La cessione diretta non autorizzata fra privati del diritto al sepolcro

Consiglio di Stato, Sentenza|1 febbraio 2021| n. 935.

La cessione diretta non autorizzata fra privati del diritto al sepolcro, inteso come proprietà superficiaria del manufatto, comporta la decadenza della relativa concessione demaniale, in quanto sottoposta al requisito di efficacia della autorizzazione del concedente, ovvero del Comune.

Sentenza|1 febbraio 2021| n. 935

Data udienza 22 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Diritto al sepolcro – Concessione di suolo cimiteriale – Concessione di sepoltura privata – Artt. 823 e 824 c.c. – Proprietà superficiaria di una cappella funeraria – Vendita tra privati – Scrittura privata inefficace nei confronti del Comune – Revoca decadenziale della concessione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 722 del 2014, proposto dai signori Ci. De Lu. ed altri, rappresentati e difesi dagli avvocati Al. Er. e An. Na., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ro. Ni. in Roma, via (…);
contro
il Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. An., Br. Cr., Fa. Ma. Fe., An. Pu. e An. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Cu. in Roma, corso (…);
per l’annullamento ovvero la riforma
della sentenza del TAR Campania, sede di Napoli, sez. VII 29 luglio 2013 n. 3981, che ha respinto il ricorso n. 5709/2012 R.G., proposto per l’annullamento dei seguenti atti del Comune di Napoli:
a) della disposizione dirigenziale 23 ottobre 2012 n. 61, conosciuta in data imprecisata, con la quale la Direzione generale costituita come da ordine di servizio del Direttore generale n. 5 del 10 maggio 2012 ha disposto nei confronti di Ci. ed altri, la revoca decadenziale della concessione di suolo cimiteriale di cui alla delibera di Giunta municipale 23 luglio 1962 n. 6118 e disposto l’acquisizione del manufatto funerario sito nel cimitero di Napoli Po. zona ampliamento isola (omissis), con avviso di liberarlo entro 90 giorni dalla ricezione del provvedimento;
b) della deliberazione 21 febbraio 2006 n. 11, con la quale il Consiglio comunale ha approvato il Regolamento di polizia mortuaria;
di tutti gli atti presupposti, preparatori, conseguenti e connessi;
e per la condanna
dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 22 dicembre 2020 il Cons. Francesco Gambato Spisani e dato atto che nessuno compare per le parti, nonché del deposito delle note di udienza ai sensi e agli effetti dell’art. 4, comma 1, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, come richiamato dall’art. 25, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2020, n. 137 da parte dell’avvocato Cr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti appellati, con atto 24 febbraio 2009 rep. n. 92825 racc. n. 13410 Notaro Im. di Napoli, ivi registrato il giorno 13 marzo 2009 al n. 5962 atti pubblici, hanno acquistato da certa An. De Sa., estranea a questo processo, rappresentata in atto dalla figlia come da procura speciale allegata, “la proprietà superficiaria di una cappella funeraria” che si trova nel cimitero di Napoli Po. zona ampliamento isola (omissis) e come risulta dall’atto stesso è stata realizzata sul suolo concesso alla dante causa della cedente con scrittura privata 1 settembre 1962 rep. n. 9019 registrato a Napoli il 17 settembre 1962 al n. 3254 atti privati, in esecuzione della delibera di Giunta municipale 23 luglio 1962 n. 6118. Lo stesso atto notarile al § 7 dà atto che la “subconcessione” è soggetta, dopo un periodo, al pagamento di un “diritto” al Comune (doc. 3 in I grado ricorrenti appellanti, atto citato).
2. Successivamente il Comune, dopo avere inviato l’avviso di inizio del procedimento 3 luglio 2012 prot. n. 548512 (doc. 4 in I grado ricorrenti appellanti) ha emesso il provvedimento 23 ottobre 2012 n. 61 di cui in epigrafe, con il quale ha disposto la “revoca decadenziale” della concessione di suolo cimiteriale di cui si è detto, motivando così come segue (doc. 2 in I grado ricorrenti appellanti).
2.1 In primo luogo, il Comune ricorda le norme applicabili alla fattispecie, ovvero anzitutto gli artt. 823 e 824 c.c. per cui il cimitero è bene demaniale e la concessione di sepoltura privata è concessione amministrativa di bene demaniale, con diritto di uso non alienabile; inoltre gli artt. 44 e 53 del regolamento comunale di polizia mortuaria, approvato con deliberazione consiliare 21 febbraio 2006 n. 11, articoli secondo i quali vi è divieto di cessione fra privati delle aree in concessione e dei manufatti funebri ivi realizzati, e comunque non è ammessa la concessione a favore di chi agisca a fini di lucro.
2.2 Ciò posto, il Comune qualifica l’atto notarile di acquisto di cui si è detto come nullo ovvero inefficace nei suoi confronti, dà atto che la cessione relativa costituisce inadempimento della concessione nei suoi confronti e di avere interesse a riacquistare il bene per riassegnarlo ad evidenza pubblica. In risposta alle osservazioni dei privati interessati, replica che il decorso del tempo è irrilevante ai fini della legittimità della pronuncia di decadenza, dato che nei confronti degli interessati non è stata rilasciata alcuna subconcessione.
2.3 In conclusione, quindi, pronuncia la decadenza della concessione e ingiunge il rilascio del bene.
3. Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso proposto dagli interessati contro questa pronuncia di decadenza. In motivazione, ha ritenuto quanto segue.
3.1 In termini generali, il TAR qualifica il diritto al sepolcro, inteso come diritto sul manufatto adibito a questo uso, come concessione di bene demaniale e per conseguenza qualifica la cessione di questo diritto come nuova concessione attribuita dal Comune titolare del bene ad altro soggetto; in altre parole esclude la configurabilità di una cessione fra privati del diritto in questione.
3.2 Ciò posto, il TAR osserva che nel caso di specie una regolare cessione del diritto, intesa appunto come nuova concessione ai subentranti, non è stata realizzata, ed anzi è stato posto in essere un espediente per eludere la necessità di un provvedimento comunale, dato che la cedente ha rilasciato agli acquirenti, con atto stipulato immediatamente prima della cessione, il 24 febbraio 2009, con numero di repertorio precedente, ovvero 92824, una procura irrevocabile per effettuare nei confronti del Comune tutte le inerenti operazioni di polizia mortuaria (si vedano in proposito i doc. ti 5 e 6 in I grado Comune intimato appellato, note di polizia giudiziaria, ove si dà atto dell’esistenza di questa procura).
3.3 Tanto premesso, il TAR ritiene legittimo il provvedimento impugnato, respinge la domanda di annullamento e, per conseguenza, anche la domanda di risarcimento del danno.
4. Gli interessati hanno proposto impugnazione contro questa sentenza, con appello che contiene sette motivi:
– con il primo di essi, deducono la violazione dell’art. 44 comma 9 del regolamento di polizia mortuaria citato, nel senso che a loro avviso l’atto stipulato, che è cessione di proprietà superficiaria del manufatto e non del suolo cimiteriale, non legittimerebbe la pronuncia di decadenza;
– con il secondo motivo, deducono ulteriore violazione dell’art. 44 comma 9 citato, sostenendo che nel caso di decadenza il Comune avrebbe dovuto prevedere a loro favore, come disposto dalla norma, una sistemazione equivalente nel cimitero e avrebbe comunque dovuto disporre una comparazione degli interessi coinvolti, che sarebbe mancata;
– con il terzo motivo, deducono omessa pronuncia su un motivo del ricorso di I grado, sostenendo che il Giudice di I grado non avrebbe spiegato per qual ragione la pronuncia di decadenza della concessione avrebbe dovuto comportare la nullità ovvero inefficacia della cessione;
– con il quarto motivo, sostengono che comunque l’amministrazione avrebbe dovuto prevedere a loro favore un indennizzo;
– con il quinto motivo, deducono violazione dell’art. 53 del regolamento citato, nel senso che a loro avviso il Comune ne avrebbe fatto una applicazione retroattiva come tale non consentita;
– con il sesto motivo, deducono l’illegittimità del regolamento di polizia mortuaria, perché adottato senza la previa comunicazione agli interessati di avvio del procedimento;
– con il settimo motivo, criticano la sentenza impugnata nella parte in cui ha sostenuto l’esistenza della procura speciale agli acquirenti, in quanto a loro avviso l’unica procura speciale risultante dagli atti sarebbe quella rilasciata dalla cedente alla figlia per rappresentarla nell’atto;
infine ripropongono la domanda risarcitoria.
5. Il Comune ha resistito, con atti 13 febbraio 2014 e 25 agosto 2020 e memoria 18 novembre 2020, in cui chiede che l’appello sia respinto. In particolare, il Comune ne eccepisce in via preliminare l’inammissibilità, dato che i ricorrenti appellanti non avrebbero alcun rapporto di concessione in essere con il Comune; nel merito, fa presente che il caso in esame è uno di un gruppo di casi identici, emersi a seguito di un’indagine dell’Autorità giudiziaria penale, di illegittima cessione fra privati di beni del demanio cimiteriale; fa presente che in ognuno di questi casi è stato adottato un provvedimento di decadenza similare a quello qui impugnato, e che trentaquattro dei ricorsi presentati dai privati contro tali provvedimenti sono stati tutti respinti, anche con sentenze di questo Giudice, che puntualmente cita.
6. Con replica 27 novembre 2020, i ricorrenti hanno ribadito le loro difese.
7. All’udienza del 22 dicembre 2020, la Sezione ha quindi trattenuto il ricorso in decisione.
8. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito esposte.
9. Va premesso, per chiarezza, che il Collegio condivide la qualificazione giuridica dei fatti di causa così come delineata dal Giudice di I grado, sulla scorta dei propri precedenti pronunciati sulla serie di casi analoghi a questo di cui si è detto, ognuno parte della medesima vicenda complessiva: sul punto, per tutte, C.d.S. sez. V 11 dicembre 2014 n. 6113.
9.1 Il diritto al sepolcro intorno al quale è causa costituisce come è noto un istituto complesso, scomponibile in più fattispecie. Si distingue anzitutto un diritto primario al sepolcro, inteso come diritto ad essere seppellito ovvero a seppellire altri in un determinato sepolcro, diritto distinto a sua volta in sepolcro ereditario e sepolcro familiare o gentilizio. Si distingue ancora un diritto sul sepolcro, inteso in senso stretto, ovvero come diritto sul manufatto che accoglie le salme. Si distingue infine, come accessorio dei due precedenti, un diritto secondario al sepolcro inteso come diritto di accedervi fisicamente e di opporsi ad ogni atto che vi rechi oltraggio o pregiudizio. In particolare, per la distinzione fra diritto primario al sepolcro e diritto sul manufatto, si vedano per tutte la motivazione di Cass. civ. sez. III 15 settembre 1997 n. 9190, nonché, più di recente, per implicito C.d.S. sez. V 11 dicembre 2014 n. 6108.
9.2 Ciò posto, nel caso presente si controverte della possibilità di alienare per atto fra privati, la convenzione 24 febbraio 2009, il diritto sul manufatto, al quale evidentemente allude la convenzione stessa parlando della “proprietà superficiaria” della cappella funeraria in questione (doc. 3 in I grado ricorrenti appellanti, cit.). Questa possibilità è sostenuta dai ricorrenti appellanti, acquirenti nell’atto, ma va negata in base alle norme in materia.
9.3 Come è noto, in base all’art. 824 comma 2 del codice civile dal 21 aprile 1942, data di sua entrata in vigore, i cimiteri comunali sono soggetti al regime giuridico del demanio pubblico, e quindi sono in primo luogo inalienabili ai sensi dell’art. 823 c.c. comma 1 prima parte. In tal modo il codice ha introdotto una conformazione generale delle aree cimiteriali, e quindi dei relativi diritti, come sottratti alla disponibilità dei privati e oggetto invece concessioni amministrative da parte dell’ente titolare, ovvero del Comune.
9.4 Pertanto, la cessione di un diritto al sepolcro, inteso tanto come diritto primario di sepolcro quanto come diritto sul manufatto, che qui rileva, va configurata come voltura della relativa concessione demaniale, sottoposta al requisito di efficacia della autorizzazione del concedente, ovvero del Comune: in tali termini sia la giurisprudenza civile, per tutte esplicitamente Cass. civ. sez. II 25 maggio 1983 n° 3607, sia la giurisprudenza della Sezione, per tutte la sentenza 7 ottobre 2002 n. 5294.
9.5 In tal senso, quindi, un divieto di cessione diretta fra privati del manufatto funerario, quale quello previsto dall’art. 53 del regolamento di polizia mortuaria di cui si è detto, è semplicemente riproduttivo di una norma che è già nella legge, e quindi non assume alcuna efficacia retroattiva, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dei ricorrenti appellanti.
9.6 La cessione diretta non autorizzata dal concedente costituisce invece inadempienza agli obblighi che gravano sul concessionario, e comporta che l’amministrazione concedente adotti nei suoi confronti un provvedimento di decadenza, che è adottabile in qualunque momento perché di natura dichiarativa: così espressamente C.d.S. sez. V 6 novembre 2015 n. 5072.
9.7 Tali conclusioni non mutano neanche assumendo, come fa la difesa dei ricorrenti appellanti, che oggetto della cessione sarebbe stato un bene in sé commerciabile, ovvero la proprietà superficiaria del manufatto costituito dalla cappella: in realtà, il diritto così configurato non esiste, perché all’evidenza in base al principio generalissimo dell’accessione il manufatto realizzato sul terreno demaniale del cimitero ne segue il regime giuridico. Quanto spetta al privato è quindi un diritto d’uso del manufatto, il cui titolo è comunque la concessione.
10. Sulla base dei principi appena delineati, tutti i motivi di ricorso vanno respinti perché manifestamente infondati, e ciò rende non necessario esaminare l’eccezione preliminare di difetto di legittimazione dei ricorrenti appellanti proposta dal Comune.
11. Il primo motivo va respinto, perché come si è detto la convenzione 24 febbraio 2009 costituisce, a prescindere dalla terminologia impiegata, una cessione diretta fra privati del diritto al sepolcro, come tale non consentita dalle norme. Tale cessione non autorizzata comporta poi la decadenza sia in base ai principi generali in tema di concessioni, sia in base all’art. 44 comma 9 del regolamento, perché integra sicuramente, così come esso prevede alla lettera b), una inadempienza agli obblighi di mantenimento del manufatto, mantenimento che non si intende limitato alla sola integrità fisica, ma preclude anche gli abusi giuridici.
12. Il secondo motivo va respinto, perché il provvedimento impugnato costituisce una revoca sanzionatoria, alla quale, come si è visto, si applica l’art. 44 comma 9 lettera b) del regolamento; la sistemazione alternativa delle salme è prevista invece solo per il diverso caso della revoca della concessione per motivi di pubblico interesse, di cui alla lettera a) dello stesso comma.
13. Il terzo motivo va a sua volta respinto, perché contiene un errore di prospettiva: come si è visto, la pronuncia di decadenza è legittima conseguenza della cessione non autorizzata e come tale inefficace, non causa di essa.
14. Anche il quarto motivo va respinto, perché la previsione di un indennizzo di cui all’art. 21 quinquies della l. 241/1990 si applica ai casi di revoca per motivi di pubblico interesse, e non nel caso di specie, in cui la revoca è sanzionatoria.
15. Sul quinto motivo, che va anch’esso respinto, è sufficiente richiamare quanto detto sopra, nel senso della non retroattività di quanto dispone l’art. 53 del regolamento.
16. Anche il sesto motivo è infondato, perché in base all’art. 13 della l. 241/1990 notoriamente le norme sulla partecipazione non si applicano ai procedimenti di approvazione di atti generali come il regolamento di polizia mortuaria in questione.
17. Da ultimo, il settimo motivo è infondato in fatto perché l’esistenza della procura irrevocabile di cui si è detto risulta dai doc. ti 4 e 5 del Comune in I grado. Sul suo significato elusivo della necessità di un provvedimento comunale di voltura della concessione è quindi sufficiente richiamare quanto affermato dalla sentenza di I grado.
18. Dalla reiezione di tutti i motivi sin qui esaminati consegue infine la reiezione anche della domanda risarcitoria riproposta in questa sede.
19. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano così come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 722/2014), lo respinge.
Condanna i ricorrenti appellanti in solido a rifondere al Comune di Napoli intimato appellato le spese di questo grado del giudizio, spese che liquida in Euro 4.000 (quattromila/00), oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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