comunque la sussistenza di un interesse che sorregga, in concreto, l’actio ad exhibendum, sia che si ritenga trattarsi di un incidente istruttorio (cfr. Cons. Stato, IV, 12 luglio 2013, n. 3759, che richiede l’acclarata utilità dei documenti ai fini della decisione di merito) sia che si ritenga -come appare preferibile- l’autonomia dell’azione, pur se esercitata in corso di causa (cfr. Cons. Stato, V, ord. 21 maggio 2018, n. 3028).
Siffatto interesse all’accesso va poi distinto, a seconda che le informazioni richieste costituiscano o meno segreti tecnici o commerciali, ricadenti nel divieto di cui all’art. 53, comma 5, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016.
6.2. Al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità ) di utilizzo della documentazione in sede giudiziale (cfr. Cons. Stato, V, 7 gennaio 2020, n. 64), specificamente -quando si tratta di istanza avanzata ai sensi dell’art. 116, comma 2, Cod. proc. amm.- di utilizzazione nel giudizio nell’ambito del quale necessita produrre i documenti a cui è chiesto l’accesso.
6.3. Tuttavia, anche nel caso in cui non ricorra una fattispecie di divieto all’accesso, la verifica dell’interesse a ricorrere si muove lungo le linee ordinarie segnate dall’art. 100 Cod. proc. civ. e, in materia di accesso, dall’art. 22, comma 1, lett. b), richiedendosi perciò, in riferimento alla tutela del diritto di difesa in giudizio, onde evitare richieste meramente emulative, l’attinenza delle informazioni cui si vuole accedere all’oggetto del giudizio ed alle ragioni difensive del ricorrente, potendosi prescindere dalla valutazione della loro fondatezza od ammissibilità (cfr. Cons. Stato, VI, 18 gennaio 2018, n. 293), non anche però dalla loro prospettazione.
6.4. Nel caso di specie, la domanda di accesso, così come proposta in giudizio (senza che sia stata peraltro preceduta da istanza rivolta all’amministrazione dopo il completamento della procedura), si è venuta ad atteggiare come meramente esplorativa, volta cioè a ricercare la sussistenza di cause di pregiudizio della seconda classificata del tutto eventuali. In tale situazione, difettando la dimostrazione dell’interesse ai fini della difesa in giudizio, è corretta la decisione assunta in primo grado.
7. L’appello va respinto.
7.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali, che liquida, in favore di ciascuna delle parti appellate, nell’importo complessivo di Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *