Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Sentenza 22 maggio 2020, n. 9493.
La massima estrapolata:
La controversia tra l’ex coniuge e il coniuge superstite per l’accertamento della ripartizione – ai sensi dell’art. 9, comma 3, della l. n. 898 del 1970, come sostituito dall’art. 13 della l. n. 74 del 1987 – del trattamento di reversibilità deve necessariamente svolgersi in contraddittorio con l’ente erogatore atteso che, essendo il coniuge divorziato, al pari di quello superstite, titolare di un autonomo diritto di natura previdenziale, l’accertamento concerne i presupposti affinché l’ente assuma un’obbligazione autonoma, anche se nell’ambito di una erogazione già dovuta, nei confronti di un ulteriore soggetto.
Sentenza 22 maggio 2020, n. 9493
Data udienza 3 marzo 2020
Tag – parola chiave: Prestazioni previdenziali ed assistenziali – Pensione di reversibilità – ripartizione tra il coniuge divorziato ed il coniuge superstite – Art. 9, comma 3 Legge 898 del 1970 – Controversia per la ripartizione della pensione di reversibilità – Istituto erogatore della pensione – Litisconsorzio necessario – Necessità – Fondamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente
Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1661-2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 846/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 13/06/2013, R.G.N. 53/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/03/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per l’inammissibilita’, in subordine per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA:
1. La Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Paola che aveva determinato nella misura del 50% la quota di pensione di reversibilita’ da corrispondersi a (OMISSIS), coniuge divorziato di (OMISSIS), deceduto nel (OMISSIS) e coniugato in seconde nozze con (OMISSIS).
La Corte ha rilevato che la ripartizione della pensione riversibilita’ tra il coniuge divorziato, titolare di assegno divorzile, e il coniuge superstite, era regolata dalla L. n. 898 del 1970, articolo 9, comma 3, sulla base del criterio della durata del rapporto matrimoniale, salvo i necessari correttivi ispirati ad equita’; che nella specie la (OMISSIS) era stata sposata per circa 14 anni e godeva di assegno divorzile di Lire 200.000 per se’ ed i figli e la (OMISSIS) per 26 anni; che la (OMISSIS) era titolare di trattamento pensionistico di Euro 402,00 mentre la (OMISSIS) godeva di redditi imponibili per Euro 55.000,00, ed era titolare di quote di immobili lasciati in eredita’ dal (OMISSIS).
La Corte ha rilevato che non era necessario dimostrare la reale percezione dell’assegno divorzile; che la mancanza di nuove nozze era provata da documentazione e comunque era stata contestata solo in appello.
Secondo la Corte era equa la determinazione della quota nella misura del 50% correggendo, in tal modo, il criterio prioritario della durata del vincolo; che infatti, dalla documentazione emergeva una netta sproporzione delle rispettive condizioni economiche; che circa la misura esigua dell’assegno divorzile di sole Lire 200.000 doveva tenersi conto che era stato adottato nel 1978 e che la quota di pensione netta, come determinata dal tribunale, risultava di Euro 700,00, non sproporzionata rispetto all’assegno divorzile essendo la somma di Lire 200.000, pari a circa Euro 718,00 attuali.
2.Avverso la sentenza ricorre la (OMISSIS) con due motivi. Resiste la (OMISSIS) con controricorso e poi memoria ex articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. In via prioritaria questa Corte rileva d’ufficio il difetto di contraddittorio attesa la mancata partecipazione al giudizio dell’Inps.
4. Va condiviso, infatti, e data continuita’ al principio affermato da questa Corte secondo cui “la controversia tra l'”ex” coniuge e il coniuge superstite per l’accertamento della ripartizione – ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 9, comma 3, come sostituito dalla L. n. 74 del 1987, art6. 13 – del trattamento di reversibilita’ deve necessariamente svolgersi in contraddittorio con l’ente erogatore atteso che, essendo il coniuge divorziato, al pari di quello superstite, titolare di un autonomo diritto di natura previdenziale, l’accertamento concerne i presupposti affinche’ l’ente assuma un’obbligazione autonoma, anche se nell’ambito di una erogazione gia’ dovuta, nei confronti di un ulteriore soggetto (cfr Cass. 15111/2005, n 25220/2009, n 8266/2020).
5. Si e’, in particolare, sostenuto (cfr Cass. n 15111 citata) che “Come affermato dalle S.U. di questa Corte con sentenza n. 159 del 1998, in presenza di un coniuge superstite avente i requisiti per fruire della pensione di reversibilita’, il diritto del coniuge divorziato ad una quota del trattamento di reversibilita’ dell’ex coniuge deceduto non costituisce soltanto un diritto vantato nei confronti del coniuge superstite (avente, in quanto tale, natura e funzione del precedente assegno di divorzio), ma costituisce un autonomo diritto di natura previdenziale che l’ordinamento attribuisce al coniuge superstite, con la sola peculiarita’ che tale diritto e’ limitato quantitativamente dell’omologo diritto spettante al coniuge superstite.
Pertanto, essendo il coniuge divorziato titolare, al pari di quello superstite, di un proprio autonomo diritto di natura previdenziale, anche la controversia instaurata al limitato fine di ottenere l’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di tale diritto deve svolgersi in contraddittorio con l’ente erogatore, giacche’ pure se si controverte solo in ordine alla spettanza pro quota di un trattamento di reversibilita’ (gia’ riconosciuto e del quale non viene in discussione l’ammontare complessivo), la lite non puo’ mai configurarsi solo come una questione tra ex coniuge e coniuge superstite, non essendo indifferente per l’ente erogatore che si accerti la sussistenza dei presupposti di un diritto previdenziale azionatale nei suoi confronti, e, quindi, la sussistenza dei presupposti perche’ esso ente assuma, nei confronti di un ulteriore soggetto, un’obbligazione previdenziale autonoma, ancorche’ nell’ambito di una erogazione gia’ dovuta (ma ad un unico soggetto), non foss’altro perche’ le vicende e caratteristiche soggettive dei diversi titolari di autonomi diritti previdenziali, sia pure riferiti ad un unico trattamento di reversibilita’, potrebbero diversamente incidere sull’estinzione delle relative obbligazioni”.
6. Cio’ premesso deve essere, altresi’, ribadito che il difetto del contraddittorio e’ rilevabile in ogni stato e grado del processo e dunque anche in questa sede di legittimita’, con il solo limite del giudicato (cfr. tra le piu’ recenti Cass. nn. 26388/2008 e 9394/2017) e che,ove in sede di legittimita’, emerga una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata dal giudice di primo grado ne’ da quello d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio), deve disporsi l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’articolo 383 c.p.c., comma 3. (Cass., Sez. U, n. 3678/2009; n. 5063/2010, n. 18127 del 2013, n. 12547 del 2015).
7. Per le considerazioni che precedono, in applicazione dei principi gia’ affermati da questa Corte, provvedendo sul ricorso in esame, deve essere dichiarata la nullita’ dell’intero processo e in applicazione dell’articolo 383 c.p.c., comma 3, vanno cassate entrambe le sentenze di merito e la causa va rinviata al primo giudice anche per le spese.
P.Q.M.
Provvedendo sul ricorso nei sensi di cui in motivazione; dichiara la nullita’ dell’intero processo; cassa le sentenze di merito e rinvia la causa al primo giudice anche per le spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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