La destinazione ad attrezzature ricreative sportive e a verde pubblico

Consiglio di Stato, Sentenza|16 febbraio 2022| n. 1142.

La destinazione ad attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico, data dallo strumento urbanistico ad aree di proprietà privata, non implica l’imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico e i vincoli di destinazione per attrezzature e servizi, fra i quali rientra ad esempio il verde pubblico attrezzato, realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua in regime di economia di mercato, hanno carattere particolare, ma sfuggono allo schema ablatorio e alle connesse garanzie costituzionali in termini di alternatività tra indennizzo e durata predefinita, non costituendo vincoli espropriativi, bensì soltanto conformativi, funzionali all’interesse pubblico generale.

Sentenza|16 febbraio 2022| n. 1142. La destinazione ad attrezzature ricreative sportive e a verde pubblico

Data udienza 18 novembre 2021

Integrale
Tag- parola chiave: Edilizia ed Urbanistica – Pianificazione urbanistica – Area destinata a parco pubblico di area privata – Vincolo espropriativo – Esclusione – Vincolo conformativo – Configurabilità

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2395 del 2021, proposto dalla Es. Co. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Al. Gr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Viterbo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Cr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione seconda quater, n. 11690 dell’11 novembre 2020, resa tra le parti, concernente una richiesta di destinazione urbanistica di un fondo.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Viterbo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 novembre 2021 il consigliere Nicola D’Angelo e udito per il Comune appellato, l’avvocato Gi. Cr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La società Es. Co., proprietaria di un fondo nel comune di Viterbo per il quale il PRG, adottato nel 1974, prevedeva un azzonamento F, sottozona F6 (parco pubblico), ha impugnato dinanzi al Tar per il Lazio il diniego dell’Amministrazione comunale alla richiesta di accertare che vincolo di destinazione della suddetta area, ritenuto di natura espropriativa, fosse decaduto per decorso del termine quinquennale e di conseguenza di adottare una variante al PRG, intesa ad imprimere al fondo l’azzonamento B, sottozona B3, al fine di consentirne l’edificabilità, in base all’art. 50 della legge regionale del Lazio n. 38 del 1999.
2. Il Tar, con la sentenza indicata in epigrafe, dopo aver esaminato alcune eccezioni preliminari, ha respinto il ricorso ritenendo il vincolo di destinazione dell’area di natura conformativa e non espropriativa.
3. Contro la suddetta sentenza ha proposto appello la società Es. Co. prospettando, essenzialmente, l’erroneità della sentenza impugnata laddove, ai fini della ricostruzione del vincolo come conformativo, ha affermato che in relazione alla destinazione dell’area (sottozona F6) la capacità edificatoria sarebbe stata conservata dalla possibilità di interventi anche privati finalizzati alla realizzazione di infrastrutture sportive.
3.1. L’art. 17 delle NTA (norma di riferimento nel caso di specie) avrebbe infatti previsto una disciplina di duplice livello con una prima destinazione generale dell’area a parco pubblico ed una seconda relativa a specifiche possibilità di interventi al suo interno, privi comunque del carattere di autonomia rispetto al vincolo generale.
4. Il Comune di Viterbo si è costituito in giudizio il 16 marzo 2021, chiedendo il rigetto dell’appello, ed ha depositato un’ulteriore memoria il 16 ottobre 2021.
5. La causa è stata trattenuta in decisone nell’udienza pubblica del 18 novembre 2021.
6. L’appello non è fondato.
7. La controversia in esame origina dal diniego del comune di Viterbo (nota prot. n. 89879 dell’8 ottobre 2019) in ordine alla richiesta della società appellante di riclassificazione urbanistica dell’area di sua proprietà, con attribuzione della destinazione B, sottozona B3 ai fini edificatori, in ragione dell’asserita scadenza del vincolo di destinazione introdotto con il PRG del 1974.
7.1. Più nel dettaglio, il Comune ha sostenuto l’insussistenza di un obbligo a provvedere in ragione della natura e della tipologia della classificazione impressa alla stessa area che sarebbe stata svincolata da termini di validità temporale. Quest’ultima ricade infatti in gran parte in zona omogenea F, sottozona F6 destinata a parco pubblico, per come disciplinata dall’art. 17 delle NTA al regolamento urbanistico, e per la restante parte in area di rispetto stradale e viabilità (art. 17 NTA: “Zona F6 – Parco Pubblico: comprende aree destinate nella creazione di parchi pubblici di interesse locale, cittadino e territoriale. In tale zona potranno essere previste attrezzature quali campi da gioco per bambini; potranno essere altresì previste costruzioni per particolari attività che abbiano carattere di pubblica iniziativa e di pubblico interesse (biblioteca, musei, ecc.). Tali costruzioni non dovranno arrecare nessun pregiudizio alla continuità ed al godimento e agibilità del parco da parte dei cittadini, né danneggiare le alberature esistenti ed avere comunque altezze limitate ad un solo piano e volumetria ridotta ed in ogni caso non eccedente i mc. 0,40 su ogni mq. di area pertinente. Nella sottozona F6 sono anche comprese le aree destinate alla costituzione del futuro parco della Palanzana”).
8. Ciò premesso, il tema della controversia si concentra dunque sulla natura della destinazione dell’area, se quindi caratterizzata da un vincolo di natura espropriativa, ormai decaduto per il decorso del quinquennio, ovvero soggetta ad un vincolo conformativo non soggetto a scadenza.
9. Parte appellante sostiene l’erroneità della sentenza impugnata la quale non avrebbe considerato come le previsioni urbanistiche applicabili (art. 17 cit.) fossero relative alla destinazione a parco pubblico e solo in via di precisazione ad altre singole iniziative specialistiche che ne caratterizzavano in parte il contenuto.
10. La tesi prospettata non può essere condivisa. Nel caso in esame emerge con chiarezza, come peraltro evidenziato dal giudice di primo grado, la sussistenza di un vincolo di destinazione dell’area di tipo conformativo.
10.1. In generale, la destinazione ad attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico, data dallo strumento urbanistico ad aree di proprietà privata, non implica l’imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico e i vincoli di destinazione per attrezzature e servizi, fra i quali rientra ad esempio il verde pubblico attrezzato, realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua in regime di economia di mercato, hanno carattere particolare, ma sfuggono allo schema ablatorio e alle connesse garanzie costituzionali in termini di alternatività tra indennizzo e durata predefinita, non costituendo vincoli espropriativi, bensì soltanto conformativi, funzionali all’interesse pubblico generale (cfr. (ex multis, Consiglio di Stato sez. II, 24 ottobre 2020, n. 6455).
10.2. Nel caso di specie, la destinazione a Parco pubblico – F6 non può considerarsi di natura espropriativa costituendo al contrario un vincolo conformativo della proprietà privata nell’ambito del quale le finalità di interesse pubblico indicate possono essere realizzate anche mediante attività d’iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, non essendo richiesta la previa ablazione del bene, con conseguente possibilità per il proprietario di sfruttamento del proprio diritto dominicale.
10.3. L’art. 17 delle NTA nell’indicare la possibilità di realizzare nell’area attrezzature di pubblico interesse (come biblioteche, musei, parchi giochi) non preclude infatti che le stese possano essere riconducibili ad iniziative imprenditoriali del proprietario, dovendosi solo rispettare la obiettiva vocazione del luogo, contraddistinta dalla presenza di una vicina riserva naturare.
10.4. Inoltre, a prescindere dalla circostanza evidenziata dal Comune appellato che le aree in questione ricadrebbero anche “all’interno del perimetro del vincolo paesistico” ai sensi della legge n. 1497/39, individuato dal piano territoriale paesistico regionale (PTPR), la destinazione a parco pubblico costituisce espressione della potestà conformativa del pianificatore, caratterizzata non solo dalla permanenza della destinazione nel tempo, ma anche da un’ampia discrezionalità (nel caso in esame comunque collegata alle caratteristiche intrinseche del bene, peraltro indicate nello stesso art. 17 delle NTA).
10.5. Né tantomeno può rilevare in senso contrario l’affermazione di parte appellante secondo cui l’attribuzione di un indice edificatorio non precluderebbe la natura espropriativa “esclusiva” della destinazione dell’area. L’indicazione di tale indice costituisce invece l’evidenza della possibilità dell’esercizio di una potestà dominicale idonea a consentire di trarre dall’area uno sfruttamento ed una connessa redditività in relazione alle finalità di destinazione impresse.
11. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
12. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello (n. 2395/2021), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condannala società appellante al pagamento delle spese del presen6te grado di giudizio in favore del Comune appellato nella misura complessiva di euro 3.000,00(tremila/00), oltre agli altri oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente
Daniela Di Carlo – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere
Giuseppe Rotondo – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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