La concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 aprile 2023| n. 10306.

La concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale

La concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzarsi in funzione dell’intellegibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza costituisce motivo di nullità della sentenza, ogni qualvolta impedisca l’individuazione degli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione. Tale principio trova applicazione anche a seguito della riformulazione del testo dell’articolo 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., che ha sostituito il riferimento allo “svolgimento del processo” ed ai “motivi in fatto e in diritto della decisione” con quello alle sole “ragioni di fatto e di diritto della decisione”: invero, la possibilità, in tal modo riconosciuta all’estensore della sentenza, di omettere totalmente la parte narrativa del provvedimento o di limitarne il contenuto ai dati rilevanti ai fini della decisione non esclude infatti il dovere di rendere comprensibile il proprio ragionamento, e quindi la necessità di riportare, a corredo della motivazione in diritto, tutti gli elementi di fatto di natura sostanziale o processuale indispensabili per l’individuazione della fattispecie esaminata e la ricostruzione del percorso logico-giuridico seguito, in modo da consentire la verifica della correttezza giuridica e della coerenza logico dello stesso. In tal senso depone d’altronde anche la nuova formulazione dell’articolo 118 disp. att. cod. proc. civ. la quale continua a richiedere, oltre alla “succinta esposizione […] delle ragioni giuridiche della decisione”, quella dei “fatti rilevanti della causa” (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva dichiarato la nullità di un lodo, per difetto di “potestas judicandi” degli arbitri; nella circostanza, infatti, osserva il giudice di legittimità, la predetta sentenza non fornisce alcun elemento di valutazione in ordine alla natura ed all’oggetto della controversia deferita al giudizio degli arbitri, allo svolgimento del procedimento arbitrale ed alle censure formulate in sede di impugnazione del lodo, limitandosi a riferire genericamente che la società controricorrente aveva dedotto il suddetto difetto di “potestas judicandi” degli arbitri ed a riportare il testo della clausola compromissoria, nonché a richiamare un precedente di legittimità, asseritamente riguardante un caso analogo a quello esaminato dalla corte d’appello, e da quest’ultima ritenuto idoneo a giustificare l’accoglimento dell’impugnazione, senza curarsi di far precedere la motivazione da una ricostruzione, sia pure sintetica, della vicenda sostanziale e processuale, tale da consentire d’individuarne i caratteri essenziali e quindi di verificare la pertinenza del precedente richiamato). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 15 novembre 2019, n. 29721; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 20 gennaio 2015, n. 920; Cassazione, sezione civile V, sentenza 10 novembre 2010, n. 22845; Cassazione, sezione civile L, sentenza 19 marzo 2009, n. 6683).

Ordinanza|18 aprile 2023| n. 10306. La concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale

Data udienza 17 novembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave OPERE E LAVORI PUBBLICI – APPALTO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente

Dott. MELONI Marina – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10038/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avv. (OMISSIS), e (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avv. (OMISSIS), e (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 8022/19, depositata il 30 dicembre 2019;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17 novembre 2022 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

FATTI DI CAUSA

1. Con lodo sottoscritto il 3 giugno 2015, il collegio arbitrale costituito per la risoluzione di una controversia insorta tra l’ (OMISSIS) S.p.a. e la (OMISSIS) S.p.a. relativamente all’esecuzione del contratto di appalto stipulato il 4 marzo 1983, avente ad oggetto l’ammodernamento della rete stradale della variante di Brindisi, condanno’ l’ANAS al pagamento della somma di Euro 2.609.441,13, oltre interessi.
2. L’impugnazione proposta dall'(OMISSIS) e’ stata accolta dalla Corte d’appello di Roma, che con sentenza del 30 dicembre 2019 ha dichiarato la nullita’ del lodo, per difetto di potestas judicandi degli arbitri.
A fondamento della decisione, la Corte ha rilevato che l’articolo 41 del capitolato speciale d’appalto, nel prevedere il deferimento delle controversie al giudizio arbitrale, richiamava la disciplina dettata dal Capo VI del Decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063, ed ha ritenuto pertanto applicabile l’articolo 47 del capitolato generale d’appalto per le opere pubbliche, nel testo anteriore alla sostituzione disposta dalla L. 10 dicembre 1981, n. 741, articolo 16. In proposito, ha richiamato il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui la facolta’, riconosciuta ad entrambi i contraenti, di chiedere la deroga della competenza arbitrale, gia’ prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063, articolo 47, ed esclusa dalla L. n. 741 cit., articolo 16, e’ stata ripristinata, con effetto ex tunc, a seguito della dichiarazione d’illegittimita’ costituzionale di quest’ultima disposizione, non assumendo alcun rilievo, in contrario, la circostanza che le parti abbiano recepito la normativa poi caducata mediante il rinvio alle norme del capitolato generale, dal momento che la volonta’ negoziale dev’essere considerata meramente ricognitiva della legge, fonte diretta della relatio, con l’ulteriore conseguenza che, risultando travolto il titolo d’investitura degli arbitri originariamente adi’ti, per effetto dell’efficacia retroattiva della sentenza della Corte costituzionale, il lodo dagli stessi emesso nel frattempo e’ suscettibile di impugnazione per nullita’ ai sensi dell’articolo 829 c.p.c., n. 1. Ha escluso che nella specie la facolta’ di declinare la competenza arbitrale fosse venuta meno per effetto di comportamenti processuali tenuti successivamente, rilevando che l'(OMISSIS), pur avendo nominato il proprio arbitro, aveva fatto riserva circa il rito e si era difesa sollevando immediatamente la questione riguardante la potestas judicandi degli arbitri.
3. Avverso la predetta sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. L'(OMISSIS) ha resistito con controricorso, illustrato anche con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza impugnata, ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’articolo 188 disp. att. c.p.c., e dell’articolo 111 Cost., per difetto assoluto della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, rilevando che la Corte territoriale ha omesso di riportare le vicende processuali ed i fatti rilevanti e d’indicare la pronuncia di legittimita’ richiamata, nonche’ di procedere ad una specifica valutazione dei fatti di causa, alla stregua del principio di diritto ritenuto applicabile.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, degli articoli 1372 e 1421 c.c., della L. 20 marzo 1865, n. 2248, articolo 5, all. E, della L. 11 marzo 1953, n. 87, articolo 30, del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, articolo 21, della L. 10 dicembre 1984, n. 839, articolo 3, comma 5, della L. 7 febbraio 1961, n. 59, articoli 1 e 32, degli articoli 806 c.p.c. e segg., e della L. n. 2248 del 1865, articolo 349, all. F, osservando che, nell’affermare la reviviscenza della disciplina dettata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, per effetto della dichiarazione d’illegittimita’ costituzionale della L. n. 741 del 1981, articolo 16, la sentenza impugnata non ha considerato che il capitolato generale dello Stato trovava applicazione, nella specie, esclusivamente in virtu’ della volonta’ delle parti, manifestata attraverso il richiamo contenuto nell’articolo 21 del capitolato speciale d’appalto. Premesso che la contrarieta’ ai principi sanciti dagli articoli 24 e 102 Cost., riguarda soltanto l’arbitrato imposto per legge o con atto autoritativo, e non anche quello che costituisce frutto di una libera scelta delle parti, e precisato che nella specie la fonte legale dell’arbitrato non e’ individuabile nella L. n. 59 del 1961, articolo 32, anteriore al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, e riguardante comunque la sola osservanza delle norme sulla contabilita’ generale dello Stato, sostiene che per gli enti pubblici diversi dallo Stato le norme del capitolato generale dello Stato possono operare soltanto per volonta’ pattizia. Nella specie, pertanto, il rinvio contenuto nell’articolo 21 del capitolato speciale non comportava l’automatica applicabilita’ dell’intera disciplina prevista dal capitolato generale, non richiamata specificamente dalla clausola contrattuale, con la conseguente esclusione della facolta’ di declinare la competenza arbitrale, avendo le parti gia’ manifestato, al momento della sottoscrizione del contratto d’appalto, la volonta’ di deferire ad arbitri qualsiasi controversia. Nessun rilievo poteva assumere, in proposito, la dichiarazione d’illegittimita’ costituzionale della L. n. 741 del 1981, articolo 16, sia perche’ la norma aveva cessato di avere applicazione solo dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale, sia perche’ tale pronuncia non poteva sovrapporsi alla volonta’ concordemente manifestata dalle parti.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 1362 c.c. e segg., e dell’articolo 829 c.p.c., sostenendo che, nel procedere alla ricostruzione della volonta’ espressa dalle parti in sede negoziale, la sentenza impugnata non ha considerato che il relativo accertamento spetta agli arbitri, il cui apprezzamento non e’ sindacabile in sede d’impugnazione, a meno che la motivazione non risulti talmente inadeguata da impedire la ricostruzione del percorso logico seguito. Aggiunge che, nell’interpretazione della comune intenzione delle parti, la Corte territoriale non ha tenuto conto del senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, la cui chiarezza precludeva il ricorso ad altri criteri ermeneutici.
4. Il primo motivo, con cui si fa valere la nullita’ della sentenza impugnata per difetto del requisito di cui all’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ed all’articolo 118 disp. att. c.p.c., comma 1, e’ fondato.
La sentenza impugnata non fornisce infatti alcun elemento di valutazione in ordine alla natura ed all’oggetto della controversia deferita al giudizio degli arbitri, allo svolgimento del procedimento arbitrale ed alle censure formulate in sede d’impugnazione del lodo, limitandosi a riferire genericamente che l'(OMISSIS) aveva dedotto il difetto di potestas judicandi degli arbitri ed a riportare il testo della clausola compromissoria, nonche’ a richiamare un precedente di legittimita’, asseritamente riguardante un caso analogo a quello esaminato dalla Corte d’appello, e da quest’ultima ritenuto idoneo a giustificare l’accoglimento dell’impugnazione, senza curarsi di far precedere la motivazione da una ricostruzione, sia pure sintetica, della vicenda sostanziale e processuale, tale da consentire d’individuarne i caratteri essenziali e quindi di verificare la pertinenza del precedente richiamato. Com’e’ noto, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale, bensi’ un requisito da apprezzarsi in funzione dell’intelligibilita’ della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza costituisce motivo di nullita’ della sentenza, ogni qualvolta impedisca l’individuazione degli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione. Tale principio, enunciato dalla giurisprudenza di legittimita’ in riferimento alla disciplina anteriore all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, articolo 45, comma 17 (cfr. Cass., Sez. V, 10/11/2010, n. 22845; Cass., Sez. lav., 19/03/2009, n. 6683), ha trovato conferma anche a seguito delle modifiche apportate da tale disposizione (cfr. Cass., Sez. III, 15/11/2019, n. 29721; Cass., Sez. VI, 20/01/2015, n. 920), che ha sostituito, nel testo dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, il riferimento allo “svolgimento del processo” ed ai “motivi in fatto e in diritto della decisione” con quello alle sole “ragioni di fatto e di diritto della decisione”: la possibilita’, in tal modo riconosciuta all’estensore della sentenza, di omettere totalmente la parte narrativa del provvedimento o di limitarne il contenuto ai dati rilevanti ai fini della decisione non esclude infatti il dovere di rendere comprensibile il proprio ragionamento, e quindi la necessita’ di riportare, a corredo della motivazione in diritto, tutti gli elementi di fatto di natura sostanziale o processuale indispensabili per l’individuazione della fattispecie esaminata e la ricostruzione del percorso logico-giuridico seguito, in modo tale da consentire la verifica della correttezza giuridica e della coerenza logica dello stesso; in tal senso depone d’altronde anche la nuova formulazione dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., introdotta dalla L. n. 69 del 2009, articolo 52, comma 5, la quale continua a richiedere, oltre alla “succinta esposizione (…) delle ragioni giuridiche della decisione”, quella dei “fatti rilevanti della causa”. Tali elementi non si ricavano in alcun modo dalla sentenza impugnata, la quale, nell’esaminare la questione concernente l’incidenza della sopravvenuta dichiarazione d’illegittimita’ costituzionale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 de 1962, articolo 47, nel testo modificato dalla L. n. 741 del 1981, articolo 16, sugli arbitrati previsti da contratti di appalto pubblico contenenti il richiamo al capitolato generale per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici, non fa alcun cenno alle ragioni in base alle quali gli arbitri hanno ritenuto sussistente la propria competenza, omettendo altresi’ di fornire le necessarie indicazioni in ordine alla data di stipulazione del contratto ed a quella d’instaurazione del procedimento arbitrale, con la conseguenza che risulta impossibile anche cogliere il senso delle considerazioni svolte in ordine al comportamento processuale tenuto dall'(OMISSIS).
5. La sentenza impugnata va pertanto cassata, restando assorbiti gli altri due motivi d’impugnazione, riflettenti la fonte pattizia dell’arbitrato, e la conseguente inoperativita’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, nonche’ l’incensurabilita’ dell’interpretazione della clausola compromissoria risultante dal lodo arbitrale.
La causa va conseguentemente rinviata alla Corte d’appello di Roma, che provvedera’, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il secondo ed il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *