Consiglio di Stato, Sentenza|22 marzo 2021| n. 2453.
La decadenza del permesso di costruire è un atto meramente ricognitivo degli effetti prodotti dalla legge, ai sensi dell’articolo 15 Dpr 380 del 2001, per cui, decorsi i termini di inizio e di fine dei lavori, il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, con la conseguenza che la dichiarazione di decadenza non necessita di una previa comunicazione di avvio del procedimento.
Sentenza|22 marzo 2021| n. 2453
Data udienza 9 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Permesso di costruire con prescrizione – Ritiro – DIa – Inibita l’esecuzione dei lavori in variante – Mancato rispetto della prescrizione – Sanzione pecuniaria – Natura vincolante della prescrizione – Ricorso tardivo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5458 del 2013, proposto dal
signor Na. Ma. in proprio e quale titolare dell’Impresa di Costruzioni Ma. Na., rappresentato e difeso dagli avvocati An. Del Ve. e An. Ma., con domicilio eletto presso l’avv. An. Del Ve. in Roma, viale (…)
contro
Comune di (omissis) non costituito in giudizio
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche Sezione Prima, n. 6/2013
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Cecilia Altavista;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La impresa di costruzioni Ma. Na. aveva richiesto al Comune di (omissis) un permesso di costruire per la realizzazione di un fabbricato di civile abitazione nel lotto 13 della lottizzazione C3, nell’area sita in via (omissis).
Il 2 novembre 2004, è stato rilasciato il permesso di costruire n. 24/2004 con la seguente prescrizione, a cui era stato condizionato il parere favorevole della Commissione edilizia: “l’edificio venga interrato di 50 centimetri”. Il titolo edilizio è stato ritirato l’11 novembre 2004.
L’inizio dei lavori è avvenuto il 10 novembre 2005.
Successivamente, nel corso della realizzazione dei lavori, il 30 ottobre 2008, è stata presentata una DIA per alcune varianti rispetto al progetto assentito e istanza di proroga del termine di conclusione dei lavori.
Con ordinanza del Comune di (omissis) del 5 novembre 2008 prot. 4742 è stata inibita l’esecuzione dei lavori in variante di cui alla DIA, rilevando la difformità di quanto realizzato rispetto al progetto approvato con il permesso di costruire, non essendo stata rispettata la prescrizione dell’interramento di cinquanta centimetri dell’edificio.
Con la comunicazione del 18 dicembre 2008 è stato dichiarato decaduto il permesso di costruire n. 24/2004 nella parte non ultimata, essendo scaduto il termine per la conclusione dei lavori il 10 novembre 2008.
Avverso tale provvedimento, avverso l’ordinanza del 5 novembre 2008 e avverso il permesso di costruire n. 23/2004, nella parte in cui conteneva la prescrizione “l’edificio venga interrato di 50 centimetri” è stato proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato, successivamente trasposto al Tribunale amministrativo regionale delle Marche, a seguito di opposizione del Comune, con il ricorso R.G. n. 512 del 2009, formulando varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere, con cui si sosteneva la natura non provvedimentale della prescrizione posta nel permesso di costruire, anche del tutto generica e indeterminata, che non indicava neppure a quale quota avrebbe dovuto farsi riferimento per interrare l’edificio di cinquanta centimetri; inoltre, tale prescrizione, non sarebbe rispondente né alla disciplina urbanistica ed edilizia del Comune né all’effettivo stato dei luoghi; si sosteneva poi la tardività dell’ordine di non effettuare l’intervento, pervenuto a lavori eseguiti, la disparità di trattamento poiché, relativamente all’edificio realizzato sul lotto n. 14, il Comune aveva preso atto della DIA in variante; avverso la decadenza del permesso di costruire veniva dedotto che la DIA in variante era stata depositata il 30 ottobre 2008, ovvero prima della scadenza del termine per completare i lavori, e pertanto avrebbe dovuto determinarne la proroga; l’omessa comunicazione di avvio del procedimento di decadenza; la violazione dell’art. 14 del Regolamento Edilizio Tipo e del principio del contrarius actus per mancata acquisizione del parere della Commissione Edilizia.
Con provvedimento del 24 marzo 2009 prot. 1355, il Comune aveva applicato la sanzione pecuniaria di Euro 24.040,94 per la realizzazione di opere in difformità dal permesso di costruire n. 24/2004, stante il mancato rispetto della prescrizione.
Avverso tale provvedimento è stato proposto al Tribunale amministrativo regionale delle Marche il ricorso R.G. 397 del 2009, impugnando, altresì, anche gli atti presupposti già impugnati con il ricorso n. 512 del 2009, riproponendo i motivi già proposti nei confronti del permesso di costruire e dell’ordine di non effettuare i lavori di cui alla DIA, nonché formulando censure autonome avverso il provvedimento di applicazione della sanzione pecuniaria, in particolare deducendo di avere presentato una DIA in sanatoria in data 22 dicembre 2008, non esaminata prima dell’adozione del provvedimento sanzionatorio; lamentando, inoltre, la mancata comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio, la violazione dell’art. 31 del DPR n. 380/2001 per difetto di motivazione in ordine alla natura dell’intervento e all’applicazione del regime sanzionatorio di cui all’art. 31 del D.P.R. 380 del 2001, sostenendo che il mancato rispetto della prescrizione contenuta nel permesso di costruire non costituirebbe realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso e neppure variante essenziale.
Con la sentenza n. 6 del 2013 i ricorsi sono stati riuniti; sono state dichiarate irricevibili le censure proposte avverso il permesso di costruire, risultando evidente dal corpo dell’atto la natura prescrittiva della indicazione contenuta circa l’interramento di 50 centimetri dell’edificio e la sua immediata lesività ; è stata respinta la censure relativa alla tardività della ordinanza di inibizione dei lavori per la DIA, essendo intervenuta pochi giorni dopo la presentazione della DIA; è stata respinta le censura relativa alla disparità di trattamento per la sua genericità ; sono state respinte le censure relative alla decadenza del permesso di costruire, non potendo ritenersi prorogato il termine con la DIA in variante oggetto del provvedimento inibitorio ritenuto legittimo; con riferimento alla mancata comunicazione di avvio del procedimento di decadenza il giudice di primo grado ha affermato che non erano allegati elementi, che avrebbero potuto essere introdotti nel procedimento per evitare la declaratoria di decadenza; rispetto all’14 del RET, ha ritenuto che tale disposizione non contemplasse alcun previo parere della Commissione Edilizia per l’adozione del provvedimento di decadenza per mancata ultimazione dei lavori nel termine stabilito e che, comunque, tale atto non fosse sottoposto al medesimo iter procedimentale del permesso di costruire; sono state accolte le censure proposte con il ricorso n. 397 del 2009 avverso il provvedimento di applicazione della sanzione pecuniaria, non essendo stata presa in considerazione la DIA in sanatoria presentata il 22 dicembre 2008 nonché per difetto di motivazione sulla natura dell’intervento al fine dell’applicazione della sanzione; è stata respinta la censura relativa alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, essendo, comunque, conosciuto l’avvio del procedimento repressivo in materia edilizia a seguito del provvedimento del 5 novembre 2008.
Avverso i capi sfavorevoli della sentenza è stato proposto il presente atto di appello, contestando, in primo luogo, la tardività della impugnazione del permesso di costruire, sostenendo la natura non vincolante della prescrizione relativa all’interramento di cinquanta centimetri, non rispondente né alla disciplina urbanistica ed edilizia del Comune né all’effettivo stato dei luoghi; è stata poi dedotta la necessità della comunicazione di avvio del procedimento di decadenza del permesso di costruire e del procedimento sanzionatorio; è stata poi contestata la decadenza del permesso di costruire, deducendo che successivamente, il 22 dicembre 2008, sarebbe stato rilasciato il provvedimento di proroga del termine dei lavori e che, comunque, la precedente istanza di proroga era stata presentata il 30 ottobre 2008 prima della scadenza del termine; è stata riproposta la censura relativa alla violazione dell’art. 22 del d.P.R. 380 del 2001 con riferimento all’ordinanza del 5 novembre 2009 lamentando genericamente l’erroneità della sentenza, senza alcuna ulteriore argomentazione.
Il Comune non si è costituito in giudizio.
Nella memoria in vista dell’udienza pubblica la difesa appellante ha riproposto le argomentazioni dell’atto di appello e nelle note d’udienza depositate il 5 febbraio 2021 ha insistito per l’accoglimento delle proprie tesi difensive.
All’udienza pubblica telematica del 9 febbraio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Con il primo motivo, si contesta la declaratoria da parte del giudice di primo grado di irricevibilità del gravame proposto avverso il permesso di costruire rilasciato il 2 novembre 2004 e ritirato l’11 novembre 2004, sostenendo che la prescrizione apposta al permesso di costruire non avrebbe alcuna natura immediatamente prescrittiva con conseguente mancanza di lesività se non al momento in cui il Comune ha comunicato l’errata interpretazione circa il criterio di calcolo dell’altezza dell’edificio; la clausola, oltre che priva di contenuto prescrittivo, sarebbe del tutto irrilevante, dovendo l’altezza degli edifici essere realizzata in base alle indicazioni del progetto, comunque assentito.
Sono state, quindi, riproposte le censure avverso la prescrizione contenuta nel permesso di costruire, in quanto secondo l’appellante tale clausola, oltre ad essere generica, sarebbe anche in contrasto con gli elaborati progettuali della lottizzazione e con lo stato dei luoghi.
Il motivo, nella parte relativa alla contestazione circa la irricevibilità pronunciata dal giudice di primo grado, è infondato, con la conseguenza che non può che essere confermata la tardività delle censure proposte avverso il permesso di costruire.
Infatti, è dato pacifico e non contestato che il permesso di costruire del 2 novembre 2004 sia stato ritirato l’11 novembre 2004, mentre il ricorso straordinario è stato notificato solo nel 2009.
Il permesso di costruire conteneva una espressa prescrizione con la seguente indicazione: “richiamato l’obbligo di uniformarsi alle seguenti prescrizioni particolari: parere favorevole della commissione edilizia condizionato a maggioranza: che ogni edificio venga interrato di cinquanta centimetri”.
Dall’espresso richiamo al contenuto obbligatorio di tale prescrizione e al parere della Commissione edilizia condizionato non può essere posta in dubbio la natura vincolante della prescrizione.
Né può rilevare la circostanza che tale prescrizione non sia riprodotta nella parte finale del titolo edilizio, essendo comunque anche in tale parte espressamente richiamata “l’osservanza…delle prescrizioni riportate”.
Ne deriva che se l’impresa ricorrente avesse voluto contestare la legittimità di tale prescrizione o sostenerne il contrasto con gli elaborati progettuali o con le norme urbanistiche comunali o anche dedurne la indeterminatezza rispetto alla quota di interramento, avrebbe dovuto proporre ricorso al Tribunale amministrativo nei sessanta giorni, o al Capo dello Stato nei 120 giorni, dalla piena conoscenza, avvenuta con il ritiro del permesso presso gli uffici comunali, l’11 novembre 2004.
La sentenza sul punto deve essere, quindi, confermata con irricevibilità delle censure proposte avverso il permesso di costruire.
Con riferimento al motivo, formulato nel ricorso n. 397 del 2009 e riproposto genericamente in appello, relativo alla mancata comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di decadenza del permesso di costruire del 18 dicembre 2008 e avverso il provvedimento di applicazione della sanzione pecuniaria del 24 marzo 2009, in primo luogo, deve rilevarsi che non sussiste alcun interesse a coltivare tali censure.
Infatti, il provvedimento del 24 marzo 2009 è stato annullato dal giudice di primo grado, accogliendo ulteriori motivi di ricorso, con la conseguenza che l’appellante non potrebbe più trarre alcuna utilità dall’esame di tale censura con riferimento a tale provvedimento ormai annullato e con l’ulteriore conseguenza che il motivo deve ritenersi inammissibile.
Quanto al motivo rivolto avverso la dichiarazione di decadenza del permesso di costruire, anch’esso è carente di interesse, in quanto- secondo quanto dedotto dalla stessa parte appellante- sono sopravvenuti nuovi provvedimenti, che hanno comportato la mancanza di utilità all’esame della censura. Nell’atto di appello si deduce, infatti, che il 22 dicembre 2008 è stata rilasciata la proroga di un anno del permesso di costruire per il completamento dei lavori.
Entrambi i motivi, peraltro, sono anche infondati, in quanto, con riferimento alla irrogazione della sanzione, anche a prescindere dalla natura vincolata del provvedimento in questione in relazione al tipo di sanzione irrogata, in ogni caso, come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, il privato aveva già avuto conoscenza del procedimento repressivo edilizio con la precedente ordinanza del 5 novembre 2008, argomentazione non contestata nell’atto di appello.
Con riferimento alla decadenza del permesso di costruire, è sufficiente richiamare il costante orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non intende discostarsi nel caso di specie, per cui la decadenza del permesso di costruire è un atto meramente ricognitivo degli effetti prodotti dalla legge, ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 380 del 2001, per cui decorsi i termini di inizio e di fine dei lavori, “il permesso decade di diritto per la parte non eseguita” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2020, n. 7701; id. Sez. IV, 28 settembre 2016, n. 4007; id. Sez. IV, 20 dicembre 2013, n. 6151; id., Sez. IV,18 maggio 2012, n. 2915), con la conseguenza che la dichiarazione di decadenza non necessita di una previa comunicazione di avvio del procedimento (Consiglio di stato, Sez. II, 9 dicembre 2020, n. 7827; id, Sez. IV, 6 agosto 2014 n. 4201).
E’ stata poi riproposta la censura relativa alla violazione dell’art. 22 del d.P.R. 380 del 2001 con riferimento all’ordinanza del 5 novembre 2009, lamentando genericamente l’erroneità della sentenza, senza alcuna ulteriore argomentazione.
Tale motivo, per la sua assoluta genericità, non può essere esaminato non essendo neppure comprensibile quali siano le contestazioni rivolte alla sentenza di primo grado.
In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
In considerazione della mancata costituzione in giudizio del Comune di (omissis), non si procede alla liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2021 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Claudio Contessa – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Italo Volpe – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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